Saper negoziare efficacemente rappresenta uno strumento decisivo per svolgere al meglio e con successo la propria professione. Ma come si misura il successo di una negoziazione e l’abilità di un negoziatore? Aver chiuso un nuovo contratto dopo settimane di trattative o aver evitato una pericolosa causa legale con un accordo all’ultimo minuto con la controparte è sinonimo di un successo negoziale? Molti professionisti associano automaticamente la chiusura positiva di un negoziato con il suo successo, ritenendo quindi, che per il solo fatto di aver chiuso centinaia di accordi nella loro vita sono dei bravissimi negoziatori e quindi non hanno bisogno di alcuna formazione in materia.
Quando un contratto viene chiuso esiste solo un risultato: quello su cui le parti hanno convenuto. La bontà della negoziazione si basa sul fatto che le parti hanno firmato l’accordo invece di perseguire un’alternativa diversa. Al contrario, se un contratto non viene chiuso si parla del fallimento della negoziazione e del negoziatore. Non sapremo mai se altri negoziatori avrebbero, al posto nostro, ottenuto un risultato diverso. Forse, solo dopo qualche tempo, si potrà valutare veramente il valore generato dal contratto. Ma per tutti colo che negoziano per professione, dopo ogni chiusura rimane un dubbio che per la maggior parte delle volte rimarrà irrisolto: avrei potuto ottenere condizioni migliori? Un paio di esempi proveniente dalle aule di formazione possono aiutarci a rispondere a queste domande.
I corsi di formazione in tema di negoziazione sono basati notevolmente sull’utilizzo di video e simulazioni negoziali per il noto principio: quello che ascolto, dimentico; quello che vedo, ricordo; quello che faccio, capisco. I docenti utilizzano simulazioni che rappresentano una gran varietà di situazioni negoziali in termini di relazione tra le parti, materia del contendere, quantità di punti da concordare, numero delle parti coinvolte, presenza di consulenti, difficoltà nel chiudere il contratto in base all’ampiezza o alla totale assenza di una zona di possibile accordo. Due simulazioni in particolare, sono estremamente significative per dimostrare come possiamo misurare “il successo” di una trattativa.
La prima simulazione negoziale si concentra su una semplice compravendita di un terreno che vede contrapposti un venditore e un acquirente, la seconda negoziazione verte sulla determinazione dei diversi termini contrattuali dell’ingaggio di una cantante nel ruolo di primo soprano da parte di un teatro lirico. I partecipanti vengono divisi in coppie e sulla base delle istruzioni confidenziali, ciascuno deve tentare di negoziare il miglior accordo possibile per i rispettivi rappresentati. In entrambe le simulazioni, solitamente, tutte le coppie di negoziatori trovano – chi velocemente chi meno – un accordo negoziale. Difficilmente, infatti, le parti non raggiungono un accordo in quanto entrambe le simulazioni consentono il raggiungimento di una gran varietà di soluzioni in modo da esaltare il ruolo e le capacità del negoziatore. Alla fine della simulazione, quindi, tutte le coppie si dichiarano molto soddisfatte del risultato raggiunto e dell’andamento del negoziato e consegnano al docente copia del “contratto” firmato.
La soddisfazione delle parti – ahimè – dura poco o almeno fino a quando tutti i singoli accordi delle coppie vengono confrontati tra loro. Partendo dallo stesso set di informazioni, ogni coppia di negoziatori trova un risultato diverso facendo perfino sospettare – ma non è vero – che le informazioni distribuite contengano dati diversi.
Nella prima simulazione negoziale in cui l’obiettivo è solo quello di negoziare il prezzo di vendita del terreno in un contesto in cui le parti non hanno e non avranno alcuna relazione futura, tra le decine di accordi raggiunti tra le varie coppie solitamente non ci sono due prezzi uguali di vendita. C’è chi ha venduto il terreno a prezzi astronomici e chi ha lo ha ceduto per poche migliaia di euro. Nella simulazione sull’ingaggio della cantante, invece, in cui le parti stanno iniziando un rapporto di lavoro, in oltre il 70% dei casi, l’accordo consta unicamente di un numero: il cachet della soprano. Solo il 30% circa dei negoziatori, concentrandosi sui veri interessi delle parti, riesce a concludere accordi “creativi” che, oltre alla determinazione del cachet, prevedono bonus monetari basati sulle vendite dei biglietti, campagne promozionali incentrate sul grande rientro della cantante, accordi promozionali e pubblicitari, royalties sullo sfruttamento dei diritti di proprietà intellettuale sulla performance ed altri benefits tali da massimizzare i reciproci interessi.
L’obiettivo pedagogico delle simulazioni non è tanto quello di far sperimentare le difficoltà della trattativa, quanto soprattutto che i corsisti si rendano conto:
- dell’estrema varietà quantitativa e “qualitativa” degli accordi possibili partendo da un singolo set di informazioni; e
- delle diverse strategie che il negoziatore deve adottare a secondo delle circostanze e della controparte.
Grazie all’effetto di rifrazione offerto dalle simulazioni – ove è possibile confrontare i risultati negoziali raggiunti da diversi negoziatori sulla base di una singola vicenda negoziale – si comprende facilmente che il fallimento negoziale non consiste nel mancato raggiungimento dell’accordo (al contrario altre simulazioni sono costruite in modo che il raggiungimento di qualsiasi accordo costituisce un fallimento del negoziatore che avrebbe fatto bene a non chiudere l’accordo), ma anche nella produzione di accordi sub-ottimali a seconda delle circostanze del caso. Il confronto di tutti i diversi accordi derivanti da informazioni uguali per tutti dimostra, inoltre, che i risultati dipendono fortemente dall’abilità e la preparazione dei negoziatori che dai dati di partenza.