La recente pubblicazione dei dati statistici del terzo quadrimestre 2018 consente di avere a disposizione un quadro completo del primo quinquennio (2014- 2018) di piena operatività della mediazione, introdotta con il d.lgs. n. 28/ 2010 e poi profondamente modificata dal D.L. n. 69/ 2013, convertito dalla legge 09.08.2013 n. 98.
Il successo del meccanismo dell’opt-out: il giusto equilibrio tra obbligatorietà del primo incontro e volontarietà della prosecuzione
Ma va preliminarmente osservato che l’originalissimo meccanismo del c.d. opt- out, consistente nell’obbligo per talune materie di esperire un preliminare tentativo di avvio della procedura e nella previsione di un “primo incontro” in cui le parti sono chiamate “a esprimersi sulla possibilità di iniziare una procedura di mediazione”, viene ancora troppo superficialmente descritto in termini di mediazione “obbligatoria”, mentre invece il dato normativo e l’esperienza concreta evidenziano come, al contrario, di “obbligatorio” c’è solo il deposito dell’istanza, che consente alle parti di operare in sede di primo incontro una scelta informata, ragionata e consapevole in ordine all’apertura o meno della procedura vera e propria.
Sull’innesco della condizione di procedibilità, si tratta quindi di uno strumento alternativo che si è potuto radicare nell’ordinamento proprio perché si fonda su una decisione libera e di grande responsabilità, da cui promana una mediazione giammai “obbligatoria”, ma veramente e pienamente “volontaria”.
Al netto della tradizione anglo-sassone, dove la ricerca dell’accordo stragiudiziale è un fatto culturale, ancor prima che strettamente giuridico, i numeri ci dicono che non vi è altro paese al mondo dove questo istituto, troppo spesso lasciato alla “mera volontarietà” senza la spinta dello step preliminare, abbia avuto un impatto anche lontanamente pari a quello ottenuto nel nostro paese, nel quale la media annua delle procedure avviate si attesta sulla cifra di 175.000 a fronte delle poche migliaia, se non addirittura poche centinaia, degli altri paesi.
Ed anzi il disegno del legislatore italiano, oltre a suscitare l’interesse delle istituzioni europee, ha catturato altresì l’attenzione di realtà internazionali emergenti a noi vicine (Polonia, Serbia, Grecia, Turchia) e lontane (Azerbaijan, Pakistan).
Il primo incontro obbligatorio è una sperimentazione di successo in un limitato numero di materie del contenzioso civile
Orbene, posto che i procedimenti iscritti presso i Tribunali ordinari relativi ai codici oggetto inerenti la mediazione rappresentano mediamente il 10/15% del totale dei procedimenti iscritti nel civile e che il trend generale è nel senso di una sensibile riduzione del contenzioso, con conseguente analoga diminuzione delle procedure di mediazione (dal top di 196.247 del 2015 alle 151.923 del 2018), va segnalato innanzitutto il costante aumento della comparizione delle parti al primo incontro.
Se, infatti, la presenza dell’aderente nel 2014 era del 40,5%, negli anni successivi si è progressivamente arrivati al 50,4% del 2018.
In altri termini, gli utenti del servizio giustizia, con l’avallo dei rispettivi difensori, mostrano di aver creduto sempre di più nella mediazione e di aver trovato una sempre maggiore utilità nel verificare (quantomeno) nella fase iniziale la effettiva sussistenza della possibilità di procedere alla ricerca di una soluzione amichevole.
Il legislatore ha quindi centrato il bersaglio quando, come si legge nella recente Cass. n. 8473/ 2019, “… ha previsto e voluto la comparizione personale delle parti dinanzi al mediatore, perché solo nel dialogo informale e diretto tra parti e mediatore, conta che si possa trovare quella composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia ed essere più vantaggiosa per entrambe le parti …”.
Crescono gli accordi in mediazione: da 17.601 nel 2014 a 20.903 nel 2018
Ma, come è ovvio, dalla presenza delle parti non deriva automaticamente l’avvio della procedura vera e propria. Il dato degli accordi raggiunti conferma però la tendenza ad un approccio più positivo e costruttivo.
Ed infatti nelle procedure con aderente comparso si è passati dal 24,2% di accordi raggiunti nel 2014 al 27,3% di accordi del 2018. Tradotto in termini assoluti, i numeri sono i seguenti:
anno 2014:
- procedimenti avviati: 179.587
- aderente comparso (40,5%): 72.732
- accordi raggiunti (24,2% di 72.732): 17.601
anno 2018:
- procedimenti avviati: 151.923
- aderente comparso (50,4%): 76.569
- accordi raggiunti (27,3% di 76.569): 20.903
In sostanza, tenuto conto che la durata media delle procedure di mediazione oggi si attesta su 142 giorni (poco più di 4 mesi), le parti, nonostante il trend negativo del contenzioso civile, mostrano invece di “credere di più” nella mediazione e, cioè, sono più presenti al primo incontro e risolvono con la mediazione, in termini assoluti, una maggiore quantità di controversie.
Il primo incontro e la presenza delle parti rappresentano quindi la vera novità e lo snodo decisivo del sistema.
Lungi dall’essere un evento formale “meramente informativo”, come troppo spesso viene ancora definito, il primo meeting si pone invece come momento ad altissima intensità di contenuti sostanziali e decisionali, da cui dipendono le sorti, anche giudiziali, della lite.
Ogni accordo raggiunto è soprattutto un problema risolto in più per le parti in lite e una causa in meno in tribunale
E’ noto che un accordo raggiunto non è semplicemente una causa in meno, ma soprattutto rappresenta per l’utente un problema risolto in più.
Alla parte non interessa troppo che il sistema giustizia sia alleggerito da eccessivi pesi e che funzioni meglio: il primo e precipuo interesse è quello a che la propria questione sia risolta presto, bene, a costi contenuti e secondo diritto.
Ma nella logica deflattiva, cui fa incidentalmente cenno la stessa Cass. n. 8473/ 2019, i numeri dicono che il peso dell’accordo raggiunto è ben maggiore di quel che normalmente si tende ancora a pensare.
L’accordo comporta il venir meno, peraltro molto rapidamente (in media 4,5 mesi contro gli anni del contenzioso giudiziale), non solo del giudizio di primo grado, ma del probabile appello, nonché del possibile ricorso per cassazione e del giudizio di rinvio.
A ciò si aggiunga la forte tenuta degli accordi stipulati. Non risultano dati specifici sul punto, ma nell’esperienza concreta dei mediatori è dato pressoché per pacifico che gli accordi vengano in altissima percentuale correttamente e spontaneamente adempiuti. Con il conseguente ulteriore risparmio anche del giudizio di esecuzione.
In sostanza, tra gradi di merito, di legittimità ed esecuzione, un accordo raggiunto vale non una, ma 3/4 cause in meno, con evidenti effetti deflattivi per l’intero sistema giudiziario.
L’impegno per una maggiore qualità del servizio di mediazione
Per altro verso, stante la crescita culturale e la maggiore fiducia dell’utenza, gli organismi, i mediatori ed i difensori sono chiamati a non arretrare sul fronte della qualità del servizio.
A nostro avviso molto opportunamente, la Corte di Cassazione, nella richiamata sentenza n. 8473/ 2019, ha sottolineato che “la miglior garanzia di riuscita” del nuovo procedimento è “costituita innanzitutto dalla stessa professionalizzazione della figura del mediatore” e dalla progressiva emersione dell’avvocato quale “figura professionale nuova, con un ruolo in parte diverso e alla quale si richiede l’acquisizione di ulteriori competenze di tipo relazionale ed umano, inclusa la capacità di comprendere gli interessi delle parti al di là delle pretese giuridiche avanzate”.
Se quindi le parti “ci credono di più” e se gli operatori proseguiranno nell’impegno per una sempre migliore qualità del servizio, la mediazione è destinata a consolidarsi ulteriormente non già come bacchetta magica per far sparire d’incanto il pesante arretrato giudiziario, ma quale utile e concreto strumento di soluzione alternativa – secondo diritto, in tempi brevi ed a costi contenuti – di una rilevante parte delle controversie civili, strumento di cui l’ordinamento sente ancora un urgente bisogno.