Pubblichiamo il testo integrale della Relazione tecnica e linee programmatiche del Tavolo sulle procedure stragiudiziali in ambito civile e commerciale istituito dal Ministero della giustizia il 23 Dicembre 2019.
TAVOLO SULLE PROCEDURE STRAGIUDIZIALI IN AMBITO CIVILE E COMMERCIALE D.M. 23.12.2019
Relazione tecnica e linee programmatiche
(Coordinatrice Prof. Paola Lucarelli)
Sommario: PARTE PRIMA. 1. Gli obiettivi previsti dal decreto ministeriale istitutivo del Tavolo e il contesto favorevole alla valorizzazione delle procedure stragiudiziali in materia civile e commerciale. – 2. L’avvio dei lavori: il programma di attività. – 3. L’emergenza sanitaria: gli Esperti al Tavolo non si fermano e considerano dovuto un accurato intervento propositivo. – 4. Un messaggio di speranza e innovazione per i cittadini e le imprese: il Manifesto della Giustizia complementare alla Giurisdizione. – Dal Manifesto alle proposte di emendamento della decretazione d’urgenza. L’articolo unico: un principio di innovazione. – 6. Favorire la risoluzione alternativa delle controversie: una proposta di revisione della disciplina vigente con particolare attenzione ai temi del costo della mediazione e degli incentivi economici. – 7. Proposta di correttivi al D.Lgs. 28/2010. – 8. La risposta al parere dell’Ufficio legislativo. PARTE SECONDA. 9. Nel dettaglio dei lavori del Tavolo. Un modello partecipato: l’Open Space con gli operatori ADR e il Convegno internazionale di rilevanza scientifica e professionale. – 10. Le infrastrutture dell’innovazione: un sistema efficiente di rilevazione statistica delle procedure ADR. – 11. Segue. La comunicazione dei lavori attraverso il Web. – 12. Il progetto per la circolazione di prassi virtuose sperimentate. La mediazione demandata dal giudice: dai tribunali precursori di innovazione a un modello di applicazione generalizzata. – 13. L’Osservatorio ministeriale ADR e gli interventi nel Sistema informativo civile distrettuale SICID. Oltre le ADR: la proposta in materia di conciliazione giudiziale. – PARTE TERZA. 14. L’innovazione della cultura professionale in materia di ADR: dalla formazione universitaria alla formazione degli operatori del conflitto. –15. Dall’innovazione della Giustizia alla coesione sociale e al rilancio dell’economia del Paese. – PARTE QUARTA. APPENDICE. 16. Il diario del Tavolo. – 17. I materiali.
PARTE PRIMA
1. Gli obiettivi previsti dal decreto ministeriale istitutivo del Tavolo e il contesto favorevole alla valorizzazione delle procedure stragiudiziali in materia civile e commerciale.
Il giorno 23 dicembre 2019 il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha decretato l’istituzione del Tavolo sulle procedure stragiudiziali in materia civile e commerciale con l’obiettivo di “promuovere la materia delle ADR secondo un modello moderno ed efficiente e favorendo la circolazione delle buone prassi in tutto il territorio nazionale e a livello europeo”.
Le considerazioni poste a fondamento del decreto istitutivo erano chiare e di ampio respiro, intorno:
- alla “esigenza di un’approfondita ricognizione sistematica delle procedure stragiudiziali esistenti e di un loro possibile incremento al fine di contribuire alla deflazione del contenzioso giudiziario e a1 potenziamento dell’accesso alla giustizia per tutti i cittadini”,
- al consolidamento del sistema italiano di ADR “elaborando modelli innovativi e buone prassi e propugnandone la diffusione su tutto il territorio nazionale”,
- all’opportunità di “avviare un confronto con le organizzazioni e le associazioni di organismi professionali e privati di categoria, al fine di raccoglierne le istanze e di condividere il progetto di implementazione delle procedure stragiudiziali”,
- all’opportunità di “valutare anche l’elaborazione di nuove proposte normative in materia di ADR”, alla “esigenza di promuovere un percorso professionalizzante, in modo da consentire la formazione di un’a1ta qualificazione in ADR, tale da contribuire alla costruzione di un sistema italiano che si ponga come modello di riferimento in Europa”,
- alla necessità di “favorire l’implementazione delle relazioni con gli ADR
Policy Makers a livello europeo”.
Il decreto prevedeva, inoltre, “l’essenzialità del ricorso a competenze interdisciplinari e del confronto nell’ambito delle fasi di rispettiva competenza, anche con i Presidenti delle associazioni rappresentative degli organismi di mediazione, i Presidenti dei Consigli dell’ordine forense, i dirigenti delle strutture giudiziarie, i rappresentanti della SSM, gli esponenti del mondo accademico, le associazioni imprenditoriali”.
Il termine dei lavori del Tavolo era previsto per il 30 giugno 2020, salvo proroga, ovvero dopo circa cinque mesi successivi alla prima seduta di insediamento del Tavolo convocata per il giorno 21 gennaio 2020.
In qualità di coordinatrice del Tavolo, ho ricevuto l’incarico di:
- proporre all’Ufficio di Gabinetto le specifiche questioni da affrontare e selezionare il materiale documentale da distribuire ai componenti;
- seguire costantemente i lavori;
- individuare, anche tramite la segreteria tecnico scientifica di supporto, gli strumenti per raccogliere proposte ed indicazioni dai soggetti o organizzazioni non indicati come componenti del Tavolo, a tal fine sottoponendo all’Ufficio di Gabinetto l’esigenza di procedere a specifiche audizioni;
- ricevere le relazioni conclusive delle varie fasi del Tavolo e proporre al Ministro al termine della consultazione, le linee programmatiche di azione di tipo organizzativo e
Scaduto il termine previsto dal decreto istitutivo, mi accingo, dunque, a presentare la relazione dei lavori svolti dai componenti tecnici del Tavolo che, a causa della mancata proroga, hanno visto interrotta l’attività programmata, già ampiamente istruita, in fase di elaborazione finale da parte dei sottogruppi.
A causa dell’emergenza sanitaria, i membri del Tavolo si sono riuniti in presenza, dopo la seduta di insediamento, una sola volta e – in mancanza della sospensione dei lavori nel periodo del lock down – hanno lavorato a distanza con evidenti difficoltà organizzative che non hanno impedito il massimo impegno e la piena disponibilità a discutere le proposte che si presentavano, ma che avrebbero giustificato, di per sé, una proroga dei lavori.
Non sono mancati confronti su temi e profili che hanno suscitato anche diverse opinioni. Considerato che la compagine tecnica del Tavolo rappresentava l’espressione di competenze ed esperienze di massimo livello sui temi oggetto dei lavori, la parziale diversità di vedute non poteva che configurare il terreno ideale per la produzione di idee e proposte che specchiavano fedelmente le migliori teorie e pratiche in materia di ADR e che avrebbero certamente trovato, se i lavori non fossero stati interrotti, la chiave della condivisione dopo un accurato e approfondito studio e aperto confronto.
La decisione del Ministro di istituire il Tavolo si collocava in un contesto particolarmente fertile per l’innovazione degli istituti e delle prassi ADR, nonché su un terreno, peraltro già arato e seminato, di proposte di riforma delle normative in vigore.
In primo luogo, infatti, l’azione politica si stava dirigendo verso la riforma del processo civile e in quella sede l’esigenza di prestare la dovuta attenzione alle norme e alla pratica ADR diveniva sempre più urgente e imprescindibile. Non era sufficiente occuparsi del processo, infatti, senza adottare una linea di massimo impegno sulla riforma del sistema italiano di ADR. Proposito che trovava nella istituzione del Tavolo la sua più che coerente ragione di azione.
Il D.lgs. 28/2010 dopo dieci anni di applicazione disturbata dalle sue stesse aporie e incoerenze e dall’opposizione di parte dell’avvocatura, peraltro sempre più minoritaria, si rivela inadeguato per molteplici ragioni rispetto a un istituto dalle grandi potenzialità innovatrici della cultura professionale giuridica, delle competenze relazionali dei cittadini, della efficienza dell’amministrazione pubblica e delle capacità gestionali imprenditoriali.
Se il D.lgs. 28/2010 richiede solo dei correttivi minimi per assurgere a un modello moderno ed efficiente di disciplina, il D.M. 180/2010 meriterebbe, invece, di essere riscritto all’esito di un monitoraggio approfondito ed esaustivo dell’esperienza decennale.
In Europa, in secondo luogo, la direttiva in materia di consumo chiede un ulteriore sforzo di attuazione e contribuisce, d’altra parte, a rendere vieppiù complicata e disorganica tutta la disciplina in materia di ADR. Il compito affidato al Tavolo di studiare una razionalizzazione delle discipline in vigore e de iure condendo, aveva, dunque, un fondamento preciso e limpido.
Come è noto, i dati della Giustizia del nostro Paese sono particolarmente significativi. Seppure le pendenze risultano notevolmente ridotte proprio a partire dall’entrata in vigore del D.Lgs. 28/2010, come rileva la Commissione europea per l’Efficienza della Giustizia, l’Italia è ancora in pessima posizione con riferimento alla durata dei processi civili.
In terzo luogo, si ricordano gli studi dei Membri tecnici del Tavolo, prodotti negli anni, che dimostrano che le ADR, la mediazione in particolare, godono di consistenti riserve vitali ancora inesplorate dal legislatore, dai professionisti del conflitto, dalla Pubblica Amministrazione e dal mondo imprenditoriale, con un potenziale enorme di benefici per la società tutta e per l’organizzazione efficiente della giurisdizione. Ciascuna lite risolta con il consenso delle parti confliggenti, grazie alla guida del mediatore professionista e degli avvocati delle stesse, lascia spazio a una soluzione giudiziale celere di un’altra controversia.
Certo, il rapporto fra mediazioni e processi civili è tale da non permettere ancora la piena evidenza della benefica complementarietà. Ma nei distretti nei quali la cultura è stata coltivata, la pratica è stata promossa e facilitata, il diritto della mediazione è stato intelligentemente applicato, i numeri elevati di mediazioni civili e commerciali rendono ragione dello sviluppo di nuove competenze professionali, della rimessa in efficienza di interi ruoli giudiziari, a vantaggio dell’economia e dei cittadini tutti.
Proprio a questo proposito, si ricorda – in quarto luogo – che il Ministro ha visto nella pratica di mediazione demandata dai giudici di alcuni Tribunali, in particolare nei risultati prodotti, la circolazione possibile dell’esperienza anche nelle altre sedi ove, invece, quel diritto della ordinanza giudiziale di esperimento del tentativo di mediazione non viene applicato o viene applicato senza la cognizione – o con la voluta disattenzione – dei presupposti di mediabilità e delle conseguenze della violazione dell’ordine del giudice.
Del modello sperimentale, d’altra parte, si era accorta anche la Banca Mondiale che nel Doing Business in the European Union 2020 testualmente osservava (box 4.5, p. 119) che: “Florence models the advantages of alternative dispute resolution through novel program starting in 2013, Florence became a pilot location for mediation services. Scholars from the University of Florence started collaborating with the local district court through a project called Nausicaa. The program brought together judges, lawyers and academics to develop learning modules aimed at helping the court promote alternative dispute resolution (ADR) as a means of reducing historical case backlogs. In 2017, the University and the court president expanded the program’s mission to provide direct technical assistance to judges. They renamed the program Giustizia Semplice and secured new local partners to contribute to the effort. The program provides scholarships to ten post-graduate scholars, with knowledge of civil procedure and ADR, to support Florentine judges in determining which cases should be referred to mediation. Each scholar assists two judges by reviewing case details, preparing a draft list of the individual judges’ pending cases that may be suited to mediation, discussing the list with judges, and subsequently writing the draft mediation order for cases the judges agree to refer to the Organismo di Conciliazione di Firenze. In parallel, the program trains lawyers on mediation. The overarching goal is to holistically change perceptions about ADR and raise mediation to the standing of traditional litigation in the legal culture. Owing to this program, the number of pending cases in Florence’s district court’s third section and Tribunale delle Imprese have consistently decreased since 2013. Moreover, successes in Florence have inspired budding mediation initiatives in other courts”.
Infine, il pregevole contributo portato dalla Commissione presieduta da Guido Alpa ha ulteriormente confermato la necessità di una iniziativa di riforma della normativa in materia di ADR, proponendo già in quella occasione spunti di riflessione e ambiti di intervento sicuramente in linea con la cultura professionale maturata nelle sedi ove la mediazione viene effettivamente praticata.
Una scelta, dunque, quella di istituire un nuovo Tavolo di lavoro sulle ADR, sicuramente pensata – e in tal senso esplicitamente promossa dal Ministro – anche al fine di dare continuità ai risultati prodotti dalla Commissione Alpa.
Da ultimo, il recente intervento della Commissione Europea che ribadisce ciò che negli ultimi anni convintamente ha inteso comunicare agli Stati membri. Didier Reynders, Commissario europeo alla Giustizia, ha risposto alla domanda su come si possono risolvere le storture del sistema giudiziario italiano precisando che “Bisogna dare incentivi per favorire la risoluzione alternativa delle controversie (…). Le risorse del Recovery Fund dovranno essere usate anche per questo”; Margherita Cassano, Presidente Aggiunta della Corte di Cassazione, a una domanda simile ha risposto: “Penso all’importanza delle procedure di mediazione, che consentono in moltissimi casi di risolvere le controversie prima che generino un processo e che possono riabituare le persone al confronto e al dialogo, invece che allo scontro”.
2. L’avvio dei lavori: il programma di attività.
Fin dal primo incontro, nel ruolo di coordinatrice del Tavolo, ho proposto un programma dettagliato di attività e un calendario di incontri intorno ai seguenti punti:
- una necessaria ricognizione delle procedure ADR al duplice scopo di disegnare i confini dei lavori del Tavolo e di predisporre una prima bozza di struttura del Testo Unico delle ADR. A una prima disamina, alla luce della riflessione condotta durante la prima seduta del Tavolo, si è proposto di comprendere nella ricognizione le seguenti procedure:
- Negoziazione assistita (d.l. 132/2014);
- Negoziazione assistita in materia di trasposto e sub-trasporto (art. 1, co. 249, L. 190/2014);
- Negoziazione paritetica e conciliazione stragiudiziale (art. 6, DM 16.01.2017) per i contratti di locazione ad uso abitativo a canone concordato (art. 2, co. 3, L. 431/1998), i contratti di locazione transitori e dei contratti di locazione per studenti universitari (art. 5, co. 1, 2 e 3, L. 431/1998);
- Mediazione (d.lgs. 28/2010);
- Mediazione in materia di turismo (art. 67, D.lgs. 79/2011);
- Risoluzione extragiudiziale delle controversie consumeristiche (artt. 141 ss. cod. )
- Risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di nomi a dominio;
- Conciliazione in materia di servizi di pubblica utilità (art. 2, 24 lett. b, l. 481/1995)
- Conciliazione in materia di telecomunicazioni (art. 1, c. 11, l. 249/1997 e Del. AGCOM 173/’07)
- Conciliazione in materia di forniture di energia elettrica e di gas (Del. ARERA 188/2012; Del. ARERA 639/2017)
- Conciliazione in materia di franchising (art. 7 l. 129/2004)
- Conciliazione in materia di patti di famiglia (art. 768 octies c.)
- Conciliazione in materia di controversie agrarie (art. 11 c. 3 d.lgs. 150/2011)
- Conciliazione in materia di diritto d’autore (artt. 71 quinquies, c. 4, e 194 bis l. 633/1941)
- Conciliazione su proposta giudiziale (artt. 185 e 185 bis p.c.)
- Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite (art. 696 bis c.p.c.; art. 8 l. 24/2017 in materia di responsabilità sanitaria)
- Risoluzione stragiudiziale in materia di contratti pubblici (artt. 205 ss. d.lgs. 50/2016)
- Arbitrato (rituale e irrituale)
- Arbitrato societario (artt. 34-37 d.lgs. 5/2003)
- Trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria (art. 1 d.l. 132/2014)
- Arbitrato IVASS (art. 187-ter, D.lgs. 209/2005; in fase di attuazione);
- Conciliazione e arbitrato in materia di controversie di lavoro (artt. 412, 412 ter e 412 quater p.c.)
- Arbitrato nelle controversie con la P.A. (art. 12 cod. proc. )
- Arbitro Bancario Finanziario – ABF (art. 128 bis TUB; del. CICR 28 luglio 2008; Disposizioni Banca d’Italia)
- Arbitro per le Controversie Finanziarie – ACF (art. 2, commi 5 bis e ter, d.lgs. 179/2007, mod. con d.lgs. 130/2015 e Del. Consob 19602/2016);
Il rappresentante del CNF ha proposto di presentare un documento per il completamento dell’elenco degli istituti ADR.
- la proposta di suddivisione del lavoro in gruppi ristretti in ragione delle competenze specifiche;
- il piano di circolazione delle pratiche di mediazione demandata dal giudice con la ricognizione di: dati relativi alle pendenze negli uffici giudiziari al fine della selezione delle sedi interessate, eventuali partner sui territori, tempi di attivazione, formazione, modalità del monitoraggio;
- la proposta di diffusione dell’applicazione dell’art. 185 bis c.p.c.;
- l’intervento sul Sicid al fine del corretto monitoraggio delle procedure di mediazione demandata dal giudice e del 185 bis;
- la creazione di un osservatorio ministeriale sull’innovazione in materia di ADR;
- l’organizzazione di un primo evento a livello nazionale dedicato alla consultazione pubblica di tutti i professionisti, le organizzazioni, gli studiosi (OST, Open Space Technology);
- l’organizzazione di un convegno internazionale finalizzato alla presentazione dei lavori del Tavolo;
- l’analisi dei possibili interventi in tema di professionalizzazione e competenze in materia di ADR, con una proposta di coordinamento con il Mur;
- la proposta di correttivi al lgs. 28/2010 e al D.M. 180/2010, con individuazione dei singoli profili e delle modalità di riforma;
- la proposta di redazione del Testo Unico su Arbitrato, Mediazione, Negoziazione assistita, Mediazione nel settore del consumo, coordinamento con le Conciliazioni delle Autorità Indipendenti;
- la proposta di intervento sul sistema delle rilevazioni statistiche in tema di ADR;
-
le audizioni degli enti e organizzazioni di rilievo a livello nazionale.
Il piano di lavoro veniva approvato nella riunione di martedì 11 febbraio 2020 raccogliendo anche la disponibilità dei membri tecnici del Tavolo a scegliere di partecipare alle sezioni precisate in considerazione dell’interesse e delle competenze possedute.
Sul piano metodologico, inoltre, si prevedeva che uno o due Relatori per ciascun incontro e per ciascuna tematica presentassero gli approfondimenti svolti e le relative proposte (complessivamente un’ora di presentazione). Alla presentazione dovevano seguire la discussione e la deliberazione del Tavolo. In alcune date, in particolare 17 marzo, 21 aprile, 5 maggio, si prevedeva l’espletamento delle audizioni delle Istituzioni sul territorio nazionale e locale (progetti pilota) nella mattina precedente la riunione pomeridiana del Tavolo. Agli Uffici sarebbe stato richiesto il materiale utile con riferimento a ciascun argomento all’ordine del giorno (in Appendice il programma e il calendario delle attività: allegato 1).
3. L’emergenza sanitaria: gli Esperti al Tavolo non si fermano e considerano dovuto un accurato intervento propositivo.
I membri tecnici del Tavolo, dopo la chiusura dei luoghi di lavoro a causa della situazione di grave emergenza sanitaria, a seguito dell’annullamento della convocazione della seduta prevista per il 3 marzo, si sono comunque confrontati sulle azioni programmate e i singoli gruppi hanno cominciato lo studio dei temi assegnati. L’avvio dei lavori è stato comunicato al Presidente del Tavolo e al Ministro con una mia lettera del 15 marzo 2020:
“(…) Per quanto riguarda i lavori del Tavolo, desidero informarLa che la prossima settimana attiverò i singoli sottogruppi che abbiamo formato nel corso dell’ultima riunione, affinché si possa continuare l’istruttoria per la messa a punto di una disciplina organica ed efficiente delle ADR (abbiamo già la bozza del testo), e l’implementazione in tutte le sedi in sofferenza del progetto che abbiamo attivato con successo a Firenze. Così facendo, quando riprenderemo i lavori in presenza avremo a disposizione tutto il materiale necessario per procedere celermente. Fra i vari impegni che abbiamo preso al Tavolo, vi è quello di presentare un Progetto europeo per il Training dei Giudici sulla mediazione demandata con affiancamento di esperti di mediazione (DGJustice-EU). Il Progetto, che in caso di successo, potrebbe ricevere le risorse necessarie anche per l’esportazione delle best practice nei Tribunali del nostro Paese, è quasi pronto e lo sottoporremo ai Suoi Uffici nel corso della prossima settimana” (in Appendice, allegato 2).
Risultava a tutti noi palese che la pratica di mediazione avrebbe potuto rappresentare l’unica risposta possibile al bisogno dei cittadini e delle imprese di gestire con cura, ma celermente, il contenzioso aperto, le relazioni in crisi a causa dell’emergenza, l’impossibilità di adempiere alle obbligazioni per la sopravvenuta imprevista e imprevedibile chiusura delle attività, il contatto con i partner commerciali, la caduta di fiducia nelle relazioni sociali e commerciali.
Un processo, quello del potenziamento e della valorizzazione dell’autonomia nel momento di grave crisi della giurisdizione che doveva essere assistito, guidato, facilitato da una politica attenta al bisogno di giustizia e di coesione sociale. La mediazione è, infatti, un attivatore del dialogo, una vicenda imprescindibile in una fase di crisi dovuta all’interruzione delle relazioni sociali di qualsiasi natura.
“L’inevitabile sospensione dei processi e dell’attività professionale degli avvocati nelle udienze giudiziali, con conseguenze pesantissime anche sulla futura gestione del contenzioso giudiziario, può essere associata virtuosamente a un intervento di politica della Giustizia nel nostro Paese che mostri una cura piena e genuina degli interessi delle persone in difficoltà. Grazie alla tecnologia, oggi, cittadini, imprese e avvocati possono, pure in un momento così difficile, confidare nel perseguimento della soluzione dei conflitti pendenti nelle loro famiglie, relazioni sociali, attività commerciali. Cittadini e imprese hanno bisogno di non sentirsi abbandonati nella gestione delle dispute e molti di loro non sanno che possono – senza soluzione di continuità – occuparsi di queste con l’assistenza dei loro avvocati in sede di mediazione su piattaforma on line o video conferenza, se tutte le parti sono d’accordo.
(…) Molti, moltissimi accordi chiuderebbero le cause attualmente pendenti, gli avvocati riuscirebbero a incassare le loro parcelle avendo contribuito a definire le liti pur in questo periodo; alla ripresa delle attività nei tribunali i giudici troverebbero meno difficoltà nell’invitare le parti a tentare la mediazione perché gli avvocati e i loro assistiti sarebbero favorevoli avendone provate l’efficacia e l’utilità. Una buona comunicazione e un incentivo all’avvio delle mediazioni porterebbero sui tavoli virtuali degli Organismi tutto quel contenzioso “facile” da conciliare. Saremmo il primo Paese a dimostrare pragmaticamente come non interrompere il legame con e fra i cittadini e le imprese che hanno bisogno di Giustizia. Un’impronta di indiscutibile innovazione per la quale siamo pronti, considerata la Sua lungimiranza nella costituzione del Tavolo per le ADR. Serve un buon coordinamento e controllo degli Organismi accreditati presso l’Ufficio del Registro del Dipartimento; con la messa a punto di un modello di mediazione telematica che risponda alle esigenze del momento e la comunicazione efficace con tutti i responsabili degli Organismi”.
Questo, in buona parte, il contenuto della missiva del 15 marzo, che trovava conferma e anche impulso nella richiesta condivisa da parte di numerosi Organismi di Mediazione sul territorio nazionale di interventi sulla pratica di mediazione a proposito della comunicazione on line, degli incentivi di natura fiscale, della formazione dei mediatori, della informazione a tutti i cittadini, di un efficace supporto tecnico e di indirizzo dell’Ufficio del registro.
4. Un messaggio di speranza e innovazione per i cittadini e le imprese: il Manifesto della Giustizia complementare alla Giurisdizione.
Il frutto della prima riflessione condotta dai Membri tecnici del Tavolo sui gravi problemi sopra solo sinteticamente descritti, è stata la condivisione di un messaggio di risposta all’emergenza economica e sociale fondata sulla convinzione che “c’è un modo per affrontare alcuni gravissimi problemi che coinvolgono tutti, cittadini, imprese, associazioni, pubblica amministrazione, nell’inevitabile rallentamento dell’operatività del sistema giustizia. Il modo è quello di confidare nella funzione alta della strada complementare alla giurisdizione. Negoziazione e mediazione, pratiche ormai note al nostro ordinamento e ai professionisti del conflitto, da tempo oggetto di incentivi anche a livello europeo, sono la sponda di soccorso e assistenza di tutti quei cittadini e di quelle imprese che hanno bisogno di trovare una soluzione celere per la gestione dei loro conflitti che, se già pendenti presso i giudici del Paese vedranno rinviarne necessariamente l’esito, se ancora non azionati rimarranno senza risposta per lungo tempo” (il Manifesto in Appendice, allegato 3).
Il Manifesto, condiviso dai Membri esperti del Tavolo, da OCF e CNF, mirava essenzialmente ad attivare la consapevolezza, l’iniziativa e la responsabilità degli operatori del conflitto, raccogliendo l’attenzione perfino inaspettata, di moltissimi Avvocati, Magistrati, Accademici, Associazioni professionali (in Appendice, allegato 4).
Il Manifesto, che suscitava una risposta adesiva convinta per la semplicità del messaggio e soprattutto per la effettiva possibilità di realizzarne gli obiettivi nell’immediato e a costo zero, anzi con risparmio di spesa pubblica e privata, è stato pubblicato su varie riviste sia scientifiche che a scopo di divulgazione, con interviste esplorative della portata e del significato dell’intervento1, mirando a compensare la scarsa attenzione al problema di una giustizia “ferma” che non rispondeva al bisogno di tutela di cittadini e imprese.
L’ordinamento giuridico riconosce e promuove la Giustizia complementare, quella che le parti di una relazione in crisi vanno a costruire con l’assistenza dei loro avvocati e grazie alla guida esperta del mediatore; laddove si è “svecchiato” il processo promuovendo la cultura della mediazione dentro i tribunali, si sono messi in efficienza interi ruoli del contenzioso; nelle università sta entrando la formazione del nuovo giurista, capace di assistere il cliente nel processo e di aiutarlo a negoziare in mediazione.
Oggi i magistrati, dinnanzi all’inevitabile interruzione, prima, e rallentamento, poi, del loro operare, possono contribuire efficacemente affinché si ristabilisca quel senso di certezza che suscita la risposta del giudice che applica il diritto: possono concedere spazio alla giustizia complementare che si costruisce nella pratica della mediazione, la sede nobile della gestione del conflitto, nella quale si valorizzano la consapevolezza, la responsabilità, l’autonomia delle persone.
Il diritto non sembra applicabile nei tempi e nei modi che soddisfano il bisogno di giustizia. Il problema, oggi più che nel passato e come nel prossimo futuro, è l’impossibilità della giurisdizione di funzionare nei tempi urgenti richiesti da chi vive relazioni in crisi.
Tuttavia, non appartiene più al giurista che ha studiato i sistemi evoluti di gestione dei conflitti, l’idea che solo l’applicazione giudiziale del diritto sia in grado di fornire la cura del rapporto malato fra gli individui e della crisi delle relazioni fra le imprese, perché quel giurista sa bene che chi ha bisogno di Giustizia non può solo assistere come spettatore al teatro del suo processo che altri recitano a sue spese portando il problema a divenire la “causa” che rimane sul tavolo del giudice per un tempo lungo e incerto.
Con urgenza è richiesta la consapevolezza delle enormi potenzialità, molte ancora inesplorate, del diritto propulsore di sviluppo dell’autonomia nelle relazioni sociali e della capacità delle imprese di gestire il cambiamento a causa della crisi delle relazioni commerciali. La via è quella del maggior spazio da concedere all’autonomia e alla giustizia consensuale; la giurisdizione si deve configurare quale ancoraggio effettivo, accessibile e disponibile nel caso di mancato successo della volontà privata assistita dai professionisti del conflitto: un’applicazione del diritto, dunque, certa e celere per la tutela di soggetti privi, per qualsiasi ragione, del volere/potere di autodeterminazione, e un diritto, nello stesso tempo, concedente alle persone il tempo e lo spazio necessari per la comprensione e la valutazione delle cause del problema, l’ascolto reciproco, la ricerca di una soluzione condivisa.
Questa consapevolezza è arrivata: basta leggere l’elenco dei nomi di coloro che hanno aderito convintamente al Manifesto.
5. Dal Manifesto alle proposte di emendamento della decretazione d’urgenza. L’articolo unico: un principio di innovazione.
La vasta risonanza ottenuta dal Manifesto per la Giustizia complementare alla Giurisdizione, con la spinta a proseguire nella direzione fattiva espressa nello stesso, da parte di illustri figure della Magistratura, dell’Avvocatura e di importanti Organizzazioni sul territorio nazionale, dal mondo della ricerca scientifica accademica, ha condotto gli Esperti del Tavolo a tradurre la visione del Manifesto in idee e proposte concrete.
Dalla riunione in videoconferenza del 22 aprile alla successiva del 30 aprile, i Membri tecnici hanno presentato documenti e progetti dettagliati affinché il Ministero della Giustizia potesse proporre emendamenti alla decretazione d’urgenza in sede di conversione grazie ai lavori dagli stessi condotti.
Una prima proposta è stata concepita con riferimento al D.L. 17 marzo 2020,
- 18, in particolare ai relativi articoli 83 e 91, sui seguenti temi:
- mediazione demandata dal giudice: il potere del giudice di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione, già previsto dall’art. 5, comma 2, del lgs. 28/2010, anche fuori udienza per le cause differite a causa dell’emergenza oltre il 31 luglio 2020, al fine di rendere più agevole la gestione del contenzioso giudiziario e di prevenire il cumulo eccessivo dell’attività giudiziale a causa del differimento delle udienze;
- svolgimento in via telematica della mediazione con qualsiasi sistema di video conferenza che permetta il riconoscimento dei partecipanti, al fine di garantirne l’operatività anche nel periodo di emergenza e dopo la fine di questo;
- incentivi economici per il ricorso alla mediazione, con misure già previste dalla disciplina vigente, ma potenziate nell’attuale stato di emergenza relativamente al periodo di imposta 2020, nonché con l’agevolazione della partecipazione alle procedure di mediazione da parte della pubblica amministrazione;
- controversie in materia di inadempimento contrattuale a causa dell’emergenza sanitaria, considerata la previsione dell’art. 3 del decreto legge 6/2020, come convertito in legge e modificato, che prevede il rispetto delle misure di contenimento come causa di esonero dalla responsabilità per inadempimento contrattuale;
- principio di delega per la revisione della disciplina della mediazione civile e commerciale, affinché la promozione delle procedure di mediazione, supporto di indiscussa efficacia nella gestione del contenzioso, in atto e a venire, dei cittadini, delle imprese, dei professionisti, nonché dei dirigenti degli uffici giudiziari e nel case management dei giudici impegnati nei processi civili, possa rispondere adeguatamente alle istanze di qualità, celerità, trasparenza, competenza, riservatezza, imparzialità.
A seguito dell’approvazione dell’emendamento in sede di conversione in legge del D.L. 18/2020, relativo alla mediazione in via telematica mediante sistemi di videoconferenza2, la proposta è stata presentata con riferimento alla conversione Art. 83, comma 20: ”Dal 9 marzo 2020 all’11 maggio 2020 sono altresì sospesi i termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, nei procedimenti di negoziazione assistita ai sensi del decreto-legge 12 settembre del D.L. 23/ 2020, “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali” e si è concentrata sugli incentivi, sulle controversie con la partecipazione delle pubbliche amministrazioni, sulla mediazione demandata dal giudice, sul tentativo di rinegoziazione in mediazione delle condizioni contrattuali, condizione di procedibilità delle domande giudiziali proposte fino al 30 giugno 2021 (in Appendice, allegato 5 e 6), ed è stata approvata dal Tavolo il 30 aprile 2020.
6. In particolare: dalla proposta di emendamento allo studio di una proposta di revisione della disciplina vigente con particolare attenzione al tema del costo della mediazione e agli incentivi economici.
È a tutti noto che un deterrente della pratica di mediazione è rappresentato dalla scarsa attenzione al tema dei costi che non risulta affatto adeguato all’importanza di promuovere la qualità e l’efficienza del servizio offerto dagli organismi. Si è posta l’esigenza di armonizzazione e riordino della normativa vigente, sulla linea delle proposte apprezzabili già formulate in seno alla Commissione Alpa, che ha previsto un costo calmierato per il primo incontro di mediazione e indennità commisurate al valore della lite nel caso di proseguimento della procedura oltre il primo incontro.
In tale prospettiva, fin dalle prime sedute, è stato proposto e approvato dal Tavolo un emendamento alla decretazione d’urgenza in materia di incentivi alla pratica di mediazione: “Al fine di favorire la ripresa economica e la coesione sociale, alle parti che attivano successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto legge una procedura di mediazione civile e commerciale o di negoziazione assistita, è riconosciuto per i periodi d’imposta 2020 e 2021, un credito d’imposta nella misura del 50 per cento sino a 2.500 euro per spese e indennità di mediazione e sempre nella misura del 50 per cento sino a 2.500 euro a titolo di compenso professionale per ciascun beneficiario, nel limite complessivo massimo di 80 milioni di euro. Le spese suindicate dovranno essere effettivamente sostenute e documentate mediante versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Per i medesimi periodi di imposta di cui comma 1, il verbale di accordo raggiunto in mediazione è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 100.000 e l’imposta è dovuta solo per la parte eccedente in deroga al limite previsto per l’accordo conciliativo previsto dall’articolo 17, comma 3, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.”
La proposta disposizione perseguiva l’obiettivo di incentivare il ricorso alla mediazione con misure già previste dalla disciplina vigente (peraltro il credito di imposta non è mai stato realmente attivato), ma potenziate nell’attuale stato di emergenza relativamente al periodo di imposta 2020.
Se si intende perseguire l’obiettivo di una pratica diffusa ed efficiente di mediazione dei conflitti, occorre assicurare, da un lato, l’accesso al patrocinio a spese dello Stato (almeno quando il procedimento ADR è previsto quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale) e, dall’altro, rendere coerente il sistema dei costi di accesso alla giustizia riconsiderando tutti i percorsi ADR ed il processo civile in una prospettiva diversa e coordinando le norme che disciplinano i meccanismi e incentivi ora vigenti.
7. Proposta di correttivi alla disciplina del D.lgs. 28/2010.
L’impegno del gruppo di Esperti sulle ipotesi di riforma della disciplina in materia di mediazione dei conflitti, come primo passo verso la elaborazione in seguito del Testo Unico in materia di ADR, è consistito nella elaborazione di linee guida al fine di rendere coerente e razionale la disciplina in materia.
La necessità di riformare il D.lgs. 28/2010 è stata presentata come urgente già nella prima fase dei lavori del tavolo, nel corso della seconda seduta congiunta, con la disponibilità di alcuni Membri ad approfondire i suddetti profili e proporre un documento analitico. L’anticipazione dell’intervento in funzione correttiva si è concretizzata nella proposta di un principio di legge delega:
“Al fine di rispondere all’emergenza della gestione del contenzioso incentivando il ricorso alla mediazione dei conflitti, anche allo scopo di garantire, come richiesto in sede europea, una equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario, il Governo è delegato ad adottare in materia di mediazione in ambito civile e commerciale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi di revisione del decreto legislativo n. 28 del 10 marzo 2010, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
- incentivazione della mediazione demandata dal giudice di cui al comma 2 dell’art. 5 del decreto legislativo n. 28 del 10 marzo 2010;
- semplificazione delle norme relative alla procedura di mediazione anche con esplicita previsione della presenza personale delle parti agli incontri di mediazione;
- ampliamento delle materie di cui al comma 1bis dell’art. 5 del decreto legislativo
- 28 del 10 marzo 2010;
- revisione del sistema di spese per l’avvio e lo svolgimento della procedura di mediazione anche in relazione alle spese di giustizia di cui al D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115
- rafforzamento dei requisiti di qualità e trasparenza degli organismi di mediazione;
- revisione del sistema di formazione in materia di mediazione;
- revisione del regime degli incentivi fiscali per le procedure di mediazione;
- valorizzazione del rapporto fra la procedura di mediazione e il processo civile;
- revisione del sistema di controllo sull’attività degli organismi di mediazione e dei mediatori;
- armonizzazione con altre procedure stragiudiziali di risoluzione delle controversie”.
Note: Affinché la promozione delle procedure di mediazione, supporto di indiscussa efficacia nella gestione del contenzioso, in atto e a venire, dei cittadini, delle imprese, dei professionisti, nonché dei dirigenti degli uffici giudiziari e nel case management dei giudici impegnati nei processi civili, possa rispondere adeguatamente alle istanze di qualità, celerità, trasparenza, competenza, riservatezza, imparzialità, è indispensabile la delega al Governo dell’adozione di una disciplina che realizzi la necessaria revisione delle norme oggi in vigore, anche in ottemperanza al principio di equilibrio fra le procedure giudiziali e stragiudiziali di risoluzione dei conflitti in ambito civile e commerciale dettato a livello europeo.”
8. La risposta al parere dell’Ufficio legislativo.
Nella successiva seduta del 4 giugno abbiamo assistito alla presentazione del parere dell’ufficio legislativo del Ministero sulle proposte approvate al Tavolo e, su richiesta del Presidente, ho elaborato il testo di risposta al parere di seguito riportato, che cito interamente e testualmente anche al fine di illustrare in dettaglio le ragioni che hanno giustificato le proposte approvate dal Tavolo nella seduta del 4 giugno 2020.
“A seguito della richiesta del Presidente del Tavolo ministeriale sulle procedure stragiudiziali civili e commerciali, si presentano le considerazioni di dettaglio relative ai punti discussi in occasione della presentazione del parere espresso dall’Ufficio Legislativo sulla proposta di emendamenti alla decretazione d’urgenza.
Sommario: 1. La mediazione civile e commerciale: opportunità e necessità. – 2. Gli incentivi posti dalla attuale disciplina. – 3. Le controversie con la pubblica amministrazione. – 4. L’obbligatorietà del tentativo di mediazione secondo un principio di coerenza.
- La mediazione civile e commerciale: opportunità e necessità.
Fin dalla Direttiva 2008/52/CE la mediazione viene considerata una modalità di “risoluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie in materia civile e commerciale attraverso procedure concepite in base alle esigenze delle parti. Gli accordi risultanti dalla mediazione hanno maggiori probabilità di essere rispettati volontariamente e preservano più facilmente una relazione amichevole e sostenibile tra le parti. Tali benefici diventano anche più evidenti nelle situazioni che mostrano elementi di portata transfrontaliera”.
L’attuazione della Direttiva da parte del legislatore italiano mira ad affrontare il gravissimo problema di cui soffre la gestione del contenzioso giudiziario civile e commerciale.
Solo per ricordare alcuni dati, peraltro ben noti al Ministero, a marzo 2020 il numero dei procedimenti civili complessivamente pendenti dinanzi agli uffici giudiziari italiani era pari a circa 3.300.000, il 20% per cento dei quali aveva superato i termini di ragionevole durata previsti dalla legge. Dal quadro di valutazione della giustizia pubblicato dalla Commissione europea nell’aprile 2019 risulta che, su 25 stati membri scrutinati, l’Italia è terzultima per la durata dei processi civili e commerciali in primo grado, con una durata media passata dai 517 giorni del 2016 ai 548 giorni del 2017; nel nostro paese per una sentenza di secondo grado occorrono 843 giorni, e per il terzo grado 1.299 giorni, i tempi più lunghi fra gli stati esaminati.
Ci collochiamo all’ultimo posto per l’arretrato.
Il “congelamento” del servizio giustizia disposto dal governo con l’obiettivo di contenere la diffusione del virus Covid-19 era inevitabile: la pandemia non ha concesso il tempo per elaborare e mettere in pratica un piano di gestione dell’emergenza che assicurasse l’erogazione del servizio ripensandone le modalità. La storia occidentale recente ci consegna programmi di gestione dell’emergenza nel sistema giudiziario a seguito di disastri di origine umana o naturale (come gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 o l’uragano Katrina nel 2005) ma non a causa di fenomeni pandemici. Non erano dunque disponibili precedenti dai quali imparare. Ciò detto, negli interventi messi in campo dall’esecutivo non ci sono misure che provino ad assorbire o a mitigare gli effetti del prolungamento della durata dei procedimenti civili e commerciali e di aggravamento del peso dell’arretrato, che inesorabilmente conseguiranno al lock down.
Tra le varie possibilità previste dall’art. 83 d.l. 18/2020 per la celebrazione dei processi civili nella c.d. Fase 2 nella gran maggioranza dei casi è stata scelta l’opzione del rinvio d’ufficio delle udienze all’autunno 2020 o anche al 2021.
Le multinazionali e gli investitori stranieri hanno già fatto palese agli studi internazionali con sede in Italia la precisa volontà di evitare accuratamente di dover utilizzare il sistema italiano di soluzione delle controversie, in sede giurisdizionale e non.
Per non parlare di difetti endemici nella gestione dei casi, sia in primo grado sia nei gradi di impugnazione, in forme burocratiche, con tempi dilatati, variazioni di giudici assegnatari dei fascicoli e disamina meramente cartolare.
Le impugnazioni sono, in gran parte delle Corti d’appello e dinanzi alla Corte di cassazione, praticamente paralizzate, con temi dilatatissimi già prima dell’emergenza sanitaria, nonostante le riforme del 2012 e del 2016: la pandemia pare aver assestato al sistema il proverbiale “colpo di grazia”.
In proposito, cito testualmente Carmelo Barbieri, magistrato del Tribunale di Milano e già Vice Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia: “È tempo che le misure d’emergenza facciano posto ai progetti” (cfr. l’articolo “Valgono un punto di PIL all’anno i ritardi della giustizia civile. È ora di una rivoluzione. È il momento di credere più seriamente nei sistemi di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione”, pubblicato su “Il Foglio”, il 17 maggio 2020).
L’autore conclude rilevando che “Bisogna immaginare e mettere in campo al più presto dei piani d’azione: uno studio recente del Joint Research Center dell’Unione europea dimostra che una contrazione anche soltanto dell’1 per cento dei tempi della giustizia civile è in grado di influire positivamente sulla crescita delle imprese”. Già nel 2011 Mario Draghi sosteneva che i ritardi della giustizia civile valgono 1 punto di PIL all’anno.
Il Ministro della Giustizia ha colto l’auspicio e ha istituito il Tavolo sulle procedure stragiudiziali. Anche i tecnici della Commissione Colao indicano nelle ADR lo strumento per snellire e sburocratizzare la gestione del contenzioso civile, dove il processo dinanzi al giudice possa divenire effettivamente l’extrema ratio, come accade in altri Paesi europei con sistemi notoriamente più efficienti del nostro (Germania, Francia, Regno Unito).
I membri tecnici del Tavolo hanno lavorato sull’emergenza anticipando quello che potrà essere un “piano d’azione” potente per la soluzione dell’inefficienza nella gestione del contenzioso civile e commerciale. Non si può pensare di risolvere il problema solo con una riforma del processo, occorre portare fuori dal processo una alta percentuale del contenzioso, tutte quelle dispute che si possono risolvere con una giustizia consensuale. Occorre farlo bene e subito. Non ci è permesso attendere altri dieci anni (l’attuazione della direttiva 52/2008 è del 2010). “Dum Romae consulitur Saguntum expugnatum est”: la cittadella della giustizia, spiace dirlo, cade sempre più in rovina e occorre un trattamento intensivo e d’urgenza per rianimarla e ricondurla a canoni di giustizia effettiva, di efficienza e di celerità. L’urgenza richiede misure importanti, una rivoluzione copernicana: la giustizia consensuale acquista il primato, quella giurisdizionale diviene extrema ratio.
Il Ministro ha ora, con gli esperti al Tavolo, l’opportunità di realizzare l’obiettivo auspicato dall’Europa (cfr. la comunicazione europea sugli investimenti nella giustizia per l’utilizzo del Recovery Fund), dalle più importanti associazioni imprenditoriali (cfr. Unioncamere), dal mondo professionale (cfr. CNF, OCF, singoli Ordini dell’Avvocatura, che hanno aderito al Manifesto sulla Giustizia Complementare), dalle Università, dalla Magistratura (hanno aderito Osservatori per la Giustizia civile e magistrati di Tribunali, Corti d’appello, Cassazione).
Tutti hanno condiviso un progetto forte a favore della giustizia complementare.
Sia pure in una prospettiva per lo più deflattiva, la Cassazione già nel 2015 ha ritenuto che la scelta del legislatore per la mediazione c.d. obbligatoria fosse da interpretare «alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo e, dunque, dell’efficienza processuale»; per questo il processo diviene la extrema ratio nel sistema della giustizia civile: «la norma, attraverso il meccanismo della mediazione obbligatoria, mira – per così dire – a rendere il processo la estrema ratio: cioè l’ultima possibilità dopo che le altre possibilità sono risultate precluse»
(Cass. civ. Sez. III, Sent., 3 dicembre 2015, n. 24629).
- Gli incentivi posti dalla attuale
Al fine di accelerare la diffusione della pratica di mediazione, sarebbe stata una misura di non poco conto, la norma dell’art. 20 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 che prevede il meccanismo del credito di imposta. Tuttavia alla puntuale previsione normativa non è stata mai data attuazione con ciò creando non pochi problemi e soprattutto il fallimento dell’incentivo (si tratta di uno dei motivi che hanno rallentato a dismisura la diffusione della pratica).
Certo è che rendere effettivi gli incentivi (al Tavolo ministeriale è stato proposto un aumento degli importi sia ai fini del credito di imposta che per l’esonero dalla registrazione) se rappresenta la soluzione a causa del congelamento delle attività degli uffici giudiziari perché mette in condizione tutti i cittadini e le imprese di risolvere le dispute a costo zero, rappresenta comunque la migliore delle misure possibili per accompagnare tutti a praticare la giustizia consensuale, in primo luogo, e la giustizia giurisdizionale come estrema ratio. Per non parlare del beneficio per l’avvocatura che continuerebbe a svolgere la funzione di assistenza dei propri clienti nella sede della giustizia pronta e celere della mediazione dei conflitti.
La decisione sulla sostenibilità degli incentivi è ovviamente soggetta alla valutazione delle risorse, ma non si può trascurare che l’incremento delle definizioni delle liti in sede mediativa (sia prima dell’inizio del processo, sia in corso di processo) conduce a un consistente risparmio di spesa. Quanto all’individuazione delle risorse può ipotizzarsi l’utilizzo dei fondi europei (Recovery Fund) destinati a rendere più efficiente la giustizia civile.
La più significativa portata della messa in efficienza della pratica di mediazione anche incentivata dai benefici fiscali, consiste nella riduzione dei costi complessivamente intesi dell’attività giudiziaria, di gran lunga maggiori rispetto ai benefici fiscali e alle entrate a titolo di contributo unificato.
- Le controversie con la pubblica
Abbiamo proposto un emendamento alla decretazione di urgenza relativamente alla partecipazione alla mediazione da parte delle pubbliche amministrazioni.
Il testo normativo proposto prevede: «Al fine di agevolare la partecipazione ai procedimenti di cui al comma 1 da parte delle amministrazioni pubbliche di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la conciliazione della lite non dà luogo a responsabilità amministrativa e contabile quando il contenuto dell’accordo rientri nei limiti del potere decisionale dell’incaricato, salvo i casi di dolo o colpa grave».
La proposta mira ad agevolare il superamento della diffidenza dei pubblici funzionari nell’utilizzo della mediazione, preoccupazione che peraltro è spesso priva «di una solida base argomentativa, frutto più di paure collettive che non di un approccio sensato e ragionato al problema delle “transazioni degli enti pubblici”»; d’altronde «inutile nascondersi che le maggiori remore all’utilizzazione dell’istituto, soprattutto nei casi in cui la transazione comporta l’esborso di somme di denaro o minori entrate, sono rappresentate dal timore di amministratori e dipendenti pubblici di cadere sotto la scure della Corte dei Conti quale giudice delle responsabilità finanziarie. Con la paradossale conseguenza che non di rado le amministrazioni preferiscono pagare il doppio sulla base di un giudicato di condanna piuttosto che assumersi la responsabilità di una transazione a metà prezzo. Così come costituisce un dato altrettale di comune esperienza che sovente si preferisce – sfruttando anche i tempi lunghi della giustizia civile – trasferire a generazioni successive di amministratori pubblici il peso di un contenzioso iniziato male per l’ente pubblico piuttosto che affrontarlo razionalmente e provvedere ad una sua tempestiva definizione conciliativa» (testualmente, Filippo Izzo, Sostituto Procuratore Regionale della Corte dei Conti, nell’articolo del titolo “Brevi note in tema di pubblica amministrazione, transazione, mediazione civile e commerciale”, pubblicato in www.mondoadr.it il 13 novembre 2013). L’Autore commenta la nota sentenza della Corte dei Conti per la Sezione Giurisdizionale per Regione Siciliana, n. 2719 del 23 luglio 2013 che sottolinea la necessità per l’ente pubblico di addivenire a una rapida composizione della controversia «sia per evitare i maggiori costi relativi al contenzioso civile (…), sia per rimediare al notevole danno di immagine subito dall’azienda a causa del clamore mediatico suscitato dalla particolarità della vicenda»; pertanto, il ricorso da parte dell’amministrazione alle funzioni facilitative approntate da un organismo di mediazione non costituisce per i giudici siciliani «frutto di scriteriatezza», ancorché, nel caso di specie, non venisse in rilievo un’ipotesi di cosiddetta “mediazione obbligatoria”.
- L’obbligatorietà del tentativo di mediazione secondo un principio di coerenza.
Attualmente in Italia la mediazione costituisce il filtro per un numero di controversie che oscilla tra l’8 e il 10% del contenzioso civile.
La proposta approvata lo scorso 30 aprile al Tavolo riguarda l’allargamento delle materie nella prospettiva additata dall’art. 1 della Direttiva 2008/527UE secondo cui «La presente direttiva ha l’obiettivo di facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e di promuovere la composizione amichevole delle medesime incoraggiando il ricorso alla mediazione e garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario».
Nel diritto europeo e nel diritto italiano non sussistono impedimenti alla scelta di ampliare l’obbligatorietà ope legis.
– Il diritto europeo.
Il Dott. Rolfi ci ha mostrato durante la riunione dello scorso 4 giugno un passo del parere dell’Ufficio Legislativo che citava una datata Risoluzione del Parlamento europeo sul carattere facoltativo della mediazione nel settore consumo.
Peraltro, la Risoluzione del Parlamento europeo è superata dalle scelte operate in sede legislativa con l’adozione della Direttiva 2013/11/UE (ADR per i consumatori).
È appena il caso di ricordare quanto dispone l’art. 5.2 della Direttiva 2008/52/CE: «La presente direttiva lascia impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia prima che dopo l’inizio del procedimento giudiziario, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario».
Il diritto europeo è neutrale in punto di obbligatorietà del tentativo di mediazione eventualmente prevista dal legislatore nazionale.
Si ricordi, sul punto, la sentenza della Corte costituzionale n. 272/2012, ove si precisa, dopo un’accurata ricognizione degli atti dell’Unione europea, che «non si desume alcuna esplicita o implicita opzione a favore del carattere obbligatorio dell’istituto della mediazione. Fermo il favor dimostrato verso detto istituto, in quanto ritenuto idoneo a fornire una risoluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie in materia civile e commerciale, il diritto dell’Unione disciplina le modalità con le quali il procedimento può essere strutturato («può essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro», ai sensi dell’art. 3, lettera a, della direttiva 2008/52/CE del 21 maggio 2008), ma non impone e nemmeno consiglia l’adozione del modello obbligatorio, limitandosi a stabilire che resta impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio (art. 5, comma 2, della direttiva citata)»; e dopo aver richiamato anche la nota sentenza della CGUE (Alassini; Corte di giustizia dell’Unione europea in data 18 marzo 2010, Sezione quarta, pronunciata nelle cause riunite C- 317/08, C-318/08, C-319/08, C-320/08), conclude ribadendo che «la disciplina dell’UE si rivela neutrale in ordine alla scelta del modello di mediazione da adottare, la quale resta demandata ai singoli Stati membri, purché sia garantito il diritto di adire i giudici competenti per la definizione giudiziaria delle controversie».
Se si preferisce fare riferimento al Parlamento Europeo, l’intervento pertinente più recente è quello del 2017 (12 settembre 2017) che giunge a formulare cinque raccomandazioni conclusive che appaiono vere e proprie linee guida per l’evoluzione della mediazione nell’ambito dell’Unione europea.
La Direttiva 52/2008 viene definita “un’importante pietra miliare” per l’introduzione e l’uso della mediazione e ciò nonostante la sua attuazione sia notevolmente diversificata tra i diversi Stati UE. Il testo della risoluzione è di notevole interesse sin dalle sue premesse in quanto traspaiono una serie di aspetti positivi come quello dell’impatto sulle legislazioni nazionali che viene definito “decisamente positivo”, ma si prende atto che la strada da percorrere è ancora lunga: “occorre pertanto dare priorità al cambiamento di mentalità giuridica attraverso lo sviluppo di una cultura della mediazione basata sulla risoluzione amichevole delle controversie”.
D’altronde, sempre secondo la Risoluzione, la mediazione “può essere uno strumento utile per alleviare il carico dei sistemi giudiziari” consentendo di comporre le liti a basso costo e “garantendo nel contempo un migliore accesso alla giustizia e contribuendo alla crescita economica”. Ma l’obiettivo posto dall’art. 1 della Direttiva, quello di garantire “un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario”, è ancora lontano considerato che la mediazione è utilizzata in meno dell’1% dei casi nei tribunali della maggior parte degli Stati UE. Non vi è dubbio che la Direttiva ha apportato un valore aggiunto sensibilizzando i legislatori nazionali e determinando un certo grado di armonizzazione, per cui il Parlamento si compiace con quegli Stati membri che hanno recentemente modificato e rivisto le proprie norme relative alla mediazione (e tra questi l’Italia), mentre deplora quegli Stati che si sono limitati a trasporre la Direttiva per le sole controversie transfrontaliere.
Nella sentenza pubblicata il 14 giugno 2017, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha stabilito che il modello italiano di mediazione che prevede il ricorso obbligatorio ad un tentativo di mediazione come condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria è compatibile con la tutela giurisdizionale effettiva.
Secondo la Corte «anche se l’articolo 1, prima frase, della direttiva 2013/11 utilizza l’espressione «su base volontaria», si deve rilevare che la seconda frase di detto articolo prevede espressamente la possibilità, per gli Stati membri, di rendere obbligatoria la partecipazione alle procedure ADR, a condizione che una tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accedere al sistema giudiziario» (§48; secondo lo schema dell’art. 3, lett. a, Dir. 2008/52/CE).
E poi precisa che «come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 75 delle conclusioni, gli Stati membri conservano la loro piena autonomia legislativa, a condizione che sia rispettato l’effetto utile della direttiva 2013/11» (§ 51).
«Pertanto, il fatto che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale abbia non solo introdotto una procedura di mediazione extragiudiziale, ma abbia, in aggiunta, reso obbligatorio il ricorso a quest’ultima prima di adire un organo giurisdizionale non è tale da pregiudicare la realizzazione dell’obiettivo della direttiva 2013/11 (v., per analogia, sentenza del 18 marzo 2010, Alassini e a., da C‑317/08 a C‑320/08, EU:C:2010:146, punto 45)» (§ 52).
La Corte prosegue l’analisi sulla normativa italiana in materia di mediazione
c.d. obbligatoria: «Indubbiamente, è evidente che, condizionando la procedibilità delle domande giudiziali presentate nelle materie previste all’articolo 5, paragrafo 1-bis, del decreto legislativo n. 28/2010 all’esperimento di un tentativo di mediazione obbligatoria, la normativa nazionale di cui al procedimento principale introduce una tappa aggiuntiva da superare prima di poter accedere al giudice. Tale condizione potrebbe incidere sul principio della tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, sentenza del 18 marzo 2010, Alassini e a., da C‑317/08 a C‑320/08, EU:C:2010:146, punto 62)» (§ 53). Poi osserva che «Tuttavia, secondo costante giurisprudenza della Corte, i diritti fondamentali non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (sentenza del 18 marzo 2010, Alassini e a., da C‑317/08 a C‑320/08, EU:C:2010:146, punto 63 e giurisprudenza ivi citata)» (§ 54).
Resta fermo che «gli Stati membri sono liberi di scegliere i mezzi che giudicano appropriati per far sì che l’accesso al sistema giudiziario non sia ostacolato, fermo restando che, da un lato, il fatto che l’esito della procedura ADR non sia vincolante per le parti e, dall’altro, il fatto che i termini di prescrizione o decadenza non scadano durante una procedura siffatta costituiscono due mezzi che, tra gli altri, sarebbero adeguati per conseguire tale obiettivo» (§ 56). Per cui «Il requisito di una procedura di mediazione come condizione di procedibilità di un ricorso giurisdizionale può quindi rivelarsi compatibile con il principio della tutela giurisdizionale effettiva qualora tale procedura non conduca a una decisione vincolante per le parti, non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale, sospenda la prescrizione o la decadenza dei diritti in questione e non generi costi, ovvero generi costi non ingenti, per le parti, a patto però che la via elettronica non costituisca l’unica modalità di accesso a detta procedura di conciliazione e che sia possibile disporre provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone (v., in tal senso, sentenza del 18 marzo 2010, Alassini e a., da C‑317/08 a C‑ 320/08, EU:C:2010:146, punto 67)» (§ 61).
–La giurisprudenza della Corte Costituzionale.
La sentenza della Corte costituzionale 6 giugno 2012, n. 272 perviene alla seguente conclusione: «deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2010, per violazione degli artt. 76 e 77 Cost. La declaratoria deve essere estesa all’intero comma 1, perché gli ultimi tre periodi sono strettamente collegati a quelli precedenti (oggetto delle censure), sicché resterebbero privi di significato a seguito della caducazione di questi». La censura attiene, quindi, all’eccesso di delega in quanto l’art. 60 della legge n. 69 del 2009 non esplicita in alcun modo la previsione del carattere obbligatorio della mediazione finalizzata alla conciliazione. È noto poi che il legislatore con la riforma del D.lgs. 28/2010 adottata nel 2013 (D.L. 69/2013, conv. L. 98/2013) ha “sanato” la carenza di delega intervenendo con norma primaria per la reintroduzione della c.d. obbligatorietà inserendo il comma 1-bis all’art. 5 in via sperimentale per quattro anni; la norma è stata poi “consolidata” nel 2017 (art. 11-ter, D.L. 50/2017, conv. L. 96/2017.
Autorevoli costituzionalisti si sono pubblicamente espressi in due importanti convegni sul tema affermando che la mediazione c.d obbligatoria costituisce lo strumento per l’affermazione di un diritto alla mediazione ed hanno individuato le radici della mediazione non tanto e non solo nell’art. 24, comma 1, Cost. quanto nell’art. 2. Sull’argomento si segnala anche la pronuncia del Tribunale di Firenze che, aderendo al citato orientamento dottrinale, scrive: «… parte della dottrina ha tentato anche una rilettura della condizione di procedibilità (preventiva o successiva) non solo nell’ambito della giurisdizione condizionata, ma anche in una prospettiva di maggiore equilibrio tra giurisdizione e mediazione (art. 1, Dir. 2008/52/CE). In tale prospettiva, la mediazione viene considerata strumento per favorire lo sviluppo della personalità del singolo nella comunità cui appartiene, consentendogli di confrontarsi in un contesto relazionale propizio per una soluzione amichevole». Per cui «accanto al diritto alla tutela giurisdizionale sancito dall’art. 24 Cost., diritto inviolabile della persona (ex art. 2 Cost.), andrebbe riconosciuto il diritto alla mediazione, non solo nell’ambito, tradizionalmente indicato, dell’accesso alla giustizia, ma anche quale espressione diretta dell’esigenza di sviluppo della persona nelle relazioni interpersonali e comunitarie, nell’attuazione del complementare principio di solidarietà. Una tale visione, che ha il pregio di porre in luce l’importanza della mediazione come strumento di pacificazione sociale condivisa e non imposta, fonda il diritto alla mediazione sull’art. 2 Cost.» (Trib. Firenze, II Sez., 15 febbraio 2016).
– Il D.lgs. 28/2010 e il D.lgs. 130/2015.
Il sistema italiano attualmente vigente prevede che in alcune materie occorra preventivamente esperire la mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Più precisamente è previsto che «Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo». Ciò significa che il legislatore chiede che si svolga anche soltanto il primo incontro tra le parti. Quanto alla parte invitata la stessa viene sollecitata a partecipare da due possibili sanzioni (una processuale e l’altra pecuniaria: art. 5, comma 2-bis) per la «mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione» (art. 8, comma 4-bis). Questo significa che in linea generale ciascuno può ritirarsi dalla mediazione senza problemi: l’obbligo si esaurisce nel tentativo di mediare. Il legislatore prevede poi l’assistenza necessaria dell’avvocato, ma nessuna conseguenza è espressamente prevista per la mancata assistenza (infatti, se le parti non sono assistite sconteranno soltanto il limite relativo alla possibilità di rendere immediatamente esecutivo l’accordo eventualmente raggiunto senza dover ricorrere al procedimento di omologazione presso il tribunale competente per territorio).
Con riferimento alla disciplina del consumo, occorre precisare che in Italia non è stata ancora adottata la normativa regolamentare da parte del Ministero della Giustizia per rendere operativa la mediazione del consumo secondo le regole dettate dalla Direttiva 2013/11/UE e dalle norme di recepimento (D.lgs. 130/2015). Ciò significa che attualmente non è possibile svolgere la mediazione in materia di consumo secondo le norme speciali dettate dal legislatore europeo per come recepite dal legislatore italiano. E ciò significa anche che gli organismi di mediazione non possono svolgere questo tipo di mediazione se non applicando la normativa generale vigente in materia (D.lgs. 28/2010). Nell’aprile del 2016 era stato avviato l’iter per l’adozione di un D.M. finalizzato a colmare la lacuna (presso l’UL avevano avviato lo studio e la redazione del testo i magistrati Triscari e Barbieri) che però ad oggi non si è ancora concluso.
In ogni caso, la sentenza della CGUE del 14 giugno 2017 ha chiarito alcuni aspetti fondamentali; in particolare la Corte ha precisato che la disciplina in questione è applicabile anche alla mediazione in Italia qualora detta procedura sia considerata una delle possibili forme di ADR da parte del giudice nazionale. In particolare, la direttiva è applicabile se la procedura ADR (nella fattispecie, la procedura di mediazione) soddisfa i tre presupposti cumulativi seguenti: deve essere stata promossa da un consumatore nei confronti di un professionista con riferimento a obbligazioni derivanti dal contratto di vendita o di servizi; deve essere indipendente, imparziale, trasparente, efficace, rapida ed equa e deve essere affidata a un organismo istituito su base permanente e inserito in un elenco speciale notificato alla Commissione europea (di qui la inapplicabilità – ancora oggi – alla mediazione in Italia).
È importante precisare che non è stata mai proposta una obbligatorietà ope legis del tentativo di mediazione che non fosse compatibile con quanto espresso dalla CGUE anche nella lettura offerta di recente dalle Sezioni Unite della Cassazione che partendo dalla sentenza Alassini giungono alla sentenza Menini e precisano che la Corte di Giustizia europea: «ha ulteriormente chiarito in via generale che l’accesso alla giurisdizione può essere condizionato al previo esperimento di una procedura di mediazione, quale condizione di procedibilità, purché non sia reso eccessivamente difficoltoso alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario» (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 28 aprile 2020, n. 8240).
Di recente le Sezioni Unite della Cassazione hanno ribadito con riferimento al tentativo di conciliazione “obbligatorio” in materia di telecomunicazioni (facendo anche riferimento alla “disciplina generale” ex D.lgs. 28/2010) quanto segue: «Già con riferimento al tentativo obbligatorio disciplinato dall’art. 412 bis c.p.c., nel processo del lavoro il meccanismo processuale secondo il quale il giudice, su eccezione di parte o d’ufficio, disponeva la sospensione del giudizio e la correlativa fissazione di un termine entro il quale intraprendere il tentativo obbligatorio di conciliazione veniva ritenuto espressione di un principio più generale, valevole per tutte le ipotesi di giurisdizione condizionata, idoneo a realizzare “una felice sintesi” fra l’esigenza di non vanificare la prescrizione dell’obbligo di preventiva conciliazione con quella di evitare diseconomie processuali e di non incidere in misura troppo grave sul diritto di azione garantito dall’art. 24 Cost.» (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 28 aprile 2020, n. 8241).
Fatte queste premesse, considerata l’urgenza di intervenire con una disciplina che determini la maggiore diffusione possibile dell’istituto della mediazione, senza peraltro violare le condizioni descritte nella giurisprudenza costituzionale ed europea, la proposta formulata nella riunione del 30 aprile u.s. riporta al principio di coerenza ed efficienza la scelta del legislatore italiano di promuovere con l’obbligatorietà del tentativo la mediazione delle liti.
In aggiunta alle materie già previste dall’art. 5 comma 1-bis del D.lgs. 28/2010, si è chiesto di configurare il tentativo di mediazione obbligatorio per tutte le controversie nascenti dai contratti, affinché i contraenti possano fare affidamento su una gestione certa e celere dei loro conflitti, con l’assistenza degli avvocati e la guida del mediatore professionista.
L’obbligatorietà del tentativo non rappresenta un impedimento, al contrario realizza la volontà del Governo di rispondere al bisogno di Giustizia dei cittadini e delle imprese.
Il legislatore deve dire al cittadino: “devi provare a gestire i tuoi problemi prima di tutto coltivando la comprensione delle ragioni della lite, l’ascolto, i tuoi veri interessi e le soluzioni che permettano una piena soddisfazione, con la guida del mediatore e l’assistenza degli avvocati”.
Affinché la promozione delle procedure di mediazione, supporto di indiscussa efficacia nella gestione del contenzioso, in atto e a venire, dei cittadini, delle imprese, dei professionisti, nonché dei dirigenti degli uffici giudiziari e nel case management dei giudici impegnati nei processi civili, possa rispondere adeguatamente alle istanze di qualità, celerità, trasparenza, competenza, riservatezza, imparzialità, è indispensabile che il Governo realizzi con urgenza la revisione delle norme oggi in vigore, anche in ottemperanza al principio di equilibrio fra le procedure giudiziali e stragiudiziali di risoluzione dei conflitti in ambito civile e commerciale dettato a livello europeo.”
PARTE SECONDA
9. Nel dettaglio delle attività programmate. Un modello partecipato: l’Open Space Technology con gli operatori ADR e il Convegno internazionale di rilevanza scientifica e
Fin dall’avvio dei lavori, i componenti del Tavolo esperti di ADR hanno accolto con cura la linea indicata dal Ministro nel Decreto istitutivo, che ravvisava: “l’essenzialità del ricorso a competenze interdisciplinari e del confronto nell’ambito delle fasi di rispettiva competenza, anche con i Presidenti delle associazioni rappresentative degli organismi di mediazione, i Presidenti dei Consigli dell’ordine forense, i dirigenti delle strutture giudiziarie, i rappresentanti della SSM, gli esponenti del mondo accademico, le associazioni imprenditoriali”.
Al fine di realizzare tale importante obiettivo, si è proposto di progettare la prima vera consultazione vasta, attenta e ricevente il sentire, le percezioni, le idee provenienti dagli operatori del mondo ADR, da quello delle professioni forensi, dagli Osservatori per la Giustizia civile e dalle organizzazioni e associazioni complesse, nella convinzione che proprio attraverso il dialogo fondato sulle esperienze nel territorio nazionale si sarebbe potuto costruire un progetto efficace di innovazione della pratica ed efficiente di riforma della normativa.
A causa dell’emergenza sanitaria, prima, e della mancata proroga, poi, non è stato possibile realizzare l’evento dedicato all’Open Space Technology sulle procedure stragiudiziali in materia civile e commerciale, progettato in dettaglio con il coordinamento di Facilitatori esperti che avevano già offerto la loro disponibilità. Considerato il livello avanzato del progetto e soprattutto l’interesse dimostrato da tutti i settori sopra delineati, l’evento è comunque programmato presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Firenze perché si realizzi quella vasta partecipazione coesa nel bisogno di favorire innovazione e cambiamento nella politica della Giustizia anche complementare alla Giurisdizione. L’OST rappresenta la metodologia esemplare per il confronto sui temi di competenza del Tavolo, poiché permette di costruire attraverso lo scambio di idee e visioni, una proposta che riflette desideri e bisogni di tutti gli stakeholders a vario titolo coinvolti nel progetto.
D’altra parte, la radice culturale degli strumenti di gestione dei conflitti sul piano generale della scienza giuridica e delle scienze sociali, giustificava il proposito di organizzare un convegno scientifico di portata internazionale, in linea con l’auspicio del Ministro di costruire un modello esemplare anche oltre i confini nazionali, intorno ai temi della complementarietà fra giustizia consensuale e giurisdizione, delle dinamiche relazionali del conflitto, dell’analisi economica dei conflitti e dei relativi strumenti di gestione, della formazione universitaria e professionale in materia di ADR.
10. Le infrastrutture dell’innovazione: un sistema efficiente di rilevazione statistica delle procedure ADR.
È stato programmato anche un intervento propositivo a proposito delle metodologie di rilevazione statistica sul territorio nazionale dei dati e delle informazioni relativi alle procedure di mediazione dei conflitti.
Il gruppo degli Esperti impegnati nell’analisi dei profili attinenti alla rilevazione statistica ha prodotto, durante l’emergenza sanitaria, dunque prima della chiusura dei lavori, un primo documento che metteva in luce alcuni significativi problemi e ipotesi di soluzione. In particolare, a proposito dell’analisi dei flussi delle iscrizioni presso i Giudici di Pace e i Tribunali per effetto del Dlgs. 28/2010 dal 2009 al 2019, si fa rilevare che occorre ristabilire un rapporto corretto fra i dati relativi alle procedure di mediazione e il campione di riferimento che non può che essere composto dall’insieme delle controversie civili e commerciali vertenti su diritti disponibili, con esclusione dall’analisi di tutte le procedure di volontaria giurisdizione, famiglia, fallimento, esecuzioni, lavoro e previdenza, esecuzioni civili e altre, alle quali il decreto non è applicabile. Il rapporto prosegue precisando che un’analisi puntuale dell’impatto deflattivo della disciplina in vigore potrebbe essere svolta agevolmente solo avendo a disposizione il dettaglio dei flussi delle iscrizioni divisi per materia e per oggetto presso i Giudici di Pace e presso i Tribunali. In tal modo, si potrebbe osservare la diminuzione o l’aumento delle iscrizioni per singola materia e oggetto dopo l’entrata in vigore del Dlgs. 28/2010, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale per eccesso di delega e dopo l’introduzione con il Decreto del Fare del tentativo obbligatorio di mediazione a pena di improcedibilità nel 2013. Si ipotizza che dal 2013 nelle materie previste dal Decreto le iscrizioni presso i Tribunali e i Giudici di Pace siano diminuite del 40- 50% e quindi in misura molto più accentuata rispetto alle materie del contenzioso per le quali l’obbligo del tentativo di mediazione non è previsto. Ulteriori indicazioni vengono fornite a proposito del modello di analisi statistica della Direzione Generale di Statistica e Analisi Organizzativa pubblica, con riferimento ai contenuti di dettaglio che sarebbe utile raccogliere dagli ODM.
11. Segue. La comunicazione dei lavori attraverso il Web.
Nell’ambito delle attività volte alla comunicazione e promozione dei sistemi di giustizia complementare, una specifica attenzione è stata riservata ai contenuti da proporre per la creazione di una sezione unica e organica del website (www.giustizia.it) da dedicare alle procedure stragiudiziali di risoluzione delle liti civili ed accessibile dalla home page del sito ministeriale.
Si è proposto che la comunicazione pubblica relativamente alle procedure stragiudiziali venisse realizzata con l’obiettivo principalmente divulgativo e di approfondimento per i professionisti del contenzioso, anche proponendo una serie di contenuti descrittivi dei concetti fondamentali in materia di ADR oggetto di possibile pubblicazione. Anche la comunicazione dei lavori del Tavolo avrebbe potuto trovare nell’aggiornamento del sito ministeriale una sede di efficiente ed efficace diffusione della consapevolezza in materia di ADR. Partendo da una definizione omnicomprensiva di ADR si potrebbe dedicare un ampio spazio alla mediazione che è direttamente regolamentata e vigilata dal Ministero della Giustizia (con una pagina di collegamento riservata alle best practices in atto presso gli uffici giudiziari). Altro spazio potrebbe essere dedicato anche alla negoziazione assistita dagli avvocati con collegamenti agli altri strumenti regolamentati dalle Autorità amministrative indipendenti (la relazione è stata depositata).
12. Il progetto per la circolazione di prassi virtuose sperimentate. La mediazione demandata dal giudice: dai tribunali precursori di innovazione a un modello di applicazione generalizzata. La ratio della proposta di emendamento.
Fra le best practices invalse in alcune sedi giudiziarie si è concentrata l’attenzione del Tavolo sui progetti innovativi di affiancamento dei giudici nelle procedure di mediazione demandata. Lo spunto è nato dall’esperienza nell’ambito un progetto pilota condotto a Firenze (a cominciare dal progetto Nausicaa), in Tribunale, poi in Corte d’Appello, poi nei Tribunali di Pistoia e di Perugia. Il particolare, si è trattato di un’iniziativa alla quale ha collaborato l’Università di Firenze con il coordinamento di laureati specializzati in mediazione dei conflitti che avevano il compito di affiancare il lavoro dei giudici operando una preventiva valutazione dei fascicoli al fine di individuare gli spazi di mediabilità delle liti. In dieci mesi dell’anno 2018, sono stati studiati i fascicoli di 6.480 cause pendenti e in 3720 casi è stato proposto ai giudici l’invio in mediazione; i giudici hanno disposto l’ordinanza di mediazione in 1.296 casi; le parti del processo hanno avviato 686 mediazioni su ordine del giudice (76%), e determinato, con accordo in mediazione o fuori dalla mediazione, la cessazione di 495 processi. A questo effetto deflattivo diretto se ne aggiunge uno indiretto che è stato possibile verificare attraverso una specifica attività di ricerca che ha accompagnato la sperimentazione: se dall’avvio del programma le iscrizioni delle cause sono diminuite e gli avvocati valutano con maggiore attenzione la scelta del percorso più adeguato alla soluzione della controversia, si deve anche al fatto che il progetto ha contribuito a promuovere negli attori una più diffusa conoscenza della mediazione e delle sue potenzialità.
A ciò ha contribuito in modo determinante la governance del progetto che ha visto una pluralità di soggetti portatori di interessi accompagnare in modo attivo la sperimentazione partecipando alle periodiche riunioni di coordinamento.
L’esperienza ha mostrato, attraverso l’analisi dettagliata di monitoraggio, che la metodologia messa a punto scientificamente avrebbe potuto risultare di utilità per la nascita di nuovi progetti in tutto il territorio nazionale e promuovere la creazione di reti nei distretti giudiziari, partecipate dalle università, dalle associazioni del mondo imprenditoriale, dagli enti pubblici, dagli ordini professionali3.
Proprio l’attivazione delle reti sui territori ha rappresentato, infatti, la garanzia di fattibilità dei progetti stimolando una particolare sensibilità a tutti i livelli della società civile per il funzionamento della Giustizia e per la diffusione di un’etica della partecipazione e condivisione delle iniziative volte a favorire l’innovazione e la più efficiente gestione del cambiamento.
Si ricorda a questo proposito che l’esperienza di successo nella sede del Tribunale di Firenze, replicata poi in altre sedi, ha giustificato una prima proposta presentata al Tavolo di intervento emendativo sulla mediazione demandata dal giudice. Si è suggerito, infatti, di introdurre il seguente testo nella disciplina di emergenza: “In tutti i procedimenti civili vertenti su diritti disponibili, che non siano stati trattenuti per la decisione e le cui udienze siano state differite a causa dell’emergenza, o saranno ulteriormente differite per esigenze organizzative dell’ufficio giudiziario, anche valutando il prolungarsi dei tempi processuali, il giudice di primo grado o di appello può disporre la mediazione anche mediante provvedimento emesso fuori udienza secondo quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010. Per l’attuazione della previsione di cui al presente comma potranno essere siglati protocolli fra gli uffici giudiziari, l’università, l’avvocatura, gli enti e le associazioni professionali e di categoria sul territorio”. Se la prima parte della proposta si limita a richiamare quanto già previsto dall’art. 5, comma 2, del D.lgs. 28/2010, si prevede espressamente ciò che fino ad oggi è solo frutto di interpretazione della stessa disposizione, cioè che il provvedimento del giudice possa essere emesso anche fuori udienza. L’avvio dei progetti locali in tema di mediazione demandata, inoltre, risulterebbe facilitato e promosso dai protocolli istitutivi delle reti di supporto sui territori.
Per procedere nella implementazione del progetto pilota di affiancamento dei giudici nelle procedure di mediazione demandata, è stata compiuta l’analisi dei dati forniti dall’ufficio statistiche del Ministero che avrebbe condotto alla selezione dei Tribunali maggiormente in sofferenza nei quali si suggeriva l’avvio del progetto. L’analisi si proponeva di misurare l’efficienza degli uffici del sistema giudiziario italiano, in termini di capacità degli stessi di risolvere la controversia in tempi ragionevoli (la relazione è stata depositata). Come è noto, l’efficienza del sistema giudiziario, a differenza di altri criteri che vengono individuati come indici di performance dell’ufficio (qualità delle sentenze, intesa come accuratezza e certezza delle decisioni e indipendenza del giudizio) è facilmente misurabile grazie all’utilizzo di particolari indicatori che consentono, allo stesso tempo, una sintesi e un’adeguata valutazione interpretativa del fenomeno nonché un’analisi comparata tra i diversi uffici. Molti sono gli indicatori di performance che vengono generalmente considerati per trarre le valutazioni di efficienza, tra cui la durata dei procedimenti, la percentuale di procedimenti ultra-triennali e infra-triennali, il numero complessivo di sopravvenienze e il numero di definizioni in un dato periodo. Sulla base di tali indicatori, vengono individuati gli indici di performance (indice di ricambio, indice di smaltimento, durata media dei procedimenti), utili per l’indagine sull’efficienza del sistema, che conduce alla rilevazione degli uffici che attualmente si trovano in stato di maggiore sofferenza e per i quali è ipotizzabile l’introduzione di best practices di gestione del contenzioso.
Il campione oggetto di osservazione è composto dalle procedure giudiziarie del ruolo degli affari civili e contenziosi, area Sicid. I dati, forniti dalla Direzione di statistica e analisi organizzativa del Ministero della giustizia, sono distinti per ufficio giudiziario del territorio e si riferiscono agli anni 2017, 2018 e 2019. Non per tutte le rilevazioni è possibile circoscrivere il campione alle materie nelle quali le cause sono astrattamente mediabili e ciò comporta la difficoltà nella comparazione dei dati, rappresentando altresì la giustificazione di un intervento statistico che riesca a portare in evidenza tutti i numeri del contenzioso sui diritti disponibili astrattamente mediabile.
L’analisi non tiene conto della capacità organizzativa e della composizione dell’organico del singolo ufficio, pertanto non è stata formulata alcuna ipotesi sulla relazione matematica esistente tra performance e risorse in dotazione.
Il progetto che si sarebbe proposto di attivare nei vari distretti, a cominciare dalle sedi più in sofferenza, avrebbe visto la realizzazione delle seguenti fasi:
- analisi del contenzioso del tribunale area civile al fine di individuare il campione d’indagine ambito di applicazione del progetto;
- verifica, per gli anni 2015/2019, dei dati relativi ai numeri delle iscrizioni a ruolo, dei fascicoli pendenti, dei processi definiti con sentenza e dei processi definiti in altro modo, al fine di osservare un andamento storico del Tale analisi è volta anche a comparare gli esiti del progetto con i dati relativi al carico giudiziario riferito agli anni precedenti e, dunque, a valutarne l’efficacia in termini di deflazione del contenzioso civile;
- verifica del numero delle cause pendenti presso l’area civile del Tribunale distinte per materia al fine di procedere all’analisi tassonomica del contenzioso con riguardo alla mediabilità in astratto;
- verifica del numero delle cause pendenti presso l’area civile del Tribunale distinte per materia e in rapporto allo stato del fascicolo al fine di procedere all’analisi tassonomica del contenzioso con riguardo alla sua mediabilità in concreto;
- analisi della mediabilità in concreto con riferimento al ruolo di ciascun giudice della sezione civile, con il supporto di giovani esperti di mediazione e mediazione demandata dal giudice;
- monitoraggio degli esiti e comparazione con i risultati prodotti nelle altre sedi;
- riesame e ipotesi di miglioramento degli
Le linee guida del progetto sono già sperimentate nelle sedi di Firenze, Pistoia, Perugia, e in corso di sperimentazione a Verona e Trento.
13. L’Osservatorio ministeriale ADR e gli interventi nel Sistema informativo civile distrettuale SICID. Oltre le ADR: la proposta in materia di conciliazione giudiziale.
Un ulteriore approfondimento svolto all’interno del Tavolo è consistito nella messa a punto di un programma di raccolta delle buone pratiche nelle sedi pilota, nella comunicazione delle stesse a tutte le sedi giudiziarie e nella proposta di attuazione di interventi nel sistema informatico (Sicid) finalizzati alla tracciabilità degli esiti prodotti agevolati da provvedimenti giudiziali (la relazione è stata depositata).
Si è prevista, dunque, la creazione di un Osservatorio ministeriale con l’obiettivo di raccogliere e catalogare le prassi, di rendere tracciabili i relativi dati, di condivisione delle stesse a livello nazionale e internazionale, di creare banche dati adeguate allo scopo. La proposta è stata approvata dal Tavolo.
Inoltre, è stato svolto un approfondimento tematico a proposito delle procedure giudiziali di soluzione del conflitto alternativa alla sentenza, finalizzato alla valorizzazione della pratica giudiziale propositiva della soluzione conciliativa ai sensi dell’art. 185 bis del codice di procedura civile (la relazione è stata depositata).
PARTE TERZA
14. L’innovazione della cultura professionale in materia di ADR: dalla formazione universitaria alla formazione degli operatori del conflitto.
Al centro di qualsiasi iniziativa che miri all’intervento riformatore della disciplina delle ADR è la qualità del sistema, il livello delle competenze professionali, la dimensione culturale. In attesa di un pieno riconoscimento sociale della professione di mediatore, non può dirsi che si sia favorito un progressivo innalzamento della qualità dei servizi, grazie, in particolare, alla formazione dei mediatori e degli avvocati che partecipano alla mediazione.
I tentativi fatti dal Legislatore e dal Governo di introdurre regole che potessero innalzare il livello qualitativo della mediazione non si sono rivelati minimamente adeguati all’obiettivo, considerato che la formazione del mediatore risulta ancora limitata a un numero di ore assolutamente inidoneo a fornire le conoscenze e le competenze necessarie per svolgere un servizio di qualità, che è mancata ad oggi l’attenzione verso la formazione del professionista che partecipa (e considerata l’obbligatorietà del tentativo in alcune materie, deve partecipare se intende assistere il cliente) alle procedure di mediazione dei conflitti.
L’intero sistema della formazione, costruito mediante un percorso di accreditamento ministeriale di enti (preesistenti o creati “ad hoc”) che si regge su un gruppo di formatori teorici e/o pratici con un responsabile scientifico al quale sono affidate ex lege funzioni assolutamente marginali, è rimasto del tutto immutato. Come immutato è rimasto il percorso per la formazione di base e per l’aggiornamento biennale (quest’ultimo sia per i mediatori sia per i formatori) fatta eccezione per l’introduzione di un tirocinio permanente per i mediatori (in quanto inserito tra gli obblighi di aggiornamento e non tra quelli per l’accesso alla professione).
Una professione, quella del mediatore di controversie civili, che appare disegnata dal legislatore quale attività part-time di professionisti dediti ad altre professioni principalmente giuridiche o, meglio ancora, forensi. Al riguardo la creazione dell’avvocato “mediatore di diritto” e l’interpretazione ministeriale che devolve di fatto la formazione e l’aggiornamento di tale tipologia di mediatori alle direttive del CNF, sembrano poi consolidare un percorso formativo di stampo sempre più giuridico che inevitabilmente condiziona le evoluzioni nell’utilizzo della mediazione in ambito civile.
Da qui, lo studio proposto al Tavolo al fine di un ripensamento del tema della formazione radicato nel principio di autonomia scientifico disciplinare. La tradizione della formazione giuridica si è nutrita del valore esclusivo e primario che il diritto e la giurisdizione statale hanno avuto nel processo di (almeno tendenziale) pacificazione sociale segnando e contribuendo al passaggio da una società di conflitti risolti con la forza, fisica o morale, a una società dell’ordine per autorità del giudice che applica regole generalmente riconosciute. Così la formazione tradizionalmente si è concentrata su conflitto e regola, o meglio su controversia e applicazione giudiziale del diritto dirimente. Una formazione che si dedica quasi esclusivamente alla logica avversariale propria della disputa, all’individuazione del rimedio che ristabilisce l’ordine attribuendo torto e ragione, ai principi, naturalmente, che informano le soluzioni, nonché agli strumenti formali e procedurali della professione dedicata alla risoluzione della lite.
È ormai a tutti noto, però, che la formazione giuridica non si esaurisce più in tale sintesi. Da sempre il rapporto fra le persone è di interesse per il giurista se patologico, malato; l’interprete, l’avvocato, il giudice soccorrono per individuare la medicina, una volta verificata la malattia – rectius la contrarietà alle regole – cercando nella farmacia dell’ordinamento giuridico, nei suoi scaffali, ovvero nelle sue regole astrattamente applicabili a tutti i casi aventi le stesse caratteristiche. L’ordinamento predispone farmaci diversi per fattispecie diverse, riponendo attenzione alle specifiche peculiarità dei fenomeni considerati, ma la soluzione è comunque là, in farmacia, negli scaffali del diritto. Come nessun medico ragionevole riterrebbe di poter fare a meno della farmacologia, anche il giurista – sia teorico che pratico – non può ragionevolmente evitare il richiamo ai rimedi offerti dalle norme ed ai relativi principi e canoni interpretativi, nell’approccio alle patologie contrattuali.
La formazione del giurista medico che cura la malattia dei rapporti fra le persone e del diritto come medicina è ancora oggi offerta ai giovani studenti delle scuole di giurisprudenza. Eppure tutti i giuristi sanno bene che le regole sono pensate e scritte per far funzionare la società e le relazioni che in questa si producono a tutti i livelli. Quindi insegnare al giurista significa non solo accompagnarlo ad essere il bravo medico del rapporto malato, ma anche l’artefice del rapporto sano. Vuoi perché sarà proprio lui a scrivere il nuovo diritto che contribuisce a rendere sane le relazioni fra le persone, nel senso vero della parola, cioè che le aiuta a stare bene, oppure perché sarà lui a catalizzare o facilitare la collaborazione per il miglior svolgimento delle relazioni.
Ma con quale conoscenza, con quali strumenti del laboratorio professionale, con quali capacità? Occorre fare un salto nella cultura giuridica per comprendere che si sta aprendo un nuovo spazio di ricerca e lavoro a proposito della relazione fra gli individui, ovvero di ciò che potrebbe rivelarsi utile per la sua salute, e per la prevenzione di crisi irreparabili. Si avverte, in effetti, la necessità sempre più urgente di richiamare l’attenzione del giurista sul possibile ampliamento del punto di vista dal quale si possono non solo osservare i fenomeni e produrre il diritto, questo è suo il campo di elezione da sempre – la funzione ordinatrice, la regola, la sanzione – ma anche insegnare come far funzionare il motore propulsore della salute delle relazioni sociali.
È richiesta urgentemente la consapevolezza dei limiti del diritto/protezione e delle enormi potenzialità, ancora inesplorate, del diritto propulsore di sviluppo della personalità e dell’autonomia della persona nelle relazioni sociali: il diritto non può impedire tale sviluppo, dovendo, anzi, per espressa e felice disposizione della Costituzione, contribuire a riconoscerne la priorità, garantirlo e rimuovere gli ostacoli che lo impediscono. La via che conduce alla piena esplicazione della personalità è quella di un diritto che lasci, fin dove possibile, il maggior spazio all’autonomia nella gestione delle relazioni e dei conflitti, che intervenga affinché l’esercizio dell’autonomia sia effettivamente garantito, riconosciuto e rispettato, che si configuri quale ancoraggio effettivo, accessibile e disponibile nel caso di mancato successo della volontà privata nella soluzione del problema: un diritto, dunque, forte e certo per la tutela di soggetti privi, per qualsiasi ragione, del volere/potere di autodeterminazione, e un diritto, nello stesso tempo, esplicitamente, convintamente e rigorosamente concedente agli individui il tempo e lo spazio necessari per la comprensione e la valutazione delle cause del problema, l’ascolto reciproco, la ricerca di una soluzione condivisa, in sintesi, per l’acquisizione di una piena consapevolezza e autonomia nella soluzione dei casi difficili della vita.
Questo è il punto chiave di una vera svolta per la mediazione dei conflitti (e perciò stesso non soltanto della mediazione ex D.lgs. 28/2010) e per la costruzione di percorsi formativi che possano rispondere a criteri adeguati di formazione.
I professionisti del conflitto devono arricchire il loro laboratorio di strumenti idonei ad affrontare l’assistenza del cliente nelle procedure di mediazione, dare il meglio delle loro competenze in tale situazione, che è quella che si pone più celermente in risposta ai veri bisogni del cliente.
Il percorso di formazione del professionista è tutt’altro che breve e superficiale, come troppo spesso oggi si vede praticare. Deve essere un percorso formativo all’altezza del ruolo nobile che ha la mediazione dei conflitti in una società evoluta: l’assistenza del cliente, la guida del mediatore neutrale, verso il consenso, garanzia della salute e della longevità dell’accordo.
L’autonomia scientifico-disciplinare della mediazione costituisce dunque un prius per l’avvio della costruzione di un sistema di qualità della formazione e poi della mediazione.
Sino a quando la mediazione non assumerà una sua autonomia scientifico- disciplinare quale settore autonomo tra le categorie individuate dal Ministero dell’università e della ricerca, vivrà una situazione di disagio culturale, essendo destinata ad una condizione di perenne vassallaggio che la condurrà volta a volta ad assumere le diverse sembianze determinate dal feudatario di turno. Con pochi professionisti realmente competenti (perché hanno scelto la via lunga e lenta della formazione) e molti approssimativi e sospesi sulle carenze conoscitive, sul sentito dire, sulla superficialità dell’apprendimento.
Soltanto quando la mediazione di conflitti assumerà dignità di disciplina autonoma sarà possibile conseguentemente selezionare i formatori e attraverso adeguati percorsi creare una classe di professionisti che, nelle diverse aree della mediazione, rispondano agli elevati standard qualitativi da tutti auspicati (lo studio dettagliato sui profili di attenzione per un intervento sulla formazione dei professionisti in mediazione e ipotesi di riforma, è stato depositato).
15. Dall’innovazione della Giustizia alla coesione sociale e al rilancio dell’economia del Paese.
Il tempo presente è un’occasione per ripensare molti dei servizi essenziali per il nostro Paese.
La novità della istituzione di un Tavolo tecnico per la messa a punto di proposte fondate sull’esperienza scientifica e professionale è stata fin da subito accolta con apprezzamento e fiducia da tutti coloro che ormai da più di un decennio hanno dedicato il loro lavoro alle procedure stragiudiziali di gestione dei conflitti civili e commerciali.
L’impatto che può produrre la scelta di quei benefici derivanti dalla pratica della giustizia consensuale è per la società di portata enorme e si può solo sintetizzare nei seguenti esiti:
- la diffusione della cultura della mediazione come collante sociale, non solo per la riattivazione di una comunicazione interrotta fra le parti del conflitto, ma anche per la generale condivisione dei valori dell’autonomia, della consapevolezza e della responsabilità;
- l’avvicinamento del cittadino alla Giustizia, perché finalmente partecipe delle modalità di risoluzione del conflitto e fiducioso dell’adeguatezza di tale Servizio rispetto alle sue esigenze;
- il progresso delle professioni dedicate al conflitto nella odierna complessità delle relazioni interpersonali, con la valorizzazione delle competenze dell’avvocato, parte necessaria delle procedure di mediazione;
- il cambiamento della cultura di tutti gli operatori della Giustizia con l’acquisizione di competenze più specifiche in ordine alle condizioni di mediabilità del contenzioso;
- l’attenzione agli interessi delle imprese e delle relative organizzazioni attraverso l’offerta di strumenti e percorsi che valorizzano l’efficienza imprenditoriale e salvaguardano gli investimenti impiegati;
- l’attivazione di una comunicazione efficace fra la Pubblica Amministrazione e il cittadino nella gestione del conflitto, con l’effetto, in particolare, di una conquista di fiducia da parte del secondo nei confronti della prima grazie all’ascolto ricevuto e alla gestione in comune del problema, momenti tipici della pratica di mediazione;
- la deflazione del contenzioso giudiziale, già accertata come esito delle sperimentazioni, con conseguente ottemperanza al principio della ragionevole durata del processo, risposta celere alle parti in lite, riduzione dei costi della giustizia, più elevata efficienza del servizio e maggiore fiducia da parte dell’utenza;
- la diffusione della cultura delle buone pratiche condivise a livello inter-istituzionale e
Gli Esperti al tavolo, consapevoli della responsabilità assunta con l’accettazione dell’incarico, hanno ben presente il calibro dell’innovazione sugli istituti in oggetto, a beneficio della società. In questa prospettiva, hanno lavorato per produrre gli esiti sopra indicati, nelle due direzioni dell’intervento in emergenza e dell’innovazione della disciplina delle procedure ADR.
Da più parti, in questo periodo, si è parlato del silenzio della Giustizia. A questa affermazione, nell’ottica di un rilancio della coesione sociale e del rilancio dell’economia del Paese si potrebbe rispondere con la libertà economica dell’art. 41 della Costituzione, fulcro e fondamento di quella parte del Codice Civile dedicata ai contratti e alle obbligazioni, ma più in generale all’autonomia privata; prima ancora, con l’art. 3 della Costituzione che sancisce il principio della piena esplicazione della persona nella società.
Potrebbe allora valere la pena, nell’ottica di azioni utili a recuperare l’equilibrio non solo dei rapporti sociali, ma anche dei rapporti economici e giuridici interpersonali, suggerire con convinzione alle persone la possibilità di appropriarsi dell’autodeterminazione, della libertà di negoziarli o rinegoziarli in virtù della propria autonomia privata, con l’assistenza, di indiscutibile importanza, degli avvocati.
Per molto tempo, il sistema ha suggerito che la fase patologica dei rapporti giuridici fosse rimessa alla cura della giurisdizione, dimenticando che la libertà, l’autonomia privata, nel campo dei diritti disponibili, non è sempre sospesa, come scriveva Lipari, tra “legge e giudizio”.
Questa visione oggi non è completamente utile a superare il “fragoroso silenzio” sulla Giustizia denunciato da autorevoli giuristi e, quindi, sarebbe opportuno valorizzare quel percorso che è stato affidato alla mediazione e agli strumenti di risoluzione delle controversie, ove le persone tornano al centro della cura e della gestione dei loro interessi e bisogni, pur se assistite da avvocati e mediatore, i quali con le competenze adeguate facilitano il consenso.
L’utilizzazione di questi strumenti non rappresenta assenza di Giustizia.
Al contrario, la pratica delle ADR realizza la coesione sociale, il funzionamento delle imprese, l’impiego ottimale delle professioni legali, la concreta realizzazione dei principi costituzionali.
Ora spetta al Legislatore indicare alle imprese e ai cittadini la strada della Mediazione dei conflitti, anche incentivandola, anche obbligando le persone a tentare la strada dell’accordo prima di delegare la soluzione al giudice, perché se in astratto sembra in contrasto con la libertà, l’obbligo – nella pratica di mediazione
– ha per oggetto proprio l’esercizio dell’autonomia e il perseguimento degli interessi.
Pensando alla responsabilità che abbiamo tutti, nessuno escluso, nel rendere migliore la nostra società, lo si dovrebbe fare urgentemente, se si vuole salvare il sistema della giurisdizione, fornire una risposta effettiva alle aspettative dei cittadini, creare coesione sociale, radicare una maturità collettiva.
PARTE QUARTA APPENDICE
16. Il Diario del Tavolo
Alla scadenza del Tavolo ministeriale sulle procedure stragiudiziali in materia civile e commerciale, istituito il 23 dicembre 2020, si illustrano cronologicamente i vari passaggi del coordinamento, le formalità, la comunicazione intercorsa fra i componenti e gli esiti prodotti.
Al 30 giugno tutta l’istruttoria relativa alle varie proposte dei membri tecnici del Tavolo risulta compiuta, ma è stata interrotta la fase che avrebbe condotto a:
- la proposta di correttivi alla disciplina attualmente in vigore, già elaborata in dettaglio,
- l’effettiva circolazione delle buone pratiche presso gli uffici giudiziari già selezionati in ragione dello stato di sofferenza nella gestione del contenzioso civile e commerciale,
- l’implementazione dell’osservatorio sulle buone pratiche, peraltro già progettato,
- la comunicazione istituzionale delle iniziative proposte dal Tavolo attraverso il sito del Ministero, anche questa già progettata, finalizzata anche alla più efficace diffusione della cultura civica della gestione consensuale delle liti,
- l’implementazione delle procedure informatiche necessarie per la rilevazione dei provvedimenti giudiziali di invio in mediazione e di conciliazione giudiziale,
- la collaborazione con il Tavolo Mur sull’ordinamento didattico della laurea magistrale in Giurisprudenza, promessa dal Presidente del Tavolo fin dall’inizio dei lavori, finalizzata alla proposta di attivazione del settore scientifico disciplinare in materia di ADR,
- la realizzazione dell’evento “open space technology” (OST) finalizzato alla consultazione di tutti gli operatori professionali in materia di ADR, interamente progettato dal Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università degli studi di Firenze e in attesa solo della data definitiva, con la disponibilità già concessa dal Ministro,
- la realizzazione del convegno internazionale già programmato dal Dipartimento di cui sopra, con la partecipazione del Primo Ministro,
- la continuazione dei lavori di redazione del Testo Unico in materia di procedure stragiudiziali e complementari alla
Su indicazione del Presidente del Tavolo a proposito della proroga fino a ottobre 2020, le suddette attività sarebbero state completate e documentate nelle relative relazioni finali nel mese di settembre.
Di seguito il diario delle attività svolte.
27 dicembre 2019 (venerdì, ore 15:27)
La segreteria del Capo di Gabinetto ha trasmesso il D.M. 23.12. 2019 costitutivo del Tavolo Tecnico sulle procedure stragiudiziali in ambito civile e commerciale, invitando i componenti a partecipare al primo incontro fissato per la data del 21 gennaio 2020 (ore 11) presso la Sala Livatino del Ministero.
16 gennaio 2020 (giovedì, ore 12:58)
La segreteria del Capo di Gabinetto ha trasmesso il D.M. 15.1.2020 di integrazione al D.M. 23.12.2019 per la nomina di altro componente (avv. Rosanna Rovere).
21 gennaio 2020 (martedì, ore 11:00) – Sala Livatino Riunione di insediamento del Tavolo tecnico.
4 febbraio 2020 (martedì, ore 18:21)
La segreteria del Capo di Gabinetto ha trasmesso la convocazione per la riunione del giorno 11 febbraio 2020 (ore 14:30) presso la Sala Livatino, unitamente alla calendarizzazione degli incontri; il calendario prevedeva le seguenti riunioni: 11 febbraio, 3 marzo, 17 marzo, 31 marzo, 21 aprile, 5 maggio, 19 maggio, 9 giugno, 23 giugno.
11 febbraio 2020 (martedì, ore 14:30) – Sala Livatino Seconda riunione del Tavolo tecnico.
Nel corso della riunione i membri del Tavolo hanno approvato il programma dei lavori e il relativo crono programma in merito a:
- Studio delle statistiche in materia di mediazione
- Selezione dei distretti sedi del progetto pilota di mediazione demandata
- Formazione e Professionalizzazione in materia di ADR
- Progettazione della partecipazione Bando europeo
- Proposta di correttivi urgenti alla disciplina in vigore in materia di mediazione (D.lgs. 28/2010 e D.M. 180/2010), di Camera arbitrale e organismi (D.M. 34/2017), di attuazione della Direttiva consumo
- Proposta Testo Unico in materia di ADR
- Progettazione dell’Osservatorio Ministeriale sulla circolazione dei modelli
- Organizzazione del Convegno internazionale in materia di ADR
- Organizzazione dell’OST in materia di mediazione
21 febbraio 2020 (venerdì, ore 15:44)
La segreteria del Capo di Gabinetto ha trasmesso la convocazione per la riunione del giorno 3 marzo 2020 (ore 14:30) presso la Sala Livatino.
24 febbraio 2020 (lunedì, ore 13:57)
La segreteria del Capo di Gabinetto ha comunicato che stante la situazione di emergenza, determinata dall’andamento della diffusione del Coronavirus, si riteneva opportuno rinviare la riunione del 3 marzo 2020 a data da destinarsi.
6 marzo 2020 (venerdì, ore 12:55)
La segreteria del Capo di Gabinetto ha comunicato che stante la situazione di emergenza, determinata dall’andamento della diffusione del Coronavirus, si riteneva opportuno rinviare la riunione del 17 marzo 2020 (già in calendario) a data da destinarsi.
6 marzo 2020 (venerdì, ore 13:05)
La prof.ssa Lucarelli scrive al Capo di Gabinetto, “al fine di non interrompere i lavori del Tavolo per quanto possibile e permettere il confronto e lo scambio di materiale, (…) la possibilità di ricevere indicazioni sulla piattaforma on line in fase di attivazione. In tale modalità, risulterebbe infatti possibile almeno realizzare la fase istruttoria. I gruppi già composti nel corso della seconda riunione, hanno istruito i temi assegnati e prodotto il materiale che provvederemo a pubblicare sulla piattaforma.
Non è evidentemente neppure il caso di sottolineare che anche a causa dell’emergenza la implementazione di progetti sperimentati che rendono agevole e celere la gestione delle liti non può che produrre benefici per i cittadini e le imprese, nonché creare la fiducia di questi verso la risposta efficiente del Sistema Giustizia”.
23 marzo 2020
I componenti esperti del Tavolo tecnico hanno sottoscritto il “Manifesto della giustizia complementare”.
31 marzo 2020 (martedì, ore 19:05)
La prof.ssa Lucarelli scrive al Capo di Gabinetto che “il gruppo interno al Tavolo che aveva il compito di elaborare una prima proposta di correttivi alla disciplina in materia di mediazione, ha focalizzato l’attenzione sull’importanza, in questo momento di gravi problemi e difficoltà, di rendere la pratica di mediazione al servizio dei cittadini, delle imprese, degli avvocati, dei giudici.
Ho raccolto, dunque, gli spunti e le idee che vi presento con la speranza che il documento possa essere presentato al Ministro Bonafede come iniziativa dei partecipanti al Tavolo.
Dal mondo dell’Avvocatura, della Magistratura, dall’Università ho potuto ricevere segnali di incoraggiamento in questa direzione e sarà mia premura raccogliere anche formalmente le adesioni, approvazioni e manifestazioni di sostegno.
Colgo anche l’occasione per inviarvi la bozza del Progetto scientifico che l’Università e il Ministero potrebbero presentare nell’ambito del DGJustice con scadenza il 7 maggio. Chiedo cortesemente di indicarmi a chi posso rivolgermi per indicazioni di dettaglio”.
15 aprile 2020 (mercoledì, ore 11:20)
La segreteria del Capo di Gabinetto ha comunicato che su disposizione del Presidente del tavolo ADR, dott. Gancitano, Consigliere del Ministro, che la successiva riunione del Tavolo in oggetto veniva fissata per il 22 aprile 2020 (ore 15) in videoconferenza.
17 aprile (venerdì)
La prof. Lucarelli ha scritto e inviato la Relazione sui Dati rilevati nei Tribunali italiani per l’implementazione del Progetto pilota in materia di Mediazione demandata dal Giudice. (in allegato alla riunione del 22 aprile).
20 aprile 2020 (lunedì, ore 10:46)
La segreteria del Capo di Gabinetto ha trasmesso su disposizione del Presidente del tavolo ADR, dott. Gancitano, Consigliere del Ministro, l’ordine del giorno della riunione del Tavolo tecnico, fissata per il 22 aprile 2020.
20 aprile 2020 (lunedì, ore 11:50)
Il servizio informatico del Capo di Gabinetto ha comunicato, su indicazione dell’avv. Pietro Gancitano, la disponibilità di un’area di lavoro condivisa per il “Gruppo di lavoro sulle procedure stragiudiziali in ambito civile e commerciale”, creata utilizzando il sistema di collaborazione Microsoft TEAMS messo a disposizione dalla Direzione Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia.
La prof. Lucarelli ha pubblicato sulla piattaforma tutti i documenti utili per la riunione. Fra gli altri: il Progetto Europeo “DG Justice “JTMAI – Justice Training on Mediation: Acting from Inside” presentato nel termine di scadenza previsto; il documento a cura dell’Avv. Marinaro su “La formazione in materia di Mediazione”.
21 aprile 2020 (martedì)
La prof.ssa Lucarelli carica sulla piattaforma Team i materiali per la riunione del 22 aprile 2020.
22 aprile 2020 (mercoledì, ore 15:00) – Videoconferenza (MS Team) Terza riunione del Tavolo tecnico.
Il Tavolo ha discusso i possibili interventi in materia di mediazione che avrebbero facilitato la gestione della grave crisi degli uffici giudiziari e del sistema giustizia, permettendo ai cittadini e alle imprese di affrontare le liti in corso e maturande con l’assistenza degli avvocati nella sede della giustizia consensuale.
27 aprile 2020 (lunedì, ore 13:05)
La segreteria del Capo di Gabinetto ha comunicato su disposizione del Presidente del tavolo ADR, dott. Gancitano, Consigliere del Ministro, che la successiva riunione del Tavolo tecnico veniva fissata per il 30 aprile, 2020 (ore 16) in videoconferenza.
29 aprile 2020 (mercoledì, ore 18:50)
La prof.ssa Lucarelli ha comunicato l’ordine del giorno per la riunione del 30 aprile 2020.
30 aprile 2020 (giovedì)
La prof.ssa Lucarelli carica sulla piattaforma Team i materiali per la riunione del 30 aprile 2020.
30 aprile 2020 (giovedì, ore 16:00) – Videoconferenza (MS Team) Quarta riunione del Tavolo tecnico.
Viene approvata la proposta di “ARTICOLO UNICO”.
22 maggio 2020 (venerdì, ore 15:50)
La segreteria del Capo di Gabinetto ha trasmesso il D.M. 20.5.2020 di integrazione del notaio Massimo Palazzo al Tavolo tecnico sulle procedure stragiudiziali in ambito civile e commerciale istituito con D.M. 23.12.2019.
25 maggio (lunedì)
L’avv. Gancitano ha comunicato telefonicamente alla prof. Lucarelli che il Tavolo sarebbe stato prorogato fino all’autunno 2020.
26 maggio 2020 (martedì, ore 9:40)
La segreteria del Capo di Gabinetto ha comunicato, su disposizione del Presidente del tavolo ADR, dott. Gancitano, Consigliere del Ministro, che la successiva riunione del Tavolo tecnico veniva fissata per il 4 giugno 2020 (ore 15) in videoconferenza; veniva contestualmente indicato l’odg.
1 – 23 giugno 2020:
Scambio di e-mail tra il tavolo e il DOG relative all’analisi delle statistiche prevista dal programma del tavolo. L’analisi in corso ha già prodotto il documento allegato “prime valutazioni sulle statistiche”.
3 giugno 2020 (mercoledì, ore 19:31)
La prof.ssa Lucarelli scrive al Capo di Gabinetto chiedendo “cortesemente di portare tutti i membri a conoscenza della Relazione dell’Ufficio legislativo in merito alla proposta di emendamento approvata in seno al Tavolo, inviandola via mail oppure pubblicandola in piattaforma.
Sarà importante poter conoscere alla riunione di domani la decisione del Ministro in merito alla suddetta proposta”.
4 giugno 2020 (giugno, ore 10:29)
La segreteria del Capo di Gabinetto ha comunicato con riferimento alla richiesta del 3 giugno che, a causa di problemi tecnici, si assicurava l’inserimento in piattaforma della Relazione dell’Ufficio legislativo nella giornata di oggi.
4 giugno 2020 (giugno, ore 10:29)
La prof.ssa Giovannucci Orlandi scrive al Capo di Gabinetto precisando: “poiché temo persistano i problemi tecnici, non essendo ancora stato possibile inserire la relazione dell’UL sulla piattaforma, mi domandavo se fosse possibile inviarcela via email, come suggerito dalla prof. Lucarelli, per permettere ai membri del Tavolo, di prenderne visione prima della riunione dello stesso”.
4 giugno 2020 (giovedì, ore 15:00) – Videoconferenza (MS Team) Quinta riunione del Tavolo tecnico.
Viene mostrata a video ed esposta dal dott. Rolfi per l’UL la relazione concernente la proposta di “ARTICOLO UNICO”. Si assicura che la relazione verrà caricata rapidamente in piattaforma. Si chiede alla prof.ssa Lucarelli una relazione da sottoporre al Ministro sulla base di quanto esposto dall’UL.
12 giugno 2020 (venerdì, ore 13.42)
La prof.ssa Lucarelli ha trasmesso il documento per il Ministro avente ad oggetto la relazione richiesta e la puntuazione degli argomenti discussi nella riunione del Tavolo del 4 giugno 2020.
Al fine di concentrare l’attenzione dei componenti tecnici del Tavolo su ciò che avrebbe potuto realizzare un intervento efficiente rispetto agli obiettivi posti dal decreto istitutivo, nella mail si è precisato che:
“Nel pieno rispetto dell’istituzione e delle sue scelte, al fine di procedere efficacemente sui temi assegnati al tavolo, tanto importanti per la nostra società e per l’economia del Paese, chiediamo di conoscere la generale linea politica del Ministro, in particolare se vi sia la volontà di:
- dare impulso alla diffusione della pratica di mediazione ampliandone, coerentemente con quanto già previsto, l’applicabilità
- investire sugli incentivi e sulla pratica di mediazione demandata,
- accogliere correttivi al D.lgs. 28/2010 ed emanare un nuovo d.m. sulla materia del D.M. 180,
- accogliere la richiesta di intervento sul Sicid al fine di poter monitorare le procedure di mediazione demandata e 185 bis ,
- comunicare al Tavolo la risposta alle proposte di emendamento alla decretazione di urgenza già formulate, con ampio consenso, nella riunione del 30 aprile s.
Dal confronto con il Dott. Rolfi, dalla risposta del Ministro al Mise, dalla comunicazione recente a proposito della riforma del processo civile, è desumibile, infatti, un impianto distante da quanto risulta dall’obiettivo descritto nel decreto istitutivo del Tavolo, ma soprattutto da quanto reso esplicitamente dal Ministro nel nostro primo incontro”.
12 giugno 2020 (venerdì, ore 16:59)
La segreteria del Capo di Gabinetto ha trasmesso il DM 10/6/2020 di nomina della dott.ssa Valeria Giancola a integrazione del Tavolo tecnico.
24 giugno 2020 (mercoledì, ore 13:21)
La prof.ssa Lucarelli ha chiesto al Presidente avv. Gancitano “indicazioni a proposito delle determinazioni ministeriali sulla eventuale proroga del Tavolo che, come previsto dal decreto istitutivo, arriverà a scadenza il prossimo 30 giugno”.
26 giugno 2020 (venerdì, ore 14:13)
La segreteria del Capo di Gabinetto ha comunicato che:
“Su disposizione del Presidente Gancitano, si rappresenta che alla luce dei risultati e delle proposte acquisite, il Tavolo non sarà prorogato”.
17. I materiali.
Allegato 1 – Piano dei lavori
Allegato 2 – Lettera al Ministro
Allegato 3 – Manifesto della Giustizia complementare alla Giurisdizione
Allegato 4 – Manifestazioni di sostegno al Manifesto
Allegato 5 – Proposta di emendamenti alla decretazione d’urgenza Allegato 6 – Relazione alla proposta di emendamenti
Prof. Paola Lucarelli
Ordinario di Diritto Commerciale Dipartimento di Scienze Giuridiche
Responsabile Laboratorio Congiunto Un Altro Modo Presidente della Scuola di Giurisprudenza
Università degli studi di Firenze
Via delle Pandette, 35 50127 – Firenze