Si e’ svolto il 23 maggio 2013 il convegno dal titolo ” il tentativo obbligatorio di conciliazione, opinioni a confronto”, ospitato nella sala Europa della Corte d’Appello di Roma. Organizzatore dell’evento l’associazione Avocats sans frontières, il cui Presidente Paolo Iorio ha introdotto gli autorevoli interventi, auspicando che ai rimedi dell’obbligatorietà e della sanzione, che pure andranno reinseriti, sia data la giusta dimensione. Ha poi preso la parola il presidente di ADR Center Giuseppe De Palo, che ha osservato come l’obbligatorietà sia di nuovo alla ribalta, e ha ricordato che ce lo testimoniano sia la relazione dei “Saggi” sia il discorso del Nuovo Ministro della giustizia Annamaria Cancellieri davanti alle Commissioni giustizia di Camera e Senato. Importante, ha detto il professor De Palo, per evitare di incorrere nuovamente nelle censure della Corte Costituzionale, e’ tenere conto che la Corte si e’ pronunciata solo sull’eccesso di delega, quindi sarà indispensabile operare tenendo presente che l’obbligatorietà dovrà essere unita alla qualità della mediazione, intesa come preparazione dei mediatori e serietà degli organismi. Il professor De Palo ha poi moderato il convegno, commentando i successivi interventi.
Il Presidente emerito della Corte di Cassazione dottor Ernesto Lupo ha focalizzato l’attenzione sull’articolo 24 della Costituzione, rilevando che lo strumento preventivo imposto, come e’ la condizione di procedibilità, all’accesso alla giustizia, non preclude necessariamente alla collettività questo l’accesso; quello strumento non va reso troppo complicato e costoso, perché sono questi fattori che lo renderebbe ostacolo incostituzionale. Il presidente ha proseguito illustrando i numeri delle procedure contenziose, che per quanto riguarda la Cassazione vedono 100.000 ricorsi civili pendenti. Il carico penale viene smaltito entro i limiti imposti dall’Europa, infatti i procedimenti si chiudono mediamente in sette mesi, ben al di sotto dei dodici mesi concessi. Non così le cause civili, che viaggiano nell’ordine di tre anni dall’iscrizione del ricorso alla sentenza. Il Presidente ha riportato una notizia di cronaca politica, informando la platea che l’Italia sarà probabilmente liberata dalla procedura impostaci dall’Europa per eccesso di deficit, ma che sono stati fissati sei punti che devono essere raggiunti per ottenere questo risultato, e uno di questi punti e’ proprio il funzionamento della giustizia. Le statistiche sulla mediazione, rese note dal Ministero della Giustizia, già ampiamente illustrate dal Presidente Lupo nel convegno “mediazione e accesso alla giustizia” cui ha preso parte presso l’Università Roma tre la scorsa settimana, illustrano inequivocabilmente che, ove la parte chiamata si presenti in mediazione, questa si chiude con accordo nel 46% dei casi. Poiché però solo nel 27% dei casi portati in mediazione la parte chiamata ha aderito, bisogna trovare leve capaci di incidere sulla propulsione della mediazione, per renderla anche efficace meccanismo di deflazione del contenzioso, oltre che valido strumento per il soddisfacimento degli interessi del cittadino. Per farlo, si devono capire i motivi che hanno portato ad una percentuale così esigua di adesioni, e probabilmente questi motivi sono da ricercare sia nei costi eccessivi sia nella carenza di qualità degli organismi.
Il Presidente Lupo ha poi analizzato i dati relativi alle percentuali di successo in rapporto ai diversi Organismi, rilevando come quelli forensi registrino il numero più basso di successi rispetto alle Camere di Commercio e agli Organismi privati. In conclusione la giustizia civile esige che sia reintrodotta la mediazione, e l’obbligatorietà può svolgere un ruolo educativo al riguardo. Il professor De Palo ha brevemente commentato i dati illustrati dal Presidente Lupo, e a proposito della reintroduzione dell’obbligatorietà’ ha richiamato alla memoria dei presenti la lettera dell’allora ministro Tremonti, lettera d’intenti sottoscritta a novembre 2011, che fra l’altro si impegnava ad introdurre la mediazione “come condizione di procedibilità”, impegno reiterato dal governo nel luglio 2012, in occasione della raccomandazione del Consiglio europeo all’Italia, che conteneva la raccomandazione di promuovere meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie. Sulle statistiche il professor De Palo ha invece posto all’uditorio un quesito: “Se dovesse aumentare il numero di procedimenti iscritti in mediazione in cui la parte chiamata si presenta, potrebbero aumentare proporzionalmente le percentuali di successo o almeno mantenersi al livello del 46% raggiunto nel 2012?” Non possiamo saperlo. Potrebbe anche darsi che la maggior parte delle mediazioni che non hanno visto l’adesione della parte chiamata, si sarebbero concluse comunque con un verbale negativo. Infine il professor De Palo ha richiamato l’articolo 1 della direttiva Direttiva europea 2008/52/CE del 21 maggio 2008, che sancisce la necessità di arrivare ad una relazione bilanciata tra mediazioni e processi. A questo proposito al Parlamento il 12 dicembre scorso e’ stata ufficialmente posto all’Italia il quesito di come si possa raggiungere nel nostro paese il necessario bilanciamento tra processi e procedimenti alternativi, se di fatto la mediazione dopo la sentenza della Corte Costituzionale ha avuto una caduta verticale. Lo scorso giugno lo stesso relatore della Direttiva europea ha dichiarato che la Commissione affari giuridici dell’Europarlamento inizierà presto a discutere se il requisito della “relazione bilanciata” tra giurisdizione e mediazione possa far giudicare gli Stati membri in violazione del dettato comunitario, laddove il numero dei processi civili sia chiaramente sproporzionato rispetto a quello delle mediazioni.
A questo punto ha preso la parola l’avvocato Ester Perifano, Presidente di Anf, che ha subito chiarito come dal suo punto di vista le statistiche vadano lette nella loro completezza e globalmente, e come quindi vadano considerate le percentuali di successo ottenute nei procedimenti iscritti, alla luce di tutte le mediazioni che si sono svolte e non solo di quelle che hanno avuto l’adesione della parte chiamata. Di conseguenza solo il 16% dei procedimenti sono arrivati di fatto a definizione positiva. Se le parti non sono andate in mediazione e’ perché la mediazione non risolveva loro il problema, caricandole di costi, soprattutto in alcuni settori specifici come la Rc auto, che e’ stato un errore introdurre nel novero delle materie per le quali la mediazione costituiva condizione di procedibilità. Indispensabile e’ dunque rimodulare i costi e rapportarli alla qualità, se non addirittura al risultato, in una società nella quale tutto si sta orientando verso la consuetudine di retribuire solo il servizio che viene fornito. Va poi chiarito, ha detto l’avvocato riferendosi ai numeri citati dal presidente Lupo, che il contenzioso civile pendente in Italia riguarda anche i procedimenti appena iscritti, e non solo l’arretrato, e che quindi il numero, così ridimensionato, assume ben altra e meno pesante valenza. Va inoltre tenuto conto che i dati ministeriali di partenza si sono rivelati errati, perche per le materie che prevedevano la obbligatorietà del tentativo erano considerate interessate dalla mediazione un milione di controversie in totale, mentre invece a posteriori si è visto che il numero delle procedure non ha superato le 300.000 unità. Secondo il Presidente Anf, inoltre, va chiarito che in Europa, la conciliazione si svolge nella maggior parte dei paesi su base volontaria, e che i procedimenti alternativi di risoluzione delle controversie hanno successo dove e’ valida e attuabile l’alternativa processuale, e non prendono piede dove la giustizia, come nel nostro paese, è afflitta da cronico malfunzionamento. L’avvocato Perifano ha poi ricordato ai presenti la mozione congressuale presentata dalla sua associazione allo scorso Congresso di Bari, di gran lunga la più avanzata in termini di favore nei confronti della mediazione, rispetto al parere di tutte le delegazioni forensi presenti, che erano per la quasi totalità fortemente contrarie alla mediazione tout court.
Il professor De Palo ha quindi dato la parola al responsabile del Coordinamento conciliazione forense, avvocato Angelo Santi, che ha analizzato la problematica della obbligazione di risultato esposta dalla Presidente Perifano, rilevando come il mediatore quando svolge la sua opera, lavori su una situazione patologica del rapporto tra le parti, tanto da non poter garantire il risultato. Per fare un paragone, anche il medico, nel suo campo, non può garantire la guarigione del malato; sarebbe quantomeno riduttivo in questi casi legare la retribuzione al risultato. Poi il Coordinatore è passato ad analizzare l’utilizzo dell’obbligatorietà considerandola come leva necessaria per educare la popolazione; il precetto serve come “induzione all’attitudine”. Una volta sviluppata la mentalità conciliativa la mediazione potrà esistere e svolgere il suo utile ruolo su base volontaria. Relativamente al fallimento della mediazione nei campi della responsabilità civile, sia medica che automobilistica, l’avvocato Santi ha posto l’accento sul fatto che è mancato il necessario raccordo tra mediazione e processo per quanto riguarda l’istruttoria tecnica, perché in queste materie quasi sempre si rende necessario l’accertamento peritale che poi non può essere utilizzato nell’eventuale successivo processo, con grave danno economico per le parti. Qui il professor De Palo ha suggerito una possibile soluzione, utile anche a valorizzare il ruolo dell’avvocatura: si potrebbe prevedere che, ove le parti siano entrambe assistite da avvocati, la consulenza tecnica disposta nel procedimento di mediazione possa essere utilizzata anche nel successivo, eventuale, processo. Un altro problema che ha visto scarseggiare i successi in questi settori è quello del litisconsorzio, laddove le parti intervenute sono state costrette dalle regole sulle tariffe a pagare comunque i costi della mediazione anche quando una delle parti non interveniva, rendendo impossibile la chiusura positiva della questione.
Del resto la sentenza della Corte Costituzionale è intervenuta a breve distanza dall’inizio della sperimentazione di questo istituto, e nel caso dell’rca addirittura dopo pochi mesi, interrompendo sul filo del traguardo i protocolli, già avviati o prossimi alla firma con le Compagnie assicurative. Anche de iure condendo, ha segnalato il professor De Palo, si potrebbe prevedere l’alternativa, a scelta delle parti, tra la procedura di risarcimento ex art. 148 codice assicurazioni e il procedimento di mediazione. Infine l’avvocato Santi ha analizzato il dato presentato dal Presidente Lupo relativamente alle percentuali di successo della mediazione in rapporto al tipo di Organismi di mediazione. Secondo Santi una possibile lettura del fatto che gli Organismi forensi hanno avuto la più bassa percentuale di successi risiede nel fisiologico rivolgersi dell’avvocatura, che ha considerato almeno all’inizio l’iscrizione del procedimento solo come adempimento procedurale, al proprio organismo interno. Mentre i soggetti che avevano un vero intento conciliativo si rivolgevano in maggioranza verso le camere di commercio e gli organismi privati. Inoltre gli Organismi forensi sono nati e partiti da zero all’indomani del D.l. N. 28/10, a differenza per esempio delle camere di commercio, che invece erano attive in questo campo già da anni; si sarebbe dovuta attendere l’entrata a regime della mediazione per vedere riequilibrarsi le percentuali di successo tra i vari tipi di Organismi.
Per ultimo ha parlato il dirigente dell’Autorità garante delle Comunicazioni Enrico Maria Cotugno, illustrando dettagliatamente il procedimento conciliativo obbligatorio in uso da più di dieci anni, ed ancora poco conosciuto.
Questo procedimento, caratterizzato da una fase conciliativa vera e propria e una fase decisoria solo eventualmente giudiziaria, ha visto l’80% dei successi sul 90% delle procedure che effettivamente si svolgono, che sono in totale 68.000. Pur apprezzando l’illustrazione delle fasi del procedimento e le notizie positive sui dati risultanti, i presenti hanno rilevato come non si possa accostare il procedimento avanti i Corecom a quello davanti ad un terzo neutrale e imparziale come il mediatore. E’ però da considerare questo esempio in una prospettiva di riforma della materia, per la rilevanza delle conseguenze che ha la mancata conciliazione in queste procedure. Probabilmente queste conseguenze sono suscettibili di avere un effetto ben più incisivo dell’obbligatorietà, sulla spinta a conciliare.
Il conclusivo dibattito ha registrato, tra i tanti interessanti interventi, il prezioso apporto proveniente dal mondo dell'”utenza”. Ha preso la parola Valerio Barghini del “Giornale”, quotidiano a tiratura nazionale che ha utilizzato le procedure di mediazione per risolvere i problemi provenienti dalle liti relative alla diffamazione a mezzo stampa. La sua testimonianza diretta ha portato dei dati positivi oltre ogni aspettativa; infatti sul totale delle controversie che il quotidiano ha affrontato dall’entrata in vigore del D.L. n.28/10, ben il 70% hanno avuto positiva definizione in mediazione, consentendo un risparmio del 75% sul totale di spesa che si sarebbe avuta con il contenzioso giudiziario. In altre parole, con l’equivalente di una condanna in giudizio, il Giornale ha potuto chiudere positivamente quattro procedure in mediazione.
Il professor De Palo ha ringraziato presenti ed intervenuti, rinviando ai prossimi incontri organizzati nella stessa sede: il 13 giugno per analizzare il ruolo del giudice per la mediazione, e il 27 giugno per dibattere sulla valenza e sul significato di qualità.
Avv. Maria Cristina Biolchini
1 commento
Sono giunta da Voghera (PV) per assistere al
Convegno tenutosi a Roma il 23 maggio u.s. .
Ne è valsa la pena poiché da ogni intervento è emerso un segnale confortante per il futuro della Mediazione.
Una strada concreta per ammodernare il nostro Paese.