Siamo lieti di pubblicare la “versione 2.0” del progetto di legge in materia di risoluzione stragiudiziale delle controversie. Questa versione incorpora, dopo attente riflessioni, diversi commenti e suggerimenti pervenuti al gruppo di lavoro a seguito della pubblicazione della prima bozza, lo scorso 15 aprile. Le modifiche principali sono elencate in nota, nella pagina introduttiva che riassume il provvedimento.
La norma più contestata, segnatamente da parte di alcuni organismi di mediazione, è stata quella relativa alla formazione, che tuttavia resta identica nella nuova versione. Il gruppo di lavoro gradirebbe infatti ricevere proposte concrete di riscrittura della norma in oggetto, invece di osservazioni generiche, per quanto condivisibili, come “alzare l’asticella della qualità”, ovvero “le università non fanno necessariamente formazione di qualità”. Tanto più concrete saranno le proposte da vagliare, tanto migliore potrà essere la versione 3.0 della proposta, anche sotto questo aspetto.
Il tema della qualità della mediazione è di centrale importanza, non solo in sé, ma anche nell’ottica di prevedibili iniziative giudiziarie contro l’emananda nuova disciplina della mediazione, quale che essa sarà. In proposito, giova evidenziare che, in tempi non sospetti (2010), anche il neo-sottosegretario alla giustizia Cosimo Ferri aveva rimarcato il problema della qualità in un (per il resto molto) incoraggiante articolo in materia. In altre parole, i migliori sforzi e il contributo fattivo di tutti in materia di qualità della mediazione sono determinanti per il futuro sostenibile dell’istituto.
Per proseguire e approfondire il dibattitto non solo su questa specifica proposta di legge, ma in generale sul necessario rinnovo del quadro normativo della mediazione, siamo lieti di invitare gli interessati a un ciclo di incontri tematici sulla mediazione, promossi dall’associazione Avocats Sans Frontières presso la Sala Europa della Corte d’Appello di Roma, in via Romei 2, i giorni:
- 23 maggio (“Il tentativo obbligatorio di conciliazione: opinioni a confronto)
- 13 giugno (“Il ruolo del giudice nella mediazione”)
- 27 giugno (“La qualità della mediazione”)
Tutti gli incontri si tengono dalle 13.30 alle 16.00. Il programma dei vari incontri, che prevedono ciascuno ampio spazio per il dibattito, sarà disponibile nei prossimi giorni.
CONTESTO E SINTESI DEL PROVVEDIMENTO.
1) Introdotto l’istituto del “negoziato assistito”: le parti, se assistite da avvocati, possono raggiungere una accordo transattivo che, omologato dal giudice, diviene titolo esecutivo.
2) Riscritta la disciplina della mediazione, ai fini del suo miglioramento e rilancio, perché:
a) la Corte costituzionale ha censurato il tentativo obbligatorio solo per aspetti formali;
b) prima della sentenza della Consulta i risultati della mediazione erano complessivamente positivi;
c) la sentenza ha portato a un blocco pressoché totale delle mediazioni, incluse quelle volontarie e delegate dal giudice;
d) la parte di normativa rimasta in vigore è “insostenibile” e sta portando all’impossibilità materiale di offrire il servizio di mediazione;
e) la Relazione finale del gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali, nominata dal Presidente della Repubblica, indica “l’instaurazione effettiva di sistemi alternativi … di risoluzione delle controversie, … anche attraverso la previsione di forme obbligatorie di mediazione” come la prima misura per migliorare la giustizia civile in Italia.
3) Eliminato l’obbligo di svolgere preventivamente un tentativo di conciliazione, sostituito da quello di un mero incontro informativo sulla mediazione. L’incontro informativo:
a) non è obbligatorio di fronte al giudice di pace;
b) riguarda tutte le materie;
c) è alternativo alla procedura prevista dall’articolo 148 del Codice delle assicurazioni private in materia di responsabilità da circolazione di veicoli e natanti.
4) Elevata la qualità degli organismi e dei mediatori, con elencazione in atto avente forza di legge di chiari e stringenti requisiti di qualità e professionalità.
5) Migliorata la formazione dei mediatori, e soprattutto demandata alle università, per garantirne una maggior qualità.
6) Accresciuto il ruolo del giudice:
a) oltre a invitare le parti alla mediazione, il magistrato in taluni casi può ordinarla;
b) l’atteggiamento pro-attivo verso la mediazione rileva anche ai fini della sua valutazione professionale.
7) Ridotte le conseguenze della proposta verbalizzata, comunque possibile solo in casi di richiesta congiunta e solo se tutte le parti sono assistite da un avvocato.
8) Potenziati gli incentivi economici.
9) Promosso, in varie forme anche innovative, il ricorso all’arbitrato.
VERSIONE 2.0. La “versione 1.0” della presente proposta di legge è stata pubblicata su internet il 15 aprile 2013 per avviare un dibattito e stimolare l’invio di commenti e suggerimenti. La presente versione incorpora diversi suggerimenti ricevuti, modificando alcune norme proposte e chiarendone altre. Al fine di agevolare i lettori, la “versione 2.0” include un breve commento in calce ai vari articoli.
Le modifiche principali rispetto alla “versione 1.0” sono le seguenti:
a) Precisato, all’articolo 1, che l’incontro informativo è parte di una mediazione già avviata.
b) Modificato l’articolo 4, subordinando la valenza esecutiva del “negoziato assistito” all’omologa da parte del giudice.
c) Introdotta, all’articolo 11, la possibilità che i regolamenti di procedura ammettano la proposta verbalizzata del mediatore, ma solo su richiesta di tutte le parti che siano rappresentate da avvocati, con possibili conseguenze pregiudizievoli, in caso di ingiustificato rifiuto, superiori rispetto a quelle già previste dal codice di procedura civile.
d) Chiarita, all’articolo 14, quale sia la sede della mediazione in caso la procedura si svolga con modalità telematiche.
e) Ridotto e rimodulato, all’articolo 16, il capitale sociale minimo per l’apertura della sede principale e di eventuali sedi secondarie degli organismi di mediazione.
f) Prevista, all’articolo 17, l’emanazione di un apposito DM per definire i requisiti di professionalità per i candidati mediatori che non siano iscritti ad albi professionali o abbiano svolto l’attività di magistrato.
g) Modificato l’articolo 27, prevedendo che i mediatori già iscritti al Registro al momento dell’entrata in vigore della legge debbano unicamente integrare la loro formazione, secondo le modalità previste da un emanando DM.
RISOLUZIONE STRAGIUDIZIALE DELLE CONTROVERSIE
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1.
Definizioni
Ai fini della presente legge, si intende per:
a) negoziazione assistita: lo svolgimento di una trattativa tra due o più parti, ciascuna assistita da un avvocato, finalizzata alla ricerca di un accordo per la composizione di una controversia;
b) accordo negoziato: l’accordo di composizione della controversia a seguito di una negoziazione assistita;
c) mediazione: l’attività, che inizia con un incontro informativo, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nell’identificazione di possibili soluzioni a superamento di una controversia;
d) incontro informativo: l’incontro durante il quale il mediatore informa le parti sulla finalità e le caratteristiche della mediazione, e verifica con le parti il loro interesse a proseguire la procedura.
e) mediatore: la persona o le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti;
f) istante: il soggetto che avvia la mediazione;
g) convocato: il soggetto nei confronti dei quali la mediazione è avviata;
h) conciliazione: l’accordo a composizione, in tutto o in parte, di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione;
i) organismo: l’ente pubblico o privato presso il quale può svolgersi la mediazione;
l) registro: il registro degli organismi istituito con decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 16 della presente legge, nonché, sino all’emanazione di tale decreto, il registro degli organismi istituito con il decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, e successive modificazioni.
Art. 2.
Controversie oggetto di negoziazione assistita e di mediazione
1. Chiunque può accedere alla negoziazione assistita e alla mediazione per la composizione di una controversia vertente su diritti disponibili, secondo le disposizioni della presente legge.
2. La presente legge non preclude le negoziazioni volontarie e paritetiche relative alle controversie civili e commerciali, né le procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi.
3. Salvo diverse previsioni contenute in leggi speciali, la presente legge si applica anche alle controversie nelle quali è parte una pubblica amministrazione di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, fermo quanto previsto dall’articolo 6, comma 1, lettera b, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni, agli enti pubblici economici e alle società partecipate da questi ultimi, nonché agli enti di previdenza.
Commento agli artt. 1 e 2. Rispetto alla normativa vigente, cambia soprattutto la definizione di mediazione, che ora deve necessariamente iniziare con un “incontro informativo”. Viene poi espressamente indicata la possibilità di mediare le controversie di cui è parte la PA.
Capo II
RICORSO ALLA NEGOZIAZIONE ASSISTITA
Art. 3.
Procedura di negoziazione assistita
1. La procedura di negoziazione assistita si svolge alla presenza delle parti o in via telematica, comunque con le parti e i loro avvocati simultaneamente collegati, in uno o più incontri.
2. Nel corso della procedura, le parti di comune accordo possono ricorrere all’ausilio di un esperto iscritto negli albi dei consulenti presso i tribunali. In caso di esito negativo della procedura, previa volontà concordemente espressa da tutte le parti al momento della nomina dell’esperto, la relazione eventualmente predisposta dall’esperto può essere acquisita agli atti del successivo giudizio, ferma restando la facoltà del giudice di chiamare il consulente per chiarimenti o integrazioni.
3. L’esito della procedura è attestato in un verbale sottoscritto dalle parti e dagli avvocati, anche in via telematica, nel quale gli avvocati certificano la sussistenza di una controversia e lo svolgimento di una trattativa alla contestuale presenza delle parti, con il relativo esito.
4. Ove all’esito della procedura sia stata formalizzata per iscritto la proposta transattiva di una delle parti, il giudice del successivo giudizio, ai sensi dell’articolo 91, comma 1, del codice di procedura civile, se accoglie la domanda in misura non superiore alla proposta, condanna la parte che l’ha rifiutata senza giustificato motivo al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta. Qualora la proposta sia stata rifiutata dalla parte soccombente, il giudice può aumentare la condanna alle spese in misura non superiore al 20%.
5. Le dichiarazioni rese nel corso della procedura non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l’insuccesso della procedura, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sulle stesse dichiarazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio.
Art. 4.
Accordo negoziato
1. In caso di esito positivo della procedura, l’accordo sottoscritto dalle parti e dagli avvocati, allegato al verbale e il cui contenuto non è contrario all’ordine pubblico o a norme imperative, è omologato, su istanza di parte e previo accertamento anche della regolarità formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario si è svolta la procedura. L’accordo così omologato costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
2. Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione dell’accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.
Commento agli artt. 3 e 4. Gli articoli 3 e 4 disciplinano il “negoziato assistito”, istituto da tempo esistente in Germania e, più di recente, in Francia, che l’avvocatura italiana propone da tempo. Avvalendosi del negoziato assistito, le parti, assistite dai rispettivi avvocati, possono raggiungere una accordo transattivo capace di assumere rapidamente valenza di titolo esecutivo.
Potenziare la valenza giuridica dell’intesa che pone fine a una lite, come strumento primo e principale di risoluzione stragiudiziale delle controversie, è assai importante, specie in considerazione del numero elevato di controversie che, nel nostro Paese, non giungono a sentenza. La previsione dell’immediata valenza esecutiva dell’accordo è destinata sia ad aumentare il numero degli accordi transattivi sia ad anticiparne i tempi. La presenza degli avvocati garantisce che nessuna delle parti assuma obblighi o effettui rinunce senza il necessario supporto tecnico-giuridico, viste le conseguenze più rilevanti di quelle dell’ordinaria transazione. Il ricorso al negoziato assistito è di carattere volontario e non è condizione di procedibilità né del giudizio né della mediazione.
La potenzialità del negoziato assistito è accresciuta dalla previsione secondo la quale la proposta transattiva prevista dall’articolo 91 del codice di procedura civile, se effettuata in questo contesto, può generare per il soccombente, che l’abbia rifiutata senza giustificato motivo, conseguenze negative più gravi dell’ordinario, ossia un incremento sino al 20% della condanna alle spese da parte del giudice del successivo giudizio.
Capo III
RICORSO ALLA MEDIAZIONE
Art. 5.
Parti della mediazione
1. Oltre all’istante e al convocato, sono parti eventuali della mediazione il terzo chiamato a iniziativa del convocato o dell’istante e quello intervenuto volontariamente.
2. Nelle mediazioni instaurate in pendenza di giudizio debbono essere chiamate a partecipare tutte le parti necessarie dello stesso.
3. Alla convocazione del terzo provvede, su istanza del convocato o dell’istante, il mediatore o l’organismo nei modi previsti dal regolamento di procedura applicabile.
4. Nella mediazione l’intervento è effettuato allo stato degli atti, fermi restando, anche nei confronti dei terzi, gli obblighi di riservatezza e segreto di cui all’articolo 12.
Commento all’art. 5. E’ stata disciplinata in maniera puntuale la chiamata e presenza del terzo in mediazione, che aveva posto diversi problemi nell’applicazione del D.Lgs. 28/10.
Art. 6.
Avvio della procedura di mediazione
1. La domanda di mediazione è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data della sua ricezione da parte dell’organismo.
2. La domanda deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa.
Commento all’art. 6. Viene precisato il “dies a quo” della domanda, legato all’avvenuta ricezione dell’istanza da parte dell’organismo, e non a quello della successiva comunicazione al convocato, per evitare di addossare all’istante eventuali ritardi dell’organismo nella convocazione.
Art. 7.
Condizione di procedibilità e incontro informativo
1. Chi intende esercitare un’azione civile è tenuto preliminarmente ad avviare una procedura di mediazione ai sensi della presente legge nei confronti di tutte le parti della controversia. L’esperimento della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, tranne per quelle proposte al giudice di pace e nelle controversie oggetto di arbitrato.
2. Il regolamento dell’organismo di mediazione deve prevedere che la procedura inizi con un incontro informativo, durante il quale il mediatore informa le parti sulla finalità e le caratteristiche della mediazione e verifica con le parti il loro interesse a proseguire la procedura. La partecipazione all’incontro informativo può avvenire con modalità telematiche. Nel caso in cui le parti decidano, nel corso di tale incontro, di non proseguire, la mediazione si conclude con la stesura di un verbale con il quale il mediatore attesta che non si sono verificate le condizioni per procedere. Con lo stesso verbale il mediatore dà atto dell’eventuale mancata partecipazione di alcuna delle parti all’incontro informativo.
3. L’improcedibilità della domanda deve essere rilevata dal giudice, su eccezione di parte o d’ufficio, alla prima udienza di trattazione e comunque entro l’udienza di precisazione delle conclusioni. Il giudice, ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 11. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.
4. Il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate, sono alternativi rispetto alla mediazione di cui al comma 1.
5. Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale.
6. Il comma 1 non si applica:
a) nelle controversie relative a diritti indisponibili e a quelle per le quali è prevista la partecipazione necessaria del Pubblico ministero;
b) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione, salvo che questa non sia richiesta entro la prima udienza di effettiva trattazione;
c) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile;
d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;
e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata;
f) nei procedimenti in camera di consiglio;
g) nell’azione civile esercitata nel processo penale;
h) nelle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.
Commento all’art. 7. Questo articolo, primo e fondamentale correttivo all’impostazione del D.lgs. 28/2010, ha lo scopo di “conciliare” due esigenze contrastanti: da un lato, la necessità di tornare al meccanismo della condizione di procedibilità, pena la virtuale irrilevanza della mediazione in termini numerici (confermata dalla recente esperienza italiana); dall’altro, l’esigenza di rendere tale condizione assai meno gravosa per le parti che, per i più diversi motivi, non vogliano esperire la mediazione. La sintesi efficace tra queste due esigenze è raggiunta grazie al meccanismo dell’incontro informativo obbligatorio di mediazione, del resto già previsto in diversi paesi europei, e citato dalla stessa Consulta come strumento da considerare, anche sulla scorta della Risoluzione 25 ottobre del 2011 del Parlamento di Strasburgo. In base a questo meccanismo, condizione di procedibilità dell’azione civile, di fatto, non è più l’esperimento di un tentativo “completo” di conciliazione, bensì solo un incontro per così dire “preliminare”, volto sia a informare le parti sulla mediazione e i suoi vantaggi in astratto, sia a valutarne la concreta utilità nel caso specifico. Qualora, per motivi soggettivi o oggettivi, la conciliazione risulti priva di possibilità di successo nel caso di specie, le parti possono porre termine alla mediazione in sede di incontro preliminare, in tempi e a costi molto inferiori rispetto a prima. Infatti, poiché il primo incontro tra le parti e il mediatore deve avvenire entro trenta giorni, la durata massima della procedura viene di fatto ridotta di tre quarti, rispetto al massimo di 4 mesi ora previsti dalla normativa vigente. Stessa significativa riduzione si avrà per i costi, se la procedura si conclude durante l’incontro informativo, perché le indennità massime per il primo incontro, da stabilirsi con apposito decreto ministeriale, saranno molto inferiori rispetto a quelle previste nel caso in cui il tentativo prosegua (quando le parti, cioè, decidano di proseguire oltre l’incontro informativo, confidando evidentemente nella possibilità di raggiungere un accordo grazie al lavoro che il mediatore svolgerà). Per vero, l’incontro informativo potrebbe essere offerto dai singoli organismi anche gratuitamente, poiché le indennità di mediazione prevedono unicamente gli importi massimi.
La forte riduzione dei tempi, e una rimodulazione dei costi che non ne esclude la gratuità, consentono di estendere l’incontro preliminare a tutte le azioni civili di fronte al Tribunale, in modo da beneficiare al massimo della relazione positiva – dimostrata – tra numero di incontri con il mediatore e numero di liti conciliate.
L’incontro informativo non è invece necessario per le azioni di fronte al giudice di pace, ove i ritardi della giustizia sono minori, anche al fine di non generalizzare il ricorso alla mediazione, almeno in una fase iniziale. Difatti, sia pure nel contesto di un documento che riguarda anche l’arbitrato, il Parlamento europeo, in una Risoluzione dell’ottobre del 2011, si è espresso contro la previsione “generalizzata” di procedure di ADR obbligatorie. In ogni caso, è bene ribadire che il provvedimento proposto non prevede l’obbligatorietà della mediazione, tale non potendosi ritenere l’obbligo di partecipare al solo incontro informativo.
Limitare il meccanismo obbligatorio al solo incontro informativo, anche indipendentemente dalle sanzioni per la mancata accettazione dell’invito a parteciparvi, farà salire il tasso di accettazione. Il meccanismo, difatti, attenua fortemente il timore di imbarcarsi in una procedura lunga diversi mesi, apparentemente costosa e senza garanzia di un risultato positivo. A cittadini e imprese in lite, che non siano riusciti a trovare un accordo negoziato, la legge richiede ora uno sforzo molto contenuto prima che possano accedere al tribunale: valutare in concreto le possibilità di una mediazione, rivolgendosi ad un professionista terzo neutrale capace e adeguatamente formato.
Aver alleggerito la condizione di procedibilità soddisfa gli interessi di tutte le parti coinvolte, inclusi quelli degli stessi organismi di mediazione e dei mediatori, che potranno concentrarsi sui casi ove, a seguito dell’incontro informativo, appaiono maggiori le possibilità di successo. Inoltre, la facoltà delle parti di porre termine alla procedura anticipatamente rappresenta uno straordinario fattore di stimolo per la qualità del servizio, spingendo gli organismi a mettere in campo il miglior mediatore possibile per la specifica controversia, e il mediatore a prepararsi al meglio per l’incontro preliminare con le parti, delle quali dovrà conquistarsi la fiducia dando prova di professionalità, competenza nella materia specifica e abilità tecnica.
Infine, si noti che il meccanismo in discorso, definibile di “opt-out”, è preferibile a quello similare dell’incontro informativo obbligatorio per così dire puro, che richiede cioè alle parti, se convinte al primo incontro di tentare la mediazione, di avviarla in un secondo momento e comunque compiendo ulteriori formalità (“opt-in”). Nella fase attuale di rilancio della mediazione, il meccanismo dell’opt-out appare più indicato a istradare da subito i litiganti verso la mediazione, e semplifica alcuni aspetti tecnici legati all’opt-in, come quelli della riservatezza e della sospensione di decadenza e prescrizione: nel modello proposto, infatti, il “dies a quo” della procedura, e dei correlati effetti giuridici, è quello del deposito dell’istanza di mediazione.
Art. 8.
Mediazione in materia di risarcimento dei danni derivanti
dalla circolazione di veicoli e natanti
1. Per le controversie in materia di risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione di veicoli e natanti, la procedura di mediazione di cui alla presente legge può essere esperita in alternativa alla procedura di risarcimento prevista all’articolo 148 del codice delle assicurazioni private, anche ai fini dell’articolo 145 dello stesso codice.
2. Alla domanda di mediazione deve essere allegata la denuncia secondo il modulo di cui all’art. 143 del codice delle assicurazioni private, recante l’indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e del luogo, dei giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per l’ispezione diretta ad accertare l’entità del danno. Nel caso in cui il sinistro abbia causato lesioni personali o il decesso, la domanda di mediazione deve altresì contenere la descrizione delle circostanze nelle quali si è verificato il sinistro ed essere accompagnata, ai fini dell’accertamento e della valutazione del danno da parte dell’impresa, dai dati relativi all’età, all’attività del danneggiato, al suo reddito, all’entità delle lesioni subite, da attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, nonché dalla dichiarazione ai sensi dell’articolo 142, comma 2, o, in caso di decesso, dallo stato di famiglia della vittima.
3. Nell’ipotesi in cui venga avviata una mediazione ai sensi del presente articolo, l’incontro informativo sarà fissato nel termine non inferiore a sessanta giorni dalla comunicazione della domanda all’impresa di assicurazione o nel termine non inferiore a novanta giorni per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o il decesso. Entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, l’impresa di assicurazione comunica all’organismo e al danneggiato l’adesione all’incontro informativo o la propria intenzione di formulare l’offerta di cui all’articolo 148, commi 1 e 2, del codice delle assicurazioni private, entro i termini previsti. In tale ultima ipotesi, la mancata formulazione dell’offerta è valutata nell’eventuale successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, comma 2, nonché dell’articolo 96, comma 3, del codice di procedura civile. Si applica, in ogni caso, l’articolo 148, comma 5, del codice delle assicurazioni private.
4. Entro il medesimo termine di trenta giorni di cui al comma precedente, l’impresa di assicurazione può comunicare specificatamente i motivi per i quali non ritiene di fare offerta, né di aderire al procedimento di mediazione. Si applica, in ogni caso, l’articolo 148, comma 5, del codice delle assicurazioni private.
5. Ove la mediazione, in caso di adesione delle parti, si concluda all’esito dell’incontro informativo con un mancato accordo, l’impresa di assicurazione è comunque tenuta a formulare al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento ovvero a comunicare specificatamente i motivi per i quali non ritiene di fare offerta.
Commento all’art. 8. Per gli incidenti stradali, la mediazione diviene alternativa rispetto alla procedura stragiudiziale prevista dall’art. 148 del Codice delle assicurazioni private.
Art. 9.
Clausola contrattuale di mediazione
1. Se il contratto, lo statuto ovvero l’atto costitutivo dell’ente prevedono la mediazione e questa non risulta esperita, il giudice o l’arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 11. Allo stesso modo il giudice o l’arbitro fissa la successiva udienza quando la mediazione è iniziata, ma non conclusa. La domanda è presentata davanti all’organismo indicato dalla clausola.
2. Nei confronti del consumatore, non possono essere considerate abusive le clausole contrattuali predisposte dal professionista che contengono l’indicazione di almeno tre organismi di mediazione, di cui almeno uno con sede nella provincia di residenza del consumatore, ovvero che consenta a quest’ultimo di accedere alla procedura di mediazione attraverso modalità telematiche.
Commento all’art. 9. L’articolo colma un vuoto che si era creato in relazione all’inserimento delle clausole di mediazione nei contratti per adesione.
Art. 10.
Mediazione su provvedimento del giudice
1. Fermo quanto previsto dai commi 2 e 6 dell’articolo 7, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può invitare le stesse a procedere alla mediazione. L’invito deve essere rivolto alle parti personalmente entro l’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Se le parti aderiscono all’invito, il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 11, quando la mediazione non è già stata avviata, e assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.
2. Il giudice, qualora ritenga che sussistano fondati elementi per raggiungere una conciliazione, può ordinare alle parti di procedere alla mediazione. Tra gli altri elementi rilevanti, il giudice valuta, oltre a quelli di cui al comma precedente, l’eventuale richiesta di una delle parti, il tempo trascorso dall’esperimento della mediazione, se questa si è svolta o meno alla presenza di tutte le parti personalmente, e se si è conclusa con il solo incontro informativo. Il giudice fissa l’udienza successiva dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 11 e assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.
3. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, il giudice valuta i procedimenti del suo ruolo e presenta al capo dell’ufficio una relazione con i criteri adottati per i provvedimenti in materia di mediazione di cui ai commi 1 e 2. La mancata presentazione di tale relazione deve essere considerata ai fini della valutazione di laboriosità prevista dall’articolo 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n 160, così come sostituito dall’articolo 2, comma 2, della legge 30 luglio 2007, n. 111.
4. I provvedimenti in materia di mediazione sono valutati, se motivati, al fine della produttività del giudice, ai sensi della lettera b) dell’articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, così come sostituito dall’articolo 2, comma 2, della legge 30 luglio 2007, n. 111.
5. Il capo dell’ufficio giudiziario vigila sull’applicazione di quanto previsto dai commi 1 e 2 e adotta, anche nell’ambito dell’attività di pianificazione prevista dall’articolo 37, comma 1, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ogni iniziativa necessaria a favorire la mediazione su provvedimento del giudice, e ne riferisce, con frequenza annuale, al Consiglio superiore della magistratura, che ne tiene conto ai sensi degli articoli 45 e 46 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, così come sostituiti dall’articolo 2, commi 9 e 10, della legge 30 luglio 2007, n. 111, e al Ministero della giustizia.
Commento all’art. 10. L’art. 10 rafforza il ruolo del giudice nella mediazione in due modi. Il primo è aggiungere, all’ipotesi già prevista della mediazione su invito del giudice, che le parti restano libere di non accettare, quella dell’ordine di esperire la mediazione. L’intervento si rende necessario perché, come noto, da marzo 2010 a oggi, i dati ministeriali hanno dimostrato che la cd “conciliazione delegata” ha funzionato ben poco. La mediazione ordinata rappresenta per il giudice un potere discrezionale, il cui esercizio la norma però indirizza, identificando alcune ipotesi in cui l’ordine è verosimilmente più indicato. Tra queste spiccano le ipotesi del tentativo risalente nel tempo, di durata troppo breve (ad esempio, terminato in fase di incontro informativo), svoltosi in assenza di un litisconsorte necessario (si pensi al caso dell’assicurazione che non partecipi alla mediazione, ma divenga poi parte del processo), ovvero alla presenza dei soli avvocati. Aver reso la condizione di procedibilità molto più blanda impone di potenziare, conseguentemente, il ruolo del giudice nel promuovere la mediazione.
Il secondo modo di rafforzare il ruolo del giudice consiste nella previsione di regole volte a incentivare un atteggiamento pro-attivo di tutti i magistrati, compresi cioè i giudici di pace, verso la mediazione: viene così prevista la stesura di una relazione per il capo dell’ufficio sull’uso programmato dell’invito o dell’ordine. In virtù dell’auspicato maggior utilizzo, questi strumenti divengono inoltre criterio ulteriore di valutazione della produttività del giudice.
La mediazione su invito e su ordine del giudice, se usata opportunamente, può contribuire molto a smaltire i diversi milioni di cause civili pendenti e quelle che saranno iniziate presso i giudici di pace, di fronte ai quali non è obbligatorio esperire il previo tentativo di conciliazione. La mediazione su ordine del giudice, per come è concepita, si rivelerà uno strumento particolarmente importante in sede di appello ove, come noto, si generano i ritardi maggiori della giustizia civile. L’importanza in appello va intesa nel duplice senso della particolare utilità di tentare di risolvere, grazie alla mediazione, cause che si protraggono da molti anni, e dell’irrilevanza temporale (in termini assoluti, ma anche relativi) di un tentativo di durata massima pari a 90 giorni, quando solo tra una fase e l’altra dell’appello potrebbero trascorre svariati anni.
Art. 11.
Regolamento di procedura
1. Alla mediazione si applica il regolamento di procedura dell’organismo adito, approvato in sede di iscrizione al registro degli organismi di mediazione. Il regolamento contiene le modalità di deposito della domanda di avvio, di nomina del mediatore e di svolgimento della procedura.
2. Il regolamento deve prevedere che la domanda di mediazione e la data dell’incontro informativo siano comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, eventualmente anche a cura della parte istante.
3. Salvo quanto previsto dall’articolo 8, comma 3, la mediazione ha una durata non superiore a 90 giorni dalla data di deposito della domanda. L’incontro informativo deve in ogni caso svolgersi entro 30 giorni dalla data di deposito della domanda. Tutti i termini sono comunque prorogabili su accordo delle parti comparse.
4. Il regolamento può prevedere che il mediatore possa avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali, disciplinando le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi loro spettanti.
5. Al fine di agevolare la mediazione delle controversie tra parti residenti in luoghi distanti, la mediazione può svolgersi secondo modalità telematiche previste dal regolamento che, in tal caso, disciplinano le modalità di sottoscrizione del verbale e dell’accordo di cui agli articoli 14 e 15 secondo la normativa vigente e, in ogni caso, in modo che sia garantita la certezza dell’identità delle parti.
6. Il regolamento può prevedere che, su istanza congiunta delle parti, ove tutte siano assistite da un avvocato, il mediatore possa verbalizzare una propria proposta di soluzione della lite, che produce gli effetti di cui all’articolo 13, comma 8.
Commento all’art. 11. Varie norme che appesantivano la normativa secondaria precedente sono ora rimandate ai regolamenti dei singoli organismi, che in ogni caso devono rispettare alcune norme fondamentali, come quelle in materia di durata massima (ridotta da 120 a 90 giorni, rivelatisi in passato sufficienti), di sospensione della decadenza e della prescrizione, e infine di riservatezza. Il comma 6 introduce l’istituto della “proposta consensuale”, effettuabile, se prevista dal regolamento di procedura, solo su concorde richiesta delle parti che siano tutte assistite da avvocati, per via delle conseguenze pregiudizievoli che essa può generare. Tali conseguenze solo le stesse previste per i casi di proposta effettuata da una sola parte nell’ambito di un negoziato assistito o di una mediazione.
Art. 12.
Riservatezza e segreto
1. Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell’organismo o comunque nell’ambito del procedimento di mediazione è tenuto all’obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento medesimo.
2. Le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso della mediazione non possono essereutilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l’insuccesso della mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sulle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio.
3. Il mediatore non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità. Al mediatore si applicano le disposizioni dell’articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell’articolo 103 del codice di procedura penale in quanto applicabili.
4. Il verbale di conciliazione e di mancata conciliazione non possono contenere dichiarazioni delle parti e dei loro rappresentanti e difensori nel corso della mediazione, salvo eventuali proposte transattive di cui all’articolo successivo, ove consentite dal regolamento dell’organismo di mediazione, qualora le parti siano tutte assistite da un avvocato.
Art. 13.
Effetti della domanda e conseguenze processuali
1. Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione i medesimi effetti della domanda giudiziale. Ai fini dell’articolo 2945, comma 2, del codice civile, si ha riguardo al deposito del verbale di conciliazione, positivo o negativo, presso la segreteria dell’organismo. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se la mediazione fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente nuovamente e per intero dal deposito del verbale presso la segreteria dell’organismo.
2. Il periodo, anche quello prorogato, di cui all’articolo 11, comma 3, e il periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell’articolo 10, non si computano ai fini di cui all’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89.
3. Ad eccezione dei casi di cui ai commi 5 e 6 dell’articolo 7, l’importo dovuto a titolo di contributo unificato per le spese degli atti giudiziari di cui all’articolo 9 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, è maggiorato del venti percento qualora l’azione giudiziaria non sia stata preceduta dall’esperimento di una mediazione ai sensi della presente legge.
4. Nei casi di cui all’articolo 7, comma 1, alla prima udienza il giudice condanna la parte che non ha avviato la mediazione al versamento all’entrata del bilancio dello stato di una somma d’importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. Qualora le parti disattendano l’ordinanza di cui all’articolo 10, comma 2, il giudice condanna ciascuna delle parti a versare una somma pari al doppio del contributo unificato dovuto.
5. La mancata partecipazione senza giustificato motivo all’incontro informativo è valutata dal giudice aisensi degli articoli 92, comma 1, 96 e 116, comma 2, del codice di procedura civile. Non costituiscono giustificato motivo per la mancata partecipazione all’incontro ragioni attinenti alle probabilità di successo della mediazione.
6. Fra le spese di cui all’articolo 91, comma 1, del codice di procedura civile sono comprese quelle di mediazione.
7. Ove in sede di mediazione sia stata richiesta l’assistenza dell’esperto, con il consenso di tutte le parti aderenti alla procedura, assistite da avvocati, ciascuna parte può chiedere che la relazione eventualmente predisposta sia acquisita agli atti del successivo giudizio, ferma restando la facoltà del giudice di chiamare il consulente per chiarimenti o integrazioni. Resta ferma l’applicazione dell’articolo 12, comma 2, salva diversa volontà della parte dalla quale provengono le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso della procedura.
8. Ove all’esito della mediazione sia stata verbalizzata dal mediatore la proposta transattiva di una delle parti, ovvero quella del mediatore prevista dall’articolo 11, il giudice del successivo giudizio, ai sensi dell’articolo 91, comma 1, del codice di procedura civile, se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta condanna la parte che l’ha rifiutata senza giustificato motivo al pagamento delle spese del processo maturate dopo la verbalizzazione della proposta. Qualora la proposta sia stata rifiutata dalla parte soccombente, il giudice può aumentare la condanna in misura non superiore al 20%.
Commento all’art. 13. Un’importante novità riguarda la possibilità di acquisire agli atti del successivo giudizio, in caso di fallimento della mediazione, eventuali relazioni predisposte da consulenti tecnici, per evitare la duplicazione di atti peritali.
Tra le altre modifiche alla disciplina vigente, il provvedimento proposto modifica l’istituto della proposta verbalizzata del mediatore che, specie per il corredo di sanzioni che prevedeva, aveva suscitato numerose polemiche nella sua originaria formulazione. La modifica subordina la produzione di eventuali conseguenze negative, per la parte che non accetti la proposta, a tre condizioni: previsione nel regolamento di procedura dell’organismo di mediazione adito; richiesta congiunta delle parti; presenza degli avvocati di tutte le parti. In caso di mancata richiesta congiunta della proposta, la parte interessata può comunque formulare una propria proposta transattiva, che produce i medesimi effetti di quella disciplinata nel contesto del negoziato assistito.
Altra rilevante novità riguarda la disciplina del contributo unificato, maggiorato del 20% per le parti che non abbiano esperito il tentativo di conciliazione di fronte al giudice di pace. Una norma simile, in combinato disposto con gli altri incentivi di natura economica e fiscale, è in grado di agevolare grandemente la conciliazione anche volontaria che, in caso contrario, continuerà a restare al palo, quanto meno nella fase iniziale di una vera e propria rivoluzione, pratica e culturale, quale quella della mediazione.
Art. 14.
Conciliazione e omologa
1. In caso di conciliazione, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo redatto dalle parti. Il verbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere, anche per i casi di mediazione avvenuta in via telematica. Il mediatore certifica altresì l’allegazione dell’accordo, sottoscritto dalle sole parti. Il verbale in originale è depositato presso la segreteria dell’organismo e di esso è rilasciata copia, dichiarata conforme dall’organismo, alle parti che la richiedano. Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione dell’accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.
2. Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In tutti gli altri casi, l’accordo allegato al verbale è omologato su istanza di parte, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto dell’ordine pubblico, con decreto del presidente del tribunale, o di magistrato dal medesimo delegato, nel cui circondario si è svolta la mediazione ovvero, in caso in cui la procedura si è svolta in modalità telematica, nel circondario in cui ha sede, principale o secondaria, l’organismo di mediazione che ha gestito la procedura.
3. Nelle controversie transfrontaliere di cui all’articolo 2 della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, il verbale è omologato dal presidente del tribunale nel cui circondario l’accordo deve avere esecuzione.
4. Nelle materie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, ove tutte le parti siano assistite da un avvocato o da un consulente del lavoro, all’accordo di conciliazione non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2113 del codice civile.
5. La conciliazione della lite da parte di chi è incaricato di rappresentare la pubblica amministrazione, le società e gli enti di cui al comma 3 dell’articolo 2, amministrata da uno degli organismi di mediazione previsti dalla presente legge, non dà luogo a responsabilità amministrativa e contabile quando il suo contenuto rientri nei limiti del potere decisionale dell’incaricato.
Commento all’Art. 14. E’ stata chiarita la distinzione tra verbale e accordo e la loro modalità di sottoscrizione in passato oggetto di interpretazioni diverse nei Tribunali in sede di omologa. Un’altra novità riguarda la redazione del verbale di conciliazione, ove è chiarito il ruolo del mediatore e delle parti, e si prevede che, se queste sono tutte assistite da avvocati, esso abbia immediata valenza esecutiva. Infine, viene chiarito il “luogo” della mediazione nel caso la procedura si svolga con modalità telematiche. Molto importante per favorire la conciliazione delle liti di cui sia parte la PA, infine, è l’esclusione della responsabilità amministrativa e contabile del funzionario che rispetti i limiti del proprio potere decisionale.
Art. 15.
Mancata conciliazione
1. In caso di mancata conciliazione, il mediatore ne dà atto in apposito verbale, indicando le parti eventualmente presenti, di persona o in via telematica.
2. Il verbale in originale è depositato presso la segreteria dell’organismo e di esso è rilasciata copia, dichiarata conforme dall’organismo, alle parti che la richiedono.
Commento all’Art. 15. Viene prevista una disciplina più snella per i verbali di mancata conciliazione.
Art. 16.
Organismi di mediazione
1. Gli organismi di mediazione, pubblici e privati, abilitati a gestire la mediazione devono essere iscritti nel registro. Con decreto ministeriale sono stabiliti i criteri per l’iscrizione, la vigilanza, la sospensione, la cancellazione e l’attribuzione di una o più specializzazioni agli organismi.
2. Gli organismi di mediazione istituiti in conformità alla presente legge dai consigli degli ordini degli avvocati e dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono iscritti al registro a semplice domanda.
3. I soggetti, pubblici o privati, che diano garanzie di trasparenza, indipendenza ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi di mediazione.
4. Gli organismi di cui ai commi 2 e 3 rendono disponibili al pubblico sui loro siti web, e su supporto cartaceo nella loro sedi: informazioni circa le fonti di finanziamento, i soci, gli associati e i finanziatori, compresa la percentuale di finanziamento pubblico e privato; il curriculum dei mediatori accreditati, con l’indicazione delle materie in cui sono specializzati; l’eventuale appartenenza a reti transfrontaliere di organismi di mediazione; le tipologie di controversie per le quali sono competenti; il regolamento di mediazione; le indennità di mediazione; la relazione annuale d’attività, comprendente: il numero di controversie gestite, la percentuale di mediazioni conciliate e la durata media delle mediazioni; il numero di accreditamento al registro; la data di scadenza e la compagnia di assicurazione che ha emesso la polizza assicurativa, di importo non inferiore a 500.000 euro, per la responsabilità a qualunque titolo derivante dallo svolgimento dell’attività di mediazione.
5. Agli organismi di mediazione di cui ai commi 2 e 3 è vietato gestire mediazioni che direttamente o indirettamente coinvolgono soci, associati, finanziatori, mediatori iscritti alle proprie liste e responsabili dell’organismo.
6. Gli organismi di mediazione di cui al comma 3 devono avere:
a) come oggetto esclusivo l’attività di gestione delle procedure di mediazione e di risoluzione alternativa delle controversie, e di eventuali attività strettamente correlate di formazione e consulenza;
b) una capacità finanziaria e organizzativa adeguata al numero di procedure e sedi gestite e, in ogni caso, un capitale sociale interamente versato o fondo di garanzia per il pagamento dei terzi e dei mediatori non inferiore a 10.000 euro per la sede principale e a 5.000 euro per ciascuna sede operativa.
Commento all’art. 16. La necessità di decisi interventi migliorativi della qualità è uno degli aspetti circa i quali oppositori e fautori della mediazione hanno sempre concordato. Pur non essendo stati oggetto di censura da parte della Consulta, è un fatto largamente condiviso nel dibattito sulla mediazione che gli standard minimi di qualità definiti nei decreti ministeriali 180/2010 e 145/2011 siano insufficienti. Vi era poi confusione tra requisiti degli organismi e requisiti dei mediatori.
La modifica sostanziale relativa agli organismi consiste nell’esplicitare i requisiti fondamentali che fanno la “qualità” di un organismo di mediazione, ossia: trasparenza, indipendenza ed efficienza. Il requisito di professionalità è, più correttamente, richiesto per i mediatori.
- Trasparenza: l’utente deve conoscere preventivamente tutte le informazioni necessarie a effettuare una scelta consapevole dell’organismo di mediazione. Per questa ragione, tutte le informazioni più rilevanti sull’organismo, i responsabili e i mediatori devono essere facilmente accessibili.
- Indipendenza: per la peculiarità del servizio svolto, gli organismi di mediazione non possono gestire procedure di mediazione in situazioni di conflitto di interesse. Per lo stesso motivo, le procedure di mediazione non possono essere gestite in commistione con altre attività professionali o commerciali; pertanto, l’attività di mediazione deve essere l’oggetto sociale esclusivo dell’organismo.
- Efficienza: un capitale sociale minimo proporzionato al numero di sedi gestite è richiesto a garanzia dell’efficiente funzionamento dell’organizzazione. Il capitale sociale, ovviamente, non garantisce affatto la professionalità (richiesta invece ai mediatori), ma è una delle componenti essenziali della qualità dell’organismo. Una dotazione finanziaria adeguata è infatti necessaria per garantire agli utenti del servizio strutture idonee (sedi, sale riunioni, arredi, sito web, attrezzature tecniche), personale di segreteria preparato e la sostenibilità nel lungo periodo dell’attività. Inoltre, un capitale sociale più elevato sprona l’integrazione tra organismi che, se maggiormente strutturati, possono rafforzare la loro presenza a livello nazionale
Art. 17.
Mediatori
1. L’organismo di mediazione si avvale di mediatori che hanno dichiarato la loro disponibilità a svolgere le funzioni di mediatore per il richiedente e sono in possesso dei seguenti concorrenti requisiti:
a) laurea magistrale in discipline giuridiche o economiche, ovvero nella materia specifica del contendere; in casi complessi, con il consenso delle parti, altri professionisti possono essere affiancati come co-mediatori;
b) almeno 5 anni di esperienza professionale, desumibile dall’iscrizione all’albo di un ordine professionale, o dall’aver svolto l’attività di magistrato;
c) conoscenze, capacità ed esperienza necessarie nel settore della gestione del conflitto e della risoluzione delle controversie acquisite con corsi di formazione e un periodo di tirocinio ai sensi dell’articolo 18.
2. Con decreto ministeriale sono indicati i criteri per calcolare la durata dell’esperienza professionale richiesta, al di fuori delle ipotesi di cui alla precedente lettera b).
3. I mediatori devono garantire neutralità, indipendenza e imparzialità nello svolgimento delle loro funzioni.
4. Non può assumere le funzioni di mediatore il professionista che abbia in corso o abbia svolto negli ultimi due anni incarichi professionali per una delle parti, o quando una delle parti sia assistita o sia stata assistita negli ultimi due anni da professionista di lui socio o con lui associato, ovvero che eserciti negli stessi locali. Inoltre, il professionista che ha svolto l’incarico di mediatore non può intrattenere rapporti professionali con una delle parti se non siano decorsi almeno due anni dalla definizione del procedimento.
5. Al mediatore è vietato essere parte in procedimenti svolti dinnanzi all’organismo di mediazione al quale è iscritto.
6. Al mediatore e ai suoi ausiliari è fatto divieto di assumere diritti o obblighi connessi, direttamente o indirettamente, con gli affari trattati, fatta eccezione per quelli strettamente inerenti alla prestazione dell’opera o del servizio; è fatto loro divieto di percepire compensi direttamente dalle parti.
7. La violazione delle disposizioni dei commi 3, 4 o 5 comporta la cancellazione del mediatore dall’elenco dell’organismo.
Commento all’art. 17. Importanti modifiche riguardano i mediatori, cui è ora richiesto, oltre alla laurea magistrale, un numero minimo di anni di esperienza professionale, rilevante anche ai fini della specializzazione. Per la determinazione dei requisiti di professionalità per le persone che non sono iscritte a un albo professionale, o non abbiano svolto l’attività di magistrato, è prevista l’adozione di un apposito decreto ministeriale. Il provvedimento codifica poi, estendendole a tutti i professionisti, le parti centrali dell’art. 55 bis del Codice deontologico forense, con l’intento di evitare commistioni tra il ruolo di mediatore e di consulente di parte. In base a questa nuova norma, voluta dall’avvocatura, chi abbia svolto incarichi professionali per una delle parti negli ultimi due anni non può assumere l’incarico di mediatore. Questi, in più, s’impegna a non assumere incarichi professionali dalle stesse, in qualità di consulente di parte, nei due anni successivi alla mediazione. Sempre al fine di evitare una commistione di ruoli, il mediatore non può più essere parte in procedimenti svolti dinnanzi all’organismo di mediazione al quale è iscritto. In passato, l’assenza di tale divieto aveva portato a pratiche disdicevoli, come quella di “ricompensare” l’avvocato che portasse un’istanza all’organismo di mediazione di appartenenza con la nomina a mediatore in una successiva procedura, per la quale magari mancava di qualsivoglia competenza specifica.
Art. 18.
Formazione e tirocinio
1. Il responsabile del registro degli organismi di mediazione verifica i requisiti di formazione e tirocinio dei mediatori, che consistono ne:
a) il possesso di una specifica formazione acquisita tramite la partecipazione a corsi di formazione istituiti dalle università a norma dell’articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, di durata non inferiore a ottanta ore nell’ambito disciplinare della gestione dei conflitti e risoluzione delle controversie. La formazione può essere acquisita anche mediante la partecipazione ad analoghi corsi organizzati dalle camere di commercio e dagli ordini forensi, anche in convenzione con enti pubblici e privati;
b) lo svolgimento di un periodo di tirocinio di durata non inferiore a 6 mesi presso un organismo di mediazione che abbia consentito l’acquisizione di competenze necessarie ad esercitare la funzione di mediatore, tramite la partecipazione ad almeno 15 procedure di mediazione che abbiano superato la fase dell’incontro informativo;
c) l’acquisizione di uno specifico aggiornamento biennale, di durata complessiva non inferiore a ventiquattro ore;
d) l’assolvimento dei requisiti di cui alle lettere b) e c) del presente comma è disciplinato con apposito decreto ministeriale.
Commento all’art. 18. Cambia radicalmente la disciplina della formazione e dell’accreditamento dei mediatori, ora affidata principalmente al sistema universitario, al fine di garantirne la maggior qualità, e condizionata a un serio, e realistico, tirocinio iniziale. Lo scandalo dei “diplomi” venduti a prezzi stracciati da enti di formazione privi di alcuna esperienza, nell’oggettiva difficoltà di controlli capillari da parte delle autorità preposte, ha sicuramente contribuito ad affossare sia la sostanza sia la percezione della qualità media del servizio di mediazione.
Art. 19.
Finanziamento del funzionamento del registro
1. Per garantire il fabbisogno finanziario relativo a ogni attività preordinata all’iscrizione, alla tenuta e all’informatizzazione del registro, e alla vigilanza sugli organismi, nonché a promuovere la mediazione, dagli organismi e dai mediatori sono dovuti i seguenti contributi annuali, secondo modalità operative rese note sul sito del Ministero della giustizia:
a) 1.500 euro per ciascun organismo di mediazione pubblico e privato, oltre a 500 euro per ogni sede operativa;
b) 50 euro da parte di ciascun mediatore per ogni organismo di mediazione a cui è iscritto.
2. Le attestazioni di pagamento del contributo annuale fisso da parte degli organismi di mediazione e dei mediatori devono essere inviate al Ministero della giustizia entro trenta giorni successivi al 31 gennaio, ovvero al momento della richiesta di iscrizione. In caso di mancata successiva iscrizione per mancanza dei requisiti richiesti o di successiva sospensione o cancellazione, i pagamenti effettuati non sono ripetibili.
3. L’ammontare dei contributi può essere aggiornato, con decreto del Ministro della giustizia, nella misura necessaria alla copertura delle spese relative alle attività di cui al comma 1. L’aggiornamento avrà vigore dall’anno successivo a quello della pubblicazione del relativo decreto nella Gazzetta Ufficiale.
4. Nel caso di omesso pagamento dei contributi, decorsi trenta giorni dalla scadenza prevista per il pagamento il responsabile del registro dispone la cancellazione dell’organismo o del mediatore.
Commento all’art. 19. Il finanziamento dell’attività di vigilanza e controllo è indispensabile per migliorare la qualità degli Organismi di mediazione e dei mediatori e per finanziare attività promozionali volte a far conoscere l’istituto. In linea con il contributo obbligatorio già previsto per l’iscrizione in registri analoghi, come quello dei revisori contabili (Art. 8 della L. 13 maggio 1997, n. 132, ovvero per il funzionamento delle Authority, il contributo a carico degli organismi di mediazione e dei mediatori si rende necessario ai fini di finanziare le molteplici attività di vigilanza a carico del Ministero della giustizia, da svolgersi su tutto il territorio nazionale presso le sedi degli organismi. Il fondo costituito presso il Ministero della Giustizia sarà destinato alla copertura dei costi del personale, per le spese di trasferta, per il finanziamento del sistema informatico di tenuta del registro e per la realizzazione di attività promozionali istituzionali volte a diffondere la mediazione.
Art. 20.
Informazione del consumatore da parte dei professionisti
1. I professionisti informano i consumatori, in modo chiaro ed esaustivo, in merito agli organismi di mediazione competenti a trattare eventuali controversie con i consumatori.
Art. 21.
Incentivi
1. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi alla mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura.
2. L’imposta di registro sull’accordo di cui all’articolo 14 è dovuta solo sulla parte eventualmente eccedente il valore di 100.000 euro.
3. Nelle mediazioni nascenti da cause pendenti da oltre 12 mesi al momento dell’entrata in vigore della presente legge, l’accordo di mediazione è esente dall’imposta di registro senza alcun limite di valore. In tal caso, all’accordo tra le parti deve essere allegata la rinuncia alla causa.
4. Le indennità corrisposte agli organismi di mediazione per lo svolgimento della mediazione sono escluse dal campo IVA ai sensi dell’articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modifiche.
5. Alle parti che corrispondono l’indennità ai soggetti abilitati a offrire il servizio di mediazione è riconosciuto un credito d’imposta commisurato all’indennità stessa, fino a concorrenza di 500 euro per procedura. In caso di mancata conciliazione il credito d’imposta è ridotto alla metà.
6. A decorrere dall’anno 2014, con decreto del Ministro della giustizia, entro il 30 aprile di ciascun anno, è determinato l’ammontare delle risorse a valere sulla quota del «Fondo unico giustizia» di cui all’articolo 2, comma 7, lettera b), del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, destinato alla copertura delle minori entrate derivanti dalla concessione del credito d’imposta di cui al comma 5 relativo alle mediazioni concluse nell’anno precedente. Con il medesimo decreto è individuato il credito d’imposta effettivamente spettante in relazione all’importo di ciascuna mediazione in misura proporzionale alle risorse stanziate e, comunque, nei limiti dell’importo indicato al comma 5.
7. Il Ministero della giustizia comunica all’interessato l’importo del credito d’imposta spettante entro 30 giorni dal termine indicato al comma 6 per la sua determinazione e trasmette, in via telematica, all’Agenzia delle entrate l’elenco dei beneficiari e i relativi importi a ciascuno comunicati.
8. Il credito d’imposta deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi ed è utilizzabile a decorrere dalla data di ricevimento della comunicazione di cui al comma 7, in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché, da parte delle persone fisiche non titolari di redditi d’impresa o di lavoro autonomo, in diminuzione delle imposte sui redditi. Il credito d’imposta non dà luogo a rimborso e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, né del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
9. Ai fini della copertura finanziaria delle minori entrate derivanti dal presente articolo il Ministero della giustizia provvede annualmente al versamento dell’importo corrispondente all’ammontare delle risorse destinate ai crediti d’imposta sulla contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate – Fondi di bilancio».
Commento all’art. 21. Sino a quando agire o resistere in giudizio conviene economicamente, i tribunali continueranno a essere la scelta ovvia (poiché “razionale”) dei litiganti, alimentando quella che il Primo Presidente della Corte di Cassazione, nel 2012, ha autorevolmente definito una “domanda drogata” di giustizia. Di grande importanza, conseguentemente, sono la reintroduzione delle sanzioni processuali ed economiche in caso di mancato esperimento della mediazione (le seconde sono modulate a seconda delle varie ipotesi), e il potenziamento degli incentivi economici e fiscali.
Confermato il credito d’imposta previsto dal D.lgs. 28/2010, viene elevato a 100.000 euro il limite entro il quale non si paga l’imposta di registro, la quale non è poi affatto dovuta, cioè senza limiti di valore, per le conciliazioni che risolvano vertenze pendenti da oltre 12 mesi al momento dell’entrata in vigore delle nuove norme. Questa previsione mira a incentivare l’uso della mediazione per contribuire a smaltire l’enorme arretrato della giustizia civile.
Art. 22.
Indennità
1. Con appositi decreti del Ministro della giustizia sono indicati:
a) gli importi massimi delle indennità per lo svolgimento dell’incontro informativo per tutti gli organismi di mediazione;
b) gli importi massimi delle indennità per lo svolgimento della mediazione spettanti agli organismi pubblici;
c) i criteri di calcolo delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati.
Commento all’art. 22. La novità più importante rispetto alla disciplina vigente riguarda la previsione di indennità massime minori, nei vari scaglioni, per le mediazioni che terminino in sede di incontro informativo, sia per gli organismi pubblici sia per quelli privati.
Capo IV
RICORSO ALL’ARBITRATO
Art. 23.
Arbitrato su impulso del giudice
1. Nelle controversie che hanno ad oggetto il risarcimento del danno pendenti dinanzi al tribunale, il giudice, all’esito delle attività previste dall’articolo 183 del codice di procedura civile, può rimettere le parti dinanzi a un arbitro, qualora nessuna delle parti si opponga.
2. In questo caso, l’arbitro è designato dal Presidente del tribunale entro trenta giorni dalla decisione del giudice, eventualmente su concorde richiesta delle parti, tra gli iscritti nell’elenco che sarà formato presso ogni tribunale in base alle disposizioni previste da apposito decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e della finanza, che sarà emesso entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, e che dovrà prevedere anche l’importo dell’indennità spettante all’arbitro. Le parti possono concordemente indicare l’arbitro al Presidente del tribunale anche al di fuori di quelli compresi nell’elenco.
3. Il giudice dichiara con ordinanza l’estinzione del giudizio, fermi gli effetti sostanziali della citazione.
4. Al procedimento arbitrale si applicano gli articoli da 815 a 826 del codice di procedura civile.
Art. 24.
Arbitrato entro un minimo e un massimo stabilito dalle parti
1. Le parti di un arbitrato possono stabilire che il lodo sia compreso entro una cifra minima e massima predeterminate. Anche qualora la cifra minima e massima stabilite dalle parti non vengano comunicate all’arbitro, il lodo arbitrale s’intende deliberato nella cifra minima concordata, qualora esso sia inferiore a tale cifra, e nella cifra massima concordata, qualora esso sia superiore a quest’ultima. Il lodo arbitrale è quello deciso dall’arbitro qualora la cifra ricada nell’intervallo stabilito dalle parti.
Commento agli artt. 23 e 24. Nell’ambito di un sistema integrato di promozione della risoluzione stragiudiziale delle controversie, alcune norme sono dedicate all’arbitrato, istituto presente da lungo tempo nel nostro ordinamento, ma obiettivamente poco praticato, per una serie di ragioni che includono i costi, ma anche la scarsa conoscenza. Le modifiche proposte contribuiscono al superamento di questi due ostacoli.
L’articolo 23 del provvedimento proposto prevede la possibilità che all’arbitrato si giunga su impulso del giudice, qualora ovviamente tutte le parti siano d’accordo, nelle cause relative al risarcimento del danno. Tale impulso può essere dato quando vi sia già un inquadramento del caso e quindi il giudice sia in grado di valutare concretamente – tenuto conto anche delle parti – l’opportunità di proporre un arbitrato. Poiché l’impulso ad avviare la procedura alternativa viene dal giudice, in questo caso l’arbitrato sarà regolato da alcune norme speciali, da emanare, relative sia alla persona dell’arbitro sia alle tariffe applicabili.
L’articolo 24 introduce invece una modifica sostanziale alla disciplina dell’arbitrato, prevedendo che le parti possano concordare preventivamente l’ammontare minimo e massimo del lodo, contenendo così, in parte, l’imprevedibilità della decisione. L’istituto dell’arbitrato “entro un minimo e un massimo” ha una certa diffusione nella prassi di alcuni paesi, in particolare come passaggio successivo a un tentativo di conciliazione, o di una trattativa diretta, al termine delle quali le parti siano d’accordo sull’“an”, ma non su il “quantum”, e non intendano ripartire da capo avviando un’azione in tribunale (o un arbitrato tradizionale) sull’intera vicenda.
Capo V
ABROGAZIONI, COORDINAMENTI E DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Art. 25.
Obblighi di segnalazione per la prevenzione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo
1. All’articolo 10, comma 2, lettera e), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, dopo il numero 5) è aggiunto il seguente: “5-bis) mediazione, ai sensi de [la presente legge];”.
Art. 26.
Abrogazioni
1. È abrogato il Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.
2. Dalla data dell’entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all’articolo 18 della presente legge è abrogato l’elenco degli enti di formazione di cui al decreto del Ministero della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, e successive modificazioni.
Art. 27.
Disposizioni transitorie
1. Fino all’adozione dei decreti di cui agli articoli 16 e 18, si applicano per quanto compatibili le disposizioni del decreti del Ministero della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, aggiornato con le successive modifiche del decreto 6 luglio 2011, n. 145.
2. I mediatori iscritti al registro alla data di entrata in vigore della presente legge debbono integrare la loro formazione, secondo le modalità previste in un apposito decreto ministeriale, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto.
Commento agli artt. 25, 26 e 27. Il capo V contiene norme dedicate ad abrogazioni, coordinamenti e disciplina transitoria. Queste norme riguardano la disciplina della sola mediazione, sulla quale il provvedimento proposto incide maggiormente.
6 commenti
LEGGENDO LA PROPOSTA DI LEGGE 2.0 MI E’ SORTA SPONTANEA UNA DOMANDA.
IL SOTTOSCRITTO HA UNA LAUREA IN SCIENZE GIURIDICHE INDIRIZZO FORENSE, COSIDDETTA LAUREA TRIENNALE, E’ IN POSSESSO DELL’ATTESTATO DI MEDIATORE E DELL’ATTESTATO DI SUPERAMENTO DEL CORSO DI AGGIORNAMENTO BIENNALE, HA SVOLTO 37 MEDIAZIONI RISOLTE CON SUCCESSO NEL 97% DEI CASI. CHE FINE FARO’ SE LA VOSTRA PROPOSTA DI LEGGE SARA’ APPROVATA? POTRO’ ESERCITARE ANCORA LA PROFESSIONE DI MEDIATORE?
GRAZIE ANTICIPATAMENTE PER LA RISPOSTA.
Ho letto un pò di corsa la proposta di legge 2.0 e mi scuso sin da ora se, per la fretta, non avrò compreso i principi ispiratori ed i dettagli operativi.
Mi sono concentrato sulla parte formativa e sui requisiti dei mediatori. E sulle norme di coordinamento tra vecchia e nuova legge.
Non mi piace affatto questa vs proposta di legge.
Nella mia esperienza i mediatori peggiori sono stati quelli che, secondo questa proposta, dovrebbero risultare i migliori. Continua a darsi una prevalenza di fatto agli operatori della legge: nella mia esperienza non si sono mai dimostrati all’altezza, anzi!!!
Si vuole associare l’esperienza tematica all’individuazione del mediatore: non è affatto vero che un esperto della materia X sia la persona migliore a risolvere un conflitto sulla materia X.
Le università non garantiscono affatto una buona formazione nè può presumersi che formino meglio di altri enti formativi. Un tirocinio di 6 mesi è veramente troppo e costa (chi lo paga?). Non si agisce affatto sui formatori che, nella mia esperienza, hanno una qualità media bassissima(anche universitari).
Bisogna alzare l’asticella sui requisiti dei formatori e dare indicazioni solide sulla modalità di testare gli apprendimenti a fine corso. Come per la mediazione, inserirei tariffe di riferimento anche per la formazione.
A proposito, approfitto per fare una domanda: ad oggi, chi ha rispettato l’obbligo di aggiornamento formativo ma non quello di tirocinio (nell’impossibilità di trovare mediazioni e organismi utili per partecipare a un tirocinio), perdeà il titolo di mediatore? Esistono indirizzi, più o meno ufficiali, su questo preciso problema? Grazie.
PS: inserirei l’obbligo, per l’ente di formazione, di organizzare, presso organismi di riferimento, i tirocini a beneficio dei propri allievi.
sono perfettamente d’accordo con corrado!
do per “ricopiato” quello che ha scritto lui e aggiungo qualcosa.
questa proposta ha l’unico scopo di cogliere la palla al balzo per cercare di rimettere in piedi la mediazione ad esclusivo uso degli avvocati: eliminati i nuovi venuti, la mediazione magicamente diventa anche per loro quello che è per tutti gli altri: un’ottima cosa. unica concessione: associare – dato che sarebbero nemici troppo forti – i commercialisti.
ovvio che questo tentativo non ha nessuna possibilità di andare in porto, se non altro per un troppo palese contrasto con norme e prassi europee.
il rischio è però che possa avere effetti paralizzanti.
suggerisco ai promotori di ristudiare, anche superficialmente, cosa è una mediazione e/o una conciliazione; magari pensando a diplomatici, preti, psicologi, genitori, capitani di nave…. tutti interventi che si sviluppano con tecniche, metodi e spiritualità particolari e che solo quando si devono tirare indietro lasciano il campo agli operatori della legge per rabberciare un qualche modo di tirare avanti.
la mediazione non deve essere l’ennesimo passaggio burocratico. Il mediatore non si deve molto interessare alle carte, la mediazione è una questione di pancia di viscere di forti sensazioni e malesseri. Il mediatore deve saper capire gli interessi e i bisogni delle parti, il diritto, la procedura non sono funzionali alla mediazione.
Nella mia esperienza, 50 mediazioni all’attivo (non sono avvocato ne giurista ne commercialista non sono notaio ne tanto-meno magistrato)ho capito che le persone in lite avevano voglia di parlare di farsi ascoltare sfogarsi. La mediazione ha una funzione sociale che è quella di dirimere i conflitti, l’obbligatorietà inopinatamente cancellata da una sentenza politica serviva a fare abituare le persone ad essere più civili a non troncare la comunicazione con l’altro, ma per il tramite di un mediatore trovare una soluzione condivisa alla controversia, un giudice al contrario con una sentenza tronca ogni rapporto tra le parti. Basta pensare all’obbligatorietà del casco per le moto quante vite ha salvato e quanto ha fatto risparmiare alla sanità nazionale. Questa proposta di legge va rivista totalmente, perché non ha centrato il tema. (Un consulente automobilistico)Mediatore appassionato.
In riferimento alla Vostra proposta di disegno di legge, personalmente ritengo che riscriva in modo abbastanza sintetico e radicale quelle che erano le indicazioni del Dlgs 28-2010 e del DM 180-2010 e prende poco in considerazione tutto ciò che con essi è stato creato.
Sarebbe stato più semplice ripartire dal quadro indicato gestendo in maniera più organica le critiche mostrate ad un istituto che deve creare solo effetti positivi.
Al di là di questo sarebbe opportuno almeno riflettere su questi punti:
1) In questo contesto occorre definire solo la mediazione e non altre forme di ADR i cui impieghi e definizioni vanno gestiti altrove;
2) Il mediatore: concordo che occorre rivedere la sua figura affinché sia adeguatamente competente, professionale e preparato ma non cancellando tutti coloro che in questi tre anni hanno investito, si sono formati, aggiornati ed in regola con i tirocini richiesti; conseguentemente sarebbe auspicabile la creazione di un vero e proprio albo come altre professioni con conseguenti diritti ed oneri che tenga conto quindi di tutti coloro che fino ad ora hanno svolto questa professione. Non condivisibile è la sola preparazione universitaria a livello formativo;
3) Materie: occorre individuare materie realmente praticabili, seguendo anche i risultati ottenuti in questi 3 anni di lavoro, magari eliminandone alcune ed integrandole con altre in cui l’aspetto personale, la riservatezza ed i fattori ispiratori dell’istituto stesso possono aumentare il livello di soddisfazione degli interessi delle parti;
4) Avvocati: personalmente ritengo che il nodo cruciale della situazione sia tutta qui; il coinvolgimento con loro è basilare affinché il procedimento sia valorizzato e realmente produttivo di effetti; pertanto deve essere inserita l’obbligatorietà della loro presenza; va però creato un sistema affinché la mediazione non significhi per loro una diminuzione di entrate economiche; auspicabile sarebbe stabilirne la retribuzione da tabella affinché i costi della mediazione siano realmente certi e consentirebbe a loro stessi di vedere riconosciuta la loro partecipazione attiva al procedimento stesso;
5) Incentivi: creare i presupposti di reali risparmi per chi aderisce al procedimento, magari controbilanciati dalle entrate relative all’albo dei mediatori e degli organismi, e inasprire per chi non aderisce con la condanna al doppio del C.U.