La mediazione è ancora poco conosciuta, in particolare dai giudici. E quando non si conosce, non si pratica, non si ha affinità con qualcosa è inevitabile perdersi. Quindi non devono destare stupore taluni dei contenuti di questa sentenza, invero piuttosto frammentari e apodittici. Certo è che non possono costituire un punto fermo, per il che ce ne vorrà, di tempo e di maturazione di esperienza, di conoscenza e di confronto.
Ciò che colpisce (non favorevolmente) della sentenza è l’obliterazione della ricca trama che, nella materia della mediazione, si è formata negli anni, nella giurisprudenza di merito e nella dottrina, sulle questioni che la Corte affronta (che sono sostanzialmente due, la presenza personale delle parti e il primo incontro, informativo). Sarebbe stato auspicabile e utile, per contro, esporre gli argomenti a favore e contro dell’una e dell’altra tesi, salvo poi prendere una ragionata posizione.
Essendo infatti la prima della Cassazione, era lecito aspettarsi una disamina approfondita dello stato dell’arte al riguardo, con l’esposizione quanto meno della vasta giurisprudenza formatasi a riguardo degli argomenti trattati.
Così non è stato, sicché i dicta appaiono un po’ afasici. La sentenza si occupa di mediazione obbligatoria, ma la parte motivazionale relativa alla presenza personale è estensibile anche alla mediazione demandata (non altrettanto per il primo incontro). Quanto a quest’ultimo, l’opinione espressa (ripeto per la sola mediazione obbligatoria, della quale esclusivamente si occupa la Corte), è plausibile e personalmente l’ho più volte espressa, ma altri (esempio a Firenze), la pensano diversamente.
Per la mediazione demandata (di cui la Corte non si occupa), la mediazione disposta dal Giudice devesi considerare espletata solo se si prosegue oltre il primo incontro. Né vi sono nella sentenza argomenti che giustifichino un diverso avviso, stante la caratteristica altra della demandata rispetto a quella di cui al comma 1 bis del decr.lgsl.28/10. Quanto alla presenza personale, la sentenza è vistosamente contraddittoria e in quanto tale non condivisibile.
Alla pagina otto si pregia di esaltare ”l’importanza del contatto diretto tra le parti, in cui è riposto il successo della mediazione” (testuale) grazie alla presenza del “ mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l’acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali” (testuale).
Come tutto ciò possa conciliarsi con l’altra e tranciante affermazione secondo cui “nella mediazione obbligatoria davanti al mediatore la parte può farsi anche sostituire da un proprio rappresentante sostanziale” (testuale), è difficile da comprendere e costituisce un’aporia.
Posto infatti che, come è innegabile, solo la parte (e non un suo rappresentante) conosce “i rapporti pregressi” con l’altra parte e può apprezzare e valutare una soluzione piuttosto che un’altra.
Ancora più incomprensibile, in questo scenario, è l’evocazione, vero e proprio ircocervo, di un rappresentante della parte che può essere anche lo “stesso difensore che l’assiste nel procedimento di mediazione” (testuale).
Non sfugge a nessuno, anche ad una prima veloce lettura, che, in questo caso, si sta parlando di un avvocato che….assiste se stesso. Per finire queste brevi note, ci si chiede se non costituisca niente più che un felice auspicio quello della presenza di un “avvocato esperto in tecniche negoziali che assiste la parte – o se stesso , n.d.r. – nella procedura di mediazione” (testuale, pag.8 della sentenza). Invero non esiste alcuna previsione normativa in tal senso, cioè che l’avvocato che assiste la parte in mediazione debba possedere una qualche esperienza in tecniche negoziali (?)
Questa sentenza della Cassazione, per fortuna, come accade nelle cose della giurisprudenza, non è l’alfa e non è l’omega…. Essa si innesta su un grande cambiamento culturale, incompiuto, irto di ostacoli e ancora in corso. C’è chi ha maggiore sensibilità e percezione dell’importanza di ciò che sta accadendo, in termini assiologici, e chi non ancora. Solo chi ce l’ha può comprendere che una decisione può orientare e favorire lo sviluppo del nuovo processo culturale. Ovvero, al contrario, può ostacolarlo e rallentarlo.
Per evitare equivoci è bene dire che specialmente quando più di una interpretazione della norma è plausibile, come in questo caso, la scelta dell’una o dell’altra, è sicuramente influenzata dal grado di comprensione e di apprezzamento del cambiamento. La sentenza è (solo apparentemente) anodina sul punto. La frase che si legge “non è questa la sede per valutare le probabilità di successo della creazione forzosa di una cultura della mediazione” è una premessa, solo apparentemente anodina, e assai significativa dell’atteggiamento culturale degli autori di questa sentenza nei confronti della Mediazione.
Avremmo preferito leggere: ogni cambiamento culturale, se innova profondamente rispetto al passato, ha bisogno, nella fase iniziale, di una spinta e di una forte propulsione, senza i quali la “navicella” rimane ancorata al suolo”. Ecco, questo sarebbe stato un bell’incipit. Peraltro confermato dalla storia e dalla conformazione della natura degli esseri umani (pensate, in piccolo, se il processo telematico fosse nato e rimasto per intero del tutto affidato alla volontaria adesione degli utenti….) Questa sentenza esalta il rischio (già attuale), dicendo che non è necessario per rimuovere l’improcedibilità, proseguire oltre l’incontro informativo, che l’avvocato vada in mediazione con un foglio di carta firmato dal cliente che lo ha delegato, solo per dire: “eccomi qui ecco la delega del cliente, non intendiamo andare oltre, grazie”.
Con buona pace della possibilità dell’interessato di ascoltare ciò che il mediatore gli avrebbe spiegato e di sentire cosa l’altra parte, ove presente, avrebbe detto e proposto e magari di entrare in mediazione, avendo scoperto cose che non si aspettava di scoprire. Ciò che non apprezzo della sentenza non sono le opzioni scelte, che di per sé, come tante altre cose del diritto, sono plausibili e rispettabili, ma la non comprensione delle implicazioni (assai sfavorevoli) che in questa fase storica di crescita dell’istituto, ne potranno derivare.
2 commenti
Caro Giudice il suo commento e le sue valutazioni sono perfette. La Cassazione ha dimostrato di non avere il polso della situazione sociale sulla mediazione, una sentenza che stravolge anni di conquiste sia da parte della giurisprudenza che da parte della dottrina, UNA GRANDE DELUSIONE.
Gent,mo signor Ricci, le conquista debbono essere rispettose del dirtto e non di interpretazioni “variegate” come si è verificato al riguardo della Mediazione.Perchè sbaglia il Tribunale di Savona che decide fuori dal coro e nessuno cita, od addirittura quello di Udine che prevederebbe una semplice comunicazione con successiva ratifica per adempiere al disposto legislativo? Se la mediazione è l’attività del mediatore che media tra due soggetti per trovare un accordo, che fine farebbe la volontà delle parti se fosse coartata e non una loro libera scelta? C’è UN GIUDICE NATURALE CHE DEVE DECIDERE SE LE PARTI MANIFESTANO LA LORO VOLONTà IN TAL SENSO .