La mediazione è obbligatoria anche quando nasce un contrasto in materia di associazione in partecipazione tra l’associante e l’associato
Mediazione e contratti di associazione in partecipazione
L’articolo 5 del decreto legislativo n. 28/2010 prevede la mediazione obbligatoria come condizione di procedibilità della domanda in giudizio anche in materia di associazioni in partecipazione.
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Ma cos’è il contratto di associazione in partecipazione? Quali sono le sue caratteristiche? Quali sono le controversie che possono nascere da questo contratto ed essere portate all’attenzione di un organismo di mediazione come ADR Center?
Cos’è il contratto di associazione in partecipazione
Il contratto di associazione in partecipazione è un accordo con il quale l’associante riconosce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari.
L’associato ha diritto alla partecipazione se fornisce il suo apporto all’attività.
Se l’associato è una persona fisica, il suo contributo non può consistere in una prestazione lavorativa, nemmeno in parte.
Il legislatore ha previsto il divieto di una controprestazione lavorativa perché non è raro che l’associazione in partecipazione nasconda un contratto di lavoro subordinato, privo però delle tutele che le legge prevede per i lavoratori subordinati.
Perché un contratto si possa inquadrare nell’associazione in partecipazione la partecipazione lavorativa deve avere pertanto precise caratteristiche:
- l’attività che l’associato svolge nella associazione in partecipazione non deve essere inserita in modo stabile nell’organizzazione dell’azienda;
- l’associato non deve essere escluso dalla partecipazione al rischio di impresa e dalla distribuzione di utili e perdite, queste ultime però nei limiti del suo apporto;
- l’associato deve poter dire la propria, ossia deve potersi ingerire nella gestione della azienda.
Diritti e obblighi dell’associante e dell’associato
I diritti dell’associante e dell’associato che nascono dall’accordo di associazione in partecipazione sono indicati dall’articolo 2552 del Codice civile.
Ulteriori diritti e obblighi si ricavano dalle altre norme del codice dedicate a questo contratto.
L’associante ha il diritto primario di gestire l’impresa o il singolo affare, tanto è vero che i soggetti terzi acquistano diritti e assumono obbligazioni solo nei suoi confronti.
Costui ha l’obbligo di riconoscere all’associato, per l’apporto che quest’ultimo fornisce all’impresa o al singolo affare, il diritto di partecipare agli utili.
L’articolo 2550 del codice vieta infine all’associante di attribuire partecipazioni ad altri associati senza prima avere chiesto e ottenuto il consenso degli associati che già fanno parte dell’accordo.
L’associato ha il diritto di partecipare agli utili e alle perdite dell’impresa o del singolo affare. In cambio però deve dare il suo apporto.
Costui ha il diritto di manifestare il suo consenso o dissenso all’attribuzione di partecipazioni nell’impresa o nell’affare ad altri soggetti, a meno che gli accordi non stabiliscano regole diverse.
In base a quanto stabilito dall’accordo, l’associato può esercitare un certo controllo sull’impresa o sul singolo affare.
In ogni caso, come stabilisce l’articolo 2552 del codice, l’associato ha il diritto di ricevere il rendiconto per ogni singolo affare. Se invece l’associazione in partecipazione riguarda la gestione di un’attività più complessa, allora il diritto al rendiconto ha scadenza annuale.
Mediazione obbligatoria: per quali controversie?
L’associazione in partecipazione nasce da un contratto, per cui la prima ragione per la quale tra associato e associante può nascere una controversia è l’accordo.
Si pensi, a titolo di esempio, ad una clausola contrattuale svantaggiosa per l’associato o a un comportamento contrario dell’associante rispetto a quanto concordato nel contratto.
Dall’analisi degli articoli del codice civile (2549- 2554) dedicati all’associazione in partecipazione si ricavano, come appena visto, anche diritti e obblighi a carico dell’associante e dell’associato.
La violazione dei diritti dell’altro o il mancato adempimento degli obblighi previsti dalla legge rappresentano altre valide ragioni di un conflitto, che può sfociare in una causa, che richiede l’esperimento preventivo e obbligatorio della mediazione.