La mediazione obbligatoria deve precedere l’azione in giudizio per il risarcimento del danno causato dal reato di diffamazione
Risarcimento da diffamazione: mediazione obbligatoria
Il risarcimento del danno da diffamazione è una delle materie che l’articolo 5 del decreto legislativo n. 28/2010 include tra quelle per le quali la mediazione rappresenta condizione di procedibilità della domanda.
La norma prevede infatti, a carico di chi ha intenzione di avviare un’azione giudiziale per ottenere il risarcimento del danno conseguente al reato di diffamazione per mezzo della stampa o di un altro mezzo di pubblicità, l’obbligo di intraprendere in via preliminare il procedimento di mediazione.
Per avviare questa procedura conciliativa si può depositare la relativa domanda anche presso una delle sedi di ADR Center presenti su tutto il territorio nazionale.
Il risarcimento del danno da reato
Il diritto al risarcimento del danno che un soggetto subisce a causa e in conseguenza di un reato, come quello di diffamazione, è previsto dall’articolo 185 del codice penale. La norma dispone infatti che “Ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili. Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui.”
I danni quindi che un soggetto può subire a causa del reato di diffamazione commesso in suo danno sono quelli di natura patrimoniale e nono patrimoniale.
I primi, ossia i danni patrimoniali, richiedono la prova del danno emergente e del lucro cessante (articolo 1223 del codice civile), voci di danno che nella pratica sono piuttosto difficili da dimostrare.
Diversa è invece la voce di danno non patrimoniale. In caso di diffamazione il danno viene riconosciuto nella forma del danno morale, rappresentato dalla sofferenza interiore, dal turbamento o dal disagio, che possono essere anche puramente transitori. La dimostrazione del danno in questo caso consiste nella prova del fatto che lo ha prodotto e nella capacità di questo fatto di produrre effetti pregiudizievoli nella persona che lo ha subito.
Il reato di diffamazione
L’illecito penale della diffamazione disciplinato dall’articolo 595 del codice penale si configura quando un soggetto, comunicando con più persone, offende la reputazione altrui.
La pena base per questo reato è di un anno, mentre la pena pecuniaria può arrivare fino a 1.300,00 euro. La pena della reclusione sale fino a due anni e la pena pecuniaria a 2065,00 euro, se l’offesa è rappresentata dalla attribuzione di un fatto determinato. In caso di diffamazione con il mezzo della stampa o con un altro mezzo di pubblicità o per mezzo di un atto pubblico la pena della reclusione ha una durata minima di 6 mesi fino a 3 anni, la multa minima invece è di 516,00 euro.
Le pene aumentano se l’offesa viene rivolta a determinati personaggi pubblici, che ricoprono cariche di rilievo come a un Corpo politico, amministrativo, giudiziario (o ai loro rappresentanti) e a una autorità collegiale.
Caratteristiche del reato
La norma che punisce il reato di diffamazione tutela la reputazione del soggetto offeso. Affinché si configuri questo reato è necessario che sussistano i seguenti requisiti:
- il soggetto agente deve offendere la reputazione del soggetto destinatario dei termini diffamatori;
- il soggetto che subisce la diffamazione deve essere assente (a differenza di quanto accade per l’ingiuria) e quindi impossibilitato, nell’immediato, a percepire in modo diretto l’offesa;
- la diffamazione deve avvenire in presenza di almeno due persone in grado di percepirla.
Qualora la “diffamazione” venga esercitata nell’ambito del diritto di satira, critica o cronaca, la condotta è giustificata, a patto che non vengano superati i limiti della verità, della continenza e della pertinenza.
La diffamazione sul web
Nel tempo, alla carta stampata, mezzo esclusivo di diffamazione, si sono affiancati altri media. La radio, la televisione e a seguire i quotidiani e le riviste online, fino ai più recenti social network hanno ampliato le modalità con le quali è possibile integrare la condotta diffamatoria.
L’utilizzo del web e dei suoi canali rientra, nello specifico, nell’ipotesi aggravata di reato di diffamazione che si concretizza con un “altro mezzo di pubblicità”.
Quindi anche in caso di diffamazione sul web, l’azione risarcitoria deve essere preceduta dalla procedura di mediazione.
L’avvento del web e dei social network non ha fatto che agevolare la commissione, spesso inconsapevole, del reato di diffamazione. I leoni da tastiera, il più delle volte, sono soggetti che usano lo schermo come difesa, convinti di essere intoccabili proprio perché chiusi e protetti nelle loro case. Il reato di diffamazione però non è solo “agevolato” dal web, esso si presenta anche potenzialmente più dannoso per la vittima per la maggiore diffusività dell’offesa.
Mediazione per il risarcimento da diffamazione
La materia del risarcimento del danno da diffamazione è stata inclusa tra quelle soggette alla mediazione obbligatoria fin dalla prima versione del decreto legislativo n. 28/2010 a causa della elevata conflittualità che caratterizza il rapporto tra soggetto agente e vittima. Per il legislatore sono proprio le materie in cui il conflitto è più accesso quelle che si prestano maggiormente al percorso di mediazione. Le ragioni sono da rinvenire nella maggiore attenzione che la mediazione dedica agli aspetti emotivi che sono alla base del problema che sfocia in diffamazione.
Non è raro che il soggetto diffamato diventi a sua volta diffamatore a causa della rabbia e della frustrazione che l’offesa alla propria reputazione ha generato. La mediazione, in queste situazioni, riesce in genere a ripristinare un canale di comunicazione tra il diffamatore e il diffamato e svolgere, se così si può dire, anche una funzione educativa al rispetto altrui.
Da qui la necessità di risolvere la questione in ambienti diversi dalle aule dei tribunali. Il resto da diffamazione è un reato in effetti che viene commesso da soggetti che non hanno sviluppato alcune capacità comunicative ed emotive. Carenze di cui i soggetti possono prendere consapevolezza in un percorso di mediazione. La procedura, a differenza di una causa in giudizio, prevede infatti la necessaria partecipazione e collaborazione delle parti nella ricerca di una soluzione in grado di soddisfare le istanze dei soggetti coinvolti, costretti a un ascolto più attivo ed empatico, l’unica strada per il successo della conciliazione.
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