Riforma Cartabia: all’amministratore di condominio il potere di agire, resistere e partecipare alla mediazione senza autorizzazione assembleare
Poteri dell’amministratore condominiale
Compiti, funzioni e limiti ai poteri dell’amministratore di condominio sono stabiliti e definiti dal Codice civile.
L’art. 1129 c.c. stabilisce le modalità di nomina, revoca e gli obblighi dell’amministratore.
Il successivo art. 1130 c.c. delinea invece le attribuzioni dell’amministratore:
- eseguire le delibere assembleari,
- disciplinare l’uso delle cose comuni,
- provvedere agli adempimenti di natura fiscale e alla riscossione dei contributi necessari alla manutenzione del condominio,
- curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale e del libro dei verbali,
- conservare i documenti,
- redigere il rendiconto e fornire l’attestazione dei pagamenti e delle liti in corso.
In relazione alle liti condominiali l’amministratore condominiale, ai sensi dell’art. 1131 c.c., nei limiti di quanto stabilito dall’assemblea, ha la rappresentanza dei condomini e può agire in giudizio sia contro di loro che nei confronti dei terzi.
Lo stesso inoltre può essere convenuto in giudizio per ogni azione che riguarda le parti comuni dell’edificio, se però la citazione ha un contenuto che supera le sue attribuzioni allora deve informarne l’assemblea senza attendere.
Dalla normativa si evince quindi che nelle questioni che rientrano nelle sue attribuzioni (art. 1130 e 1131 c.c.) l’amministratore può agire in giudizio e difendere le ragioni dei condomini in qualità di convenuto senza la preventiva delibera di autorizzazione, che si rende necessaria quindi solo se le liti esulano dalle sue competenze.
Il discorso cambia per il procedimento della mediazione civile e commerciale.
Riforma Cartabia: nessuna autorizzazione per l’amministratore
Il decreto legislativo n. 149/2022, con cui è stata attuata la legge delega per la riforma del processo civile della ministra Cartabia, nel disporre l’introduzione del nuovo articolo 5-ter nel decreto legislativo n. 28/2010 che disciplina la mediazione, riconosce all’amministratore di condominio la legittimazione di agire, resistere e partecipare in sede di mediazione.
Dalla formulazione della norma si evince chiaramente che nessuna autorizzazione preventiva dell’assemblea condominiale è necessaria all’amministratore per la mediazione civile.
La delibera assembleare è necessaria solo in via successiva.
La norma infatti prevede che l’assemblea condominiale è tenuta a deliberare sul verbale contenente l’accordo di mediazione o sulla proposta conciliativa formulata dal mediatore nel corso della procedura entro il termine indicato in uno di questi atti, disponendo che qualora la delibera non giunga entro detto termine la conciliazione deve intendersi conclusa.
La nuova norma supera in questo modo la regola contenuta dall’art. 71-quater delle disposizioni di attuazione del codice civile, che al comma 3 prevede la legittimazione dell’amministratore condominiale a prendere parte al procedimento di mediazione solo previa delibera assembleare che deve essere adottata nel rispetto della maggioranza sancita dall’art. 1136 comma 2 c.c.
Superata altresì la formulazione dell’ultimo comma dell’art. 71-quater che sancisce l’obbligo del mediatore di fissare il termine per la proposta di mediazione tenendo conto della necessità, da parte dell’amministratore, di essere preventivamente autorizzato dall’assemblea condominiale con delibera.
Una modifica normativa di sostanza, finalizzata al riconoscimento di poteri più ampi all’amministratore condominiale, tenuto a chiedere l’approvazione dell’assemblea solo dopo il raggiungimento dell’accordo o una volta che il conciliatore ha formulato la sua proposta conciliativa.