Tempo di riflessioni, e di bilanci. A più di un anno dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo 28/2010, ma soprattutto a circa due mesi dall’introduzione del tentativo obbligatorio di conciliazione, la mediazione si confessa, e con essa i suoi protagonisti. E’ quanto avvenuto nel corso del convegno-dibattito “Mediazione: tra efficienza e competitività”, organizzato dal Dicastero della giustizia lo scorso 25 maggio presso l’Auditorium. <<Siamo certi che da questo confronto emergeranno le indicazioni utili per apportare le necessarie modifiche all’istituto della mediazione. Quel che è sicuro è che intendiamo anzitutto, in una prima fase, risolvere le criticità emerse in ordine all’individuazione di un criterio di distribuzione territoriale degli affari da mediare, ai profili di indipendenza e imparzialità del mediatore e degli Organismi di Mediazione, oltre all’introduzione dell’assistenza tecnica necessaria degli avvocati nei procedimenti di mediazione, con la possibilità – per quanto riguarda tale assistenza – di accedere al patrocinio a spese dello Stato da parte dei non abbienti. Nel prosieguo del dialogo – conclude Alfano – sarà prioritario, con il contributo determinante degli avvocati, affrontare il problema della riduzione dell’arretrato civile>>. In questo commento del Guardasigilli c’è tutto il Convegno, teso appunto a delineare lo stato dell’arte dell’istituto.
La manifestazione, apertasi con i video messaggi del Vice Presidente del Parlamento Europeo Diana Wallis e del Vice Presidente della Commissione Europea Viviane Reding, si è trasformata in un’occasione eccezionale, riuscendo a riunire rappresentanti delle imprese, dell’avvocatura, degli organismi pubblici e privati, oltre ad illustri personalità dal Presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli, al Presidente dell’ANM, Luca Palamara, al Professor Ferruccio Auletta dell’Università Federico II di Napoli, al Presidente del CNF, Guido Alpa. Nel susseguirsi di tavole rotonde e sessioni sono emerse esperienze, domande, richieste. A rispondere, il Ministero, in persona del suo Ministro, Angelino Alfano, del Capo dell’Ufficio Legislativo, Augusta Iannini, del Direttore Generale della Giustizia Civile, Maria Teresa Saragnano, e del magistrato addetto all’ufficio dei funzionari del Dicastero, Giancarlo Triscari. E il Ministro le risposte che tanti attendevano le ha date: <<l’obbligatorietà non si tocca>>, ha tuonato, mettendo la parola fine ai dubbi e perplessità che da quel famoso tavolo programmatico di inizio maggio tra Alfano, CNF e i Presidenti di alcuni ordini degli avvocati, rimbalzavano di giornale in giornale. Agli avvocati, contrari all’obbligatorietà, il Ministro ha confermato la promessa dell’assistenza tecnica, altro cavallo di battaglia di questi mesi di protesta. Agli organismi, ha chiarito la centralità del tema della qualità, essenziale per il funzionamento dell’intera impalcatura: <<chi fa imbrogli, – ha ammonito Alfano – li compie a danno dell’intero istituto, minandone la credibilità>>, come anche Augusta Iannini aveva ricordato nella prima tavola rotonda, sostendendo che <<la competitività si fonda anche sulla qualità dei mediatori. Se gli organismi di conciliazione si focalizzano solo sull’obbligatorietà perdono di vista un punto fondamentale, vale a dire quello di una classe qualificata di mediatori che non riposano sugli allori dell’obbligatorietà>>. A tutti, poi, il Ministro ha illustrato i numeri, spaventosi, dell’arretrato giudiziario italiano e l’urgenza di invertire la rotta. E di numeri ha parlato anche Fabio Bartolomeo, responsabile dell’ufficio statistica del Ministero, rilevando quanto emerso nel primo mese di obbligatorietà. I dati hanno rivelato, ancora una volta, l’esistenza di un paradosso della giustizia italiana. Da un lato una percentuale ancora alta di mancata partecipazione, dall’altra il successo (il 71%!) della mediazione quando l’incontro ha effettivamente luogo. Un paradosso, si diceva, che giustifica il senso di una legge che obbliga le parti a sedersi al tavolo negoziale. Ma i dati mettono il luce anche l’importante effetto traino che l’obbligatorietà ha esercitato in questi mesi sulle mediazioni volontarie, rispondendo al fine ultimo di questo Decreto, ovvero addivenire ad incremento verticale delle mediazioni volontarie come spiegato dallo stesso Ministro, <<perché qual è la finalità se non affermare un principio per il quale le persone vengono senza l’obbligo?>>.
L’appuntamento ha poi permesso di delineare una prima mappa degli organismi iscritti al Registro presso il Ministero di giustizia, ad oggi oltre 350, composti da commercialisti, notai, laureati in giurisprudenza, ma soprattutto avvocati. Quegli stessi avvocati, etichettati come contrari alla mediazione, che poi a sorpresa risultano protagonisti della mediazione, come è poi naturale che sia. Del resto tanto nell’intervento di Alpa, che in quello di Fabio Florio, Coordinatore della Commissione di studio per la mediazione e conciliazione presso il CNF si ribadisce, al di la delle criticità connesse con l’introduzione dell’obbligatorietà, l’importanza dell’istituto della mediazione e la sua utilità per il nostro sistema giustizia. E della sua utilità ne è fermamente convinto anche Ivan Lo Bello, Presidente di Confindustria Sicilia, che ha invitato tutti i presenti ad abbandonare gli interessi corporativi di parte in nome dell’interesse superiore del Paese, che per rilanciare la sua produttività ha bisogno di una giustizia più rapida e meno costosa. Ha bisogno della mediazione, appunto.
3 commenti
Per il successo dell’istituto, quale “soluzione alternativa delle controversie”, ovvero ALTERNATIVA ALLA GIUSTIZIA e NON GIUSTIZIA ALTERNATIVA, ritengo imprescindibile:
1) l’obbligatorietà della mediazione, senza limite di importo;
2) la discrezionalità delle parti di chiedere l’assistenza tecnica del legale.
3) l’obbligo da parte del legale di informare la parte dell’istituto della “mediazione”, prima dell’avvio dell’azione legale.
Solo superando gli interessi corporativi, l’istituto sarà nell’interesse dei legittimi destinatari: le parti in “conflitto” e non degli “operatori”, solo strumenti per il buon esito dello stesso.
Ritengo poi che le prime statistiche dimostrino che ad oggi, seppure l’assistenza tecnica del legale è lasciata alla libertà della parte, la presenza del legale è risultata pressochè una costante.
Assistenza legale con una moltitudine di avvocati che non sanno neanche cosa sia la mediazione?
Mi chiedo:
– gli avvocati porteranno i loro clienti a mediare presso le “ALTRE” camere di conciliazione o si recheranno esclusivamente presso la loro che si trova peraltro presso i tribunali?;
– saranno capaci di NON trasformarla in un ufficio “PASSACARTE” obbligatorio per poi andare in aula in tribunale per il litigio di rito?
Questi i miei dubbi insieme all’ultimo: perchè per risolvere una controversia c’è bisogno dell’Avvocato Obbligatorio.
Così facendo si potranno pure alleggerire i tribunali ma si dovrà passare necessariamente dall’avvocato.
E’ questo il vero collo di bottiglia: gli avvocati come unico mezzo per derimere controversie.
Ciò porterà ad un enorme influsso della categoria sul successo o meno della mediazione, che sicuramente NON ESPLODERA’, se non presso la camera di conciliazione dell’ordine degli avvocati.