Merito e complimenti a tutti gli organizzatori della Prima Competizione di Mediazione Italiana tenutasi presso l’Università Statale di Milano. Le squadre delle università partecipanti si sono affrontate in gironi “eliminatori” nella mattinata che hanno consentito di selezionare due finaliste che si sono confrontate poi nel pomeriggio alle ore 16:00.
Grande merito anche ai ragazzi, per l’impegno, le capacità e la passione che hanno mostrato nelle diverse sfide. Al di là del risultato finale, tutti sono vincitori perchè hanno fatto una grandissima esperienza, sfoggiando doti non comuni e portando a casa sicuri insegnamenti di vita professioane vissuta. Senza dimenticare gli allenatori e tutti i prof. che hanno formato i ragazzi, a ranghi serrati, accompagnandoli in quella che – anche per loro – era probabilmente un’avventura.
I mediatori erano mediatori veri, competenti e preparati. I giudici erano ugualmente mediatori. Molti erano avvocati. Merito anche a loro, perché hanno fornito un utilissimo feed-back ai ragazzi. Questa è una verifica che serve: sapere dove si sbaglia e come migliorare è fondamentale. Come è essenziale poter vedere come si comportano i concorrenti. E’ bello poter riconoscere che i finalisti avevano una marcia in più.
Da co-giudice della finale devo anche aggiungere che decretare il vincitore non è stato facile: un avvincente testa a testa tra la Bocconi e l’Università di Bologna. Tutti puntuali sulle questioni di diritto che pure non sono state mai state le “vere” protagoniste del negoziato: certo chiarire le diverse posizioni giuridiche è essenziale, un po’ come schierare i propri carri armati. La questione centrale tuttavia è relativa alla decisione di far fuoco con il rischio di auto-annientamento.
Entrambe le squadre hanno denotato una cura particolare della relazione usando toni fermi, ma misurati, da veri professionisti. E’ stato fantastico notare le espressioni facciali dei partecipanti che comunicavano quella sorpresa positiva che è il sale delle mediazione. Toccare con mano il potere dell’ammissione – sul piano umano e non giuridico – delle proprie responsabilità negli occhi di chi si sente fare delle scuse. Vedere quasi il suo pensiero: “Mmhh questo non me l’aspettavo.. non credevo che l’avrebbe detto così (chiaramente)…“.
Poter assistere ad un raro esempio di mossa collaborativa: “ecco,… vede noi potremmo mettere a sua disposizione il prodotto difettoso ed anche le parti da sostituire, ma temo che non riusciremo a finire il lavoro in tempo, quindi credo che per rispettare le scadenze, sarebbe il caso che la sostituzione fosse effettuata da un terzo. E siccome questo saerebbe per voi un costo, siamo ovviamente disponibili a rinunciare a parte del nostro corrispettivo…“. Un’offerta che non si può rifiutare, fatta al momento giusto, nel modo giusto (grandi doti di attori…).. e che magicamente induce una mossa altrettanto collaborativa: “beh, si in effetti, potremmo far fare dei preventivi e magari, con il vostro aiuto, selezionare le imprese più idonee per effettuare la sostituzione..”
Trasformare la relazione da conflittuale a costruttiva è possibile: i ragazzi non venivano premiati per l’esito, ma per la performance. Io credo che abbiano fatto quello che ritenevano “giusto” per raggiungere gli interessi delle parti. Con soddisfazzione di tutti, anche dei legali che sono stati davvero abili ad affilare le armi del duello per poi riporle al momento opportuno. Una grande lezione di mediation advocacy, rivolta proprio ai professionisti di domani. Non teorizzata, ma provata. Credo e spero che tutti i partecipanti, studiando parallelalmente il processo e la mediazione riescano a comprendere meglio come e quando ricorrere al tribunale. In maniera equilibrata, senza ideologie e senza le pressioni, le prassi della quotidianità forense che finiscono, talvolta, per squalificare un procedimento di mediazione il cui funzionamento è in (buona) parte sconosciuto.
Ho sempre pensato che l’ostacolo principale all’utilizzo pieno e consapevole della mediazione in Italia, sia una questione culturale e dunque ben venga quest’iniziativa che coinvolge una delle fucine della cultura: il mondo universitario. Certo non abbiamo – ..ancora …- la possibilità di istituire cattedre di “Teoria della negoziazione” o “Teoria del conflitto” nelle Facoltà (Scuole) di Giurisprudenza.. ma forse è solo una questione di tempo
Come ha precisato in apertura di manifestazione il Preside della Facoltà di Giurisprudenza, “la tecnica giuridica, da sola, non è sufficiente per comprendere e risolvere i conflitti“. Mi piace pensare, come ha chiosato in conclusione all’evento l’Avv. De Berti, che siamo stati tutti protagonisti e testimoni di qualcosa di importante.
Io c’ero.