Intervento di Arlene McCarthy – Relatore della Direttiva sulla Mediazione, Parlamento europeo – al convegno “Il giusto rapporto tra giurisdizione e mediazione: prima e dopo la Direttiva europea” Corte d’Appello di Milano, 6 giugno 2012. Progetto “Judges in ADR” implementato da un consorzio internazionale diretto da ADR Center nell’ambito del Programma Specifico Giustizia Civile 2007 – 2013 finanziato dalla Commissione Europea.
Buon pomeriggio, signore e signori. Mi spiace non essere con voi di persona, ma è comunque un grande piacere per me intervenire a questa conferenza. Ringrazio ADR Center e i suoi partner per aver organizzato l’iniziativa, nel contesto del progetto comunitario “Judges in ADR”, e per avermi invitato assieme a molti illustri relatori e partecipanti presenti oggi.
Sono poi particolarmente grata a Giovanni Canzio, Presidente della Corte di Appello di Milano, che ospita e presiede i lavori. In qualità di membro del Parlamento europeo e Relatore della Direttiva sulla mediazione, vorrei condividere con voi le mie riflessioni sui progressi fatti dalla sua approvazione nel 2008.
Come sapete, mossa dalla crescente preoccupazione per i costi della giustizia ordinaria, la congestione dei tribunali e altri ostacoli alla risoluzione delle controversie transfrontaliere, l’Unione europea ha concentrato il suo interesse sull’ADR e sulla mediazione. Come dimostrato da uno studio presentato al Parlamento europeo a maggio dello scorso anno, un utilizzo diffuso della mediazione può determinare risparmi di tempo e denaro significativi e misurabili.
Promuovere effettivamente un più ampio utilizzo della mediazione è dunque in linea con l’obiettivo della Direttiva di “assicurare un migliore accesso alla giustizia”. Inoltre, gli Stati Membri hanno un dovere generale nei confronti dei loro cittadini di evitare sprechi di tempo e denaro a causa delle controversie civili. Questo dovere diviene un imperativo nell’attuale crisi economica. Nonostante la quasi generale attuazione della Direttiva da parte degli Stati Membri, sono purtroppo stati fatti progressi minimi nell’uso della mediazione. Nella Risoluzione del 13 settembre 2012, il Parlamento ha esaminato le misure adottate per attuare la Direttiva, concentrandosi sui paesi ove il numero delle mediazioni è aumentato significativamente.
La Risoluzione ha individuato solo un piccolissimo numero di Stati in questa categoria. Infatti, nella maggior parte degli Stati Membri, l’attuazione della Direttiva ha portato a cambiamenti minimi nell’utilizzo della mediazione. Tra gli Stati dove vi è stato un cambiamento significativo, l’Italia è in prima linea. Senza dubbio, l’incremento esponenziale del numero delle mediazioni nel vostro paese è il risultato della legge che ha reso il tentativo di conciliazione condizione di procedibilità dell’azione legale per talune categorie di controversie civili.
Sono consapevole che una parte dell’avvocatura italiana ha impugnato questa legge, sostenendo che impedirebbe l’accesso alla giustizia, e che il suo destino è ora nelle mani della Corte Costituzionale, che deciderà dopo l’estate. Tuttavia, quel che è successo in Italia, in particolare alla luce della Risoluzione di settembre, costringe il Parlamento europeo a esaminare nuovamente la Direttiva e la sua attuazione.
Riconosco che la Direttiva ha lasciato gli Stati Membri liberi di scegliere se rendere la mediazione obbligatoria o meno. Ma a me interessa valutare il risultato dell’attuazione della Direttiva attraverso la mediazione obbligatoria. Nel cercare una base giuridica per ottenere una più efficace attuazione, sono stata quindi contenta di valutare una recente teoria secondo cui la Direttiva già contiene tale base per spingere gli stati membri a trovare un rapporto equilibrato tra processo e mediazione. Secondo questa teoria, il governo di ogni stato membro potrebbe determinare un “Indice di Relazione Bilanciata” tra processi e mediazioni.
Questo indice, espresso da un numero, rappresenterebbe la percentuale minima di controversie che devono andare in mediazione per ottenere, in ogni paese, un ideale equilibrio con la percentuale di controversie che vanno a sentenza. Questa teoria è stata formulata dai professori Giuseppe De Palo e Mary Trevor in un libro in corso di stampa che è anche, in parte, il risultato della collaborazione tra oltre 50 esperti europei che hanno iniziato a lavorare insieme nel contesto di vari progetti finanziati dall’Ue.
De Palo e Trevor sostengono che l’Unione europea dovrebbe fare pressione sugli Stati Membri affinché determinino il loro numero, ritenendolo l’unico modo quantificabile per accertare se l’equilibrio richiesto dalla Direttiva sia stato effettivamente raggiunto. Non indicare questo numero, e ovviamente anche non raggiungerlo, equivarrebbe a violare la Direttiva.
Questo numero sarebbe determinato in ogni stato membro sulla base di elementi oggettivi comuni. Questi potrebbero includere, oltre a indicatori macro-economici generali, dati relativi alla situazione dell’amministrazione della giustizia civile, e alla infrastruttura di mediazione in un dato paese.
Con riferimento all’amministrazione della giustizia civili, le fonti per determinare il numero includono la durata media dei processi civili, il rapporto della Banca Mondiale e quello della Commissione europea sull’efficienza della giustizia in seno al Consiglio d’Europa.
Con riferimento all’infrastruttura di mediazione di un dato paese, la valutazione dovrebbe concentrarsi, tra gli altri elementi, sulla capacità operativa degli organismi, derivabile dal numero di casi mediati e dal gradimento degli utenti; sui costi per potenziare tale infrastruttura e renderla in grado di gestire la quantità desiderata di controversie; e sulle politiche di mediazione esistenti nel paese.
È importante sottolineare che, come è ovvio all’interno dell’Unione europea, ogni stato membro potrà scegliere gli strumenti normativi ritenuti più idonei per raggiungere il proprio Indice di Relazione Bilanciata. Così, gli Stati che non vogliono introdurre la mediazione obbligatoria potrebbero fare ricorso a strumenti come la partecipazione obbligatoria a sessioni informative, incentivi economici, la conciliazione delegata automatica e simili. Ma se questi strumenti dovessero dimostrarsi inefficaci, la Direttiva, in base a questa proposta, richiederebbe che lo stato cambi le politiche adottate.
So che questa proposta può sembrare draconiana e contraria al principio di accesso alla giustizia. L’alternativa è però la situazione che stiamo affrontando ora: una Direttiva che mirava a promuovere la mediazione, ma che ha mancato il suo obiettivo, almeno nella misura desiderata. Credo pertanto che il Parlamento europeo dovrebbe tenere in seria considerazione questa teoria, specialmente per il bene della normativa futura sull’ADR e di quella attualmente in fase di discussione.
Sono lieta di promuovere il dibattito sulla teoria dell’“Indice di Relazione Bilanciata” all’interno della Commissione giuridica del Parlamento il prossimo autunno, perché se ne possa tener conto nella stesura delle norme sull’ADR.
Sono sicura che questa conferenza costituirà un’occasione di apprendimento per tutti, e sono ansiosa di ricevere i risultati delle vostre discussioni come contributo ai lavori della Commissione giuridica del Parlamento europeo.
Arlene McCarthy,
1 commento
E’ un’ottima proposta. Speriamo che la attuino al più pesto.