Articolo pubblicato sul nr.1/2021 della rivista ADRITALIA edito da Primiceri Editori. Il download gratuito della rivista in pdf può essere effettuato dal seguente link. La versione cartacea può essere acquistata tramite il seguente link.
Ci sono sempre 3 versioni di ogni storia!
La mia,
la tua,
la verità.
Ma la cosa più importante è noi… cosa vogliamo?
Noi, appunto, che cosa vogliamo?
Tale domanda è la domanda cui le parti in mediazione devono rispondere in primis a sé stessi e poi all’altra parte e al mediatore.
La mediazione è una procedura amministrata in cui le parti devono partecipare personalmente col proprio legale davanti ad un professionista qualificato chiamato mediatore.
In mediazione le parti possono esprimersi liberamente su tutto quello che riguarda il loro punto di vista per cui stanno litigando e il mediatore, dopo che l’istante avrà espresso le sue ragioni, garantisce anche al chiamato in mediazione la possibilità di spiegare anche lui le sue ragioni.
Questo fatto che sembra scontato e logico spesso in pratica non avviene, perché le parti iniziano un contenzioso senza essersi prima confrontate con l’altra parte che non vogliono ascoltare.
Questo sbagliatissimo ma naturale comportamento delle persone ha frequentemente causato pericolosi e fastidiosi contenziosi che hanno rovinato dei rapporti consolidati anche tra familiari che si sarebbero potuti facilmente risolvere con un buon confronto tra le parti.
È noto infatti che molti litigi si possono risolvere col dialogo ma l’orgoglio, la presunzione personale e la poca volontà di mettersi in discussione spesso giocano brutti scherzi portando le persone a non riconoscersi e a non parlare tra loro.
La mancanza di dialogo e di considerazione delle ragioni dell’altro quindi crea la base di pericolosi litigi che col tempo diventano cruente vertenze e questo capita ancora di più se le parti sono già in lite o vi sono in essere dei malumori o delle invidie che le parti non hanno affrontato per esigenze di “forma” o per convenienza reciproca.
Questo è il tipico caso relativo ad un conflitto familiare latente in famiglia che si manifesta in fase di successione dopo la morte dei genitori.
In questo caso l’orgoglio e l’invidia, che spesso non traspaiono per esigenze di forma e convenienza, sono come le braci che si trovano sotto la cenere del camino e come per le “baraci coperte” l’invidia e i malumori non sono visibili ad occhio nudo, ma continuano ad ardere e montare nelle menti delle persone fino a che non vi è il pretesto, l’eredità, per la polemica e la lite.
Quando questa capita i dissapori si infiammano e le emozioni delle persone prendono il sopravvento con angherie e gesti che portano anche alla paralisi del dialogo e delle decisioni e alla necessità di rivolgersi al Giudice per sbloccare una situazione di conflitto tra le parti.
L’uomo che è un animale pieno di emozioni quando vi è una lite non vuole ascoltare l’altro perché è accecato dall’odio ma questo fatto e l’orgoglio spesso giocano bruttissimi scherzi perché dietro la frase che “è una questione di principio” molte fortune e molti rapporti si sono distrutti!
In realtà in quel momento la persona che non vuole mettersi in gioco sta compiendo la sua vendetta nei confronti dell’altro e spesso questo fatto avviene anche a proprio discapito perché, anziché guardare il problema con il distacco e la lucidità che si dovrebbe avere, la persona coinvolta preferisce gustare la propria vendetta anche a costo di perdere qualcosa.
Questo fatto capita spesso nei conflitti e porta i litiganti a voler boicottare un confronto diretto con l’altro, ma, per il professionista, è importante capire tale situazione e cercare a quel punto una nuova strada di confronto tra le parti.
Tale strada, che per certe materie oggi è stata resa obbligatoria dal legislatore col d.lgs n 28/10 e successive modifiche sulla mediazione civile e commerciale, può essere quella di chiedere l’aiuto di un terzo che funga da mediatore tra le persone in lite.
Questo terzo professionista è il mediatore civile e commerciale che ha la funzione di aiutare le parti a parlarsi tra loro al fine di prevenire ed evitare l’insorgere di una vertenza giudiziale che pregiudicherebbe i loro rapporti.
Il mediatore con la sua esperienza e professionalità, se viene accettato dalle parti, quindi conduce un confronto tra le parti lavorando come regista del conflitto che permette a loro stesse di confrontarsi l’una con l’altra in un dialogo all’inizio forte ma poi sempre più costruttivo, che porterà le stesse parti a valutare le rispettive posizioni ed interessi alla ricerca di una nuova e condivisa soluzione della lite.
Il mediatore, quindi, guida le parti in un confronto personale e tecnico di idee che porta le stesse ad esprimere in primis le loro posizioni, quindi ad ascoltare e valutare i rispettivi e reciproci interessi, per cercare infine insieme degli accordi volti alla miglior tutela dei rispettivi e condivisi interessi.
Tutto questo avviene in maniera riservata e personale non seguendo i tempi e i tecnicismi della giustizia. Pertanto, le parti beneficiano anche del fatto che “i panni sporchi” vengono sistemati tra loro in maniera riservata senza che altri al di fuori della mediazione possano conoscere le loro questioni.
Questa peculiarità della mediazione fa si che il litigio sia condotto da un professionista per lo più legale, specializzato nella gestione del conflitto che è un po’ psicologo, un po’ counselor, un po’ coach che si cala nel conflitto interpersonale e tecnico come un chirurgo che deve operare e poi sparire e lasciare alle parti la responsabilità di andare avanti.
Questo professionista si propone alle parti e ai rispettivi legali e, se viene accettato, si mette a disposizione per le stesse nell’opera meritoria di aiutare le parti a riconoscersi, a dialogare e a comprendere le ragioni dell’altro nella convinzione di poter diventare l’elemento trainante delle parti per la soluzione del problema, perché diversamente dalle parti è lui il responsabile del litigio e lui ha l’interesse a che il tempo della mediazione sia proficuo.
Per tale motivo aiuta le parti, ma se queste non desiderano avere un aiuto così qualificato e dopo un certo tempo non emergono le soluzioni al confronto, è bene per il mediatore ritirarsi e non investire ancora il suo tempo perché il mediatore non ha l’obbligo del risultato del raggiungimento dell’accordo ma deve solo favorire il dialogo tra le parti.
Come detto sopra il mediatore propone alle parti il suo operato non lo impone!
Per quello se le parti vorranno ci saranno altre strade.