Ad una prima lettura, le proposte di modifica al Dlgs 28/10 contenute nella relazione della Commissione Alpa presentano delle luci e delle ombre, con particolare riguardo all’incremento delle procedure di mediazione e alla stabilizzazione del settore. In estrema sintesi, si possono già delineare le luci (prevalenti) e le ombre delle proposte di riforma avanzate dalla Commissione che dovranno essere approvate dal Ministro Andrea Orlando e successivamente dal Parlamento.
Luci
- Conferma dei principi cardini del Dlgs 28/10 con particolare riferimento a una lieve estensione delle materie di cui all’art. 5 comma 1 bis e alla conferma per altri 6 anni della “sperimentazione” del tentativo di conciliazione come condizione di procedibilità.
- Anticipo di una quota delle indennittà da 40 a 200 euro, in aggiunta alle spese di avvio, per lo svolgimento dei primi incontri in caso di mancata prosecuzione.
- Recepimento della mediazione “effettiva” con la previsione della presenza delle parti in persona oppure, per giustificati motivi, tramite un rappresentante diverso dall’avvocato che le assiste in mediazione.
- Obbligo per le amministrazioni pubbliche di partecipare alla mediazione assistiti dalla propria avvocatura.
- Introduzione del principio di comportamento secondo buona fede e lealtà nonché con spirito di cooperazione delle parti (anche se non collegata in modo esplicito ad una sanzione).
- Maggiore trasparenza degli organismi di mediazione che dovranno mantenere un sito web aggiornato che fornisca le informazioni principali sull’organismo (oggetto sociale; nome del responsabile dell’organismo; nome dei soci, associati, responsabili e finanziatori), sulle procedure e indennità e soprattutto sui curriculum di tutti i mediatori.
Ombre
Gli aspetti critici delle proposte sono collegati essenzialmente alla mancata relazione a “monte” del monitoraggio dal parte del Ministero degli esiti della sperimentazione (così come previsto dall’art. 5 comma 1bis). Le note illustrative alla relazione si soffermano infatti solo sugli aspetti giurisprudenziali senza alcuna attenta analisi dell’impatto nella riduzione del contenzioso sopravvenuto avvenuto in questi tre anni e mezzo nelle materie di cui all’art. 5 1 bis e nelle rimanenti materie “volontarie”.
- La previsione delle nuove materie, di cui all’art.5 1 bis (in entrambe le proposte), incide in maniera marginale all’aumento delle istanze di mediazione. Dall’attuale 8% delle sopravvenienze delle materie nel settore civile e commerciale l’incremento delle nuove materie previste non supera l’1%. Si pensi che solo tutti i procedimenti di competenza del tribunale delle imprese in tutta Italia sono circa 6.000. E’ quindi mancata una proiezione statistica sull’impatto dell’estensione delle possibili nuove materie.
- La mancata stabilizzazione della normativa, con l’abrogazione definitiva del periodo di sperimentazione (ad eccezione della proposta Breggia-Marotta), contribuisce all’istabilità del settore e al possibile mancato investimento a lungo termine degli organismi di mediazione e dei mediatori.
- La previsione della mera facoltà del giudice, rispetto al precedente obbligo, di condannare la parte costituita che non si presenta in mediazione ad una sanzione pari al minimo all‘importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio e nel massimo al triplo di tale importo (all’art. 8 comma 4 bis si prevede che il giudice “può condannare” in sotituzione dell’attuale “condanna” ).
- La mancata previsione di alcuni importanti accorgimenti tecnici in tema di condominio e usucapione.
- Una mancata armonizzazione e semplifcazione con le altre procedure di ADR in vigore.
3 commenti
Cominciamo a prendere quello che c’e’ di buono nelle proposte della commissione Alpa. Poi via via si faranno i correttivi del caso! d’altronde anche in altri ambiti del diritto funziona così!
P.s.: si dovrebbe porre le basi per la costituzione effettiva di un ente pubblico che regoli diritti e doveri del mediatore civile, dell’organismo di mediazione.
Buna mediazione a tutti.
In effetti va sottolineata la comparizione o la mancata comparizione al primo incontro di mediazione ai fini del buon andamento della procedura…il giustificato motivo mitiga il principio di buona fede cui l’intero sistema si ispira.
La Commissione propone, per l’art. 8, c. 1 e 4bis, le seguenti modifiche “Le parti devono essere presenti di persona oppure, per giustificati motivi, tramite un rappresentante diverso dall’avvocato che le assiste in mediazione. …. All’inizio del procedimento il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione e quindi procede con il suo esperimento. … . Le parti devono comportarsi secondo buona fede e lealtà nonché con spirito di cooperazione”.
Tutti concetti altamente condivisibili. Ma, se le parti si presentano e adottano tecniche evasive e dilatorie, il mediatore sarà vincolato a redigere un verbale di anodino “esito negativo”, così come prescritto dalla definizione di procedimento di mediazione presente nella relazione della Commissione ?
La risposta è fornita dalla proposta di modifica all’art. 11, c.1: “.. Quando l’ accordo non è raggiunto, il mediatore redige verbale nel quale attesta ESCLUSIVAMENTE il mancato raggiungimento dell’accordo” Ed il giudice da cosa desumerà il comportamento non improntato a buona fede, lealtà e spirito di collaborazione? Anche perché nel successivo comma 4bis viene proposta la seguente variazione “Il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma del codice di procedura civile SOLO dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione”.
Tornano alla mente varie ordinanze, redatte nel 2016, in cui il magistrato ha chiesto la verbalizzazione di dichiarazioni che riguardino non solo la partecipazione o meno delle parti, ma anche le modalità della partecipazione; e da tale verbalizzazione poter valutare il comportamento delle parti. Restringere la possibilità di chiusura del verbale alla sola formula alternativa “accordo / mancato accordo” e limitare la possibilità che il giudice desuma argomenti di prova nel successivo giudizio SOLO dalla presenza o meno delle parti, depotenzia l’attività del magistrato; anche perché, sempre nell’ambito del c. 4bis, si propone di sostituire l’attuale dizione “ il giudice condanna la parte che .. non ha partecipato al procedimento..” con “il giudice PUO’ condannare la parte costituita che non ha partecipato al procedimento”. In pratica, si esplicita l’obbligo al rispetto di comportamenti condivisibili (peraltro già desumibili dalla normativa attuale), si toglie la possibilità concreta di farli rispettare.
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La relazione della Commissione Alpa costituisce un’analisi dettagliata della situazione della mediazione in Italia al 2016; testimonia l’evoluzione culturale dell’avvocatura nei confronti delle ADR realizzatasi in pochi anni; effettua alcune prudenti aperture; sottolinea la necessità del rispetto di alcuni punti cardine della mediazione. Ma è “nei dettagli che il diavolo nasconde la coda”: regolamentare (e restringere) ulteriormente l’attività del mediatore, in una procedura in teoria informale (e che proprio da questa informalità dovrebbe trarre efficacia), limita le possibilità di valutazione del rispetto dei principi di cui sopra da parte della magistratura, che da un paio d’anni è l’elemento propulsore della diffusione della mediazione in Italia.