La Riforma Cartabia riconosce all’amministratore di condominio il potere di attivare, partecipare o aderire alla mediazione civile
L’amministratore condominiale in mediazione
La Riforma del processo civile amplia i poteri dell’amministratore di condominio, riconoscendogli un ruolo più autonomo anche in sede di mediazione civile e commerciale.
Lo fa attraverso l’introduzione del nuovo art. 5-ter, che va così ad arricchire la normativa dedicata alla mediazione civile e commerciale contenuta nel decreto legislativo n. 28/2010.
Vediamo cosa dice la norma:
“Art. 5-ter (Legittimazione in mediazione dell’amministratore di condominio). – 1. L’amministratore del condominio è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi. Il verbale contenente l’accordo di conciliazione o la proposta conciliativa del mediatore sono sottoposti all’approvazione dell’assemblea condominiale, la quale delibera entro il termine fissato nell’accordo o nella proposta con le maggioranze previste dall’articolo 1136 del codice civile. In caso di mancata approvazione entro tale termine la conciliazione si intende non conclusa.”
Analizzando il contenuto della norma è chiaro come la stessa preveda nello specifico che l’amministratore di condominio potrà attivare, ma anche prendere parte e aderire alla mediazione civile e commerciale se l’iniziativa è assunta da un’altra parte.
Ovviamente, poiché il potere decisionale relativo alle questioni condominiali spetta all’assemblea dei condomini, i documenti previsti ed emanati nel corso del procedimento di mediazione dovranno essere sottoposti all’approvazione dell’assemblea. Trattasi in particolare del verbale contenente l’accordo di mediazione, ma anche la proposta conciliativa, quando questa promana dal mediatore.
Delibera assembleare che la riforma sottopone a due precise limitazioni:
- prima di tutto il rispetto del termine indicato nella proposta conciliativa o nell’accordo raggiunto
- e in secondo luogo il rispetto delle maggioranze previste dall’art. 1136 c.c.
Condizioni che, se non rispettate, inficiano la conciliazione, che infatti dovrà intendersi come non conclusa.
La materia condominiale in mediazione
La novità introdotta dalla Riforma è un altro tassello che si va ad aggiungere alla previsione della materia condominiale in mediazione.
L’art. 5 del dlgs n. 28/2010 prevede infatti, all’art. 5 la materia condominiale tra quelle che sono sottoposte alla mediazione obbligatoria in quanto condizione di procedibilità della domanda.
Materia condominiale i cui confini sono sanciti dall’art. 71-quater delle disposizioni di attuazione del codice civile.
Rientrano infatti nella nozione di controversie condominiali soggette all’esperimento obbligatorio della mediazione civile “quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice.”
L’art. 71 disp att. c.c. in realtà non va segnalato solo perchè delimita le materie condominiali da risolvere in mediazione, ma anche perché al comma 3 attribuisce all’amministratore condominiale la legittimazione a prendere parte al procedimento di mediazione (e qui sta la differenza rispetto alla novità della Riforma Cartabia) “previa delibera da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma del codice.”
Ante vigore della riforma Cartabia quindi, l’amministratore non ha il potere di avviare o prendere parte alla mediazione liberamente. Lo stesso deve essere preventivamente autorizzato da delibera assembleare approvata con un numero di voti pari alla maggioranza dei condomini intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio in base ovviamente a quanto risulta dalle tabelle millesimali.
La Riforma Cartabia riconosce invece all’amministratore un potere decisionale e anche persuasivo in un certo senso nei confronti dei condomini perché, qualora ritenga di agire per tutelare gli interessi condominiali, può intraprendere un percorso di mediazione, anche attivandolo, al fine di trovare una soluzione bonaria, chiedendo solo successivamente l’approvazione del suo operato in mediazione dal consesso dei condomini riuniti nell’assemblea.