Influssi impercettibili
Nella fase dell’instaurazione delle relazioni con le parti, quali sono le qualità del conciliatore che possono contribuire alla costituzione di un rapporto tanto efficace da permetterne la riorganizzazione?
Molto dipende dallo sviluppo di un forte senso di identificazione con il proprio ruolo: la transizione dal sentire “io sono qualcuno che media” alla realizzazione che porta a dire “io sono un conciliatore”, dal vedere la conciliazione come un mero lavoro al considerarla come una parte della propria identità, oltre alla consapevolezza costante del rapporto esistente con le persone che vengono assistite nelle controversie.
Le nuove scienze
Proprio come gli sviluppi nell’ambito della psicologia suggeriscono utili analogie per riflettere sulle qualità personali del conciliatore, così gli sviluppi del secolo scorso delle scienze fisiche indicano nuovi modi di considerare l’impatto di queste qualità sul processo di conciliazione.
La teoria dell’auto-organizzazione. La personale visione del mondo è il risultato delle influenze e delle esperienze che ciascuno di noi ha maturato nella propria vita e dalle quali scaturisce una differente percezione della realtà.
Dal momento che il nostro apprendimento non assimila e non immagazzina una realtà oggettiva, le nostre considerazioni su ciò che è avvenuto, sia nella conciliazione che in qualsiasi altro contesto, sono il prodotto della nostra rielaborazione intellettiva.
Il conciliatore genera il processo di risoluzione delle controversie attraverso la propria percezione dei partecipanti, del conflitto e del proprio ruolo.
Come le parti hanno creato il conflitto e percepiscono la controversia attraverso la loro particolare visione delle cose, così il conciliatore individua il conflitto attraverso un’idea che è conseguenza della propria creazione intellettuale.
Dunque, le qualità personali del conciliatore assumono un più ampio significato.
Implicazioni nella pratica della conciliazione
La conciliazione è un processo comprensibile solo come un sistema integrato e non come un insieme di distinte interazioni fra gli individui agenti autonomamente.
Come dimostrato dagli studi sulla programmazione neurolinguistica e dagli studi sull’impatto dei ferormoni umani, noi come individui ci influenziamo a vicenda secondo modi che sono talmente impercettibili da eludere un riconoscimento e un controllo conscio.
L’influenza del conciliatore e delle parti mette in moto un processo nel quale si verifica la modificazione del punto di vista di ciascun partecipante.
Troppo spesso si separa il conciliatore dalle parti in causa, dal contenuto della conciliazione, dal tipo di conciliazione, dalle tecniche usate o dalla particolare teoria sulla conciliazione utilizzata.
Un approccio più proficuo può essere quello di esaminare il processo, cercando di comprendere le relazioni in evoluzione, perseguendo la linea guida della transazione nel senso rivelato dal procedimento di conciliazione.
Quando il conciliatore media e il suo approccio è “Io sono il conciliatore, distinto dal conflitto e i miei clienti sono qui perché hanno un problema”, egli sta pensando alla conciliazione come ad un processo sistemico.
L’approccio più corretto, invece, dovrebbe implicare le seguenti riflessioni: “Io, come conciliatore, sto per diventare parte di questo conflitto. Come posso reagire ai miei clienti? Come interagiscono loro con me? Come reagisco io generalmente a questo genere di conflitto nella mia vita? Che qualità posso apportare nel conflitto che possano avallare la sua risoluzione?
Il conciliatore integrato. L’integrazione è una qualità necessaria per il conciliatore, in quanto fornisce un modello positivo: un clima favorevole, in sede di conciliazione, e la presenza di un conciliatore empaticamente integrato predispongono le parti e il processo nella direzione positiva.
Il conciliatore integrato all’opera. Come detto, il procedimento di conciliazione può essere meglio compreso come un sistema in cui le relazioni delle parti con gli altri e con il conciliatore sono in continua trasformazione.
A causa della fluidità di questo sistema e delle aspettative delle parti, il conciliatore ha un’opportunità straordinaria di plasmare la trattativa.
I conciliatori partono dai resoconti delle parti ed elaborano un’idea della controversia basata sulla percezione di queste ultime (per esempio la loro credibilità, razionalità, oggettività o mancanza delle stesse) e sulla propria visione delle cose.
In sintesi, i conciliatori riorganizzano la controversia, secondo il proprio modo di concepire lo stato delle cose e ciò è inevitabile, poiché ciascuno ha un diverso background ed una diversa percezione della realtà: ciò che noi vediamo “non è il mondo ma un mondo” (Capra 1996: 266-273).
Le qualità personali del conciliatore consistono nell’abilità di astrarsi dal complesso delle emozioni, delle accuse e delle recriminazioni che le parti esprimono intorno al tavolo della discussione. Per riuscirvi il conciliatore dovrà innanzitutto stabilire un rapporto autentico con le parti che gli permetterà di raggiungere un maggiore livello di comprensione dei punti di vista delle parti e dei loro obiettivi. Questo sarà il punto di partenza del conciliatore nell’uso della sua influenza per guidare il processo verso la composizione. I conciliatori cercano di capire, come chi voglia risolvere un puzzle, la maniera ed il livello in corrispondenza del quale vi è disponibilità a trattare.
Tutto questo potrà accadere solo attraverso un coinvolgimento profondamente personale con le parti. Il conciliatore integrato lavora, come un dottore, misurando la temperatura della stanza e delle parti, diagnosticando le cause della controversia e delle possibili difficoltà nella risoluzione, cercando di far emergere le potenzialità di successo presenti.
Tutto ciò significa lavorare con il cuore e con la mente e richiede al conciliatore di integrare, nel suo rapporto con le parti e la loro controversia, un freddo distacco, ma al tempo stesso, un profondo coinvolgimento.
La crescita personale. Possiamo aumentare la nostra efficacia come conciliatori, sviluppando la capacità di essere autenticamente presenti e pienamente integrati all’interno di un sistema di conflitto?
Ci sono molti percorsi per aumentare questa consapevolezza, non bisogna aspettare il momento della conciliazione. Sarebbe opportuno concentrarsi sullo sviluppo di queste qualità in ogni aspetto della propria vita.
Conclusioni
La formazione nelle conoscenze basilari della conciliazione, lo sviluppo di una maggiore comprensione intellettuale del processo e la ricerca di una crescita nelle qualità personali sono i fattori che rendono più efficace l’azione del conciliatore.
Egli è inevitabilmente parte del conflitto che cerca di risolvere. Di conseguenza, le sue qualità personali possono influenzare il processo ed il risultato della conciliazione.
La consapevolezza di sé, la presenza, l’autenticità, la coerenza, l’integrazione, lo sviluppo sono tutti elementi che caratterizzano l’opera del conciliatore e, pertanto, comprenderne la loro importanza è frutto di un processo temporale di intenzioni e di disciplina.
Fabio Luciani