La sentenza inglese d’appello Dunnet v Railtrack ha stabilito il principio che la parte vincitrice può essere condannata a sostenere le spese legali (contrariamente a quello che prevede la nota English Rule) nel caso essa ignori ingiustificatamente il suggerimento da parte del giudice competente di tentare la conciliazione stragiudiziale.
Nella sentenza Hurst v Leeming, analogamente, il ricorrente rinunciò all’azione, richiedendo però che le spese incorse sino a quel momento fossero addebitate al convenuto, per avere questi rifiutato l’offerta di tentare la conciliazione. Nella motivazione della sentenza il giudice Lightman, pur ritenendo giustificato nel caso di specie il rifiuto, ha indicato in modo netto i rischi che le parti corrono nel declinare l’invito al tentativo di conciliazione stragiudiziale.
La controversia
Il ricorrente, avvocato Hurst, citò in giudizio i suoi ex partners per il sorgere di una serie di controversie relative all’associazione professionale. L’avvocato incaricato della difesa di Hurst perse tutte le azioni legali intentate, causando la bancarotta del proprio cliente che, approfittando delle intervenute modifiche al regime della responsabilità dei professionisti legali, finì per citare in giudizio anche il proprio difensore.
Avviata l’azione legale, il caso divenne competenza del giudice Lightman. Dopo un franco scambio di idee, il giudice Lightman e Hurst arrivarono alla conclusione che l’accusa era priva di fondamento. Hurst decise dunque di rinunciare all’azione, ma rimaneva pendente l’aspetto delle spese, da addebitare al convenuto – sempre secondo Hurst – che aveva rifiutato di tentare la conciliazione, stante il principio formulato nel caso Dunnet.
Ragioni e conseguenze del rifiuto a conciliare
Il convenuto, a difesa del proprio rifiuto di tentare la conciliazione, addusse cinque motivi:
* Le spese legali già sopportate fino a quel momento;
* La mancanza di serietà delle accuse di negligenza professionale;
* La totale inconsistenza delle accuse fatte;
* L’improbabile successo della conciliazione dal momento che lo scopo di Mr Hurst era di ottenere il pagamento di una somma per un’accusa priva di fondamento;
* L’atteggiamento di Mr Hurst, cioè quello di un uomo apparentemente ossessionato dall’idea di essere vittima di un’ingiustizia e incapace di assumere un comportamento collaborativo nel caso in cui la conciliazione avesse richiesto una soluzione di compromesso.
Il giudice Lightman decise che tutte le accuse di negligenza erano fondate e che oltretutto le spese già sostenute e le altre motivazioni apportate non costituivano una ragione valida per un rifiuto. Il giudice precisò che il fatto che una parte ritenga di avere ragione non è un buon motivo per rifiutarsi di tentare la conciliazione, sebbene lo stesso giudice abbia affermato nella sentenza che “Questo sia il modo di pensare di parecchi contendenti”.
Il giudice osservò che il punto nodale della questione consisteva nel valutare se la conciliazione potesse avere reali prospettive di successo da un punto di vista oggettivo; cosa che, secondo lo stesso Lightman, non poteva verificarsi nel caso in rassegna per le seguenti ragioni:
* Hurst non gli era sembrato capace o comunque intenzionato a comprendere le spiegazioni fornitegli in merito all’infondatezza delle proprie accuse.
* Prima di questa azione, Mr Hurst aveva intrapreso altre due azioni legali che non lasciavano affatto sperare in un loro possibile esito favorevole.
* Hurst era in bancarotta, cosciente quindi di non avere nulla da perdere da un’azione legale.
* Le prove e le dichiarazioni rilasciate durante il processo mostravano che Hurst era convinto che i suoi ex soci fossero fraudolenti e che il processo fosse manipolato dal suo legale per garantire l’incolumità degli stessi.
* Hurst era deciso a trarre dalla conciliazione una consistente somma di denaro e non era disposto ad accettare altre soluzioni.
Il rifiuto di tentare la conciliazione stragiudiziale suggerita dal giudice dopo i casi Hurst e Dunnet: una decisione da ponderare accuratamente
Hurst v Leeming rafforza, nel meglio precisarla, la giurisprudenza Dunnet. Scrive il giudice Lightman a proposito della decisione di non tentare la via della conciliazione stragiudiziale:
“Se una delle parti non dovesse identificare nella conciliazione alcuna prospettiva di successo può rifiutarsi di esperirla senza rischio di penalità . Ma il rifiuto è una strada molto rischiosa da percorrere poichè, se la corte dovesse individuare qualche possibilità di buon esito, la parte ricusante verrebbe severamente penalizzata.
Inoltre, esiste un grosso ostacolo per la parte ricusante dal momento che, nella stima oggettiva delle concrete prospettive di successo di una conciliazione, va tenuto conto che la procedura di conciliazione spesso determina un atteggiamento più cooperativo per quella parte da cui ci si sarebbe invece aspettato un atteggiamento più prevaricante prima della conciliazione e può portare ad un riconoscimento dei punti di forza e di debolezza di ciascuna parte e alla volontà di accettare il compromesso indispensabile per il successo di una conciliazione”.
(Paola Bernardini, Claudia Paganelli)