Pubblicato sulla rivista di settore Credit Village Magazine
Quante negoziazioni con i clienti vengono svolte ogni anno in una società di recupero crediti? Quando inizia e quando termina la negoziazione con il cliente? Come viene misurato il successo negoziale? Un aumento medio del 20% dei “successi” dei negoziatori di phone e home collection quanto incide sull’utile della società? E soprattutto, quanto viene investito per far diventare la negoziazione e la persuasione una “core competence” di una società di recupero crediti? Queste sono alcune domande che mi sono posto nella preparazione del mio intervento al Credit Village Day del dicembre scorso sulla negoziazione e sui principi di persuasione nel settore del recupero crediti.
Circa vent’anni fa, sono stato colpito dall’importanza della negoziazione professionale nella vita di una azienda. Da giovane “ragazzo di bottega” partecipavo ad una importante trattativa in un contratto di distribuzione internazionale tra una media azienda italiana e una multinazionale americana. Dopo mesi di incontri, dozzine di fax e telefonate il negoziato era arrivato ad un punto morto. All’ultimo incontro decisivo, la controparte americana invitò a partecipare un suo consulente “negoziatore professionista” che in soli venti minuti fu capace di trasformare una negoziazione arenata sull’aspetto monetario in un accordo complesso con diverse variabili, accettabili per entrambe le parti a cui nessuno aveva pensato, che ha creato negli anni un incredibile valore per entrambe le società. Le abilità di una singola persona con nessuna competenza specifica del settore, ma con una grande conoscenza delle dinamiche negoziali, fu in grado non solo di far chiudere l’accordo, ma di influire sul futuro della vita aziendale della impresa italiana (anche se era un consulente di controparte). Da quel momento in poi, ho dedicato la mia vita professionale a negoziare, far negoziare, risolvere conflitti e ad aiutare manager e aziende a portare al centro della loro attività la negoziazione e i principi della persuasione.
Prima della partecipazione al Credit Village Day, conoscevo poco il settore del recupero credito. Ho aiutato a far negoziare aziende in diversi settori, dall’aeronautica alla moda, dall’energia alla difesa. Francamente, credo che siano proprio le aziende di recupero crediti, più di ogni altra azienda di diverso settore, a fondare il loro successo sul risultato delle negoziazioni dei loro operatori. Solo nel recupero crediti il fatturato delle aziende è così strettamente correlato ai risultati negoziali delle decine di migliaia di trattative svolte ogni anno. Dalle lunghe chiacchierate con Gianpaolo Luzi che, bontà sua, mi ha invitato al Credit Village Day e dai successivi approfondimenti con altri operatori del settore, posso suggerire quattro “verità” specifiche nel settore del recupero crediti in tema di tecniche di negoziazione e principi di persuasione.
1) La negoziazione deve diventare una core competence di ogni società di recupero crediti di successo. Non tutte le aziende di recupero crediti considerano la negoziazione un fattore chiave del loro successo. Molte, infatti, tendono a focalizzarsi sulle acquisizioni di nuovi mandati, sull’aumento del fatturato, sull’innovazione tecnologica dei programmi di gestione, sulla formazione operativa del personale e sulla riduzione dei costi. In realtà, la negoziazione è l’elemento centrale di tutti questi aspetti. Oggi, la nuova frontiera dello studio e della ricerca sulla negoziazione è trasformare una tipica abilità “individuale del singolo” in una competenza centrale dell’azienda: il successo dell’azienda non può dipendere dalla variabilità della bravura negoziale del singolo, è necessario, infatti, un processo di trasformazione della cultura negoziale di tutta la “filiera” tramite azioni di formazione, revisione dei processi, esercitazioni, continuo scambio di esperienze all’interno dell’azienda e collimazione degli interessi dei vari attori del processo (mandante, società di revisione, operatore, esattori, legali). È grazie ad uno sviluppo e crescita della cultura negoziale aziendale diffusa che è possibile innalzare di diversi punti percentuali il recupero del credito medio annuo di ogni singolo operatore. E questo può fare la differenza tra il successo e l’insuccesso di una società di recupero crediti. In breve, la negoziazione può e deve trasformarsi da competenza individuale a competenza aziendale.
2) La negoziazione è una scienza, non più un’arte. Alla domanda, “negoziatori si diventa o si nasce?” molti rispondono che la negoziazione si può imparare ma alcuni hanno una marcia in più avendo una predisposizione naturale. È un po’ come giocare a tennis. Con le lezioni di un maestro e con il continuo esercizio si migliora, ma i campioni hanno una marcia in più. A differenza del tennis, in cui possiamo scegliere di praticarlo o meno, la negoziazione vede impegnati ogni giorno noi e i nostri collaboratori. Non è una scelta. La buona notizia è che dopo oltre cinquant’anni di studio e di ricerca sul campo, è stato dimostrato da diversi autori che la negoziazione è una scienza con regole precise per cui ad una data “azione” corrisponde una “reazione”. Non è più un’arte legata all’abilità e alla predisposizione innata del singolo individuo. Quindi fortunatamente non ci sono né segreti né doti nascoste. La differenza tra un negoziatore “autodidatta” e un negoziatore professionista risiede in un percorso iniziale di studio delle teorie negoziali per poi metterle in pratica e ricevere i feedback da un tutor. Successivamente, come per ogni professionista in tutti i campi, un negoziatore professionista non smette ma di imparare in un percorso di costante formazione tra studi avanzati, prove sul campo e feedback.
3) L’efficacia di un negoziatore non si misura in base a quanti accordi ha chiuso. Per una azienda, saper negoziare efficacemente e costantemente a tutti i livelli, rappresenta uno strumento decisivo per il suo successo. Ma come si misura il successo di una negoziazione? Aver recuperato il credito nell’ambito del proprio mandato e nei termini concordati (magari all’ultimo minuto) implica di per sé una “vittoria” negoziale? Molti identificano la chiusura positiva di un negoziato con il successo, ritenendo di conseguenza che un negoziatore sia tanto più efficace quanto maggiore è il numero di trattative condotte a termine. In realtà, quando un accordo viene siglato esiste solo un risultato: quello che le parti hanno convenuto. La sola cosa certa è che le parti hanno preferito quell’accordo rispetto a ogni altra alternativa negoziale. Analogamente, se un accordo non viene chiuso si parla di fallimento del negoziato e del negoziatore. Vero è che, in entrambi i casi, non sapremo mai se altri negoziatori avrebbero ottenuto un risultato diverso, nelle medesime circostanze. Anche nei casi apparentemente positivi, a chi negozia per professione resta quindi sempre un dubbio: avrei potuto ottenere condizioni migliori?
Per rispondere a queste domande, durante i nostri corsi di formazione i partecipanti vengono divisi in coppie per svolgere delle negoziazioni simulate sulla base di istruzioni confidenziali. Ciascuno deve tentare di negoziare il miglior accordo possibile per sé. Nelle simulazioni iniziali, tutte le coppie di negoziatori trovano solitamente — chi prima, chi dopo — un accordo. Le informazioni confidenziali, infatti, sono tali da consentire alle parti un ampio margine di contrattazione. Alla fine della simulazione, di norma, tutte le coppie si dichiarano molto soddisfatte del risultato raggiunto e dell’andamento delle trattative. Tuttavia, la soddisfazione generale dura assai poco, ossia sino a quando i singoli accordi vengono confrontati tra loro. Partendo dallo stesso set di informazioni, fatalmente ciascuna coppia di negoziatori raggiunge un risultato diverso da quello delle altre, facendo perfino sospettare alcuni — ma non è vero — che le informazioni confidenziali distribuite siano disomogenee.
L’obiettivo pedagogico di queste simulazioni iniziali non è tanto quello di far sperimentare le difficoltà della trattativa, quanto far comprendere ai corsisti: a) l’estrema varietà quantitativa e soprattutto “qualitativa” degli accordi possibili, partendo da un singolo set di informazioni; e b) le diverse strategie che il negoziatore deve adottare a seconda delle circostanze e della controparte. La singola vicenda negoziale, come un fascio di luce che attraversi un prisma, si scompone grazie alla tecnica simulativa in molteplici trattative e quindi risultati, permettendo ai corsisti di apprendere rapidamente che il fallimento negoziale non consiste solo nel mancato raggiungimento dell’accordo, ma anche nella produzione di accordi sub-ottimali alla luce delle circostanze del caso. In via di estrema sintesi, il confronto tra tutti gli accordi conferma quanto da tempo affermato dalla migliore dottrina in materia di negoziazione, ossia che i risultati migliori dipendono grandemente dal livello di preparazione dei negoziatori e dalla loro motivazione. Una azienda che mette al centro la negoziazione deve assicurare la preparazione di ogni singolo collaboratore che negozia per suo conto.
4) Tre falsi miti da sfatare sull’insegnamento della negoziazione. Da ciò che ho appena descritto, possiamo quindi sfatare tre miti ancora duri a morire in Italia. Il primo è che “non esiste una teoria della negoziazione”. A negoziare, secondo questo pregiudizio, s’imparerebbe solo sul campo, evidentemente anche a costo di errori assai gravi. L’enorme successo di centri di emanazione della cultura negoziale come il Program on Negotiation della Università di Harvard dimostra in realtà il contrario. Per gli accademici sostenitori dell’interdisciplinarità negli studi, la negoziazione è anzi un settore di particolare interesse, tagliando trasversalmente il diritto, le teorie economiche, la psicologia, la sociologia, le scienze politiche e altre discipline ancora. Sebbene nessuna di queste discipline sia in grado di fornire da sola tutte le risposte alle domande che lo studio della negoziazione pone, va detto che, specie negli ultimi quarant’anni, una produzione letteraria sterminata e molto sofisticata ha contribuito ad aumentare considerevolmente la nostra comprensione della materia. Un secondo falso mito a proposito della negoziazione è che “le persone imparano dalla propria esperienza”. Al contrario, è evidente che la maggior parte delle persone non impari affatto dalla propria esperienza. Non diversamente da tutti gli individui, i negoziatori tendono a comportarsi seguendo le proprie abitudini, frutto magari di pratiche standard che a volte funzionano a loro favore, altre volte no. Affrontare il negoziato basandosi esclusivamente sulla propria esperienza, è però un approccio ad alto rischio. Questi negoziatori, nella quotidianità delle trattative professionali, sia che continuino cautelativamente a comportarsi allo stesso modo nelle circostanze più diverse, sia che tentino di sperimentare nuovi approcci e tattiche, possono causare gravi danni a sé e ai propri clienti. Il terzo falso mito, conseguente ai precedenti, è che “la negoziazione non può essere insegnata”. Secondo questa convinzione, è sufficiente appellarsi alle proprie, innate capacità pratiche per cimentarsi nella trattativa secondo il detto: negoziatori si nasce, non si diventa. Anche in questo caso, sono i fatti a contraddire la vulgata. E tra questi, non pensiamo sia senza motivo la circostanza che tutte le migliori aziende, non più solo d’oltreoceano, investano da molti anni per creare una propria cultura negoziale.
Nonostante l’evidente importanza di un uso efficace della negoziazione, l’apprendimento delle diverse tecniche, delle dinamiche e delle tattiche negoziali è spesso del tutto trascurato nelle aziende ovvero viene circoscritto ad interventi formativi “spot” sulla negoziazione nell’ambito delle cosiddette “soft skill”. Invece, molte aziende innovative e di successo oggi, da Google a Ryanair, hanno cambiato radicalmente approccio. Sviluppano la propria “business strategy” proprio sulla realizzazione di una “negotiation strategy” condivisa in tutta l’azienda con l’obiettivo di ottenere costantemente nel tempo risultati negoziali migliori.