Testo a base dell’intervento al Convegno «LA MEDIAZIONE DEMANDATA DAL GIUDICE. L’esperienza dei fori a confronto e il progetto ‘Giustizia Semplice’». Potenza, 18 febbraio 2020.
Il decennio trascorso dall’introduzione della mediazione nell’ordinamento, ha visto maturare anche nel nostro Paese una sempre maggiore consapevolezza in ordine alle finalità ed alle potenzialità dell’istituto. Sempre meno diffusa la concezione della mediazione come ‘fuga’ dal processo, l’attenzione va concentrandosi sulle complessive implicazioni della risoluzione conciliativa delle controversie.
Va via via crescendo la consapevolezza che la pratica della mediazione, a prescindere dai potenziali effetti benefici che sul funzionamento del processo civile può apportare uno sgravio dei ruoli, merita adeguata considerazione e sviluppo per le sue ulteriori implicazioni socio-culturali prima ancora che giuridiche.
Da questo processo, peraltro, sembra incomprensibilmente assente la Magistratura, se è vero, com’è vero, che ancora dagli ultimi dati pubblicati dal Ministero della Giustizia emerge come i procedimenti avviati su iniziativa giudiziale al di fuori delle ipotesi in cui la mediazione costituisce condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria per disposizione di legge ([1]) siano solamente poco più dell’1% del totale ([2]).
Al proposito, appare di un qualche interesse e stimolo esaminare quale spazio e considerazione vengano riservati alla mediazione demandata ‘pura’ – e, più in genere, quale rilevanza venga attribuita all’azione della Magistratura ai fini di una sempre maggior diffusione della mediazione (e degli altri sistemi A.D.R.) – nei documenti delle Istituzioni dell’Unione Europea, del Consiglio d’Europa ed, in particolare, della Commissione Europea per l’Efficacia della Giustizia (C.E.P.E.J.).
A muovere da quelli della Comunità, poi Unione, Europea, merita considerazione quello che viene ricordato come «Il Libro Verde relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale» ([3]) che venne utilizzato per avviare un’ampia consultazione con gli Stati membri e gli ambienti interessati su un certo numero di questioni di ordine giuridico nel campo della risoluzione alternativa delle controversie in materia civile e commerciale e sulle possibili misure adottabili al fine di promuovere l’utilizzo dei sistemi ADR e della mediazione in particolare.
Quel testo (il «Libro Verde») ha un paragrafo dedicato ai sistemi «ADR nell’ambito di procedimenti giudiziari» in cui si dà atto dello stato dell’arte nei Paesi Membri con riferimento tanto alle «Procedure di ADR affidate da un giudice ad un terzo» quanto alle «Funzioni di ADR esercitate da un giudice»: mi pare interessante evidenziare che, in relazione queste ultime, la Commissione precisa che «queste missioni specifiche dei giudici che non corrispondono necessariamente alle loro funzioni abituali devono anche accompagnarsi a programmi di formazione adeguati».
Sulla base degli esiti della consultazione, nell’ottobre del 2004 la Commissione delle Comunità Europee pubblicava una ‘Proposta di Direttiva’ che il Parlamento ed il Consiglio dell’U.E. facevano propria nei termini di cui alla nota Direttiva 2008/52/CE del 21 maggio 2008 ([4]).
Quest’ultima prende favorevolmente in considerazione l’intervento della Magistratura, per esempio:
– nel dodicesimo ‘considerando’, laddove suggerisce che le disposizioni della Direttiva trovino applicazione anche:
– nei «casi in cui un organo giurisdizionale deferisce le parti ad una mediazione»; e
– nei casi di «mediazione condotta da un giudice» le quante volte non si tratti del responsabile del procedimento giudiziario concernente la controversia in questione (id est, non nell’ipotesi del tentativo di conciliazione condotto dal giudice chiamato a risolvere la controversia nel contesto del procedimento giudiziario concernente tale controversia);
– nel tredicesimo ‘considerando’, laddove auspica che «in virtù del diritto nazionale … l’organo giurisdizionale dovrebbe, se del caso, poter richiamare l’attenzione delle parti sulla possibilità di mediazione».
Riferimenti poi riprodotti nell’art. 3 della Direttiva. Attenzione al rapporto fra Magistratura e mediazione è presente anche nella Relazione 26.8.2016 colla quale la Commissione Europea ([5]) fa il punto sullo stato di applicazione della Direttiva 2008/52/CE.
In quel documento la Commissione riferisce che, da una serie di studi e consultazioni condotti fra il 2013 ed il 2016, emerge che, da più parti, si sottolinei come:
– «i giudici e gli organi giurisdizionali sono ancora riluttanti a proporre la mediazione alle parti»;
– «Tali inviti [a ricorrere alla mediazione – n.d.r.] sarebbero … troppo rari poiché i giudici non conoscono la mediazione o non vi hanno fiducia».
La Relazione si conclude osservando che «in questo stadio non è necessario modificare la direttiva ma … la sua applicazione può essere ulteriormente migliorata» ed, in particolare, per quel che qui interessa, nel senso che «occorrerebbero ulteriori sforzi a livello nazionale per aumentare il numero di controversie per la cui risoluzione le autorità giurisdizionali invitano le parti a ricorrere alla mediazione».
Ancor più interessanti sono i documenti elaborati dalla C.E.P.E.J. allo scopo di monitorare e, soprattutto, facilitare l’applicazione negli Stati membri degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.
Particolarmente a tale ultimo fine meritano attenzione le indicazioni contenute nei documenti titolati:
– Linee Guida per migliorare l’attuazione delle Raccomandazioni concernenti la mediazione familiare ed in materia civile – elaborate nel 2007 – Lignes directrices visant à améliorer la mise en œuvre des Recommandations existantes concernant la médiation familiale et en matière civile – CEPEJ (2007) 14F – 7 décembre 2007 ([6]);
– Piano di lavoro (per favorire il ricorso alla mediazione) – predisposto dal Gruppo di Lavoro sulla mediazione nel 2018 – Feuille de route du CEPEJ-GT-MED fondée sur le rapport du CEPEJ-GT-MED concernant «L’impact des lignes directrices de la CEPEJ relatives à la médiation en matière civile, familiale, pénale et administrative» – CEPEJ-GT-MED (2018) 8 – 27 juin 2018 ([7]);
– ‘Cassetta degli attrezzi’ per lo sviluppo della mediazione – messo a punto fra giugno e dicembre 2018 – Boîte à outils pour le développement de la médiation – CEPEJ (2018) 7REV – 27-29 juin/3-4 décembre 2018 ([8]);
– Manuale europeo sulla legislazione in materia di mediazione – del giugno 2019 – Manuel européen sur la législation en matière de médiation – CEPEJ (2019) 9 – 14 juin 2019 ([9]);
– Programma di sensibilizzazione dei giudici alla mediazione – elaborato nel dicembre 2019 – Programme de sensibilisation à la médiation pour les juges – CEPEJ (2019) 18 – 6 décembre 2019 ([10]).
In tali documenti – qui di seguito riportati per estratto in traduzione non ufficiale – si sottolinea, tra l’altro, il rilevante stimolo che la Magistratura può dare allo sviluppo della mediazione.
Con le Linee Guida del 2007 la C.E.P.E.J. ha inteso indicare agli Stati Membri un’ampia serie di misure utilmente adottabili al fine di sviluppare un sistema di mediazione efficace. In relazione all’argomento che ci occupa, mi pare utile evidenziare due passaggi di questo documento.
L’uno è quello in cui la C.E.P.E.J. richiama l’attenzione sul fatto che «è difficile modificare l’abitudine radicata nella società a contare principalmente sul contenzioso giudiziario per la risoluzione dei conflitti».
Nell’altro afferma che «I giudici hanno un ruolo importante nello sviluppo della mediazione. Dovrebbero essere in grado di fornire informazioni, organizzare incontri sulla mediazione e, se del caso, invitare i litiganti ad avvalersi della mediazione e/o rimettere la questione in mediazione».
A dieci anni dalla pubblicazione delle Linee Guida, sulla scorta di uno studio finalizzato a valutarne le ripercussioni concrete nei singoli ordinamenti ([11]), la C.E.P.E.J. ha ritenuto opportuno darsi un nuovo Piano di Lavoro con il dichiarato obbiettivo che «entro il 2025, almeno il 25% delle controversie civili, penali, familiari e amministrative sia risolto attraverso la mediazione e non attraverso procedimenti giudiziari».
Diretto riferimento al ruolo dei Giudici è contenuto anche in questo Feuille de route del 2018 nelle cui considerazioni finali si legge che «Fintanto che i giudici non saranno obbligatoriamente formati o sensibilizzati alla mediazione nel corso dei loro studi o nel primo anno della loro attività, il numero di affari inviati in mediazione nelle materie civile, familiare, penale (adulti e minori) e amministrativo rimarrà limitato all’attuale livello, assai basso rispetto alle procedure giudiziarie avviate nelle medesime materie» ([12]).
Il nuovo Piano di Lavoro prevedeva, tra l’altro, la elaborazione di una serie di strumenti pratici finalizzati ad aiutare gli Stati membri ad avviare e sviluppare concretamente l’utilizzo della mediazione e sostenere gli operatori nella loro pratica quotidiana. Questi strumenti sono raccolti nella Boîte à outils che contiene una sezione specifica «dedicata principalmente ai giudici ed ai cancellieri che pone l’accento sulla mediazione demandata».
In questa sezione – titolata «Guida alla mediazione demandata» – unitamente alla descrizione analitica degli aspetti su cui dovrebbe concentrarsi il Giudice per valutare la ‘mediabilità’ del caso, sono altresì presenti un paio di considerazioni generali che, in relazione al tema qui trattato, val la pena riportare. Sono considerazioni attinenti il profilo psicologico della mediazione demandata.
Una prima riguarda il Giudicante: sottolinea la Commissione che si «… dovrebbero sviluppare incentivi per i Giudici che inviano casi in mediazione; ad esempio, il ricorso alla mediazione demandata e la conclusione dei procedimenti con un accordo dovrebbero apportare un punteggio favorevole nella valutazione per la progressione di carriera dei singoli giudici».
La seconda riguarda le Parti: si evidenzia che «la ‘pressione’ esercitata dal Giudice attraverso l’invio in mediazione può rivelarsi elemento di sollievo per le Parti che non osano proporre la mediazione per paura di perdere la faccia».
Nel giugno 2019, la C.E.P.E.J. ha adottato il Manuel sur la législation: attraverso un compiuto esame e raffronto delle migliori prassi in essere negli Stati Membri, la Commissione ha inteso fornire ai Legislatori nazionali riferimenti di metodo in vista di future riforme legislative e/o interventi diretti a rafforzare l’efficacia delle disposizioni vigenti.
Anche in tale lavoro non manca un riferimento alle potenzialità della Magistratura, laddove si invitano gli Stati ad inserire nel proprio ordinamento disposizioni finalizzate a:
– «autorizzare ed incoraggiare i giudici … a comunicare ai litiganti tutte le informazioni necessarie concernenti la mediazione o ad orientarli verso una riunione informativa tenuta da una terzo se ritengono prospettabile una soluzione conciliativa»;
e financo a:
– «permettere ai giudici, dopo che hanno valutato la natura della controversia e se lo ritengono opportuno, di inviare le parti ad una seduta di mediazione prima di proseguire il giudizio» ([13]).
Da ultimo, di sicuro interesse è anche il Programme de sensibilisation pour les juges elaborato, nel dicembre 2019, quale strumento finalizzato a superare la difficoltà evidenziata nella considerazione finale del Piano di Lavoro, sopra riportata.
Il Programma – che contiene la descrizione di quelli che dovrebbero essere gli obbiettivi, la durata e le risorse necessarie dei corsi di sensibilizzazione, distinguendo la formazione iniziale dall’aggiornamento – esordisce osservando che «è stato riconosciuto che i giudici hanno un ruolo cruciale nella diffusione della cultura della definizione consensuale dei conflitti» e si conclude con un invito alle Autorità Giudiziarie degli Stati membri che mi pare assai interessante.
Il documento termina con la seguente raccomandazione:
«Per garantire l’efficacia dei programmi di sensibilizzazione/formazione (vale a dire la loro sostenibilità, la loro frequenza e qualità), dovrebbero essere prese le seguenti misure:
1. nominare, in ciascuna corte d’appello, un giudice responsabile della mediazione ai fini di monitorare lo stato di sensibilizzazione dei giudici ed i progetti pilota;
2. nominare, in ciascun tribunale, un giudice responsabile dell’organizzazione di tali programmi;
3. assicurare che i giudici così nominati seguano una formazione completa come mediatori, per poter diventare essi stessi formatori primari nelle rispettive Corti o Tribunali e poter organizzare lì un progetto pilota di mediazione».
Come evidenziano gli estratti appena riportati, nell’ottica europea l’azione della Magistratura costituisce elemento imprescindibile per completare quel cambiamento culturale necessario a far sì che i cittadini abbiano sempre più fiducia nella mediazione, superando la cultura del contenzioso giudiziale quale unica strada per la risoluzione delle controversie.
In questo senso il nostro ordinamento fornisce ampio supporto normativo all’azione propulsiva degli appartenenti all’Ordine giudiziario attraverso il disposto dell’art. 5, comma 2, del D.L.vo n. 28/2010 in forza del quale, come noto – (anche) nei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione non costituisce condizione di procedibilità ex lege – «il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello».
In tale contesto si auspica una Magistratura co-protagonista del cambiamento attraverso un sempre più ampio e consapevole impiego della mediazione demandata. Una Magistratura che faccia propria la convinzione del Prof. Charles Jarrosson, processual-civilista francese, per il quale la mediazione non è una rinuncia del giudice alle sue funzioni, ma una delle funzioni del giudice.
Convinzione che, espressa nella lingua del suo promotore, beneficia dell’effetto suggestivo dei giochi di ripetizione fonetica: «la médiation n’est pas une démission du juge, mais une des missions du juge».
E in tale direzione è sommamente opportuno che i C.O.A. si facciano carico, attraverso qualsivoglia iniziativa, di diffondere la conoscenza dei lavori della C.E.P.E.J. fra i vertici degli Uffici giudiziari, al fine di conquistarli all’attuazione in sede pratica dei principi ed indirizzi europei.
Al proposito, nella speranza che in un prossimo futuro le gestione dell’invio in mediazione nel nostro Paese possa trovare ulteriore affinamento per mezzo di protocolli elaborati d’intesa fra C.N.F. e C.S.M., appaiono sin d’ora utili le indicazioni contenute nella citata sezione della Boîte à outils ([14]).
Mauro Carlo Bonini – Avvocato del Foro di Verbania. Mediatore. Segretario Generale U.N.A.M. – Unione Nazionale Avvocati per la Mediazione. Componente della Commissione ADR del Consiglio Nazionale Forense.
([1]) Id est, i casi di mediazione demandata c.d. ‘pura’.
([2]) https://webstat.giustizia.it/Analisi%20e%20ricerche/Mediazione%20Civile%20-%20Anno%202019.pdf
([3]) https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2002/IT/1-2002-196-IT-F1-1.Pdf
([4]) https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32008L0052&from=it
([5]) https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2016:0542:FIN:IT:PDF
([6]) https://rm.coe.int/1680747b9a
([7]) https://rm.coe.int/16808c3fd6
([8]) https://rm.coe.int/16808c3f53
([9]) https://rm.coe.int/1680966e5e
([10]) https://rm.coe.int/cepej-2019-18-fr-programme-de-sensibilisation-a-la-mediation-pour-les-/1680993344
([11]) The impact of Cepej guidelines on civil, family, penal and administrative mediation – https://rm.coe.int/report-on-the-impact-of-cepej-guidelines-on-civil-family-penal-nd-admi/16808c400e
([12]) A questo proposito val la pena evidenziare che da un rapporto redatto nel 2018 dalla Sezione Svizzera del Gruppo Europeo di Magistrati per la Mediazione (G.E.M.ME.: associazione creata in Francia nel 2003) – Rapport sur la pratique des avocats et sur celle des notaires en relation avec la mediation suivi d’une note sur la sensibilisation (formation) initiale et continue des juges en matiere de mediation (https://rm.coe.int/report-mirimanoff-2018-pratique-avocats-notaires-mediation/168077f7b8) – risulta che, fra i Paesi aderenti al Consiglio d’Europa il cui ordinamento contempla la mediazione demandata, soltanto Francia, Belgio e Paesi Bassi hanno introdotto corsi di formazione/sensibilizzazione sulla mediazione obbligatori per gli aspiranti giudici e facoltativi per quelli già in servizio. Nel resto degli Stati la formazione/sensibilizzazione inziale e l’aggiornamento sono lasciati all’iniziativa del singolo giudice.
Il che, tra l’altro, ha quale conseguenza che gli utenti della Giustizia si trovano ad avere, o non avere, la possibilità di essere informati sulla mediazione e di farvi ricorso, a seconda della aleatoria attribuzione dei fascicoli ai singoli Magistrati.
([13]) Il generico potere del giudice di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione, come nel nostro art. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 28/2010, a livello europeo è previsto unicamente dalla legislazione della Repubblica Ceca, mentre in altri Stati è contemplato solo per specifiche materie: per esempio, in relazione a questioni attinenti l’esercizio della potestà genitoriale in Svizzera e in Francia ed in quest’ultima anche in materia di divorzio.
([14]) Consultabile nella versione non ufficiale in italiano all’indirizzo https://rm.coe.int/cepej-gt-med-2018-7-toolkit-en-rev-italiano/1680948eda (pagg. 19-23:«Guida alla mediazione demandata»).