Con anticipo rispetto alle previsioni legislative, anni fa ero dell’opinione che l’introduzione della MEDIAZIONE nel panorama italiano dovesse essere interpretata non solo come un nuovo ed ennesimo Istituto Giuridico, bensì come il primo vero Istituto Strategico per il Paese ITALIA. La nostra cultura storica, dal medioevo ad oggi, ed il concreto vissuto sociale degli ultimi 50 anni ci hanno sospinto con decisione verso l’avversarialità “a prescindere” , e spesso senza argini di contenimento. Il concetto di fronteggiare “a qualsiasi costo” chi ritiene di avere più ragione di noi, ha creato grandi disfunzioni e rilevanti costi economici e sociali nel nostro Sistema-Paese. Osservando la situazione attuale, quale contesto globale di gravissima Crisi, della quale probabilmente sono ancora lontani gli esiti ma vicini gli aggravamenti, la MEDIAZIONE si pone quale Istituto Strategico di Governo e di Coesione sociale.
- Di Governo perché con la Mediazione, ma solo una volta diventata stabilmente Istituto pervasivo nel modo di essere e di pensare dell’ Opinione Pubblica Italiana, possono liberarsi Risorse Nazionali, private e pubbliche, altrimenti inespresse, ma anche soluzioni creative impensabili con altri strumenti ordinari, e –soprattutto- possono ridursi costi a carico della Collettività. Quest’ultimo aspetto, la riduzione dei costi a carico sociale, dovrebbe essere massimamente considerato oggi, in tempi di tagli draconiani della Spesa Pubblica in termini di Welfare, e di compressione del Reddito procapite, come inesorabile trend autoavviatosi.
- Di Coesione Sociale perché con la Mediazione, sempre una volta diffusa come meme pervasivo in tutta la nazione, possono recuperarsi vincoli e legami affettivi, collaborativi, di business, di immagine sociale , e di dialogo intergenerazionale e interclassista. Tutti elementi di indispensabile portata strategica per mantenere coeso il Sistema-Paese in uno scenario, quale quello attuale, in cui emergono forti spinte disgreganti, che ne potrebbero minare oltre che la qualità , anche la stessa tenuta democratica.
La chiamata è per TUTTI i Professionisti. Tutti i Professionisti, e non una sola parte di essi, possono dare e dire la loro, contribuendo personalmente a questa ipotesi di miglioramento collettivo. Come? Mettendo a disposizione le potenti leve del proprio personale PATRIMONIO ESPERIENZIALE e SAPERE TECNICO, cioè la specializzazione di un determinato ambito del SAPERE COMPLESSIVO.
La COMPETENZA, espressione fondante di ciascuna Professione, nel tempo sarà riconosciuta ed apprezzata dalla Collettività in tanto in quanto ciascuna categoria professionale si porrà in veste di OFFERENTE ad essa di Valore Aggiunto collettivo, non già di RICHIEDENTE. Questo preciso aspetto, ovvero quanto ciascuna professione aggiunge e quanto richiede in termini di Valore Aggiunto Sociale, potrà essere misurabile in termini collettivi, non solamente in termini economici, come ora succede.
La COMPETENZA, che fonda l’essenza stabile di ogni professione e la sua stessa ragion d’essere, può essere indirizzata a fini collettivi se ripensata in termini di EUPETENZA , cioè di predisposizione d’animo e di intelletto alla FACILITAZIONE del risultato condiviso, alla SEMPLIFICAZIONE di ogni procedura che impedisce a più parti di arrivare ad un obiettivo, il cui valore di condivisione collettiva è maggiore della somma dei singoli valori delle parti che vi concorrono.
L’EUPETENZA, come atteggiamento e predisposizione mentale di base, dovrà all’inizio essere esercitata volontariamente e consapevolmente dai professionisti, pionieri della mediazione civile e commerciale, per poi entrare inconsapevolmente e stabilmente come patrimonio acquisito del modo di far parte di una Collettività, alla quale ciascuno dei partecipanti dovrà essere chiamato a conformarsi al principio generale per il quale il DARE è bene sia maggiore del RICEVERE. Solo in questo modo si assicura SOSTENIBILITA’ all’impianto collettivo dello Stato, non essendo più possibile ricorrere al leverage del Debito Pubblico, come sinora fatto
Se poi dovesse trovar luogo, come mi auguro, un Sistema innovativo di misurazione dei risultati collettivi che possono scaturire dal esercizio congiunto di Competenza+Eupetenza , si darebbe veramente l’avvio ad un circolo virtuoso, in cui l’apprezzamento sociale diventerebbe funzione di quanto si aggiunge alla Collettività , così come il biasimo e la riprovazione sociale di quanto ad essa si toglie.
In questo scenario futuribile e con le giuste argomentazioni da sviluppare, ma soprattutto con le opportune “visioni” da fornire alla cittadinanza, la Mediazione civile e commerciale, come straordinario strumento partecipativo che finalizza non solo il risultato economico ma quello della reale soddisfazione interiore e della felicità percepita , possiede concretamente , a mio sommesso avviso, le caratteristiche di base per rendere al Sistema-Paese ITALIA la possibilità di ottenere cittadini migliori.
6 commenti
Quel che scrivi Gian Marco è un sunto mirabile della storia, quantomeno della storia che è arrivata sino a noi
Il tribunale nasce come un corollario del principio di specializzazione: quando si formano i nuclei urbani e arrivano in un certo luogo vari specialisti che per lo più non hanno tra di loro vincoli di sangue, in altre parole quando giungono in un luogo degli estranei per cui l’avversario non è un parente, ma solo un nemico da combattere in un conflitto sui beni o sul territorio. La nostra società è composta ormai da estranei che non conoscono altro sistema di composizione, a parte l’uso della forza, che quello giudiziario non sentendo più l’atavico bisogno del gruppo (si osservino anche gli animali al proposito) di preservare tutti, proprio tutti i rapporti personali; tuttavia ed innegabilmente le questioni tra parenti, amici, vicini, sono sempre state risolte attraverso modelli di giustizia alternativa (v. il filo rosso che si dipana da Le leggi di Platone per arrivare al Consiglio di famiglia che sarà sostituito solo di recente dal Giudice tutelare): perché questo era ed è l’unico modo con cui si poteva preservare una comunità.
Come trasportare il senso della comunità di sangue in una comunità di estranei? Attraverso la rivalutazione degli interessi individuali. Non è più l’interesse della comunità a guidare il cuore dell’uomo, ma si può comunque ritenere che la soddisfazione reciproca degli individui porti appunto alla coesione, all’armonia sociale.
Nell’Ottocento italiano la composizione delle controversie si definiva appunto conciliazione; consisteva nel riunire gli animi discordi delle parti e ricomporli nell’armonia sociale (il termine conciliazione deriva secondo Varrone dall’opera dei tintori che sprimacciavano i tessuti nella tintura sino a che non avessero assunto un colore uniforme, fino a che il colore non fosse armonico).
Ma già Cicerone era di questa opinione:Et quae armonia a musicis dicitur in cantu, ea est in civitate concordia, artcissimum atque optimum in omni republica vinculum incolumitatis. (De Republica, lib. 1, § 41). Questa peraltro era l’idea che stava a fondamento della composizione dei conflitti in Cina già quattromila anni prima di Cicerone.
E non si può pensare che questo sia un passato irreversibile.
Ne è prova la stessa Cina in cui dopo un ventennio (1980-2000) di sperimentazione della ricetta occidentale di risoluzione del conflitto (processo e rispetto della legge astratta) si è tornati nel 2011 alle antiche regole delle Comunità di sangue che lo stesso Confucio non ha fatto altro che valorizzare nei suoi precetti.
Ed anche la logica del dare che tu consigli sta alle base della mediazione nel Giappone attuale ove coloro che mediano devono necessariamente dare qualcosa all’altro proprio in virtù della preservazione della comunità e della coesione dei rapporti sociali.
Certi politici ed economisti si sorprendono che nessuno parli del debito del Giappone come si parla di quello della Grecia e dell’Italia: la ragione non sta nei numeri, ma nella solidarietà sociale e nella coesione che questo popolo ha da sempre saputo esprimere e che dà affidabilità alle altre nazioni; ecco perché il modello collaborativo è l’unico che possa, come tu spieghi benissimo, risollevare le sorti del nostro paese
Ti ringrazio dunque per le tue osservazioni che sento profondamente mie.
Articolo interessante che fa riflettere. Chissà se tutto quello che scrivi non possa diventare realtà in poco tempo invece di essere “futuribile”.
Sono d’accordo che la chiamata è per tutti i professionisti. Il problema è che tutti i professionisti (non solo gli avvocati) sono protetti da Ordini che svolgono la funzione di Sindacati che cercano di proteggere lo status quo.
Concordo con Gian Marco sull’effettiva utilità della mediazione per la soluzione ad uno degli annosi problemi che afflige l’Italia e cioè la Giustizia.
Ritengo altresì necessario coinvolgere tutte le professioni per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, ed in ciò ritengo che l’esperienza fatta con l’evento PAX LAB sia stato un buon viatico per il futuro sviluppo della mediazione.
Articolo interessante che ci mostra come la mediazione non sia solamente uno strumento giuridico, ma anche strategico, specie in un contesto di crisi come quello che stiamo vivendo a livello nazionale e internazionale.
Concordo su tutto cio che Gian Marco ha scritto, cpncordo su tutti i commenti rilasciati, A mio modesto avviso tuttavia un problema permane Non facciamo che questo istituto rimanga patrimonio di pochi, dei giuristi o di tutti colori che operano in settori oaralleli Divulghiamo la sua efficacia, rendiamolo comprensibile a tutti, sensibilizziamo l’ opinione pubblica, ma come? L ‘ informazione deve essere univoca Ben venga l’operato di ogni singolo professionista, ma non puo essere sufficiente, Piu impegno da parte dei media? Forse si…….