Il CPR – Institute for Dispute Resolution -, organismo senza scopo di lucro formato dalle più grandi società americane e internazionali, da associazioni di categoria e da studi legali, ha da sempre lavorato per la diffusione della procedure di conciliazione nella risoluzione delle controversie commerciali.
La conciliazione, procedura non vincolante di ADR più utilizzata negli Stati Uniti, può essere “facilitativa” o “valutativa”. Nella conciliazione “facilitativa” si può avere sia una sessione congiunta, che sessioni private tra il conciliatore e le parti. In questo tipo di procedura il compito principale del conciliatore è aiutare le parti a comunicare meglio tra loro. Il terzo neutrale deve quindi evitare di dare consigli e fare previsioni su quello che potrebbe accadere in tribunale. Nella conciliazione “valutativa”, invece, il conciliatore è più coinvolto, nel senso di poter dare forma alle idee delle parti, spingendosi fino a fornire opinioni sul probabile esito della controversia e a proporre loro i termini di un accordo.
Uno studio sui motivi che inducono le parti e i loro avvocati a ricorrere alla conciliazione ha portato alla individuazione di quattro fattori fondamentali.
Il primo è l’esistenza di una policy aziendale in favore dell’utilizzo dell’ADR. La principale forma di tale politica aziendale è il pledge, una sorta di dichiarazione di impegno che il CPR ha fatto firmare alle società ed agli studi legali nordamericani più importanti. Nel 1991, essendo la maggior parte delle società americane rappresentate da studi legali, è stato redatto un nuovo pledge cui hanno aderito più di 1500 studi professionali.
Il secondo fattore emerso dalla ricerca è la scelta della procedura di conciliazione, da parte del cliente e del suo avvocato, “caso per caso”. E proprio per distinguere “caso da caso”, di recente il CPR ha elaborato un documento di lavoro ove sono fornite delle linee guida in grado di aiutare i litiganti nella scelta se tentare o meno la conciliazione.
Altro fattore ancora che spinge le parti a scegliere la conciliazione è l’esistenza di una apposita clausola contrattuale, ovvero un accordo che fin dall’origine vincola le parti a ricorrere a questa forma di composizione delle liti. Così, nel caso in cui una delle due parti non voglia ricorrere alla conciliazione, l’altra può, in virtù della semplice previsione contrattuale, obbligarla a rispettare l’accordo. Il che, però, sembra in un certo senso contrastare con la funzione tipica della conciliazione, ovvero la riunione volontaria delle parti innanzi ad un conciliatore per cercare di dirimere in modo unanime i contrasti tra loro insorti.
Quarto ed ultimo fattore individuato dalla ricerca è l’esistenza di un programma di ADR promosso dai tribunali. Si tratta in sostanza delle forme di conciliazione delegata, meglio note come forme di Court-Annexed ADR, che tanta attenzione sembrano aver suscitato anche in Italia.
Kathleen M. Scanlon – Vice Presidente del CPR Institute for Dispute Resolution, New York
(Sintesi dell’intervento al Convegno di Rimini, “Cultura del conflitto e risoluzione alternativa delle controversie civili e commerciali (ADR)”, organizzato da ADR Center nel settembre 2001)