Il ritiro imminente di uno dei partner fondatori può rappresentare una sfida impegnativa. Gli ingegneri dell’SHN di Eureka, California, uno studio di progettazione con oltre 60 dipendenti, sapevano da anni che prima o dopo avrebbero dovuto affrontare la questione. E questa divenne improvvisamente realtà nel 1999, quando venne stabilita una data precisa: il 1 gennaio del 2001 Jack Selvage si sarebbe dimesso dalla carica di amministratore delegato dell’impresa che aveva fondato nel 1979. “In molte piccole e medie imprese è comune che una gran parte dell’identità aziendale sia investita nella figura di una o due persone”, ha affermato l’ingegnere Jeff Nelson, che ha assunto la guida di SHN. “La sfida è quella di compiere felicemente la transizione, e uscirne con un gruppo ancora più forte di proprietari e di dirigenti”.
Il periodo più propizio nella vita di uno studio di ingegneria è quando la partnership si forma o è in transizione. Questi momenti di cambiamento sono molto più importanti di quanto le persone non credano. Si negoziano i dettagli, si formano le aspettative, si formano nuovi legami e si verificano quelli esistenti. Le gerarchie mutano e le fondamenta dell’impresa vengono strutturate, ristrutturate e testate.
Se questa transizione viene gestita in maniera approssimativa, rischia di crearsi uno stillicidio che può terminare nell’insoddisfazione dei partners e in cattive performance lavorative o persino in vertenze legali che durano per gli anni a venire. Se invece viene gestita bene, la transizione può fare da catalizzatore per una reale crescita e avviare l’impresa su un percorso sicuro di successi continui. Che cos’è che fa la differenza? Quando le carte sono in tavola, si tratta in sostanza di gestire il cambiamento. L’esperienza pluriennale di conciliazione dei conflitti fra i dirigenti in tutti i tipi di imprese, familiari e non, insegna che in queste situazioni si trovano tipicamente mix variabili di incompatibilità caratteriali, lotte di potere, ambiguità ed aspettative deluse. I punti critici sono rappresentati dal modo in cui si lavora con le persone e dalle dinamiche che stanno dietro alla formazione di un nuovo gruppo dirigente.
Nei momenti di transizione, i partner hanno l’opportunità di riconsiderare sotto una nuova luce i loro accordi, di effettuare correzioni e quindi di rafforzarsi. Per aiutare partners come quelli dell’SHN, è stato sviluppato un metodo chiamato Carta dei Partner. La Carta dei Partner è al tempo stesso il procedimento e il risultato. Come protagonisti del procedimento, i partners analizzano da vicino tre aree: le loro relazioni, i loro accordi d’affari e le prospettive future. Il risultato che raggiungono al termine è un documento completo che racchiude le loro osservazioni sui punti d’accordo e di disaccordo nelle tre aree.
A parte quelle familiari, le relazioni che abbiamo con i partner lavorativi sono fra le più importanti che vi siano. La qualità di queste relazioni influisce sull’umore con cui si va al lavoro la mattina, su quali motivazioni e con quale produttività si lavora durante il giorno, e spesso anche su come si dorme la notte. La qualità delle relazioni fra i partners influenza in maniera diretta anche i dipendenti e le loro relazioni nell’impresa. Influenza anche i bilanci dell’attività . Anche se si tratta di affari, queste relazioni hanno una natura personale.
Per aiutare i dirigenti a esaminare le loro relazioni, il procedimento della Carta utilizza semplici test ed esercizi per aiutare a focalizzarsi sui propri valori personali, sui propri stili e sulla questione dell’equità , sempre con un occhio di riguardo al problema di creare relazioni di lavoro più efficaci e soddisfacenti.
Come ricorda Nelson, questo aspetto del procedimento aveva “un carattere molto personale al quale non era possibile sottrarsi. Andava dietro alla maschera che ognuno indossa per proteggersi.”
La seconda area coperta dal processo della Carta, cioè gli accordi che riguardano il business, è un’area che i partners affrontano di solito in maniera accurata. Ma anche in quest’area, che include la divisione degli utili, i ruoli e le responsabilità e la gestione, spesso vi sono vari punti che vengono trattati in un modo ambiguo, e che lasciano ad alcuni la sensazione che la discussione non sia stata molto chiara.
Anche se tali questioni sembrano esclusivamente problemi di affari, per molti si tratta di questioni sofferte, sulle quali è difficile rinunciare alla propria posizione. Questo è chiaro quando si tratta di retribuzioni e benefici, ma riguarda anche alcune questioni più generali che riguardano l’attività dell’impresa, come ad esempio la direzione strategica.
La terza ed ultima area che i dirigenti debbono affrontare è quella che riguarda le prospettive future. La pianificazione può dare risultati eccezionali nel tempo. Vi sono quattro punti critici che riguardano il futuro: le definizione delle aspettative, la creazione di linee guida per affrontare eventi inattesi, il raggiungimento di un accordo sul modo in cui affrontare le differenze e i conflitti, e il metodo per pianificare la prossima transizione.
I dirigenti di SHN hanno lavorato sulla Carta durante un meeting di due giorni e mezzo, e al termine i due conciliatori hanno redatto il documento finale. La Carta viene spesso utilizzata come base per redigere i successivi documenti di natura legale. Creare una Carta dei Partner è stato un vantaggio sotto diversi punti di vista, ha affermato Nelson. L’esperienza di parlare, esplorare temi importanti, negoziare in maniera aperta e onesta e creare un insieme di accordi condivisi, li ha aiutati a definire un nuovo gruppo dirigente e a costruire un legame forte tra i partners.
Nelson ha spiegato ancora che i dirigenti hanno voluto usare la transizione “come un’opportunità per progredire e fare cose più grandi e migliori”. Il procedimento della Carta, ha detto ancora, “ci ha aiutati a mitigare l’apprensione che circondava il ritiro di Selvage e a creare fiducia in noi stessi e negli obiettivi che ci siamo dati”.
Giuseppe De Palo
Luigi Cominelli
(Articolo tratto da “Business Mediation Helps Firms Make Leadership Changes”, di David Gage and John Gromala)