La ricezione da parte del medico di una lettera di richiesta di risarcimento danni con la quale vengono mossi addebiti alla sua condotta professionale produce generalmente in lui un grande sconforto. Quando in una richiesta si afferma che non sono stati raggiunti i risultati sperati, il medico il più delle volte sente venir meno la fiducia del paziente cui aveva prestato le proprie cure e che ora si è trasformato in una controparte dalla quale doversi difendere.
L’unico modo per il medico di liberarsi dalla fastidiosa sensazione di condanna sarebbe quello di comunicare con il proprio accusatore. Il dialogo con il paziente consentirebbe al medico di spiegare le ragioni dell’insuccesso, potendo egli, indipendentemente da un’ammissione di colpevolezza, esprimere il proprio dispiacere e la propria partecipazione alle sofferenze provocate.
Tuttavia, una volta incardinato il giudizio, questa opportunità è preclusa per sempre, perché da quel momento il medico il più delle volte è invitato dal suo assicuratore e dal suo avvocato a non rendere dichiarazioni in ordine all’accaduto, onde evitare affermazioni a lui sfavorevoli. La ricostruzione dei fatti e la valutazione dell’operato viene così affidato ai consulenti tecnici. Anche ai pazienti viene solitamente consigliato di astenersi da dichiarazioni che non siano espressamente richieste (e ammesse dal giudice). Il che rende al danneggiato ancor più difficile durante il processo dover ripercorrere la triste vicenda e rivivere un’esperienza negativa.
Il contenzioso scoraggia comunicazioni diverse da quelle tra gli avvocati delle parti. Medici e pazienti durante le udienze possono comunicare solo per rispondere a quesiti posti dagli avvocati, oppure se interrogati dal giudice. Invece di parlare, testimoniano.
Nella mediazione si verifica l’esatto contrario, nel senso che nessuno testimonia, ma tutti parlano. In realtà, una parte significativa del processo di mediazione è noto come “narrazione”. Ciò è facilitato da un mediatore che cerca di creare uno spazio in cui il medico e il paziente possono avere la possibilità di parlare e, soprattutto, di ascoltare l’altro. Ognuna delle parti ha l’opportunità di conoscere l’altra parte con la sua sofferenza. La maggior parte dei mediatori cui sono affidate vertenze di errori sanitari testimoniano l’importanza del colloquio tra medico e paziente; possibilità questa che il più delle volte risulta un fattore significativo nella risoluzione della controversia. La mediazione non ha proprietà magiche, tuttavia si presenta come un mezzo molto più efficace per risolvere una controversia rispetto al giudizio contenzioso, proprio perché concede un’opportunità in più che è rappresentata dalla comunicazione diretta tra il medico e paziente, preclusa in giudizio.
La mediazione consente oltretutto al medico di avere cognizione dell’andamento del procedimento, potendo perciò valutare i rischi di un eventuale giudizio, e di partecipare in prima persona alle trattative decidendo se acconsentire o meno ad un accordo. In altre parole, il processo di mediazione fornisce informazioni sulla cui base prevedere (e/o prevenire) l’esito dell’eventuale giudizio .
Si dice spesso che la mediazione si svolge “all’ombra della legge”. Ciò significa che in questa fase entrambe le parti cercano di capire e di convincersi vicendevolmente circa la bontà dell’accordo proposto, valutato alla luce di quello che potrebbe essere la decisione del tribunale.
I mediatori operano in questo contesto, ponendo domande nel corso della mediazione e trasmettendo informazioni in modo che tutte le parti possano avere chiari i rischi derivanti dall’instaurazione del giudizio. In sostanza l’andamento della negoziazione è influenzato da una valutazione realistica del rischio che il paziente ed il medico compiono sulla base degli elementi acquisiti nel corso della mediazione.
Nelle discussioni con il suo avvocato e con il mediatore, il medico può manifestare quelle che sono le sue priorità, quale ad esempio, l’interesse alla riservatezza, che rappresenta un aspetto molto importante affinché il medico mantenga immutato il proprio credito nei confronti della collettività.
D’altra parte, quando una controversia finisce nelle aule dei tribunali, diventa il più delle volte di dominio pubblico e i fatti sono facilmente accessibili. La procedura si risolve in sostanza in una negoziazione facilitata. A decidere non è il mediatore, ma le parti che sono responsabili delle loro decisioni. Il medico, ove la sua assicurazione glielo permetta, è dunque libero di decidere se accettare o meno un accordo, così come i pazienti sono liberi, in accordo con il loro avvocato, di accettare una proposta. I mediatori non impongono una soluzione, ma si limitano a formulare una proposta che non è vincolante se non volontariamente accettata da entrambe le parti.
La mediazione si rivela uno strumento appropriato se medico e paziente in buona fede desiderino fare uno sforzo per risolvere la controversia. Viceversa si rivela un fallimento allorquando entrambi siano animati da uno spirito di rivalsa e/o di sopraffazione dell’avversario.
Al medico è offerto un percorso privilegiato per la risoluzione della vertenza – soprattutto laddove il giudizio li esporrebbe con buone probabilità ad una sentenza di condanna – offrendogli l’opportunità di ascoltare direttamente dal paziente le sue richieste e di entrare in prima persona nella valutazione degli elementi, al tempo stesso assicurandosi il diritto alla riservatezza.
La risoluzione di una controversia è una questione dolorosa per tutti gli interessati. La mediazione è un’alternativa che può aiutare pazienti e medici, i primi ad ottenere in breve tempo un ristoro alle proprie sofferenze, i secondi a raggiungere un accordo economicamente vantaggioso, nonché a trasmettere un segnale di umanità, continuando a svolgere la loro importante opera per la collettività.
Il dialogo e i vantaggi esclusivi della mediazione per medico e paziente
Enrico Maria Caroli
Avvocato presso il foro di Roma, presta la propria attività giudiziale e stragiudiziale nel settore del diritto civile ed è specializzato in materia di responsabilità professionale e diritto delle assicurazioni. Collaboratore della cattedra di Diritto Commerciale presso l’Università degli Studi di Cassino; ha di recente preso parte alla redazione del “Commentario breve al Codice Civile” Alpa - Zatti, Cedam. Ha partecipato alla edizione 2004 del corso Making and Saving Deals al termine del quale ha ottenuto la scholarship presso il Dispute Resolution Center della Hamline University di Saint Paul.
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Atti della mediazione
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Riforma Cartabia
3 commenti
Salve,
la mediazione è sempre importante, se utilizzata in via preliminare e per evitare una imminente diatriba legale! Ma appena avviata l’azione giuridica, diventa praticamente impossibile cercare mediazioni, perchè “il veleno” che ne frattempo si è instillato fra le parti, ha pervaso tutti gli atti e le richieste di rivalsa!
Personalmente ho un’esperienza molto particolare in tal senso, perchè da più di 10 anni ho tre assurde cause con i miei vicini di casa, i quali non sanno cosa significa avere diritti di pertinenza, e mi stanno negando anche quelli più elementari!!!
E (incredibile ma vero) le richieste di questi miei coinquilini, sono state avvalorate da un paio di Giudici di prime cure, i quali per redigere le loro sentenze (che ho portato in appello) hanno scientemente calpestato ben TRE articoli del Codice Civile!
RIPETO BEN TRE SENTENZE che gridano allo scandalo, perchè non tengono in nessuna considerazione TRE articoli del Codice Civile!
E questo mi fa venire un furore bestiale, cullato e covato, da più di dieci anni di innumerevoli fastidi supplementari, a cui ho dovuto (giocoforza) fatto finta di non vedere.
Poi ci si meraviglia se qualcuno esplode e realizza una strage!!!
Cordialmente da Otello Martini
Errata corrige …
a cui ho dovuto (giocoforza) FAR finta di non vedere.
Di nuovo … da Otello Martini
Gent.le sig.re Martini,
condividiamo il suo “malessere”. Facendo da anni il lavoro di mediatori, sappiamo bene quanto sia difficile evitare l’esclation del conflitto tra le parti, chiuse nelle loro posizioni ritenute insindacabilmente “giuste”. Tuttavia, è vero anche che sulla base della nostra esperienza sappiamo bene che “rompere il muro dle silenzio” e costruire un dialogo è sempre possibile. E’ quello che fa con fatica e professionalità il buon mediatore, che lavorando a 360 gradi sugli interessi e sentimenti delle parti, riesce a riportare i termini della questione- la lite- su di un piano costruttivo.
Detto ciò, il consiglio è quello di affidarsi ad esperti per esperire la procedura di mediazione, tenendo in considerazione che la mediazione è sempre una possibilità in più per tentare di chiudere il contenzioso, evitando le lungaggini processuali.