Scarica sentenza tribunale di Marsala 24 05 23
Per il tribunale di Marsala, se l’intimato partecipa in mediazione senza fare menzione delle proprie richieste, la domanda riconvenzionale è improcedibile
Procedura di sfratto e domanda riconvenzionale
Nella procedura di sfratto, la domanda riconvenzionale dell’intimato, se lo stesso si limita a partecipare in mediazione senza farne menzione, è improcedibile. È quanto affermato dal tribunale di Marsala nella sentenza n. 359/2023, in una controversia relativa alla risoluzione di un contratto di locazione per inadempimento.
La vicenda
Nella vicenda, il locatore, con atto di intimazione per sfratto per morosità e citazione per la convalida avanzata in ordine all’immobile adibito ad uso abitativo, chiedeva la convalida dello sfratto nonché dichiararsi la risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore. Costui si costituiva opponendosi alla convalida dello sfratto e proponendo domande riconvenzionali.
Il giudice, ritenendo vi fossero i presupposti, emetteva ordinanza provvisoria di rilascio dell’immobile locato e, ai sensi degli artt. 667 e 426 c.p.c., disponeva il mutamento del rito, con assegnazione alle parti di termine per l’integrazione degli atti introduttivi, nonché disponendo procedersi, a cura della parte interessata, all’esperimento della mediazione obbligatoria, ai sensi del d.lgs. n. 28/2010.
Domanda riconvenzionale e mediazione
La procedura di mediazione si concludeva con esito negativo.
Tuttavia, non veniva attuata da parte conduttrice con riguardo alla domanda riconvenzionale che pertanto veniva dichiarata improcedibile. Infatti, rileva il giudicante, “mentre parte intimante ha instaurato il procedimento di mediazione in relazione alla propria domanda, parte intimata si è limitata a partecipare al procedimento instaurato dal primo, senza menzionare in tale sede la propria richiesta e, quindi, di fatto, non adempiendo alla condizione della domanda anche se riconvenzionale costituita dall’instaurazione del procedimento di mediazione”.
La decisione
Nel merito, la domanda di parte intimante per il giudice va accolta, e infondata è invece l’opposizione dell’intimata resistente.
Va evidenziato, conclude infatti il tribunale, che “il conduttore di un immobile non può astenersi dal versare il canone, ovvero ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, quand’anche tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore. La sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti”.
Né le asserite condizioni economiche prospettate dalla parte conduttrice possono giustificare l’inadempimento contrattuale e costituire esimente dalla responsabilità, per colpa presunta, posta a carico del debitore inadempiente dagli artt. 1218, 1453 c.c. “La semplice difficultas praestandi, cioè qualsiasi causa sopravvenuta che renda più oneroso l’adempimento, non esclude la responsabilità per inadempimento, presunta ex art 1218 c.c., poiché l’inadempimento incolpevole può configurarsi solo quando esso sia determinato da causa non imputabile al debitore” conclude il giudice dichiarando risolto per grave inadempimento del conduttore il contratto di locazione ad uso abitativo sottoscritto, ordinandone l’immediato rilascio e condannando il conduttore a pagare i canoni dovuti, oltre alle spese di lite.
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