Quando la mediazione obbligatoria ha un esito negativo per un errore dell’organismo nel trascrivere il nome di battesimo della persona che deve partecipare alla procedura, spetta alla parte che ha l’onere di attivare la mediazione rimediare. Rinnovare la convocazione avvera infatti la condizione di procedibilità.
Lo ha chiarito la Corte di Appello di Venezia, Sezione II civile, nella sentenza n. 1468 del 10 luglio 2023.
Mediazione obbligatoria ma non esperita
Una società a responsabilità limitata si oppone al decreto ingiuntivo che una società per azioni ha ottenuto dal Tribunale per ottenere il pagamento di uno scoperto di conto corrente, di cui chiede la conferma.
Il giudice dell’opposizione, dopo aver rilevato che la materia della controversia rientra tra quelle per le quali la mediazione è condizione di procedibilità della domanda, concede all’opponente 15 giorni per introdurre la procedura stragiudiziale. L’opponente però non si attiva in questo senso.
Il processo a un certo punto si interrompe, ma poi viene riassunto e il giudice concede alla parte opposta 15 giorni per avviare la mediazione.
Errore di convocazione alla mediazione e richiesta di rimessione nei termini
Parte opposta però chiede di essere rimessa in termini per proporre la domanda di mediazione. La società si era rivolta infatti all’organismo di mediazione per attivare la mediazione e a questo scopo aveva fornito alla stessa il nominativo della controparte.L’opponente però non si era presentato all’incontro e la mediazione si era conclusa negativamente perché l’assenza della parte convocata. Per queste ragioni il tribunale dichiarava la domanda improcedibile e precisava che non era onere della parte opposta introdurre la mediazione.
La decisione viene appellata e in uno dei motivi di appello si afferma la validità della convocazione del soggetto indicato davanti alla Camera Arbitrale. La raccomandata era stata inviata alla residenza del soggetto invitato, inoltre non c’erano indagini sull’incertezza assoluta del soggetto a cui era stata diretta la notifica.
Il termine per attivare la mediazione comunque non è perentorio e la parte onerata si è attivata tempestivamente per avviare la mediazione.
Non solo, la stessa accortasi dell’errore commesso dall’organismo aveva presentato istanza per rinnovare la procedura prima del termine che il giudice aveva stabilito per proseguire il giudizio.
Sono quindi presenti tutte le condizioni per la remissione in termini richiesta. E’ stata infatti l’organismo a commettere l’errore e questo non può produrre effetti negativi nei suoi confronti.
La parte onerata per rimediare all’errore deve convocare di nuovo la parte corretta
La Corte di Appello competente respinge però l’impugnazione. L’istituto della rimessione in termini prevista dall’art. 153 c.p.c. e invocata dall’appellante è applicabile solo al processo.
La mediazione inoltre non si può svolgere in grado di appello. L’articolo 5, al comma 1 bis, prevede il preventivo svolgimento della mediazione obbligatoria in quanto condizione di procedibilità della domanda. L’improcedibilità della domanda però deve essere eccepita dal convenuto o dal giudice, a pena di decadenza, non oltre la prima udienza.
Se questo non si verifica il giudice dell’appello non è obbligato a disporre la mediazione. In grado di appello la mediazione è condizione di procedibilità solo se è il giudice, in base a una sua decisione discrezionale, a disporla.
Condivisibile invece l’osservazione dell’appellante sulla assenza di responsabilità, visto che l’errore che ha portato alla conclusione negativa la mediazione, è stato commesso dall’organismo. La parte in effetti aveva fornito all’organismo il nominativo corretto.
Detto questo, è comunque onere della parte e non dell’organismo avviare una nuova procedura di mediazione, onere che però la parte appellante non ha rispettato.
La stessa infatti, nell’udienza di rinvio fissata dal giudice, si è limitata a chiedere la rimessione in termini, mentre prima di questa udienza si sarebbe dovuta attivare per avviare una nuova mediazione. Se avesse tenuto questa condotta avrebbe potuto chiedere un rinvio d’udienza, che il giudice avrebbe anche potuto concedere.
Sull’onere di avviare la mediazione leggi anche questo articolo “Opposizione al decreto ingiuntivo e mediazione obbligatoria post riforma”.