Le relazioni contrattuali di franchising rappresentano negli Stati Uniti un campo di osservazione privilegiato per lo studio dei metodi di risoluzione delle liti. In base alle regole stabilite dalla Federal Trade Commission, infatti, ogni franchisor è obbligato a tenere a disposizione i documenti che riguardano la soluzione delle proprie controversie con i franchisee per un periodo di 10 anni.
Questo ha consentito a Dunham (Wiggin & Dana) e Geronemus (JAMS) di condurre una ricerca per conoscere a fondo i metodi utilizzati e i risultati raggiunti nella risoluzione delle dispute dalle più grandi catene in franchising del paese.
Il campione utilizzato ha coinvolto 30 tra le 100 più grandi catene, scelte con questo criterio: 10 tra le più grandi catene in assoluto e altre 20 scelte in modo da rappresentare i diversi settori merceologici e dei servizi.
Occorre però un’avvertenza preliminare per quanto riguarda la rappresentatività statistica del campione, poichè due catene (McDonald’s e Subway) hanno contribuito per circa la metà del numero dei casi presi in considerazione, e tre catene (Jani King’s, McDonald’s e Subway) hanno contribuito per circa la metà del numero delle controversie risolte. Un’avvertenza ulteriore invece è necessaria poichè i casi presi in considerazione sono solo quelli in cui una fase della disputa ha comunque portato ad un’azione in giudizio. Non sono state prese in considerazione pertanto le liti conciliate o abbandonate dalle parti prima di adire un tribunale.
Venendo ai risultati della ricerca, circa il 70% dei casi sono stati risolti tramite un accordo conciliativo. Il rimanente risulta così suddiviso: il 16% è stato definito con ordinanza del giudice per questioni procedurali, il 5% con sentenza da parte di una giuria, il 5% con un lodo arbitrale e il 2% con sentenza del tribunale (senza giuria).
Sempre con riferimento ai dati emersi dalla ricerca, mentre quando è stata promossa una causa dinnanzi a una corte statale o federale la vicenda è stata conciliata, rispettivamente, nel 76% e nel 64% dei casi, quando la questione è stata sottoposta ad arbitrato la controversia è stata conciliata solo nel 40% dei casi, arrivando invece sino all’emissione di un lodo nel 60% dei casi.
Nel contesto dell’arbitrato sembra quindi esservi una predisposizione molto meno forte alla conciliazione e questo per diversi ordini di motivi:
– nel giudizio le parti sono indotte più facilmente a conciliare, perchè gli esiti del giudizio sono potenzialmente pericolosi per la sopravvivenza stessa della catena;
– anche se pure l’arbitrato può essere molto oneroso, i costi della discovery nel giudizio creano un incentivo molto forte a trovare un accordo prima della sentenza;
– proprio a causa dei limiti alla discovery stabiliti nell’arbitrato, è meno facile che durante l’arbitrato le parti scoprano qualcosa che le induca a trovare un accordo;
– in quasi tutti i giudizi il giudice sonda il terreno per capire se vi è una possibilità di arrivare alla conciliazione, o addirittura vi sono programmi obbligatori di ADR endo-processuale;
– infine, i processi durano un tempo significativamente più lungo rispetto all’arbitrato, e questo costituisce un incentivo transattivi ulteriore.
Da questa ricerca paiono emergere alcune linee guida per la soluzione delle liti aventi ad oggetto relazioni di franchising.
Alcuni franchisors adottano una linea restrittiva riguardo alla possibilità di arrivare ad un accordo, ma questo è un lusso che non tutti possono permettersi.
Specialmente all’inizio della vita di una catena commerciale, il contenzioso rischia di deviare energie finanziare e organizzative che sono essenziali per la crescita e lo sviluppo del sistema.
A seconda del tipo di controversia, un esito negativo del giudizio o dell’arbitrato o le campagne negative condotte dai franchisees in lite potrebbero rendere difficili nuove affiliazioni. Anche se in misura minore, questo vale pure per le catene già avviate, poichè ogni controversia potrebbe influire sull’equilibrio complessivo delle attività commerciali.
Su un piano più generale, e che non riguarda solo il franchising, questa ricerca ha evidenziato come in molti casi la qualità degli avvocati abbia un effetto diretto sulla qualità dell’accordo. A questo proposito è prudente porsi alcune domande: se il processo sarà celebrato di fronte a una giuria, quante volte il legale ha già avuto una simile esperienza? È realmente un esperto di franchising? È preparato sui fatti, oppure appare disorganizzato e sembra ansioso di chiudere l’accordo?
Sia franchisors che franchisees sono consapevoli che il contenzioso tradizionale troppo spesso comporta un dispendio intollerabile di tempo, energie e denaro, insieme alla possibilità di un esito imprevedibile.
Tuttavia, come afferma Marc Galanter, il raggiungimento di una conciliazione soddisfacente spesso può anche dipendere dalla possibilità di rivolgersi a un giudice.
Nonostante quindi i forti incentivi alla soluzione negoziata delle dispute, non si può pensare che il giudizio e l’arbitrato vengano di qui a breve completamente rimpiazzati, anche perchè svolgono una funzione essenziale nel costituire un punto di riferimento per ogni negoziato.
Giuseppe De Palo
Luigi Cominelli
Tratto da: Dispute Resolution Alert – JAMS – Edward Wood Dunham e David Geronemus