Il valore
In che modo creare valore? Chi se ne approprierà ? Quando si preparano al processo di contrattazione, i negoziatori dovrebbero porsi entrambe queste domande. In ogni caso, la risposta non è certa. La potenziale creazione di valore dipende fondamentalmente dalla differenza che intercorre tra i propri interessi e quelli della controparte. Raramente gli interessi delle altre parti risultano chiari; ed anche se vengono rivelati durante il processo di negoziazione, potrebbero non essere perfettamente compresi.
Prendiamo la contrattazione in corso tra Frank Park e il suo acquirente, la società Aurora. Ci sono voluti mesi prima di capire che il proprietario della seconda compagnia stimava il suo valore a un livello molto più alto rispetto allo stesso Park. Invece di una ZOPA (area di possibile accordo) c’era un divario significativo tra il prezzo più basso che il venditore era disposto ad accettare e il prezzo massimo che l’acquirente era disposto a pagare.
Solo alla fine le due parti si sono rese conto che se da un lato questa differenza di valutazione precludeva un determinato tipo d’accordo, dall’altro offriva l’opportunità per un nuovo affare. Il fatto che le due compagnie attribuissero un diverso valore ad “Aurora” non significava infatti che fossero entrambe in torto. Il proprietario di Aurora potrebbe aver avuto diverse esigenze di portafoglio e differenti opportunità d’investimento, o forse potrebbe essere stato contattato da un altro offerente segreto che potrebbe avergli offerto $14.000.000, o ancora potrebbe aver visto possibili sinergie con altre società . Park potrebbe aver avuto aspettative diverse per il lungo termine per quanto riguardava la vitalità economica del settore della tv via cavo, data la nascita di nuove tecnologie.
Le differenze sono il punto centrale per la creazione di valore in un processo di negoziazione. Dopo tutto, se entrambe le parti fossero state completamente d’accordo sul valore economico delle loro società , sarebbero state sicuramente poco stimolate a vendere o a comprare. Non sarebbe valsa la pena di discutere su un accordo; per non parlare dei costi che si sarebbero dovuti sostenere per perseguire l’affare. Riuscendo a trovare un punto d’accordo sulla vendita del sistema di tv via cavo le parti hanno creato quindi un surplus di valore di 3.5 milioni di dollari, che riflette le loro differenti aspettative sul futuro del business della tv via cavo e sulle nuove opportunità d’investimento. A seconda di come oscilla il prezzo concordato, vale a dire se si avvicina di più a $11.000.000 o a $14.500.000, la porzione maggiore di questo valore potrebbe andare a una parte o all’altra.
Nella maggior parte dei casi, incluso questo, ci sono molte più questioni in gioco che non semplicemente quella del prezzo. Questo significa che ci sono vari aspetti su cui le parti possono non essere d’accordo e su cui di conseguenza possono creare valore. Tuttavia, affrontare più questioni richiede anche un nuovo modo di visualizzare quanto valore viene prodotto e chi prende cosa.
Di seguito troviamo un semplice esempio. Supponiamo che le due parti coinvolte nel caso della tv via cavo si siano accordate di massima su un pagamento in contanti di $14.500.000. Qualunque variazione sul prezzo andrebbe a vantaggio di una parte e a scapito dell’altra. In questo modo tutto il processo verrebbe bloccato a meno che le parti non riuscissero a tirare in ballo altre questioni. Che cosa succederebbe ad esempio se scoprissero che l’accordo potrebbe essere strutturato in modo da risparmiare $1.000.000 netti sulle tasse? Se questo risparmio riuscisse di fatto ad abbattere i costi netti, l’acquirente potrebbe decidere di aumentare il prezzo nominale.
Se l’acquirente avesse un tale risparmio sull’acquisto, pagherebbe in realtà solamente $13.500.000, lasciando il venditore in una situazione identica a quella prevista nell’accordo iniziale. In alternativa, il venditore potrebbe usufruire della detrazione dalle tasse aumentando il suo guadagno senza rendere l’accordo più dispendioso per l’acquirente. Più probabilmente le parti si dividerebbero in qualche modo i benefici del risparmio sulle tasse, e di conseguenza ciascuna di esse si troverebbe avvantaggiata rispetto ad una transazione diretta in contanti.
Questo tipo di creazione del valore può essere rappresentato con un grafico bidimensionale della ZOPA.
Sull’asse verticale troviamo gli interessi del venditore: i valori in alto sono i migliori per lui. Sull’asse orizzontale, invece, sono rappresentati gli interessi dell’acquirente: i valori che si trovano all’estremità destra sono i migliori per lui.
Il punto A indica l’accordo in contanti di $14.500.000 che le parti hanno provvisoriamente raggiunto. La linea BC rappresenta accordi alternativi che potrebbero produrre un risparmio di $1.000.000 sulle tasse. La lettera B indica il punto dove il risparmio andrebbe tutto al venditore mentre la lettera C il punto dove andrebbe interamente all’acquirente. Questo semplice grafico mostra alcune regole chiave del processo di negoziazione:
1. E’ possibile raggiungere accordi che generino un guadagno per entrambe le parti. Tutti i punti sulla linea BC sono superiori al punto A, quello dell’accordo originale.
2. La creazione di guadagni comuni non significa necessariamente che questi vengano divisi equamente. La maggior parte o addirittura tutto il guadagno potrebbero andare a una sola parte.
3. Aumentare la torta per poi dividerla fa parte dello stesso processo.
E’ un grave errore credere che nella negoziazione ci siano solo due opzioni, vincere o perdere (win-lose), e che i propri interessi debbano essere perseguiti ai danni di qualcun altro. Nel grafico E, qualunque accordo posizionato nella parte nord-est del grafico rappresenta un guadagno comune tangibile. Tuttavia, è sbagliato guardare al processo di negoziazione solo come a un processo in cui si vince entrambi (win-win). Le parti possono contrattare strenuamente su chi prenderà quale porzione del risparmio. Se le parti risultano troppo ostinate potrebbero perdere parte del potenziale guadagno e perfino mettere in pericolo l’esito dell’accordo. Ma avere un atteggiamento troppo ingenuo o docile può essere ugualmente una risposta sbagliata, perchè permette all’altra parte di “accaparrarsi” l’intero valore.
I negoziatori quindi devono “gestire la tensione tra generare valore e appropriarsi del valore in questione”. Solitamente per generare valore è necessario rivelare informazioni ed effettuare brainstorming e tali rivelazioni possono essere qualche volta sfruttate, soprattutto se riguardano le nostre priorità assolute o la mancanza di buone alternative. Nel nostro esempio, questo significa che Park potrebbe essere cauto nel rivelare il suo desiderio di continuare la sua programmazione locale. Se anche Aurora avesse questa priorità , Park potrebbe essere in grado di ottenere garanzie al riguardo senza sacrificarsi molto sul prezzo e su altre questioni. Dall’altro lato, se egli dovesse tenere nascosti i suoi reali interessi, sarebbe assurdo pensare che l’altra parte li possa soddisfare.
Creando la giusta atmosfera per la risoluzione dei problemi, le parti possono individuare una serie di questioni che affrontate insieme massimizzino i benefici. Nell’esempio della società di tv via cavo, questo potrebbe riguardare la struttura finanziaria dell’accordo (come per esempio un bonus se il nuovo proprietario rivenderà entro breve, un ruolo transitorio per l’ex proprietario, la sicurezza del posto di lavoro per i vecchi dipendenti). Questo processo dovrebbe proseguire fino al punto in cui il vantaggio di una parte non può continuare ad aumentare senza creare danni all’altra. Questo punto viene denominato “ottimo paretiano”. Naturalmente, certi affari possono apportare grande valore mentre altri possono risultare troppo complicati e controversi per essere realizzabili. Si riusciranno a selezionare le idee migliori solo se le parti dimostreranno di avere buon intuito sulle priorità dell’altro.
In conclusione, nel processo di negoziazione il valore viene generato capitalizzando le differenze, e non necessariamente cercando un terreno comune. Le differenze possono essere nella valutazione, nelle aspettative, nei tassi di sconto o nell’attitudine al rischio. Se tutte queste differenze non verranno sfruttate in maniera costruttiva, le parti perderanno opportunità da cui potrebbero ottenere entrambe benefici.
Gli ostacoli
Quali sono gli ostacoli che potrebbero impedire il raggiungimento di un accordo (o la massimizzazione del valore) e come superarli? L’esistenza di una “zona di possibile accordo” (ZOPA) e l’opportunità di un guadagno comune non garantiscono comunque l’accordo. Diversi rilevanti ostacoli si possono presentare lungo il cammino. Individuare tali ostacoli -e le soluzioni per superarli- è un fattore chiave nell’analisi della negoziazione.
Il primo ostacolo è l’approccio strategico. Le parti bluffano in modo esagerato. Un venditore di automobili potrebbe voler in segreto accettare un’offerta di $18.000, ma tenere duro con il cliente nella speranza che quest’ultimo aumenti l’offerta. Questa cifra potrebbe essere però l’offerta più alta a cui l’ acquirente può arrivare. Quando il cliente se ne va, frustrato dalla dura contrattazione avuta con il venditore, entrambe le parti hanno perso un accordo potenzialmente interessante.
La stessa dinamica può anche verificarsi quando ci sono opportunità per creare valore. Nella trattativa tra Frank Park e la società Aurora, ciascuna delle parti potrebbe ambire alla fetta più ampia di risparmio sulle tasse. Se ognuno di essi si dichiara con le spalle al muro, sarà poi difficile che si facciano concessioni. Se cavillano su ogni questione rischiano di perdere un guadagno comune. D’altro canto, se uno dei due cede troppo facilmente all’altro, non otterrà molti benefici. Le strategie ben elaborate devono considerare e soppesare in maniera corretta vantaggi e rischi delle specifiche tattiche di contrattazione. Definire in maniera ferma ciò che è accettabile per noi può aumentare le possibilità di ottenere una buona porzione di questo valore, ma comporta il rischio di eccedere quello che è disposta ad accettare l’altra parte. Come già specificato, questo è intrinseco nel creare e nell’ottenere valore.
Entrambi gli esempi mostrano anche un secondo tipo di ostacolo, quello psicologico o interpersonale. Le parti ad esempio possono mancare di fiducia o avere problemi di comunicazione. Ognuna di esse può nutrire sospetti che nascono da precedenti esperienze o da stereotipi sociali. Forse il venditore di automobili di cui stavamo parlando poco fa è veramente onesto, e tuttavia il cliente potrebbe dare per scontato che “è uguale a tutti gli altri”. Se fosse veramente così, è probabile che il possibile acquirente non crederà all’onesta offerta di un buon servizio. Quando il venditore affermerà che il prezzo che sta proponendo è effettivamente il migliore che possa fare, l’acquirente potrebbe credere che si tratti solo di una tattica per ottenere il più alto profitto.
Anche le emozioni ricoprono un ruolo di primo piano nel processo di contrattazione. Spesso entra in gioco anche il modo in cui si percepisce il potere e lo status. E’ nella natura della contrattazione il fatto di non riuscire mai a controllare completamente il proprio destino. Questo può essere destabilizzante, specialmente quando la posta in ballo è alta. E’ facile quindi considerare l’altra parte un antagonista, qualcuno che si è frapposto tra noi e l’obbiettivo a cui tanto aspiriamo e che ci spetta. Questi atteggiamenti possono indurre a mettersi sulla difensiva, creando spesso sentimenti d’ostilità . I sentimenti poi possono facilmente degenerare fino al punto in cui si perde totalmente di vista l’obiettivo finale. Gli ostacoli interpersonali si possono ampiamente superare attraverso un’abile gestione dello stesso processo di negoziazione.
Il terzo ostacolo è di carattere istituzionale. Durante la contrattazione intercorsa tra Frank Park e C-Com, le parti sedute al tavolo delle trattative potrebbero aver immaginato soluzioni creative per riuscire ad adattare l’accordo alle diverse e specifiche esigenze, e tuttavia tali idee potrebbero essere entrate in conflitto con la politica aziendale. Anche i vincoli legali possono impedire la creazione di valore. Per esempio, un costruttore che voglia edificare in modo più intensivo un lotto di terreno potrebbe voler donare d’altro lato un pezzo di terra da sfruttare come area verde. Tuttavia, anche se l’operazione commerciale fosse ampiamente accettata, potrebbe rivelarsi comunque illegittima. Superare gli ostacoli istituzionali può richiedere la creazione di nuove politiche (in questo caso, l’emanazione una nuova ordinanza sui diritti di sviluppo cedibili). A volte, una contrattazione particolare può fungere da catalizzatore per conseguire innovazioni più ampie nell’ambito della negoziazione e della risoluzione delle controversie.
Il potere
In che modo le parti possono influenzare il processo di negoziazione e il suo esito finale? Può sembrare strano che in un capitolo sull’analisi della negoziazione sia stato poco menzionato il “potere contrattuale”. Sebbene il termine sia abbastanza familiare, gli stessi esperti di negoziazione non concordano sul suo esatto significato.
Il potere di contrattazione molte volte viene considerato semplicemente come la forza o la debolezza del proprio BATNA (l’alternativa ad un mancato accordo), e tuttavia tale definizione non risulta d’aiuto. Ricevere una magnifica offerta di lavoro è un’ottima cosa, ma rimane pur sempre il fatto che gli ulteriori possibili datori di lavoro non vi pagheranno un centesimo in più rispetto a quello che ritengono valiate. Un buon BATNA ci tutela dal dover accettare troppo poco. Allo stesso modo, anche se nella contrattazione abbiamo un “punto di rottura” basso, ciò non vuol dire che ci troviamo in una posizione di contrattazione debole o svantaggiata. L’altra parte potrebbe non sapere che avete poche opzioni, ma in ogni caso potrebbe voler valutare quello che avete da offrire. Il modo in cui l’altra parte percepisce il proprio BATNA può avere un maggiore impatto sul vostro potere rispetto a come voi percepite il vostro.
Il potere può quindi avere diverse facce nel processo di negoziazione. Pensate al proverbio: “Se dovete ad una banca $10.000, avete un problema, se dovete alla banca $10.000.000, sono loro ad avere un problema”. Nessuno vorrebbe trovarsi sull’orlo del tracollo finanziario, e tuttavia le persone che si trovano in questa situazione hanno poco da perdere, e quindi la contrattazione con loro può risultare più difficile.
Prendiamo ad esempio i negoziati sugli ostaggi intercorsi tra l’amministrazione del Presidente Carter e gli studenti rivoluzionari che occuparono l’ambasciata americana a Tehran nel 1979. Il Dipartimento di Stato americano era ben strutturato e possedeva uno staff di analisti di altissimo livello. Dall’altra parte, gli studenti iraniani mancavano di organizzazione ed erano coinvolti in una rete di relazioni assolutamente mutevole con il nuovo governo; il governo per di più era già soggetto a conflitti interni. Anche in questo caso la parte apparentemente forte era debole, mentre quella debole era in realtà più forte. Nello specifico, gli iraniani potevano minacciare gli USA, sapendo che le loro richieste sarebbero state considerate e analizzate in maniera razionale, gli Stati Uniti invece non sapevano minimamente da che parte indirizzare i loro sforzi.
Invece di pensare al concetto di potere in modo astratto, è più utile individuare i modi con cui poter cambiare a proprio favore la struttura di base del processo di negoziazione. Questo può voler dire ridefinire il ruolo delle parti. Nel caso dell’acquisto di un autovettura questo significa parlare con il direttore della filiale, non con il venditore. Per Frank Park, il nostro proprietario di sistemi per la tv via cavo, questo ha significato analizzare diversi accordi simultaneamente.
Un altro aspetto strutturale è il tempo. Stabilire delle scadenze può infatti spingere le persone a raggiungere un accordo. Alcuni datori di lavoro usano la tattica eticamente contestabile denominata delle “exploding offers”, per cercare di impedire ai loro possibili futuri dipendenti di usare la loro offerta per vedere se i concorrenti rilanceranno. Le scuole, invece, cercano di creare per i loro studenti un ambiente favorevole alla negoziazione stabilendo regole su quando e dove i colloqui di lavoro dovranno avere luogo.
Un altro modo ancora per “esercitare il potere” è quello di attaccare il BATNA dell’altra parte: invece di cercare di rendere appetibile l’offerta si cerca di peggiorare tutte le conseguenze negative e gli svantaggi insiti nel non accettare l’offerta. Quest’atteggiamento è discutibile e pericoloso, ma non è inusuale. Le persone spesso fanno causa pensando che questo porterà l’altra parte al tavolo delle trattative. Allo stesso modo, i sindacati indicono scioperi nella speranza di riuscire a costringere i propri datori di lavoro ad aumentare la busta paga. I datori di lavoro, invece, attuano una serrata sperando che le richieste dei lavoratori si ridimensionino. Persino la guerra è raramente fine a sè stessa. Come disse Von Clauswitz, è piuttosto “un modo di far politica con altri mezzi”.
Qualunque sia il contesto, tali attacchi invitano alla ritorsione. Solitamente le persone non prendono bene il fatto di essere minacciate, specialmente se ritirandosi pubblicamente dovessero perdere la faccia. Quando le minacce volano, i semplici fraintendimenti possono facilmente degenerare in quella che sarà ritenuta una battaglia di principio. La maggior parte degli scioperi alla fine rientrano e la grande maggioranza delle cause vengono risolte ancor prima di finire in giudizio, ma spesso solo dopo che tutte le parti hanno perso molto.
Il potere di contrattazione è, in breve, la manifestazione di complessi fattori circostanziali, ma è anche una questione di percezione. Possedere un buon BATNA ci darà poco vantaggio al tavolo delle trattative, a meno che le parti in gioco siano realmente convinte che siamo disposti ad abbandonarlo. Viceversa, si dimostra potere nel convincere le altre parti che siamo disposti ad aspettare in eterno per ottenere i termini che vogliamo. Nei colloqui di pace svoltisi a Parigi per risolvere la guerra del Vietnam, la delegazione del Vietnam del nord dimostrò la sua determinazione affittando subito il suo quartier generale per i successivi due anni.
Il potere di contrattazione è anche il riflesso di conoscenze e abilità . Le persone che capiscono i termini della questione sono maggiormente in grado di aumentare il valore e ottenere condizioni favorevoli. Queste persone potrebbero anche conoscere altre parti che possano essere coinvolte nell’accordo per aggiungere valore o fornire ulteriori incentivi alla conclusione. L’abilità nel gestire una negoziazione implica vari tipi di capacità : dalla visione strategica alla creatività , dalla persuasività all’autostima. I negoziatori inesperti a volte bruciano buone opportunità senza neanche accorgersene. I negoziatori esperti tirano fuori il meglio da qualunque tipo di affare abbiano tra le mani.
L’Etica
Qual è la cosa giusta da fare? La negoziazione inevitabilmente coinvolge altre persone e organizzazioni. Ne consegue che i negoziatori devono individuare i principi che guidano le loro strategie e tattiche. Nello specifico, ci sono cinque domande che i negoziatori si dovrebbero porre se vogliono agire in modo responsabile.
Primo, che cosa si deve (se si deve realmente qualcosa) all’altra parte in termini di onestà ? Per esempio, se un venditore di auto vi dovesse chiedere: “Mi dica onestamente, qual è la cifra massima che è disposto a pagare per questa favolosa automobile?”, siete veramente disposti a rivelare quest’informazione? La maggior parte della gente risponderebbe di no, sebbene non sia in grado di spiegare il perchè. Il libro di Sisela Bok Lying (Mentire) fornisce strumenti pratici per affrontare tali questioni, che implicano tra le altre cose anche il tenere in considerazione quello che l’altra parte farà con le informazioni che ha a disposizione, se quella stessa persona saprà ricambiarci con la stessa onestà , ma anche se ci si aspetta veramente da noi una risposta sincera.
In tali particolari circostanze ci possono essere profonde motivazioni etiche per cercare di non rispondere in maniera diretta a questa domanda. Secondo Bok e altri, ci possono anche essere valide distinzioni tra la palese falsità e il semplice silenzio. Anche fattori circostanziali possono entrare in gioco. Quando ci troviamo a trattare con venditori professionisti possiamo essere sicuri della loro volontà e abilità nel proteggere i propri interessi. D’altro canto, quando ci ritroviamo cinque anni dopo a rivendere la stessa automobile a un giovane neopatentato, vorremmo poter fornire un grado di sincerità più elevato.
Un secondo insieme di domande riguarda l’equità degli accordi che vengono raggiunti. Nello specifico, dovremmo preoccuparci dell’onestà di un accordo? Ossia, è importante il modo in cui viene suddivisa la torta e chi prende la fetta più grande? Ancora una volta gli studiosi hanno scritto molto sull’equità distributiva. In alcune situazioni, vi sono argomenti validi in favore del caveat emptor, o “stia in guardia il compratore”. Alcuni economisti sostenitori del libero mercato controbattono che il bene più grande si ottiene se tutti hanno un incentivo a badare ai propri interessi.
Altri affermano invece che questa visione è limitativa e che nello specifico trascura l’impatto di rispettabilità a lungo termine. Anche questa è una visione utilitaristica, pure se ci dà una visione più ampia degli interessi personali. Alcuni filosofi andrebbero oltre dicendo che nessuno dovrebbe arricchirsi a spese degli altri. Una visione collettivistica affermerebbe che tutti perdiamo qualcosa se tutti ci trattassimo come attori economici invece che come esseri umani legati da relazioni interpersonali che danno un senso alla vita. Questo naturalmente porta a domandarsi “quanto ricco” e “a quale prezzo”.
Un terzo quesito implica il potenziale uso della forza nel processo di negoziazione. E’ illegale chiedere denaro puntando una pistola alla testa di qualcuno. Ma se l’uso della forza fisica è sbagliato, come considerare l’utilizzo della pressione economica su qualcuno? Secondo alcune ricerche, molti pensano che non sia giusto che un negozio di ferramenta aumenti i prezzi delle pale da neve subito dopo una forte nevicata, eppure nessuno si lamenta del fatto che i ristoranti aumentino il costo dell’happy hour proprio alle sei del pomeriggio, quando i clienti iniziano ad aumentare. L’opinione popolare è molto contraddittoria su tali questioni. Ai viaggiatori che vogliono partire all’ultimo minuto non piace pagare una cifra più alta per i loro biglietti. Al contrario, i dirigenti delle compagnie aeree vedono le tariffe differenziate come un modo per regolare la domanda e quindi rendere il lavoro più efficiente. Quello che al consumatore sembra un furto è per la compagnia aerea l’allocazione razionale di una risorsa scarsa.
Gli studiosi discutono anche su questo tipo di questioni. Una riflessione utile rigarda il fatto che le parti abbiano o meno alternative praticabili. Una cosa è chiedere $1.000.000 per uno yacht. Un’altra è chiedere la stessa cifra per un’operazione vitale. Per alcuni un altro fattore potrebbe essere quale sia la responsabilità della persona per il fatto di trovarsi in una posizione di necessità . (Questo spiega perchè le compagnie aeree non richiedono tariffe piene in caso di gravi malattie o decessi in famiglia).
Un quarto ambito di questioni morali riguarda l’impatto della negoziazione sui terzi. Anche se le parti sono soddisfatte dei loro accordi, esse sono obbligate a pensare in che modo quest’accordo influenzerà le persone che non sono sedute al tavolo delle trattative? Un’agenzia per lo sviluppo economico potrebbe convincere un industriale a costruire una nuova industria nella sua città . In fin dei conti il progetto sarebbe conveniente per la comunità , in quanto porterebbe nuovi posti di lavoro e aumenterebbe gli introiti fiscali. I proprietari dei terreni confinanti tuttavia in qualche modo ne risentirebbero, visto che il loro tranquillo quartiere verrebbe trasformato in un’area industriale. Oltre a perdere la tranquillità , questi cittadini potrebbero soffrire anche una perdita economica se il valore delle loro abitazioni crollasse repentinamente. Anche se queste persone non avessero le ragioni giuridiche o il potere politico per bloccare l’accordo, si dovrebbero in ogni caso ignorare le loro preoccupazioni?
In un certo senso, questo è semplicemente un altro modo per parlare della questione dell’equità sollevata in precedenza, con l’unica differenza che qui non tutte le parti sono sedute al tavolo delle trattative. Se un intervento politico potrebbe garantire a queste persone una certa forma di protezione, ci sono certamente altre situazioni in cui i cittadini hanno un interesse in gioco ma nessuna voce in capitolo. Sembrerebbe che Frank Park, il proprietario del sistema per la tv via cavo, al momento della vendita della sua società abbia riconosciuto questa situazione come un problema. I suoi valori personali lo hanno spinto ad assicurarsi che i suoi impiegati fedeli fossero ricompensati, e che la comunità locale potesse continuare ad usufruire di un buon servizio.
Infine, possono esservi questioni morali difficili quando si è in trattative per conto di altri. In teoria, i conflitti di interesse tra un rappresentante (diciamo un avvocato) e il suo cliente potrebbero essere risolti riferendosi alle condizioni alle quali il rappresentante è stato assoldato oppure consultando le norme professionali. Nella pratica, tuttavia, nascono seri problemi. Che cosa succederebbe per esempio se un avvocato fosse convinto che un’offerta fosse decisamente più vantaggiosa di quella che il cliente potrebbe aspettarsi da un processo, ma quest’ultimo alla fine decidesse di rifiutarla? Il conciliatore dovrebbe rimanere indifferente di fronte a squilibri di potere che potrebbero poi portare ad accordi iniqui? E soprattutto, le persone devono abbandonare i loro valori e le regole personali nel momento in cui accettano un lavoro con responsabilità aziendali? Il libro di Atthur Applebaum, Ethics for Adversaries (Etica per gli avversari), rifiuta l’idea che tattiche di contrattazione considerate scorrette se applicate personalmente, possano in qualche modo diventare ammissibili se utilizzate per conto del proprio datore di lavoro.
Nessuna di queste questioni etiche è facile, che si parli di onestà , equità , forza, impatto sui terzi o conflitti tra rappresentante e rappresentato. La loro difficoltà costituisce in realtà una ragione in più per non improvvisare le proprie regole etiche al tavolo delle trattative. Durante il processo di negoziazione sono le nostre parole e le nostre azioni a definire la relazione con le altre persone. La strategia e le tattiche di negoziazione devono quindi essere basate su principi considerati e analizzati scrupolosamente. Agire prima e poi cercare a posteriori una ragione per giustificare il proprio comportamento può essere pericoloso per noi e per gli altri.
Conclusioni
La negoziazione efficace richiede un quadro in cui siano resi coerenti mezzi e fini. Il quadro qui presentato richiede una chiara valutazione di tutte quelle che sono le alternative all’accordo delle parti in causa (BATNA). Identificare i loro interessi fondamentali come fonte di potenziali accordi che generino valore è ugualmente importante. L’attenta analisi di negoziazione vuole anche dire riconoscere e saper individuare i possibili ostacoli al raggiungimento di un accordo, ma anche elementi strutturali che potrebbero essere vantaggiosamente “riaggiustati”. Tutti questi compiti possono anche celare questioni morali ed etiche.
I concetti illustrati in questo capitolo sono stati estrapolati da una serie di esempi: dalla compravendita di automobili e aziende alla negoziazione sugli ostaggi e ai conflitti internazionali. L’analisi sulla negoziazione può trarre lezioni pratiche da tutti questi casi. Il contenuto di queste lezioni a sua volta può essere ampliato ed approfondito da una serie di discipline, come per esempio la teoria dei giochi, l’analisi decisionale, la psicologia sociale e cognitiva. Attraverso lo studio formale e la riflessione sulla propria esperienza personale e su quella degli altri si può sviluppare un quadro concettuale che ci permetterà di creare strategie di negoziazione, invece d’improvvisarle.
Una rigorosa analisi della negoziazione è indispensabile per la riuscita, ma da sola non è sufficiente. La strategia deve essere realizzata con abilità e lungimiranza. L’abilità nel saper ascoltare e persuadere è un grande valore. Così come anche la pazienza (e qualche volta anche l’umorismo). Inoltre, poichè la negoziazione è “interattiva”, il successo dipende anche dall’attitudine e dall’abilità creativa della controparte. La vostra strategia di negoziazione dovrà quindi incoraggiare le persone con cui tratteremo ad avere un atteggiamento costruttivo.
Michael Wheeler