Nel caso Philip M. Saeta v. the Superior Court of Los Angeles Country, deciso con sentenza martedì 30 marzo 2004, il Second District Court of Appeal ha stabilito che un collegio per il riesame di un licenziamento non costituisce un procedimento di ADR in senso stretto, negando così l’estensione dell’esenzione dell’obbligo di testimoniare ai componenti di quel tipo di collegio.
Afferma la Corte che riconoscere ai collegi per il riesame dei licenziamenti il diritto alla riservatezza significherebbe concedere loro un diritto nuovo che non trova riscontro nella legge: e neppure può la Corte “rielaborare l’istituto dei collegi per il riesame per farli rientrare nell’ambito di applicazione delle norme sulla riservatezza”.
La facoltà di non testimoniare in futuri processi riconosciuta ai terzi neutrali va interpretata in modo assolutamente restrittivo, per limitare la possibilità che siano escluse prove rilevanti. Poichè il modo in cui il collegio di riesame è stato composto e quello in cui sono state tenute le udienze non si accorda con le definizioni di arbitrato e di conciliazione, tali diritti, secondo la Corte, non trovano applicazione.
Il caso
Kathleen Dent, essendo stata licenziata dopo due anni dal The Farmers Insurance Group, si appellò ad una clausola inserita nel contratto di lavoro che ammetteva che la questione potesse essere riesaminata da un apposito collegio. Nel suo caso, il collegio era composto da un dipendente dell’impresa scelto dalla Dent, un altro scelto dalla stessa Farmers ed un terzo, Philip Saeta, designato di comune accordo dai primi due membri.
Dopo alcune udienze, il collegio dichiarò legittimo il licenziamento della Dent. Quest’ultima intentò una causa chiedendo i danni per l’inadempimento del contratto e chiamò a deporre Saeta, il quale rispose ad un certo numero di domande, ma rifiutò di rispondere a quelle sulle udienze del collegio per il riesame e sulle dichiarazioni fatte in quella sede, invocando un privilegio contenuto nel California Evidence Code. Il Tribunale non accolse l’argomento di Saeta e lui ricorse in appello.
Il privilegio che Saeta invocava si trova nella sezione 703.5 del California Evidence Code, ai sensi del quale “nessuna persona che abbia presieduto un procedimento giudiziale o quasi giudiziale e nessun arbitro o conciliatore dovrebbe essere ammesso a testimoniare in un procedimento civile, o a rendere o ad assumere alcuna dichiarazione, condotta, decisione o sentenza in un procedimento successivo o concorrente relativo al medesimo caso”.
Sia la Farmers che la Dent erano d’accordo nell’affermare che il riesame fatto dal collegio non rappresentava nè un arbitrato nè una conciliazione. Stando a quanto affermato dalla Corte d’Appello, l’arbitrato implica strutturalmente la presenza di un arbitro terzo, l’emissione di un lodo finale vincolante ed un minimo di imparzialità della parte neutrale. A tacer d’altro, il collegio per il riesame della Farmer era composto da tre membri nessuno dei quali dotato del potere di emettere una decisione vincolante.
Inoltre, nessuna parte aveva chiesto l’omologazione della pronuncia del collegio per il riesame, la quale indicava a chiare lettere che la Farmer non voleva che le udienze in quella sede costituissero un arbitrato, dal che la Corte ha definitivamente concluso che il procedimento del collegio per il riesame non costituiva un arbitrato e, di conseguenza, Saeta non poteva invocare il privilegio di cui alla sezione 703.5 del California Evidence Code.
E neppure poteva invocare il privilegio di cui alla sezione 1119, a norma della quale le comunicazioni fatte durante un procedimento di conciliazione sono riservate e confidenziali ed il conciliatore non può essere costretto a testimoniare: infatti, sempre secondo la Corte, la conciliazione, che può essere sia facilitativa che valutativa, si svolge alla presenza di uno o più terzi neutrali che assistono le parti nella risoluzione delle loro controversie, mentre il collegio per il riesame così come delineato nel caso di specie non avrebbe aiutato le parti nella ricerca di un accordo accettabile per entrambe. Esso rappresentava, piuttosto, una mera condizione prevista dal contratto, da adempiersi prima che la Dent potesse essere definitivamente licenziata.
Ha concluso la Corte affermando che “i privilegi accordati dall’Evidence Code hanno un’ampia portata, ma sono strettamente costruiti per essere applicati solo a specifici tipi di procedimento”.