Recenti norme nel Regno Unito hanno introdotto un procedimento di risoluzione alternativa delle controversie strutturato in tre diverse fasi. Tale novità riguarda tutte le vertenze in materia di lavoro, sia a carattere disciplinare che di licenziamento, al fine di promuovere la conciliazione all’interno dei luoghi di lavoro e ridurre così il carico giudiziale presso i tribunali.
Ai sensi del nuovo Dispute Resolution Regulations of the Employment Act del 2002, entrato ufficialmente in vigore il 1 ottobre 2004, le vertenze non possono essere sottoposte al giudizio delle Corti Britanniche fino al momento in cui non siano stati esperiti infruttuosamente tutte e tre i tentativi di risoluzione alternativa della controversia.Tanto i dipendenti, quanto i datori di lavoro sono perciò passibili di multe, nel caso in cui non rispettino tale percorso prima di ricorrere al giudice.
Antonia Evans, manager per lo sviluppo e la ricerca presso il Centre for Effective Dispute Resolution (CEDR) di Londra, ha reso noto che il numero delle controversie di lavoro sottoposte al giudizio delle corti è in incremento ogni anno, e che le nuove norme sono un tentativo finalizzato a convogliare le stesse all’interno di procedure di risoluzione alternativa delle controversie nei luoghi di lavoro.
Altro obiettivo delle nuove regole, sempre secondola Evans, è consentire che i lavoratori e i datori di lavoro comunichino meglio quando sorgono delle controversie sul luogo di lavoro. Per questo motivo, il CEDR conta su un incentivo a favore dei datori di lavoro affinchè vengano introdotte clausole che sanciscono l’utilizzo dell’ADR all’interno dei contratti di lavoro, e venga contestualmente perciò da parte loro data una maggiore considerazione alla conciliazione.
Le norme prevedono che i datori di lavoro che intendano intraprendere un’azione disciplinare o intendano licenziare un lavoratore, nonchè i lavoratori che intendano contrastare tali iniziative, in primo luogo si informino a vicenda in forma scritta, e successivamente partecipino ad un incontro faccia a faccia nel tentativo di risolvere la controversia.
Se la negoziazione è senza successo, e il datore di lavoro intende proseguire con le sue iniziative, il lavoratore ha il diritto di proporre impugnazione contro il provvedimento adottato dal datore di lavoro, con un conseguente nuovo incontro faccia a faccia tra quest’ultimo e il datore di lavoro, il quale però è tenuto ad informare il lavoratore circa l’ulteriore azione che egli intraprenderà in seguito.
Se il datore di lavoro non partecipa agli incontri e la controversia sfocia nel licenziamento del lavoratore, quest’ultimo ottiene il diritto ad un risarcimento pari ad almeno quattro settimane di salario, ed ogni compenso dovuto in aggiunta al lavoratore subisce un incremento dal 10% al 50%, visto che il suddetto licenziamento viene considerato ingiusto. La sanzione prevista, invece, per un lavoratore che non prende parte agli incontri consiste nella riduzione di ogni risarcimento dal 10% al 50%.
Secondola Guida sulle nuove regole diffusa dal Governo, i datori di lavoro che già abbiano adottato programmi di conciliazione interni, debbono adeguarsi al nuovo procedimento in tre fasi, mentre coloro che ancora non abbiano previsto alcun programma dovranno adeguarsi quanto prima. I datori di lavoro debbono inoltre informare i lavoratori dei loro nuovi diritti.
La Guida stabilisce, inoltre, che i lavoratori e i datori di lavoro devono comportarsi in modo ragionevole durante tutte le fasi del procedimento; ogni passo deve essere adottato, cioè, senza “irragionevoli ritardi”. I lavoratori hanno peraltro il diritto di essere accompagnati da un collega o da un rappresentante sindacale, entrambe le parti devono essere messe in grado di esprimere le proprie rispettive posizioni e gli orari e i luoghi degli incontri devono essere in ogni caso ragionevoli.