Negli Stati Uniti, la Dispute Resolution Section dell’ABA (American Bar Association) ha redatto tre nuovi interessanti progetti in materia di conciliazione.
Secondo il primo di tali progetti, le corti sarebbero chiamate a stabilire criteri obiettivi per l’individuazione di cosa debba intendersi per comportamento di buona fede nella partecipazione alla conciliazione. Inoltre, le sanzioni dovrebbero essere comminate solo a fronte di violazioni di regole che impongano condotte obiettivamente valutabili. Il progetto è stato fatto circolare per ottenere suggerimenti e commenti e verrà votato nella sessione prevista per il mese di agosto.
John W. Cooley, presidente della commissione conciliazione, ha dichiarato che “stabilire obiettivamente cosa sia la buona fede nella conciliazione, è necessario per proteggere le parti dall’applicazione di trattamenti sanzionatori ingiustificati e per far sì che l’utenza continui a guardare alla conciliazione come ad un procedimento di risoluzione alternativa delle controversie efficace”. Sempre secondo Cooley, “individuare criteri generali ed obiettivi aiuterebbe le parti a comprendere cosa ci si aspetti da loro in sede di conciliazione”; al contrario, “continuare a sanzionare le parti, per presunti comportamenti di mala fede, la cui valutazione sia rimessa a valutazioni discrezionali e soggettive, non farebbe altro che aumentare i motivi di lite e, in definitiva, il contenzioso stesso”.
Il secondo progetto allo studio mira a limitare l’influenza dei conciliatori sul comportamento delle parti. Secondo tale progetto, la confidenzialità è un elemento di capitale importanza per assicurare l’integrità della conciliazione. Chiedere ai conciliatori di riferire alla corte sui comportamenti tenuti dalle parti nelle fasi di negoziazione e sulla loro eventuale mala fede inficia la riservatezza del procedimento di conciliazione e, di conseguenza, la fiducia che in esso ripone il pubblico degli utenti.
A tal riguardo, Cooley ha affermato che, “al fine di conservare tale fiducia e far sì che la conciliazione rimanga un procedimento realmente confidenziale, le corti dovrebbero limitare le informazioni richieste e contenute nella relazione fatta dei conciliatori, così da prevenire i pregiudizi che i giudici potrebbero formarsi riguardo alle parti coinvolte in tentativi di conciliazione obbligatori”.
Il progetto suggerisce che tale relazione debba contenere soltanto le informazioni la cui divulgazione è ammessa dall’UMA (Uniform Mediation Act). Se, cioè, la conciliazione si è tenuta, se si è conclusa, se è stato raggiunto un accordo e chi vi ha partecipato, oltre alla rilevazione di abusi ad opera delle parti. E’ importante però rilevare come, a norma dell’UMA, sia fatto divieto ai conciliatori fornire informazioni sulla partecipazione alla conciliazione in presunta mala fede.
Nel progetto si evidenzia, inoltre, come la protezione delle informazioni emerse nel procedimento di conciliazione debba rafforzare la fiducia del pubblico nella legittimità ed integrità di tale pratica e nella sua utilità per la composizione delle controversie.
La sezione, infine, sta prendendo in considerazione un terzo progetto riguardante la conciliazione, nel quale si invitano le corti a predisporre programmi formativi sulle procedure di conciliazione rivolti a conciliatori, avvocati, parti ed amministratori.