Con il Real Decreto-ley 5/2012 del 5 marzo sulla mediazione civile e commerciale, anche la Spagna ha dato finalmente attuazione alla Direttiva 52/2008/CE sulla mediazione. La Spagna era tra quei pochissimi paesi che all’inizio del 2012 non avevano ancora notificato alla Commissione le misure prese in attuazione della direttiva incorrendo in tal modo nella procedura d’infrazione prevista al fine di indurre lo Stato membro a mettersi volontariamente in regola con il diritto dell’Unione. Sebbene lo strumento della mediazione fosse già presente nel Paese da circa un decennio, questo non si è sviluppato in modo rapido e omogeneo. Esistono infatti varie leggi sulla mediazione, prevalentemente in materia familiare, emanate dalle singole Comunità Autonome, che differiscono non poco l’una dall’altra. Finora era dunque quasi completamente assente una legislazione in materia civile e commerciale, eccezione fatta per la Catalogna.
In un sistema giuridico così frammentato, in cui anche la definizione stessa di mediazione è differente da legge a legge, il salto di qualità operato dal Decreto è stato non solo quello di regolamentare interamente la materia della mediazione civile e commerciale, ma anche di dare finalmente una definizione che non riguarda solo ed esclusivamente la materia familiare. Il decreto, coerentemente con ciò che richiede l’Europa, mostra una natura realmente internazionale regolando le controversie transfrontaliere e consentendo a una parte straniera di poter avviare una procedura di mediazione in Spagna, se le rispettive leggi nazionali lo consentono. Sono tuttavia espressamente escluse controversie in materia penale, amministrativa , di lavoro e di consumo.
Le parti possono iniziare una mediazione o volontariamente o per effetto di una clausola inserita in un contratto. Per quanto riguarda la durata, il decreto non contempla nessun limite di tempo alla mediazione, incoraggiando così le parti ad utilizzare il proprio tempo in modo produttivo. Nonostante le innovazioni introdotte, il decreto è in parte lacunoso, specialmente in riferimento alle caratteristiche degli organismi di mediazione e ai criteri di formazione dei mediatori, di cui dà indicazioni di massima (è necessario un corso di formazione specifico e una certificazione), ma anche acquistare un’assicurazione sulla responsabilità civile, rinviando all’approvazione di uno strumento legislativo successivo la loro definizione. A differenza di alcune leggi regionali in materia di mediazione familiare, il decreto non stabilisce le categorie professionali che possono accedere ai percorsi formativi per diventare mediatori. Sotto il profilo dei mediatori accreditati, è interessante l’obbligo posto dal Real Decreto-ley agli organismi di mediazione di rendere pubblico almeno un profilo minimo dei mediatori che operano presso di loro, con riferimento alla formazione ricevuta, all’ambito di specializzazione e all’esperienza acquisita. A controllare l’operato dei singoli mediatori e degli organismi di mediazione sarà l’amministrazione pubblica, che opererà come supervisore ultimo dei servizi di mediazione resi dalle organizzazioni e dai mediatori.
Sebbene questo sia certamente il primo atto nazionale in materia di mediazione, il decreto rispecchia l’urgente necessità di evitare il più lungo passaggio in sede parlamentare, lasciando ad una normativa di livello secondario la determinazione di ulteriori criteri in materia.