Stessa sede organismo mediazione e studio legale
“Costituisce illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che instauri procedure conciliative ex D.Lgs. n. 28/2010 dinanzi all’Organismo di mediazione di cui egli stesso faccia parte, tanto più nel caso in cui la sede dell’Organismo stesso coincida o sia contigua con quella del proprio studio professionale in violazione dell’art. 62 cdf, che è sufficiente a far dubitare dell’imparzialità ed indipendenza dell’avvocato-mediatore ed integra una indubbia situazione di potenziale accaparramento e/o sviamento di clientela”. Questo il principio sancito dal Consiglio Nazionale Forense, nella sentenza n. 265/2022, pubblicata sul sito del Codice deontologico il 18 maggio 2023.
La vicenda
Nella vicenda, l’avvocato aveva instaurato una procedura di mediazione innanzi all’organismo dallo stesso presieduto ed avente sede presso il medesimo indirizzo del proprio studio legale.
La questione finiva innanzi al Consiglio distrettuale di disciplina il quale ritenuta provata la violazione dell’art. 55 bis del precedente codice deontologico (art. 62 codice attuale) irrogava all’avvocato incolpato la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per due mesi.
Il legale, a sua “discolpa”, respingeva ogni accusa e precisava che la sede dell’Organismo e quella dello studio legale si trovavano sì nel medesimo appartamento ma non nel medesimo studio, avendo i due uffici ingressi e locali diversi e condividendo meramente il portoncino d’ingresso.
Per il CDD, tuttavia, tale separazione di ambienti all’interno del medesimo appartamento non valeva ad escludere l’integrazione della fattispecie sanzionata dal codice deontologico.
Il ricorso
L’avvocato adiva, quindi, il CNF insistendo sull’insussistenza dell’addebito contestato in quanto, a suo dire, “il condividere un locale d’ingresso di accesso a tre autonomi, separati minialloggi non costituiva fattore in grado di ipotizzare commistione di interessi o una situazione di ambiguità”; aggiungeva che “tali immobili erano dotati di autonomi servizi igienici, distinti apparati citofonici, distinte forniture di energia elettrica ed idrica, distinte cassette per la corrispondenza, diverso arredamento e diverse attrezzature ed apparecchiature e che il personale di segreteria era diverso e diversi i recapiti telefonici e di posta informatica”.
Non solo. Tra le altre cose, lamentava una eccessività nella sanzione in considerazione della circostanza che i fatti contestati si riferivano al 2012, quindi sotto il dettato della vecchia legge, quando l’art. 55-bis era stato appena introdotto; per cui sarebbe risultata più appropriata la sanzione dell’avvertimento.
Imparzialità avvocato-mediatore: la decisione
Risultando pacifici i fatti e alquanto approfondito e motivato l’esame da parte del CDD, il CNF afferma preliminarmente che “il disvalore ascritto alla coincidenza ovvero contiguità tra sede dell’organismo di mediazione e
sede dello studio legale deriva dalla necessità di evitare anche la mera apparenza di una commistione di interessi, di per sé sufficiente a far dubitare dell’imparzialità dell’avvocato-mediatore”. E sebbene la circostanza sia emersa, relativamente a un procedimento mediatorio, sottolinea il Consiglio come “il valore protetto dalla norma abbia rilievo generale e indipendente rispetto allo svolgimento di singoli procedimenti e debba dunque essere tutelato a prescindere dalla circostanza che la commistione di interessi emerga in relazione a un procedimento individuato”.
In sostanza, prosegue il CNF, “anche soltanto la contiguità può costituire un fattore, agli occhi dei terzi, di una ipotetica commistione di interessi sufficiente a far dubitare dell’imparzialità ed indipendenza dell’avvocato-mediatore”. E il divieto di coincidenza/contiguità “non opera soltanto nei confronti dei soggetti in mediazione, ma anche e soprattutto a tutela dell’immagine dell’Avvocatura e dell’istituto della mediazione ed è posto proprio affinché i cittadini possano ad essa affidarsi in totale fiducia e trasparenza.
La sovrapposizione tra studio legale e organismo di mediazione, come sostiene il CDD, finirebbe in effetti “per integrare una indubbia situazione di potenziale accaparramento e/o sviamento di clientela: l’avvocato ospitante od ospitato si troverebbe a godere di una rendita di posizione volta ad acquisire come potenziali clienti coloro che volessero sperimentare la mediazione o coloro che avessero frequentato l’organismo con esito negativo sul piano della conciliazione”.
Per cui, la asserita separazione interna dei locali non vale, in conclusione, ad escludere l’illecito disciplinare, trattandosi di “tutelare una condizione astratta di indipendenza ed imparzialità – e – di garantire, anche visivamente una divisione tra l’attività di difesa e quella di mediazione”.
Niente da fare neanche per quanto riguarda la lamentata eccessività della sanzione che il CNF, rigettando infine il ricorso, ritiene congrua al caso di specie.