Davvero due o tre settimane servono a “ricaricare le pile” ? Oppure anche questa è l’ennesima narrazione che abbiamo respirato per anni, in maniera acritica?
Essere vuoto
Questo significa il verbo “vacare” in latino. E la maggior parte delle persone pensa che non se ne possa fare a meno; che occorra “staccare”.
Qualcuno ritiene che la vacanza abbia anche un effetto rigenerante, salvo accorgersi, in prossimità della ripresa dell’attività lavorativa, che l’effetto sparisce all’improvviso, ingenerando addirittura pure un’ansia da “re-inizio”.
Gli esseri umani non sono delle spine elettriche che possono esser attaccate e staccate a piacimento: ma chi se l’è inventata questa storia?

Forse si tratta di un meme senza autore, ma con una fortuna strepitosa. Se l’autocombustione spontanea non esiste, forse l’autonarrazione si: un’idea che ad un certo punto emerge, da qualche parte, per poi diffondersi viralmente.
Pare che la nascita formale risalga al “Bank Holiday Act” (approvato in Inghilterra nel 1871 per concedere pochi giorni di ferie ai dipendenti delle banche in Inghilterra, Galles e Irlanda).
Oggi siamo nel 2023 e io non sto parlando a dei dipendenti (tranne qualche eccezione): il professionista, dunque, deve per forza ragionare come se fosse un lavoratore subordinato?
E da chi se le farebbe dare le ferie? Dai clienti? Dallo Stato (per gli avvocati il periodo feriale agostano senza termini, è sacro).
Una visione utopica
Una mente semplice potrebbe stiracchiare e stressare le mie parole sino a farle pensare che io stia suggerendo di non andare in vacanza. In realtà non voglio né posso proporre alcuna soluzione: sto solo ponendo il problema.
Dal problem solving, al problem setting: puoi per 5 minuti immaginare un mondo in cui non ci sia la necessità di andare in vacanza?
Un modo di lavorare che non ti spreme, non ti succhia energie e non ti fa venire il desiderio di staccare. D’altronde nessuno si staccherebbe dai propri oggetti dei desideri o dalla persona del cuore: il problema è che forse non amiamo fino in fondo quello che facciamo.
Hai bisogno di andare in vacanza dal tuo partner sentimentale? Dai tuoi figli? Dal tuo cane? Dalla tua chitarra? Dalla lettura? Da tutto quello che ami davvero?
Ti sto quindi chiedendo di immaginare, anche se non è solo un esercizio speculativo: è un passaggio necessario per un cambiamento effettivo, reale.
Puoi pensare ad un’attività che ti genera senso nel momento esatto in cui la svolgi? E non perché – poi – verrai gratificato o ripagato con del denaro?
Frena il leprotto
Non ti sto suggerendo di lavorare gratis: mi limito a riflettere sul fatto che il denaro potrebbe essere la conseguenza, ossia l’effetto, e non la causa del tuo lavoro. Recentemente ho rinunciato a due incarichi che generavano denaro, ma anche stress e che non creavano nessunissimo senso. Anzi il valore percepito del mio lavoro era più o meno pari a quello di una sanguisuga che il cliente si era attaccato solo perché un medico (lo Stato) gli aveva detto che doveva fare un salasso.
Io non posso svolgere un lavoro che presuppone unicamente un marketing basato su un obbligo legale. Sono strano.
Io voglio essere scelto da qualcuno che vede qualcosa in me come persona&professionista, non per la laurea che ho. Non voglio essere incaricato solo perché posso legalmente fare cose che altri (persone normali, non abilitate) non possono fare: non voglio essere interscambiabile, non voglio essere confuso.
Ma chi lo vorrebbe, una volta che si è posta la domanda?
Il segreto per una vita di superficie è semplice: non farsi domande scomode. La fregatura è che una volta che cominci a fartele è impossibile smettere. La realtà è talvolta non ergodica e quando inizi a farti domande di qualità non sai che cosa può venir fuori…
Il coraggio di togliere e tagliare
Il segreto di Pulcinella: lo strumento più potente per cambiare, sono le forbici da potare. Il difficile è usarle davvero, mica comprarle o scoprire che esistono!!!
Conosco persone che hanno una collezione intera di forbici da potare, ma si limitano a ingrandirla e rimirarla: mai una volta che ne prendano un paio in mano, però.
Dove taglio? E se mi sbaglio? E se fa male? E “se” mio nonno avesse avuto una ruota sarebbe stato una carriola…
Paranoie controfattuali instillate anche dalle prassi logico-giudiziarie: se il medico avesse fatto questo, ..se il fornitore avesse fatto quest’altro. Si tratta solo di euristiche giuridiche, mica di verità evangeliche o di leggi fisiche.
Farle diventare regole di pensiero è pericoloso, perché poi diventano abitudini mentali bloccanti: osiamo, almeno col pensiero!
E facciamolo in maniera costruttivamente lucida.
Non si va sulla luna con un salto
Sembra che Edison confidasse nella possibilità di trovare, prima o poi, il filamento giusto per far funzionare la sua lampadina: un atto di fede in se stessi e nel futuro, nonostante gli investitori gli stessero col fiato sul collo.
Quando si iniziò a progettare lo sbarco sulla Luna non esistevano ancora tutte le tecnologie e le soluzioni tecniche necessarie per andare e tornare sani e salvi, ma questo non bloccò certo lo sviluppo del progetto.
Tu non devi mica volare nello spazio.
Il problema è che forse non sai (bene) cosa ameresti fare, nel profondo. Prova ad immaginare qualcosa che faresti per lungo tempo senza bisogno di staccare: ma pensaci seriamente. Magari ti piace tantissimo fare attività di ricerca giuridica e scrivere atti giudiziari o pareri giuridici, ma non ami altrettanto parlare con i clienti? O peggio dover gestire le loro insistenze, i loro bisogni, le loro paure o fissazioni?
Cos’è che alimenta il tuo bisogno di staccare?
Puoi ascoltare il tuo daimon in completa solitudine, ma – come scrivo sempre – se ne può parlare insieme, giacché siamo molto meno soli di quel che si creda.
Articolo a cura di Andrea Buti, tratto dal blog: Metavvocato’s Line.