Dalla relazione accompagnatoria del Governo al DL “del fare”, Capo VIII – Misure in materia di mediazione civile e commerciale
Come noto la Corte costituzionale, con sentenza del 24 ottobre 2012 n. 272, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 5 comma 1 del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, e, in via consequenziale ex art. 27 della legge costituzionale 11 marzo 1953 n. 87, di una pluralità di disposizioni connesse del medesimo provvedimento legislativo (punto 2 del dispositivo).
La declaratoria d’illegittimità è avvenuta per eccesso rispetto alla delega contenuta nell’articolo 60 della legge 18 marzo 2009 n. 69.
Si legge in modo particolare nella motivazione che la c.d. mediazione obbligatoria “delinea un istituto a carattere generale, destinato ad operare per un numero consistente di controversie, in relazione alle quali, però, […], il carattere dell’obbligatorietà per la mediazione non trova alcun ancoraggio nella legge delega”.
Ne deriva che la declinazione in termini di condizione di procedibilità dell’esperimento del procedimento di mediazione non trova ostacoli, in questo arresto, quando, come nel caso, sia ripristinata a mezzo di provvedimento legislativo non delegato.
Resta opportuno chiarire – più che in quel che si legge nella relazione illustrativa del decreto legislativo n. 28 del 2010 – i rapporti con altri possibili dubbi di coerenza costituzionale di un regime normativo così congegnato.
Necessaria premessa di quanto appena detto è la focalizzazione dei punti in cui la norma qui illustrata introduce marcate differenze rispetto all’assetto disegnato dal decreto legislativo appena richiamato.
I nova possono riassumersi nei seguenti punti:
1) esclusione dal raggio applicativo della condizione di procedibilità delle controversie inerenti alla responsabilità per danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti (oltre alla specifica esenzione, unitamente ad altri procedimenti urgenti o sommari, del procedimento di consulenza preventiva a fini conciliativi);
2) introduzione della mediazione prescritta dal giudice, fuori dei casi di obbligatorietà “ex ante” e sempre nell’area generale dei diritti disponibili (art. 2 del d.lgs. n. 28/2010);
3) integrale gratuità della mediazione, anche nel caso di cui al punto che precede, per i soggetti che, nella corrispondente controversia giudiziaria, avrebbero avuto diritto all’ammissione al patrocinio a spese dello Stato;
4) previsione di un incontro preliminare, informativo e di programmazione, in cui le parti, davanti al mediatore, verifichino con il professionista se sussistano effettivi spazi per procedere utilmente alla mediazione;
5) forfettizzazione e abbattimento dei costi della mediazione, in particolare di quella c.d. obbligatoria, attraverso la previsione legislativa di un contenutissimo importo, comprensivo delle spese di avvio, per l’incontro preliminare di cui al punto precedente;
6) limite temporale della durata della mediazione in 3 mesi, in luogo di 4, decorsi i quali il processo può sempre essere iniziato o proseguito;
7) previsione della necessità che, per divenire titolo esecutivo e per l’iscrizione d’ipoteca giudiziale, l’accordo concluso davanti al mediatore sia non solo omologato dal giudice ma anche sottoscritto da avvocati che assistano le parti;
8 ) riconoscimento di diritto, agli avvocati che esercitano la professione, della qualità di mediatori.
Il minimo comun denominatore di questi interventi correttivi è dato per un verso da un significativo restringimento dell’area per materia dell’obbligatorietà ex lege – le cui più specifiche motivazioni saranno di seguito meglio illustrate – bilanciato dalla valorizzazione della mediazione demandata, e, per altro verso, dell’abbattimento dei costi della medesima mediazione c.d. necessaria, in uno alla valorizzazione delle garanzie offerte dall’assistenza legale -qualora si voglia conferire a ogni accordo davanti al mediatore forza ampiamente esecutiva- e della competenza professionale, anche in chiave di composizione stragiudiziale degli interessi, propria degli avvocati.
Anche in chiave costituzionale la più significativa di queste modifiche attiene all’onerosità.
La Corte costituzionale indica che oneri economici, anche non tributari, a carico di chi richiede tutela giurisdizionale, sono legittimi se «razionalmente collegati alla pretesa dedotta in giudizio, allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione», e non, invece, se correlati «alla soddisfazione di interessi del tutto estranei alle finalità predette” (Corte cost. 8 aprile 2004, n. 114).
La Corte di giustizia, dopo aver definito “legittimi obiettivi di interesse generale … una definizione più spedita e meno onerosa delle controversie … nonché un decongestionamento dei tribunali” ha concluso che, rispetto a questi obiettivi, “non esiste un’alternativa meno vincolante alla predisposizione di una procedura obbligatoria, dato che l’introduzione di una procedura di risoluzione extragiudiziale meramente facoltativa non costituisce uno strumento altrettanto efficace per la realizzazione di detti obiettivi” (Corte giust., 18 marzo 2010, n. 317-320/08).
Nel sistema costituzionale e comunitario, dunque, è legittima la previsione di un’onerosità della mediazione c.d. obbligatoria posta l’evidente correlazione con il miglior andamento della giustizia di un costo che ha la funzione di fornire al cittadino un servizio innestato nel percorso verso la soluzione del conflitto, e che persegue il pubblico interesse di restituire alla decisione autoritativa il suo predicato di extrema ratio. La suddetta promozione della mediazione contribuisce, in altri termini, a evitare che ogni conflitto si trasformi necessariamente in una controversia giudiziale, in applicazione del principio di proporzionalità nell’utilizzo delle risorse giudiziarie, ricaduta di quello costituzionale alla ragionevole durata del processo.
Tutto questo, però, non esime naturalmente il legislatore dallo strutturare in termini di ragionevolezza l’onere economico relativo alla menzionata mediazione.
In questa ottica, rilevano:
– il calmiere amministrativo alle indennità degli organismi di mediazione disciplinato dal regolamento reso con decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010 n. 180, come modificato dal decreto dello stesso Ministro 6 luglio 2011 n. 145; indennità che costituiscono (art. 13 del d.lgs. n. 28 del 2010 come integrato dalle presenti previsioni) spese ripetibili nell’eventuale successivo giudizio; calmiere soggetto a ulteriori e marcate riduzioni per i casi in cui la mediazione costituisca condizione di procedibilità della domanda giudiziale (art. 16, comma 4, lettera d], del d.m. n. 180/2010) e ricondotto a meri rimborsi spese tra i quaranta e i cinquanta euro, nel massimo, quando nessuna controparte di quella che ha introdotto la mediazione partecipa al procedimento (art. 16, comma 4, lettera e], dello stesso d.m.);
– l’impossibilità, per gli organismi di mediazione, di rifiutare la prestazione o condizionarla alla previa corresponsione di oneri economici di sorta, nei casi di c.d. obbligatorietà (come ricognitivamente precisato dall’art. 19 comma 9, del d.m. n. 180/2010);
– la previsione per cui chi si trova nelle condizioni per l’ammissione, in caso di processo, al patrocinio difensivo a spese dello Stato, è ammesso al servizio degli organismi di mediazione gratuitamente, con corrispondente obbligo di questi ultimi a prestarlo senza oneri economici per le parti;
– le generali agevolazioni fiscali, e in particolare il credito d’imposta fino a 500 euro (rispetto alle indennità dovute agli organismi di mediazione) e l’esenzione dall’obbligo fiscale di registrazione per gli atti del procedimento di mediazione e anche per l’eventuale accordo conclusivo;
– l’esperibilità di ogni domanda urgente (oltre ad alcune, tassative, connotate in specie da speciali funzioni di rapida definizione giudiziale) davanti all’autorità giudiziaria anche nelle ipotesi di condizione di procedibilità;
– il tempo molto contenuto (ora divenuto ancora meno, come visto, e cioè 3 mesi) decorso il quale, mancando l’accordo tra le parti, il processo può avere o riprendere il suo corso.
A tutto ciò, con la previsione normativa qui in esame, si aggiunge la previsione di un primo incontro di programmazione, e cioè non meramente informativo, in cui le parti, unitamente al mediatore, verificano le concrete possibilità d’instaurare una trattativa sulla composizione non solo dei diritti ma molto più ampiamente degli interessi in gioco, così che si proceda oltre solo quando questa emerga. A quanto appena detto si aggiunge la previsione di correlativi costi massimi e onnicomprensivi molto bassi e fissati, per ciascuna parte che partecipa al procedimento, quando l’esito di questo primo incontro sia negativo, tra gli ottanta (per le liti fino a mille euro di valore) e, con due scaglioni intermedi, i duecentocinquanta euro (per tutte le liti oltre i cinquantamila euro di valore).
Così declinando la disciplina, l’obbligatorietà viene largamente stemperata al pari dell’onerosità, che viene ricondotta a quella di minima portata oggetto di specifico richiamo da parte della giurisprudenza comunitaria sopra citata.
Naturalmente non può omettersi di mettere in evidenza che l’obbligatorietà resta il principale – e verosimilmente unico – mezzo per promuovere la mediazione, a sua volta strumento di pacificazione sociale oltre che significativa deflazione del contenzioso giudiziario civile.
I dati segnalano 215.689 iscrizioni di affari di mediazione tra il 21 marzo 2011 e il 30 giugno 2012, tempi di piena anche se prima operatività della condizione di procedibilità introdotta dal d.lgs. n. 28 del 2010. Di questi il 64,2% dei casi ha segnato la non comparizione dell’aderente (chiamato in mediazione dalla controparte), il 4,6% ha segnato la rinuncia del proponente prima dell’esito – percentuale comprensiva di ricomposizioni del conflitto – e il 31,2% dei casi la comparizione dell’aderente. L’accordo risulta raggiunto nel 46,4% dei casi di aderente comparso, con un risultato di oltre 31 mila conflitti risolti nei circa 15 mesi iniziali di compiuta implementazione del sistema. Dal che si può desumere la rilevanza dello strumento in proiezione pluriannuale, sia in termini di accesso a risoluzioni meno onerose dei conflitti, sia in chiave di prevenzione di processi. Ciò che fa comprendere perché anche molto di recente il Consiglio dell’Unione europea abbia sollecitato fortemente nuovo impulso allo strumento dopo Corte cost. n. 272 del 2012 (raccomandazione n. 362 del 2013, considerando 11 e punto 2).
E per comprendere la rilevanza dell’obbligatorietà per la promozione della mediazione basta osservare che la suddivisione in categorie indica: mediazione per clausola contrattuale 0,3%; mediazione demandata dal giudice 2,8%; mediazione volontaria 16%; mediazione obbligatoria in quanto condizione di procedibilità 80,9%.
Tornando alle altre modifiche si rileva che l’esclusione dall’area di operatività della condizione di procedibilità per le controversie di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti trova la sua giustificazione nelle considerazioni per cui:
a) operano sul punto gli impulsi alla composizione stragiudiziale di cui agli artt. 148 e 149 del codice delle assicurazioni private reso con d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209;
b) i dati statistici mostrano che tra il 21 marzo 2011 e il 30 giugno 2012 le citate controversie – a fronte della ricordata percentuale generale del 46,4% di raggiungimento dell’accordo nei casi di aderente (alla domanda di mediazione) comparso – registrano una percentuale specifica del 96,2% di aderente non comparso: ne consegue che, per le dinamiche innescate dalla decisiva presenza dell’ente assicurativo, la funzionalità settoriale della mediazione è particolarmente bassa;
c) si tratta di fattispecie rispetto ai quali non può svolgersi la rilevantissima funzione di ricostruzione del rapporto tra le parti, neppure in senso largo come per l’altra fattispecie di risarcimento extracontrattuale della diffamazione a mezzo della stampa o altro mezzo di pubblicità, spesso, quest’ultima, riconducibile a un concetto ampio ma non astratto di interrelazioni sociali non istantanee.
Resta naturalmente ferma l’esplicazione contenuta nella relazione illustrativa del d.lgs. n. 28 del 2010, anche per l’inclusione delle altre materie nel raggio di azione della condizione di procedibilità.
Rispetto a quell’impianto originario, invece, si è rafforzata la mediazione demandata dal giudice, rendendola da specie di quella volontaria (con invito del giudice da accettare ad opera delle parti) a specie di quella vincolante in questo caso per ordine giudiziale, come previsto (al pari della obbligatorietà ex lege) dalla direttiva comunitaria n. 52 del 2008 (art. 3, paragrafo 1, lettera a], secondo periodo).
È stato specificato, attese alcune distonie giurisprudenziali, che la consulenza tecnica preventiva a fini conciliativi, pur non rientrando tra i procedimenti urgenti o cautelari, è aggiuntivamente sottratta alla condizione di procedibilità.
Infine, quanto alla valorizzazione del ruolo dell’avvocato, va innanzi tutto evidenziato che i dati statistici mettono in risalto come già prima della dichiarazione d’incostituzionalità gli affari di mediazione avevano al riguardo i seguenti indicatori specifici: 84% di proponenti assistiti da avvocato; 85% di aderenti assistiti da avvocato.
Ciò nondimeno si è inteso prevedere che l’accordo concluso davanti al mediatore, che già per essere trascritto deve avere l’autentica delle sottoscrizioni dai competenti pubblici ufficiali, per acquisire forza di titolo esecutivo e per l’iscrizione d’ipoteca giudiziale debba non solo essere omologato giudizialmente – al fine di verificare non solo la regolarità formale quanto il rispetto dei principi di ordine pubblico e delle norme imperative specifiche – ma anche essere sottoscritto da avvocati che assistano tutte le parti.
Si riconosce così la funzione di garanzia dell’assistenza forense laddove emerga il profilo ultimo di coattività in termini, appunto, di esecuzione forzata, ovvero quello, connesso, dell’iscrizione ipotecaria.
Infine, da altra chiave prospettica, si stabilisce che l’avvocato esercente la professione, perché iscritto all’albo circondariale, è di diritto mediatore, in ragione della peculiare formazione professionale dello stesso.