Introduzione
Nell’esame della disciplina della conciliazione in ambito internazionale, ad un attento osservatore capiterà , senz’altro, di imbattersi in diversi modelli di essa, propri di diversi ordinamenti giuridici, ciascuno dei quali caratterizzato da una differente impostazione metodologica, nonchè di procedura.
Nell’ottica della ricerca del procedimento di conciliazione più vantaggioso, si ha sicuramente la necessità di comprendere le opportunità sottese ad un’eventuale scelta.
D’altro canto, chi decide di risolvere una controversia attraverso la conciliazione, deve essere cosciente di trovarsi di fronte ad una miriade di modalità operative, soprattutto a livello internazionale: a partire dalla selezione del conciliatore, sino ad arrivare al valore esecutivo dell’accordo.
Scopo di questo articolo è di evidenziare le principali norme applicabili alla conciliazione, nonchè di invogliare l’operatore a scegliere, a seconda del caso concreto, il modello più adatto in base allo scopo da raggiungere. Maturata la scelta del modello, inoltre, rimane estremamente importante capire ove effettuare la conciliazione stessa, individuando il paese in grado di offrire le maggiori tutele giuridiche secondo il tipo di controversia e il tipo di risoluzione attesa.
Selezionare un conciliatore neutrale
Prima fonte di preoccupazione, nonchè primo possibile oggetto di negoziazione tra le parti riguarda, solitamente, la scelta del conciliatore.
Su quali basi operare tale scelta?
Un buon conciliatore, per essere il più efficiente possibile, deve garantire di saper mantenere un atteggiamento neutrale in ogni momento, ma soprattutto durante il procedimento. Egli tenderà ad essere corretto e imparziale, e proprio nell’ottica dell’imparzialità dovrà essere impostato il criterio volto alla sua selezione.
Questa regola, è ancor più importante da rispettare nel caso in cui la conciliazione si svolga tra parti di diversa nazionalità e dunque appartenenti a diversi ordinamenti giuridici.
I modelli utilizzati nella prassi per soddisfare questo primo criterio sono per lo più i seguenti:
a) “Modello UNCITRAL”. Viene scelto un conciliatore proveniente da un paese terzo rispetto le parti.
b) “Modello Germano-Cinese”. Ciascuna parte nomina un conciliatore. I conciliatori così scelti conducono assieme la conciliazione.
c) “Modello Mediator loci”. Qualora manchi del tutto una regolamentazione, alternativa valida è quella di scegliere un conciliatore qualificato ed accreditato nel luogo in cui si svolge il procedimento.
Una volta conclusa la selezione del conciliatore, altro problema su cui occorre concentrarsi concerne le funzioni che gli sono state assegnate, nonchè le ipotesi di revoca dell’incarico. E’, infatti, consigliabile essere bene a conoscenza delle ipotesi in base alle quali un conciliatore può essere sostituito.
La scelta del ruolo del conciliatore
Per prepararsi al meglio ad una conciliazione le parti devono sin dall’inizio essere consapevoli della tipologia di procedimento cui si accingono a ricorrere, cioè devono essere a conoscenza delle tecniche che il conciliatore utilizzerà , nonchè le garanzie che egli è in grado di assicurare. Ciascun conciliatore ha infatti il suo stile, benchè egli debba sempre ispirarsi e agire secondo il principio generale dell’imparzialità e della trasparenza.
A volte il ruolo del conciliatore è solo di “contorno”, come avviene nel modello utilizzato presso la Camera di Commercio di Oslo, ove sono direttamente le parti in prima persona a svolgere le negoziazioni nel corso del procedimento. Solamente in caso di esito negativo o di stallo delle trattative subentra la possibilità di ricorrere al cd. “Default Process”, durante il quale il conciliatore mantiene la completa gestione del procedimento, a partire dalle modalità di organizzazione delle sessioni con le parti. Inoltre, consentire al conciliatore di avere un potere decisionale troppo esteso, può, sotto certi aspetti, alterare il percorso della stessa conciliazione, trasformandola da una negoziazione pura ad un vero e proprio processo giudiziale. L’effetto è quello di snaturare il ruolo stesso del conciliatore che da “facilitator”potrebbe trasformarsi in “arbiter”.
Nel “UNCITRAL’s Draft Guide” si trova un modello simile, in cui le parti scelgono che sia il conciliatore a fare le proposte e che in determinati casi egli si incarichi in prima persona di decidere le sorti della controversia insorta tra le parti.
Nelle “CEDR Mediation Rules” invece è previsto un procedimento in varie fasi, ove, solo nell’ipotesi in cui le parti non siano più in grado di negoziare, possono considerare l’ipotesi di affidarsi alla valutazione del conciliatore.
Tale “settlement”non equivale comunque ad un lodo arbitrale, ma è una possibile e valida soluzione ad una situazione di stallo. Infatti, l’accordo proposto è il risultato di un procedimento condotto da un soggetto neutrale che ha proceduto ad assumere tutte le informazioni necessarie durante le sessioni di conciliazione.
Tuttavia, il fatto che egli proponga una valutazione per risolvere la controversia potrebbe anche rivelarsi un’arma a doppio taglio ed essere percepito dalle parti come una manifestazione di perdita o mancanza di imparzialità .
Un differente tipo di approccio è adottato dalla Camera di Commercio Internazionale cinese, ove le parti, nel caso in cui la conciliazione non produca gli effetti desiderati, hanno il diritto di nominare come arbitro colui che ha agito come conciliatore. Il fatto che le parti decidano di modificare il ruolo del conciliatore nel corso di un procedimento già avviato, al fine di condurre una diversa procedura di risoluzione della controversia, trova una sua giustificazione causale nel fatto che esse ripongono piena fiducia nella sua persona.
Assicurare la riservatezza del procedimento di conciliazione e l’efficacia esecutiva dell’accordo raggiunto
Estrema importanza riveste la modalità attraverso la quale si dà esecuzione all’accordo raggiunto tra le parti a seguito della conciliazione.
Le parti sono tenute ad accertarsi preventivamente su come eseguire l’accordo in un paese straniero, decidendo, di conseguenza, se quel tipo di procedura per quel tipo di ordinamento sia sufficientemente di tutela se applicata al caso in esame.
Conclusione
Riassumendo, ogni ordinamento ha sviluppato una disciplina sulla conciliazione, secondo un modello più o meno tipico, rispettando ognuno le peculiarità del proprio sistema giuridico. L’operatore che sarà chiamato ad intervenire in una conciliazione internazionale dovrà tener conto di tutte le differenze esistenti, cercando di prendere tutti gli accorgimenti necessari per non essere in qualche modo ostacolato nel suo obiettivo principale: servire al meglio il proprio cliente.
Prof. Harold I. Abramson – riadattato da Pierpaolo Mastromarini