La riforma del processo civile ha interessato anche l’arbitrato societario, la cui disciplina è stata trasfusa nel codice di procedura civile con poche innovazioni
Arbitrato societario e riforma Cartabia
La riforma del processo civile ha interessato diversi aspetti, tra cui la disciplina dell’arbitrato. In particolare, con il decreto legislativo del 10 ottobre 2022 n. 149, attuativo della Riforma Cartabia, è stato disposto il riordino organico delle norme che disciplinano l’arbitrato societario.
La disciplina di tale istituto, infatti, precedentemente contenuta nel d.lgs. n. 5 del 2003, viene ora trasfusa all’interno del codice di procedura civile, così come indicato dal Governo che ha adottato la riforma.
Disciplina dell’arbitrato societario nel codice di procedura civile
Su un piano generale, va notato come proprio dalla disciplina dell’arbitrato societario il Governo abbia tratto lo spunto per estendere anche all’arbitrato rituale comune la possibilità, per il giudice privato, di adottare provvedimenti cautelari.
Invece, per quanto riguarda più direttamente l’ambito societario, va detto che la riforma ha operato più che altro un riassetto di ordine sistematico delle norme che lo regolano.
Nelle sue (poche) disposizioni innovative, la riforma dell’arbitrato societario sarà efficace a far data dal 30 giugno 2023 e diventerà applicabile solo ai procedimenti instaurati successivamente a tale data.
All’interno del codice di procedura civile vi è adesso, dunque, un nuovo capo che disciplina l’arbitrato societario, dall’art. 838-bis all’art. 838-quinquies c.p.c. Tali norme riproducono quelle contenute nel d.lgs. n. 5/03, ora abrogate, con qualche correttivo di coordinamento con le norme che regolano l’istituto generale dell’arbitrato.
Clausola compromissoria e arbitrato nelle società
Non vi sono, pertanto, rilevanti novità derivanti dall’inserimento della disciplina dell’arbitrato societario nel codice di procedura civile. Vale comunque la pena ricordare i tratti distintivi di tale istituto, il cui favore da parte del legislatore è motivato dall’obiettivo di deflazionare il contenzioso civile, per direzionare le liti verso gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie come, appunto, l’arbitrato.
All’arbitrato societario possono ricorrere le società che non fanno ricorso al capitale di rischio; a tal fine, è necessario che nell’atto costitutivo sia prevista una clausola compromissoria che preveda la devoluzione ad arbitri delle controversie che hanno ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale.
Tale clausola, a norma del nuovo art. 838-bis, deve prevedere il numero e le modalità di nomina degli arbitri. Questi ultimi devono, a pena di nullità, essere nominati da un soggetto estraneo alla società o, in caso di inerzia, dal presidente del tribunale competente. Si tratta di una clausola vincolante per la società e per ogni socio.
Le misure cautelari nell’arbitrato societario
Una norma fondamentale è quella che prevede che le statuizioni del lodo sono vincolanti per la società (art. 838-ter, terzo comma).
Se la controversia ha ad oggetto la validità di delibere assembleari, agli arbitri compete il potere di disporre, con ordinanza reclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera (art. 838-ter, quarto comma). È proprio questa la disposizione che individua il potere dell’arbitro di adottare misure cautelari, potere che ora è previsto in ogni tipo di arbitrato e non più solo in quello societario.
Un’innovazione introdotta dalla riforma è che tali provvedimenti cautelari adottati dall’arbitro sono impugnabili davanti al giudice ordinario (a norma del nuovo art. 818-bis c.p.c., che rimanda all’art. 669-terdecies c.p.c.)
Nell’arbitrato societario, gli arbitri possono decidere anche secondo equità o con lodo non impugnabile, a meno che l’oggetto del giudizio sia la validità di delibere assembleari: in tal caso, la decisione deve essere adottata secondo diritto, con lodo impugnabile (art. 838-quater), anche in presenza di clausola che disponga diversamente.