La mediazione, come ho scritto e detto molte volte, ha moltissime potenzialità, in gran parte ancora inesplorate. Naturalmente chi sperimenta e apre nuove strade si espone a incertezze, dubbi , critiche e necessità di correzioni di rotta…che ben vengano se costruttive.
La mediazione “guidata”, in tale contesto, è l’alternativa alla proposta del giudice ex art. 185 bis, strumento di sicura efficacia, testato con successo da chi scrive, tanto da essere proposto come il cavallo di battaglia del Governo nel recentissimo disegno di legge delega presentato alla Camera… che ha però svariati inconvenienti.
In primo luogo, il giudice deve impegnarsi in un difficile esercizio (che specialmente per i giovani magistrati è arduo), prima individuando la soluzione “legale” della controversia allo stato degli atti, poi modificandola con l’equità per renderla il più possibile appetibile a tutte le parti. Il tutto con una prosa assai diversa e meno diretta di quella che si è usi adoperare nella redazione della sentenza. Nella sostanza, quindi, il giudice deve studiare la causa alla perfezione (per esempio i conteggi delle somme che reputa dovute devono essere precisi, salvo poi ad innestare l’equità su di essi) e nella mente ha bella e pronta la sentenza, solo che può farne a meno di scrivere le motivazioni
In secondo luogo, se le parti non si accordano, a distanza di qualche anno, quando dovrà decidere la causa, dovrà studiare daccapo il fascicolo e non è detto che la sentenza rispecchi la proposta, il che può costituire un imbarazzo, un problema per il giudice.
Nella mediazione “guidata” invece il giudice, che pure studia il fascicolo, non arriva alla determinazione esatta (proposta) del bene della vita, ma tuttavia indica in modo specifico i pro ed i contro delle posizioni delle parti e indica i parametri ai quali la discussione delle parti in mediazione dovrebbe fare riferimento e se del caso indica anche l’ordine di grandezza del bene della vita (che di regola è una somma di denaro).
Tale mediazione “guidata” attesta in modo evidente come la mediazione demandata, a differenza di quanto taluni opinano, sia diversa dalla mediazione obbligatoria (non per il contenuto della procedura di mediazione che è identica). Né potrebbe essere diversamente, per la elementare ragione che solo nella mediazione demandata esiste una causa, peraltro in corso, ed esiste un giudice che è il timoniere della procedura (giudiziale) e l’organo che decide la controversia.
Tale circostanza non può non influenzare profondamente anche la mediazione ed i rapporti giudice-mediatore, giudice-parti in mediazione (come dimostrano non poche acquisizioni della giurisprudenza, dalla consulenza in mediazione che deve rispettare determinate regole dettate dal giudice per poter ambire, in caso di mancato accordo, ad entrare nella causa; all’applicazione dell’art. 96 III° di difficile applicazione nella mediazione obbligatoria; alla effettività dell’incontro di mediazione, che trova il suo più forte caposaldo proprio nella mediazione demandata).
Quella che segue è un esempio di ordinanza di mediazione “guidata” (in particolare vedi nota n.1), ordinanza che contiente anche ulteriori ed interessanti spunti di riflessione (come ad esempio l’espressa indicazione del termine fissato, quale “dilatorio”).
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RG 12143-13
TRIBUNALE di ROMA Sez.XIII°
ORDINANZA
Il Giudice,
dott. Massimo Moriconi,
letti gli atti, osserva:
Si ritiene che in relazione a quanto emerso allo stato degli atti (1), le parti ben potrebbero pervenire ad un accordo conciliativo.
Con alcune premesse.
In particolare e specificamente allorché l’invio in mediazione sia stato effettuato da parte del Giudice ai sensi del riformato secondo comma dell’art.5 decr.lgsl.28/10 si tratta non più di un semplice invito bensì un ordine presidiato da sanzioni, che presuppone peraltro, il previo effettuato vaglio, l’ esame e la valutazione degli atti di causa da parte del magistrato che l’ha disposto.
Considerati i gravosi ruoli dei giudici ed i tempi computati in anni per le decisioni delle cause, una soluzione conciliativa, che va assunta in un ottica non di preconcetto antagonismo giudiziario, ma di reciproca rispettosa considerazione e valutazione dei reali interessi di ciascuna delle parti, non potrebbe che essere vantaggiosa per tutte le parti. Anche in considerazione del fatto che il sistema giudiziario verticale non garantisce, a causa della possibilità di gravami, la sicurezza della stabilità di un eventuale risultato (che la parte reputi per sé) soddisfacente, sicurezza che solo la conciliazione può offrire.
Invero nel caso di specie si impone una considerazione di carattere generale.
Gli enti pubblici, per quanto risulta in base alla lunga e significativa esperienza del Giudicante, NON sempre partecipano, pur se ritualmente convocati, in mediazione.
Ove mai l’esistenza di una tale scelta pregiudiziale e generalizzata non esista, non sarebbe da aggiungere altro.
In caso contrario vale ricordare che la partecipazione al procedimento di mediazione demandata è obbligatoria per legge e che proprio in considerazione di ciò NON è giustificabile una negativa e generalizzata scelta aprioristica di rifiuto e di non partecipazione al procedimento di mediazione. Neppure ove tale condotta muova dal timore di incorrere in danno erariale a seguito della conciliazione. Va infatti considerato che in tale timore è insita un’aporia. A prescindere che esiste la possibilità di un autorevole e rassicurante ausilio nel percorso conciliativo in mediazione (2) , sta di fatto che la legge, nel disciplinare la mediazione, sia dal punto di vista attivo che passivo, non fa alcuna eccezione per quanto riguarda l’ente pubblico.
Un pregiudizio in tale senso pertanto costituisce un controsenso.
Come dire che se una P.A. deve intentare una causa in una delle materie di cui all’art. 5 co. 1 bis del decr.lgsl.20/2010, promuove necessariamente il procedimento di mediazione, ma lo fa con la riserva mentale di non poter accordarsi (sic ?).
Si tratta all’evidenza di un paradossale non pòssumus, del tutto contrario alla lettera ed alla sostanza della legge, che va in tutt’altra direzione.
Che è quella del raggiungimento di accordi conciliativi, senza alcuna eccezione soggettiva.
Le P.A. pertanto hanno, in subiecta materia, gli stessi oneri ed obblighi di qualsiasi altro soggetto.
Fermo restando che è opportuno procedimentalizzare la loro condotta al riguardo.
Il che sta a significare che il soggetto che va in mediazione in rappresentanza della P.A. deve concordare con chi ha il potere dispositivo perimetri oggettivi all’interno dei quali poter condurre le trattative.
Peraltro, va considerato che una conciliazione raggiunta sulla base del correlativo provvedimento del giudice, spesso, come in questo caso anche corredato da specifiche indicazioni motivazionali, in nessun caso potrebbe esporre il funzionario a responsabilità erariale, caso mai potendo essa derivare dalle conseguenze sanzionatorie (art. 96 III° cpc) che possono conseguire ad una condotta deresponsabilizzata ignava ed agnostica della P.A. (3)
Alle parti si assegna termine fino all’udienza di rinvio per il raggiungimento di un accordo amichevole.
Va fissato il termine dilatorio di gg.15 decorrente dal 1.4.2016, per depositare presso un organismo di mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, la domanda di cui al secondo comma dell’art.5 del decr.legisl.4.3.2010 n.28; con il vantaggio di poter pervenire rapidamente ad una conclusione, per tutte le parti vantaggiosa, anche da punto di vista economico e fiscale (cfr. art.17 e 20 del decr.legisl.4.3.2010 n.28), della controversia in atto.
Va evidenziato che ai sensi e per l’effetto del secondo comma dell’art.5 decr.lgsl.28/’10 come modificato dal D.L.69/’13 è richiesta l’effettiva partecipazione al procedimento di mediazione demandata, laddove per effettiva si richiede che le parti non si fermino alla sessione informativa e che oltre agli avvocati difensori siano presenti le parti personalmente; e che la mancata partecipazione (ovvero l’irrituale partecipazione) senza giustificato motivo al procedimento di mediazione demandata dal giudice oltre a poter attingere, secondo una sempre più diffusa interpretazione giurisprudenziale, alla stessa procedibilità della domanda, è in ogni caso comportamento valutabile nel merito della causa.
All’udienza di rinvio, le parti, in caso di accordo, potranno anche non comparire; viceversa, in caso di mancato accordo, potranno, volendo, in quella sede fissare a verbale quali siano le loro posizioni al riguardo, anche al fine di consentire l’eventuale valutazione giudiziale della condotta processuale delle parti ai sensi degli artt.91 (4) e 96 III° cpc (5)
P.Q.M.
a scioglimento della riserva che precede,
• DISPONE che le parti procedano alla mediazione demandata, ai sensi dell’art.5 comma secondo del decr.lgsl.28/2010, della controversia;
• INVITA i difensori delle parti ad informare i loro assistiti della presente ordinanza nei termini di cui all’art.4, co.3° decr.lgsl.28/2010, e specificamente della necessità di partecipare effettivamente e di persona (6), assistiti dai rispettivi avvocati, al procedimento di mediazione;
• INFORMA le parti che l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell’art.5, co.2° e che ai sensi dell’art.8 dec.lgs.28/10 la mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione comporta le conseguenze previste dalla norma stessa; oltre che dall’art.96 III° cpc;
• VA fissato il termine dilatorio di gg.15, decorrente dal 1.4.2016, per depositare presso un organismo di mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, la domanda di cui al secondo comma dell’art.5 del dec.lgs.28/10;
• RINVIA all’udienza del 3.11.2016 h.9,30 per quanto di ragione.-
Roma lì 29/02/2016
Il Giudice
dott.cons.Massimo Moriconi
1) La compagnia assicuratrice non ha contestato specificamente l’an debeatur il che potrebbe assumere valore ai sensi dell’art. 115 primo comma ultima parte cpc. L’attore, danneggiato, ha già ricevuto non insignificative somme da parte dell’assicurazione (a titolo sia di danno materiale che alla persona) e dall’INAIL, in un contesto nel quale, vista la CTU medica espletata, non si applicano le tabelle di punto dei tribunali ma i decreti ministeriali sulle micropermanenti. Si tratta, nella sostanza, per quanto riguarda l’azione giudiziaria che ci occupa, di danno differenziale; il che conduce a discutere, massime in sede di mediazione, di somma dell’ordine di circa sei mila euro, oltre ad un contributo per compensi professionali
2) anche osservando le indicazioni contenute nelle linee guida in materia di mediazione nelle controversie civili e commerciali per l’attuazione dei procedimenti di mediazione di cui al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, recante “Attuazione dell’art. 60 della Legge 18 giugno 2009, n.69 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali” circolare DFP 33633 10/08/2012 n. 9/2012 per le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001.
3) Cfr sentenza RG 59487/11 n.25218/15 del 17.12.2016 Tribunale di Roma giudice Moriconi in tema di 96 III, pubblicata sulle principali riviste e siti web
4) Art.91 co.1° seconda parte cpc : se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 92
5) Art.96 III° cpc: in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata
6) Per le persone giuridiche, pubbliche o private, “di persona” va riferito al soggetto – incaricato da chi è titolare del diritto oggetto della controversia – che ne abbia, ai fini che qui interessano, la rappresentanza, con la possibilità di disporre del diritto nell’ambito dei poteri conferitigli.