La mediazione familiare è ormai una realtà affermata in tutti i paesi europei. La mediazione o conciliazione familiare è stata definita come “rottura della coppia senza perdente”. È un percorso attraverso il quale il conciliatore terzo e neutrale assiste i genitori o la coppia nello scioglimento di un rapporto coniugale o di convivenza.
Una recente ricerca coordinata dalla rete Chi ldOnEurope e che ha visto la partecipazione tra gli altri del Ministero della Famiglia lussemburghese, dell’Istituto degli Innocenti di Firenze e della facoltà di psicologia dell’Università di Padova, ha tracciato un quadro generale della situazione europea.
Una delle prime scoperte è che in Europa non esiste un modello affermato di mediazione familiare. Le differenze sono di tipo normativo, ma anche culturale. In Italia, ad esempio, il giudice tende a inviare le parti alla mediazione familiare solo in situazione estreme, come nei casi di abuso e maltrattamenti sui figli. In altri paesi la mediazione familiare viene promossa efficacemente in una gamma più ampia di casi. Il tribunale può obbligare la coppia a consultare un conciliatore che li informerà sugli obiettivi e sullo scopo della mediazione (Regno Unito e Francia), oppure è l’avvocato a dover illustrare ai propri clienti la possibilità di una procedura alternativa, fornendo anche gli indirizzi dei centri specializzati (Irlanda). Secondo la ricerca, la mediazione familiare ha più successo proprio quando prende avvio su indicazione o su suggerimento di un operatore qualificato come il giudice o il difensore di parte.
La mediazione familiare viene spesso condotta congiuntamente da due mediatori con competenze nel campo della psicologia e del diritto. In questo modo sono assicurati l’imparzialità e lo scambio di opinioni. La presenza di più conciliatori stempera le situazioni particolarmente conflittuali e quelle in cui vi è grande squilibrio nelle posizioni di partenza. Alla mediazione familiare fanno ricorso più spesso le coppie con figli. La possibilità di far presenziare i figli alle sedute è stata ampiamente discussa e rappresenta un tema controverso, ma anche su questo problema non sono emerse soluzioni comuni a livello europeo. La partecipazione dei figli agli incontri di mediazione rende più facile la ridefinizione dei rapporti famigliari, ma rischia di esporre i minori a un forte stress emotivo e di spingere i genitori a radicalizzare i contrasti.
È necessario evitare confusioni di ruolo tra la mediazione ed altri strumenti come la terapia di coppia, la consulenza legale, la perizia o la consulenza tecnica. Il mediatore può dare informazioni di natura legale, ma non può fornire pareri a favore di una parte. A differenza del terapeuta, lo scopo del mediatore non è quello di scavare nel vissuto della coppia e di ricercare le cause del problema, ma di individuare soluzioni concrete per il futuro. Le posizioni assunte e le informazioni scambiate durante gli incontri di mediazione non possono essere utilizzate al di fuori della mediazione (soprattutto in un procedimento giudiziario), salvo quando le parti decidono di trasfonderle in un accordo conciliativo. In Italia gli accordi raggiunti dalla coppia grazie alla mediazione non sono giuridicamente vincolanti. La coppia tuttavia può decidere di rispettarli in quanto tali, come modalità di convivenza concordata volontariamente, oppure può chiedere al proprio legale di riversarne il contenuto in un atto comune che diventerà poi la base per la procedura di separazione congiunta.
Luigi Cominelli