1.- La relazione finale del “Groupe de travail sur la médiation devant la Cour de cassation”.
Nel mentre in Italia entra nel vivo la discussione sul maxiemendamento presentato dalla Ministra della Giustizia Marta Cartabia per l’approvazione dei princìpi di legge delega che condurranno entro il prossimo anno alla seconda riforma della mediazione, in Francia è stata recentemente presentata relazione finale (“Rapport 2021”) redatta dal gruppo di lavoro “La médiation devant la Cour de cassation” istituito nell’autunno 2020 presso la Suprema corte francese per riflettere sull’opportunità e sulla possibilità di introdurre la mediazione dinanzi alla medesima Corte.
La relazione predisposta dal gruppo di lavoro – composto da magistrati della Cassazione e della Procura generale, dalla Direttrice della cancelleria nonché dai rappresentanti degli avvocati patrocinanti dinanzi alla Cassazione ed al Consiglio di Stato – è stata presentata ai giudici della medesima Corte nella seduta della Gran Camera del 25 giugno 2021.
Le conclusioni cui perviene lo studio redatto dall’autorevole gruppo di lavoro presieduto da Mme Chantal Arens, primo presidente della Suprema corte, sono di particolare interesse: nella fase del ricorso in Cassazione, la mediazione dispone di un potenziale formidabile ed è possibile avviarla in base alla normativa vigente pur risultando opportuno adottare modalità attuative e, quindi, norme regolamentari, adeguate a rendere efficace e sostenibile la mediazione dinanzi alla Cassazione.
All’esito della riflessione condotta dal gruppo di lavoro l’obiettivo diviene quello di inserire la Corte di cassazione nella dinamica di promozione della mediazione già sperimentata dai giudici del merito, strutturandone il procedimento, senza irrigidirla, al fine di non mortificarne la flessibilità.
Le proposte formulate nella relazione finale per garantire uno sviluppo duraturo e sostenibile della mediazione presso la Cassazione, sono dunque destinate a partecipare alla promozione delle modalità amichevoli di composizione delle controversie.
In tal senso, si propone anche l’istituzione un comitato (comité de pilotage) per valutare regolarmente lo sviluppo della mediazione dinanzi alla Corte suprema.
2.- Verso l’istituzione del “Conseil national de la médiation”.
Per meglio comprendere l’importanza del lavoro svolto ed il contesto nel quale si avvia questo percorso del tutto innovativo, occorre segnalare che il 6 maggio 2021 è stato adottato in prima lettura dalla ‘Commissione per le leggi costituzionali, la legislazione e l’amministrazione generale della Repubblica all’Assemblea nazionale’ un emendamento al progetto di legge per la fiducia nell’istituzione giudiziaria.
Questo emendamento, che compare anche nel testo approvato dall’Assemblea nazionale il 25 maggio 2021, completa la legge 95-125 dell’8 febbraio 1995 (relativa all’organizzazione delle giurisdizioni e alla procedura civile, penale e amministrativa) con gli articoli 21-6 e 21-7, istituendo un Consiglio nazionale della mediazione (“Conseil national de la médiation”), incaricato tra l’altro di formulare pareri nel settore della mediazione e di proporre ai poteri pubblici tutte le misure atte a migliorarlo.
Più precisamente, si prevede che il “Consiglio nazionale della mediazione” (da incardinarsi presso il Ministero della Giustizia) sia incaricato di: formulare pareri nel settore della mediazione e proporre al governo tutte le misure a loro favore; proporre un codice etico applicabile alla pratica della mediazione; proporre norme nazionali per la formazione dei mediatori e formulare ogni raccomandazione sulla formazione; presentare proposte sui requisiti per l’inserimento nell’elenco dei mediatori. È previsto altresì che nello svolgimento dei suoi compiti, il Consiglio nazionale raccolga tutte le informazioni quantitative e qualitative sulla mediazione.
La composizione del Consiglio nazionale della mediazione prevede la partecipazione di persone qualificate e rappresentanti di associazioni che operano nel campo della mediazione, delle amministrazioni pubbliche, dell’ordine giudiziario e delle professioni legali (la maggior parte dei suoi membri deve avere esperienza pratica o formazione in mediazione). Alla decretazione del Consiglio di Stato vengono poi rimesse l’organizzazione, i mezzi e le modalità di funzionamento, oltre che le modalità di nomina dei membri.
3.- La promozione e la gestione “des modes amiables de résolution des litiges”.
Questa riforma legislativa risponde ad alcune raccomandazioni, in particolare formulate da Chantal Arens, prima in qualità di presidente del Tribunale di Parigi, poi in qualità di primo presidente della Corte d’Appello di Parigi ove aveva costituito un gruppo di lavoro incaricato di redigere una relazione sulla promozione e l’inquadramento delle modalità amichevoli di risoluzione delle liti (Groupe de travail de la cour d’appel de Paris, La promotion et l’encadrement des modes amiables de règlement des différends, mars 2021).
L’emendamento dunque costituisce una delle più rilevanti iniziative che rendono evidente il crescente interesse per la composizione amichevole delle controversie ed in tale solco si colloca anche la riflessione avviata al fine di introdurre la mediazione nella fase del giudizio di cassazione.
La mediazione – quale percorso di composizione amichevole utile alla “désescalade du conflit” – è orientata a ristabilire il dialogo delle parti nell’intento di pacificazione delle relazioni guardando al futuro delle stesse.
In questa prospettiva, secondo le riflessioni del gruppo di lavoro, un processo che prosegue dopo la sentenza di appello trova spesso le parti stanche essendo trascorsi anche diversi anni e avendo spesso maturato la consapevolezza di poter solo ottenere una pronuncia che conduca ad una decisione di rinvio al giudice del merito. D’altro canto, nel corso del processo non è infrequente la possibilità che le parti abbiano ricevuto pronunce contrastanti nei gradi del merito e ciò costituisce ragione di sfiducia nei confronti delle vie tradizionali della giustizia.
Infine, la “mediation judiciaire” (mediazione demandata dal giudice con il consenso delle parti), qualora intervenisse nella fase del ricorso in Cassazione, verrebbe proposta in un momento in cui le parti possono (ancora) riappropriarsi della lite.
In questo contesto di crescente interesse per le modalità alternative di composizione delle controversie Madame Chantal Arens, in qualità di primo presidente della Corte di cassazione, lo scorso anno ha deciso di istituire un nuovo gruppo di lavoro (“La médiaton devant la Cour de cassation”) cui è stato affidato il compito di valutare concretamente l’introduzione della mediazione dinanzi alla Suprema corte.
Il gruppo – che ha limitato la sua riflessione alla materia civile, commerciale e sociale – ha organizzato i suoi lavori intorno alle seguenti questioni: esistono ostacoli all’attuazione della mediazione presso la Cassazione? La legislazione vigente consente di ricorrervi? Occorre completarla per tener conto delle specificità procedurali proprie della Cassazione? Si dovrebbe prendere in considerazione la creazione di una lista nazionale di mediatori? Tali questioni, affrontate nel corso dei lavori, hanno condotto alla constatazione che non sussistono ostacoli alla mediazione presso la Corte suprema ed hanno permesso di individuare le modalità di attuazione di tale pratica dinanzi alla stessa.
4.- La possibilità di utilizzare la mediazione nel corso del giudizio di Cassazione.
La prima parte della relazione finale redatta dal gruppo di lavoro francese contiene l’esame della normativa vigente al fine di verificare la possibilità di ricorrere alla mediazione nel corso del processo dinanzi alla Cassazione.
In primo luogo, si rileva che secondo quanto previsto dal codice di procedura civile «il giudice investito di una controversia può, previo accordo delle parti, designare una terza persona, per ascoltare le parti e confrontare i loro punti di vista per consentire loro di trovare una soluzione al conflitto che le oppone» (articolo 131-1, come inserito dal decreto di applicazione 96-652 del 22 luglio 1996 della legge 95-125 dell’8 febbraio 1995).
D’altronde, per mediazione «si intende qualsiasi procedura strutturata, indipendentemente dalla sua denominazione, mediante la quale due o più parti tentano di raggiungere un accordo per la composizione amichevole delle loro controversie, con l’assistenza di un terzo, il mediatore, da esse scelto o designato, con il loro consenso, dal giudice investito della controversia» (articolo 21 della legge dell’8 febbraio 1995, modificato dall’ordinanza 2011-1540 del 16 novembre 2011 che recepisce la Direttiva 2008/52/CE).
Al riguardo, occorre tenere presente che il processo in Cassazione si distingue da quello dinanzi alle giurisdizioni di merito in quanto il giudice supremo statuisce in diritto, come si deve altresì rilevare che gli avvocati patrocinanti in Cassazione sono dotati di uno specifico statuto e che la procedura nell’ambito del ricorso per cassazione è prevalentemente scritta.
Tuttavia, se è vero che la Suprema corte non conosce nel merito le cause (articolo L. 411-2 del Codice dell’organizzazione giudiziaria) ciò – ad avviso del gruppo di lavoro – non costituisce un ostacolo allo sviluppo della mediazione dinanzi alla stessa, nella misura in cui il giudice si limita ad ordinarla con l’accordo delle parti. Pertanto, la questione se il giudice possa o meno statuire nel merito si ritiene indifferente, considerato che il giudice di Cassazione non conduce la mediazione e che l’accordo raggiunto dalle parti si rivela spesso una soluzione che si discosta dalle norme di diritto e alla quale il giudice non sarebbe comunque potuto pervenire.
Peraltro, tale specificità che caratterizza la Cassazione necessita di essere relativizzata considerato che ormai la Corte ha la possibilità di statuire nel merito in materia civile quando lo giustifichi l’interesse di una buona amministrazione della giustizia (articolo L. 4113 bis. 2 del Codice dell’organizzazione giudiziaria).
Per cui, indipendentemente dalle peculiarità dell’ufficio del giudice di Cassazione, i membri del gruppo di lavoro – anche all’esito dell’audizione di alcuni esperti – hanno concluso che l’attuazione della mediazione dinanzi alla Corte suprema sembra già possibile senza richiedere modifiche legislative o regolamentari.
D’altro canto, è il momento della Corte di cassazione per inserirsi in una dinamica simile a quella avviata da altre giurisdizioni, come presso la Corte d’Appello di Parigi sopra indicata, o presso la Corte d’Appello di Pau ove è stata istituita un’unità di mediazione giudiziaria, o ancora presso la Corte d’Appello di Lione, dove negli ultimi anni sono state svolte diverse sperimentazioni nel campo della mediazione, o ancora presso la Corte d’Appello di Rouen la cui prima presidente Marie-Christine Leprince ha avviato iniziative per far conoscere e promuovere la mediazione.
Rendere espressamente possibile il ricorso alla mediazione dinanzi alla Corte di cassazione – come si legge nella relazione finale – rientra naturalmente in una politica giurisdizionale avviata da un certo numero di anni che accorda un posto sempre più importante ai metodi alternativi di risoluzione delle controversie.
5.- Le modalità attuative della mediazione demandata presso la Cassazione.
La seconda parte della relazione redatta dal gruppo di lavoro è dedicata poi alla riflessione e alle proposte relative alle modalità attuative della mediazione dinanzi alla Corte di cassazione.
L’obiettivo indicato è quello di individuare le modalità attraverso cui la mediazione possa essere implementata nel corso del processo davanti alla Suprema corte.
L’analisi condotta dal gruppo di lavoro è estremamente interessante e parte dal presupposto che per promuovere il ricorso alla mediazione in Cassazione occorra ripensare ai diversi momenti processuali rispondendo alle seguenti domande: come individuare le controversie suscettibili di essere oggetto di mediazione? Qual è il momento giusto per proporre alle parti di ricorrere alla mediazione? Quali condizioni deve soddisfare il mediatore designato in sede di cassazione? Chi è competente per la nomina? Qual è la natura del provvedimento che dispone la mediazione? A chi depositare la cauzione sul compenso del mediatore? Da quale momento decorre il termine di durata della mediazione? Le parti possono essere assistite nell’ambito della mediazione; se del caso, da parte di chi? Al termine della mediazione, secondo quali modalità deve essere esercitato il controllo sull’accordo concluso tra le parti? Infine, come affrontare, più in generale, la procedura di mediazione nell’ambito del processo dinanzi alla Corte di cassazione?
Ad ogni quesito il gruppo di lavoro dedica una riflessione più o meno articolata all’esito della quale formula una proposta sempre con l’obiettivo di implementare al meglio la mediazione dinanzi alla Cassazione, ma senza coartare la flessibilità tipica della mediazione. Viene quindi ritenuta essenziale la ricerca di un punto di equilibrio tra una migliore strutturazione della mediazione dinanzi al giudice di Cassazione da un lato e la libertà caratteristica dei modi amichevoli di risoluzione delle controversie d’altra parte.
6.- La formazione alla mediazione presso lo Corte di cassazione.
Particolare attenzione viene riservata poi al tema della formazione. Invero, sebbene la mediazione occupi un posto di rilievo crescente nella giustizia a vari livelli, si rileva preliminarmente come esistano tuttora ostacoli allo sviluppo e alla diffusione di questa modalità alternativa di risoluzione delle controversie.
Secondo i componenti del gruppo di lavoro, questa resistenza deriva in particolare da una conoscenza ancora insufficiente di questa procedura.
Alla luce di questa diagnosi, si pone in evidenza la necessità di instaurare una vera e propria politica di sensibilizzazione e di formazione alla mediazione al fine di normalizzare il ricorso a questa modalità di composizione amichevole rendendola così un modo ben identificato di composizione delle liti.
A tal fine, il gruppo di lavoro propone l’organizzazione di sessioni di formazione destinate ai magistrati della Corte suprema, similmente a quanto già sperimentato presso alcune Corti d’appello.
7.- La mediazione presso la Cassazione francese e il “Comité de pilotage”.
Non è questa la sede per condurre un esame analitico e completo della relazione finale approntata dal gruppo di lavoro francese istituito presso la Suprema corte, tuttavia le conclusioni cui perviene sono di indubbio interesse e rilievo.
Infatti, nella prospettiva indicata dalla relazione la mediazione costituisce una modalità alternativa di composizione delle controversie ormai consolidata. L’evoluzione e l’affermazione della mediazione scaturiscono soprattutto dalle qualità inerenti a questa via di composizione amichevole che offre alle parti la possibilità di esprimersi in un contesto flessibile, spesso più propizio alla risoluzione del conflitto di quello che può offrire la giurisdizione.
Secondo il gruppo di lavoro, spetta ora alla Corte di cassazione inserirsi in questa dinamica di promozione della mediazione già sviluppata presso alcune giurisdizioni del merito. E per assicurare una prospettiva di lungo periodo, infine, si raccomanda l’istituzione di un comitato (comité de pilotage) composto per ciascuna sezione da un magistrato della Cassazione e da un magistrato della Procura generale, incaricato di valutare, una o due volte all’anno, lo sviluppo della mediazione dinanzi alla Corte di cassazione al fine di garantire un seguito all’attuazione delle raccomandazioni formulate nella relazione e, se del caso, di individuare le prassi suscettibili di miglioramento. Questo monitoraggio regolare e a lungo termine potrà garantire così uno sviluppo duraturo della mediazione a livello di cassazione.
8.- La riforma italiana della mediazione e le sollecitazioni del modello francese.
Le riflessioni svolte oltralpe non possono non suscitare interesse anche in Italia ove – come si è detto – avanza convintamente il percorso per la riforma della mediazione e ove si segnalano esperienze significative e buone prassi di mediazione demandata dal giudice presso alcuni tribunali (si pensi, in particolare, a Firenze ove con il supporto dell’Ateno fiorentino è stato attivato un progetto anche presso la Corte di Appello con la presidenza della dott.ssa Margherita Cassano).
Resta per contro una silente resistenza soprattutto presso le Corti d’appello e la scelta francese di implementare la mediazione anche presso la Cassazione costituisce un segnale importante di apertura della magistratura che deve indurre ad una riflessione approfondita anche in Italia per il potenziamento dell’intero sistema della mediazione demandata (anche in appello) avendo cura di avviare percorsi formativi a cura della Scuola Superiore della Magistratura sia a livello centrale sia a livello decentrato per stimolare il più diffuso e corretto utilizzo dello strumento mediativo.
Con specifico riguardo poi alla Cassazione, i dati statistici che possono rilevarsi dalla relazione del primo presidente Pietro Curzio (inaugurazione dell’anno giudiziario, 29 gennaio 2021) sono preoccupanti in quanto, nonostante la riduzione delle nuove iscrizioni registrata nel 2020, non vi è stata una corrispondente riduzione del contenzioso pendente, il cui aumento, sia pur limitato a +2,9%, può ascriversi al ruolo determinante della crisi sanitaria pandemica. Ed esaminando i dati sulla pendenza civile complessiva (120.473 ricorsi rispetto ai 117.033 del 2019) si può rilevare come il 56% del contenzioso sia costituito dai ricorsi in materia di protezione internazionale (13.101), civile e lavoro (53.890), mentre il 44% ricade nella materia tributaria (53.482).
D’altro canto, come non raccogliere la sollecitazione francese per l’istituzione di un “Conseil national de la médiation”. Dopo oltre undici anni dall’avvio del “sistema mediazione” ormai da tempo viene evidenziata l’esigenza di un organismo istituzionale specializzato istituito presso il Ministero della Giustizia composto da esperti che possa monitorare e guidare lo sviluppo della mediazione e dei sistemi complementari di giustizia.
L’attenzione della Ministra Cartabia in tal senso sembra essere una garanzia nella direzione indicata, posto che già nelle linee programmatiche ha precisato con chiarezza che «è tempo di ripensare il rapporto tra processo davanti al giudice e strumenti di mediazione» in una prospettiva sinergica, tenendo presente che «questi strumenti, se ben calibrati, tracciano percorsi della giustizia che tengono conto delle relazioni sociali coinvolte, risanano lacerazioni e stemperano le tensioni sociali».
Queste parole sembrano trovare una loro naturale e virtuosa convergenza con quelle pronunciate il 29 gennaio 2021 per l’inaugurazione dell’anno giudiziario dal primo presidente della Cassazione Pietro Curzio il quale, nell’affrontare il tema della riforma della giustizia civile, ha invocato l’intervento del legislatore «per prevenire la sopravvenienza di un numero patologico di ricorsi, mediante forme di risposta differenziate rispetto a quelle tradizionali in grado di giungere alla definizione del conflitto senza percorrere necessariamente i tre gradi di giurisdizione».
In questa prospettiva il presidente Curzio ritiene che in ambito civile debba essere valorizzata la mediazione «nelle sue molteplici potenzialità», segnalando a tal fine il lavoro del Tavolo tecnico per le procedure stragiudiziali istituito dal ministro della Giustizia nel dicembre 2019 e ponendosi in piena sintonia con le riflessioni svolte in quella sede.
Difatti, nel solco del “Manifesto della giustizia complementare” sottoscritto nel marzo 2020 dagli esperti del Tavolo tecnico ministeriale, in un momento di grave crisi sociale ed economica che richiede soprattutto l’implementazione di strumenti per la coesione sociale, il primo presidente della Cassazione ha evidenziato come la cultura della mediazione costituisca un «collante sociale, non solo per la riattivazione di una comunicazione interrotta fra le parti del conflitto, ma anche per la generale condivisione dei valori dell’autonomia, della consapevolezza e della responsabilità».
Inoltre, sempre seguendo le parole del presidente Curzio, la mediazione «avvicina il cittadino alla giustizia, perché lo rende finalmente partecipe delle modalità di risoluzione del conflitto e fiducioso dell’adeguatezza di tale servizio rispetto alle sue esigenze» e «assicura, infine, la deflazione del contenzioso giudiziale con conseguente ottemperanza al principio della ragionevole durata del processo, risposta celere alle parti in lite, riduzione dei costi della giustizia, più elevata efficienza del servizio e maggiore fiducia da parte dell’utenza».
Un sistema coesistenziale, complesso e sostenibile della giustizia che possa contribuire al cambiamento per la piena tutela dei diritti in chiave solidaristica nella prospettiva assiologica dettata dal Costituente.
E riprendendo l’originale metafora di Neil Andrews, può concludersi riconoscendo che, laddove sia appropriata, la mediazione rappresenta la cosa migliore dopo il pane a fette, senza che per questo sia stato eliminato il pranzo a tre portate (processo dinanzi alle Country Courts), né tantomeno il banchetto di cinque portate (processo dinanzi alla High Court).
Marco Marinaro