L’attuazione della c.d. “Riforma Cartabia” (D. Lgs. n. 149/ 2022, in vigore del prossimo 30 giugno 2023) ha riaperto la discussione (in realtà mai del tutto sopita) sulla partecipazione personale delle parti all’incontro di mediazione e sulla possibilità di dare delega ad un terzo. L’art. 8, comma 4, del D. Lgs. n. 28/ 2010 (nuovo testo) prevede ora che “le parti partecipano personalmente alla procedura di mediazione” e che solo “in presenza di giustificati motivi, possono delegare un rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la composizione della controversia”.
I soggetti diversi dalle persone fisiche “partecipano alla procedura di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la composizione della controversia”. “Ove necessario – conclude la norma – il mediatore chiede alle parti di dichiarare i poteri di rappresentanza e ne dà atto a verbale”.
Ci si chiede quali potranno essere i “giustificati motivi”; si sottolinea che non dovranno essere necessariamente “gravi” e che, in assenza di diverse specificazioni, potranno avere carattere sia oggettivo, che soggettivo; si valutano i riflessi della mancata presenza sul processo che dovrà seguire in caso di esito negativo.
Ma questi non sono problemi che interessano troppo da vicino il mediatore, teso soprattutto alla ricerca dell’accordo: l’assenza sarà infatti sindacata in un momento successivo ed in una diversa sede, a mediazione chiusa negativamente ed archiviata. Ugualmente ci si interroga sull’eventuale potere/ dovere del mediatore di verificare le deleghe e le procure e di entrare più o meno a fondo nel merito del loro contenuto.
Sul punto, occorre, a nostro avviso, fare un passo indietro. Il convocato non comparso: questo è il vero problema.
Le statistiche sulla mediazione di DG Stat al 30 giugno 2022 (scaricabili dal sito del Ministero della Giustizia) evidenziano che il vero grande problema della mediazione e del primo incontro non è quello della presenza personale o meno, né quello della delega/ procura, ma è quello della mancata comparizione della parte convocata.
Nel 2013 il fenomeno interessava quasi il 70% dei casi (67,6% per la precisione), ma, con il progressivo affermarsi del nuovo istituto, il dato è andato via via a ridursi sino al 50,0% secco del 2021. Nel primo semestre del 2022 per la prima volta si sono registrate più comparizioni (51,6%) che assenze (48,4%).
La statistica – è noto – nasconde un’infinita varietà di tipologie, di casi concreti, di fattispecie particolari, di casi unici, ma aiuta a capire i trend di fondo. Ad oggi, alla luce dei numeri, ancora una procedura su due viene archiviata prima di poter avere inizio solo perché il convocato è assente.
Pertanto, il vero problema non è la presenza personale o meno, ma è la “presenza” in sé, in assoluto. Ed infatti, se c’è comunque un “qualcuno” (quale che sia la sua qualifica), il mediatore può cominciare a “raccontargli il menu” (la funzione e le modalità della mediazione; le utilità, gli incentivi, le convenienze etc.), con tutta la sua professionalità e la sua esperienza, maturate ed affinate nello studio e sul campo.
Quel “qualcuno” lo sentirà e magari lo ascolterà anche, forse con un po’ di interesse (spesso ci si trova di fronte ad una gradita e costruttiva sorpresa del soggetto!), passaggio questo indispensabile per arrivare ad un primo livello di comunicazione e comprensione, razionale e/o emotiva, sul quale costruire un approfondimento e riavvolgere – step by step – il filo rosso che si pensa destinato a portare al vero centro decisionale e, da lì, all’eventuale accordo. “Venga chi vuole, ma intanto venga qualcuno …” potrebbe essere lo slogan del mediatore “… che poi si vede se e cosa si può fare …”.
Respingere una presenza solo perché potrebbe difettare dei poteri è contro la funzione e l’interesse del mediatore, che dovrà invece cercare di non sprecarla (viste le statistiche!) e di utilizzarla al meglio per arrivare ai soggetti che contano.
A parti presenti e nell’ambito del discorso introduttivo, la verifica dei poteri avrà sicuramente un peso quale elemento fiduciario essenziale per l’innesco della trattativa, ma giammai quale fattore preliminare o pregiudiziale all’avvio di un discorso.
Le novità della “Riforma Cartabia”: l’interesse ad essere presenti
La delega (l. n. 206/ 2021) ha dato incarico al Governo di riordinare la mediazione “nel senso di favorire la partecipazione personale delle parti, nonché l’effettivo confronto sulle questioni controverse, regolando le conseguenze della mancata partecipazione”.
Nell’ottica del mediatore più che il metus delle sanzioni, in primo piano si collocano gli interessi e le utilità delle parti e, soprattutto, del convocato ad esserci, in ogni caso ed in qualche modo. “Presenziare conviene, prima ed a prescindere dalle sanzioni” potrebbe essere un altro slogan e il decreto attuativo contiene importanti novità in questo senso. Innanzitutto sarà più semplice attivare e gestire la procedura dal punto di vista organizzativo.
La competenza territoriale, che imponendo spostamenti e/o domiciliazioni a volte ostacola il materiale svolgimento dell’incontro, “è derogabile su accordo delle parti” (art. 4, co. 1, nuovo testo), mentre resta ferma la possibilità di indicare in anticipo nel contratto ovvero nello statuto/ atto costitutivo l’organismo presso il quale depositare la “domanda” (art. 5 sexies, nuovo testo).
In altri termini: si va dove si vuole, basta mettersi d’accordo. Ampio spazio è poi dedicato alla mediazione telematica (art. 8 bis, nuovo testo). Questa modalità è utilissima, perché gli offre al mediatore almeno un aggancio con un interlocutore che, se anche non ha alcun potere decisionale, può servire come innesco per arrivare a chi decide davvero.
Persone fisiche impegnate altrove per lavoro e/o per motivi personali e familiari possono essere “agganciate” telematicamente, così come il contatto con un qualsiasi rappresentante di un medio- grande ente pubblico o privato può servire per risalire al soggetto giusto.
L’esempio classico è il collegamento telematico con gli uffici legali, che consente di deviare il contatto verso gli uffici commerciali e/o gli specialisti tecnici con l’inoltro del link o di un “invita a entrare nella conversazione” o con una mera telefonata. Poi la discussione prenderà la strada segnata dal merito della controversia (potranno aversi anche sessioni miste e incontri personali, se necessari), ma intanto le chances di contatto sono maggiori ed improntate alla massima flessibilità; valore, oggi e come è noto, di primaria importanza.
Di assoluto rilievo è l’intervento sui requisiti richiesti agli organismi per il mantenimento dell’abilitazione a svolgere il servizio. L’art. 16 (nuovo testo) introduce criteri più specifici e rigorosi per la verifica della serietà, dell’efficienza, dell’adeguatezza e della qualificazione professionale dell’organismo e dei suoi responsabili.
Un servizio più efficiente, serio, adeguato e professionale consentirà un approccio più sereno e fiducioso alla struttura ed alle persone chiamate a gestire la vertenza e, di conseguenza, promoverà un atteggiamento più positivo e costruttivo.
Notevoli anche gli incentivi economici: il raddoppio da €. 50mila ad €. 100mila del limite di esenzione dall’imposta di registro per gli accordi di mediazione (art. 17, nuovo testo); l’articolata disciplina del gratuito patrocinio (Capo II bis, artt. 15bis- 15undecies, nuovo testo) e l’aumento del credito di imposta (art. 20, nuovo testo).
In pratica, in caso di accordo (e quindi quando le parti sono andate, hanno trattato ed hanno trovato una soluzione) viene riconosciuto un credito d’imposta fino a concorrenza di €. 600,00 in relazione alla indennità corrisposta all’organismo, nonché un ulteriore credito pari al compenso corrisposto all’avvocato per l’assistenza nei limiti previsti dai parametri forensi e fino a concorrenza di €. 600,00 (art. 20 cit., co. 1).
Con il limite annuale per le persone fisiche di €. 2.400,00 e per le persone giuridiche di €. 24.000,00, mentre nel caso di insuccesso la convenienza rimane perché gli incentivi fiscali restano, ma sono solo ridotti della metà (art. 20 cit., co. 2). Infine, è riconosciuto un ulteriore credito commisurato al contributo unificato versato dalla parte del giudizio estinto a seguito della conclusione dell’accordo, nel limite dell’importo versato e fino a concorrenza di €. 518,00 (art. 20 cit., co. 3).
Last, but not least, l’amministrazione (oggi troppo spesso assente o chiusa a riccio su posizioni negative) è incentivata a presenziare perché ai loro rappresentanti “di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che sottoscrivono un accordo di conciliazione, si applica l’articolo 1, comma 01.bis della legge 14 gennaio 1994, n. 20” (art. 11 bis, nuovo testo), il che significa una limitazione della responsabilità contabile nei termini di cui alla normativa richiamata.
Più semplice sarà anche il compito dell’amministratore del condominio “legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi” e che dovrà sottoporre alla assemblea (chiamata ad approvare con le maggioranze di cui all’art. 1136 c.c.) il verbale contenente l’accordo o la proposta conciliativa (art. 5 ter, nuovo testo).
In sostanza, prima ancora di pensare alle eventuali sanzioni, è bene che la parte sappia e rifletta sulle maggiori e più concrete utilità della presenza e, con essa, della effettiva e costruttiva partecipazione. Se la parte c’è, il tema delle sanzioni si dissolve ex se, perché mai potrà essere sanzionata né per l’inesistente assenza, né tantomeno per aver agito, liberamente, per la ricerca di una soluzione.
La mediazione non è una sorta di juke box, che, inserita la monetina, fa uscire automaticamente la canzone richiesta (cioè: l’accordo): ma l’alta percentuale delle procedure chiuse positivamente quando le parti si sono presentate ne evidenzia la concreta utilità.
Senza contare che non c’è bisogno del giudizio di esecuzione (come accade spesso per le sentenze), perché gli accordi di norma “tengono” e vengono adempiuti spontaneamente.
Vale la pena, in proposito ricordare, che le statistiche indicano una media del 46,7% di successo se le parti accettano di sedersi al tavolo anche dopo il primo incontro c.d. informativo, ma alcuni organismi arrivano al 60- 70%.
E utile sarà anche in caso di mancato accordo, perché le parti avranno avuto, in una sede più libera ed informale, un primo e non meno acceso ed approfondito confronto sui fatti e sulle questioni di diritto, che consentirà loro di affrontare al meglio il processo, eliminando il pacifico ed il superfluo e concentrando le risorse personali ed economiche sulle questioni veramente essenziali.