I dati di recente pubblicati da DG Stat- Ministero della Giustizia sulla mediazione per gli anni 2014- 2015 evidenziano il progressivo diffondersi del nuovo istituto come strumento concreto ed utile per la risoluzione delle controversie e per fare fronte alle indifferibili necessità di contenimento del contenzioso giudiziale.
Di fatto, un accordo raggiunto non rappresenta ormai semplicemente una o più cause in meno (comprese quelle esecutive, data la maggiore tenuta degli accordi nella fase della sua effettiva attuazione), ma è un problema del cittadino risolto in più ed in piena conformità con il diritto, come – di norma – prova la controfirma degli avvocati, che, necessariamente presenti, “attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico” ex art. 12, comma 1, d. lgs. n. 28/ 2010.
In proposito, vale la pena ricordare che una parte sociale qualificata come Confindustria, nel contributo fatto pervenire alla Commissione Ministeriale di studio per la riforma degli strumenti di ADR, ha affermato che la mediazione “è uno strumento trasversale, idoneo a qualunque lite che abbia ad oggetto diritti disponibili, comprese quelle relative al rapporti di diritto privato tra la Pubblica Amministrazione (PA) e privati” e che l’introduzione dell’istituto della mediazione su ordine del giudice (c.d. “delegata”) è “una scelta condivisibile, soprattutto in funzione dello smaltimento delle cause pendenti. La autorevolezza del giudice, infatti, spinge le parti a considerare con maggiore serietà e disponibilità l’ipotesi di risolvere in via stragiudiziale la loro controversia, aumentando le chance di trovare un accordo. Purtroppo, però, le potenzialità della mediazione su ordine del giudice non vengono ancora sfruttate adeguatamente. Sul punto, sarebbe opportuno incentivare maggiormente i magistrati a valutare per quali procedimenti iscritti a ruolo sia opportuno avviare un procedimento di mediazione, ad esempio comprendendo tale attività tra gli indici di valutazione della produttività dei giudici”.
La riforma del 2013 ha ridisegnato l’istituto secondo il modello c.d. “dell’opt- out”
Confermata l’obbligatorietà per determinate materie (art. 5, comma 1 bis, d. lgs. n. 28/ 2010) e la possibilità che il giudice “valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti” disponga “l’esperimento del procedimento di mediazione” (art. 5, comma 2, d. lgs. cit.), le parti sono chiamate ad un primo incontro, al quale debbono partecipare con l’assistenza dell’avvocato (art. 8, comma 1, d. lgs. cit.).
“Durante il primo incontro di mediazione – prosegue la norma – il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento”.
Sul primo incontro si incentra quindi l’attenzione del legislatore e, di conseguenza, della giurisprudenza di merito, chiamata ad affrontare le questioni relative all’assolvimento della condizione di procedibilità. Un primo ed ormai consolidato approdo riguarda la necessità che le parti siano presenti personalmente in ossequio al dato strettamente normativo (cfr., da ultimo, Tr. Torino 30.03.2016, in Mondo ADR on line) ed al fatto che “la partecipazione in mediazione costituisce attività personalissima che la parte non può delegare ad un difensore” (così Tr. Modena 02.05.2016, con ampi richiami giurisprudenziali, in Mondo ADR cit.).
Più articolati sono invece gli orientamenti sui contenuti concreti della fase di avvio e sul ruolo in essa svolto dal mediatore.
Due sono le principali linee di fondo emerse: l’una tende a valorizzare l’importanza anche sostanziale del primo evento; l’altra tende a leggerlo, soprattutto nell’ambito della mediazione delegata, come un incontro di carattere meramente informativo e quindi privo di rilievo sostanziale.
Tribunale di Firenze 26.11.2014 (in Mondo ADR cit.), dal quale è scaturita ampia giurisprudenza conforme, è l’espressione tipica del primo orientamento. Pronunciandosi sulla necessità della presenza personale delle parti, il Tribunale toscano, rilevata la non felice formulazione della norma, osserva che la possibilità, espressamente prevista, che il primo incontro possa concludersi “senza l’accordo” implica che
“il primo incontro non sia una fase estranea alla mediazione vera e propria: non avrebbe molto senso parlare di ‘mancato accordo’ se il primo incontro fosse destinato a non ricercare l’accordo tra le parti, ma solo la volontà di iniziare la mediazione vera e propria”.
“Ritenere che la condizione di procedibilità sia assolta dopo un primo incontro, in cui il mediatore si limiti a chiarire alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione – prosegue il Tribunale – vuol dire in realtà ridurre ad un’inaccettabile dimensione notarile il ruolo del giudice, quello del mediatore e quello dei difensori. Non avrebbe ragion d’essere una dilazione del processo civile per un adempimento burocratico del genere. La dilazione si giustifica solo quando una mediazione sia effettivamente svolta e vi sia stata data un’effettiva chance di raggiungimento dell’accordo alle parti. Pertanto occorre che sia svolta una vera e propria sessione di mediazione. Altrimenti, si porrebbe un ostacolo non giustificabile all’accesso alla giurisdizione”.
E’ dunque necessaria, nella mediazione obbligatoria come in quella delegata, la presenza personale delle parti perché sin dal primo incontro “Nella mediazione è fondamentale … la percezione delle emozioni nei conflitti e lo sviluppo dei rapporti empatici ed è pertanto indispensabile un contatto diretto tra il mediatore e le persone parti del conflitto. Il mediatore deve comprendere quali siano i bisogni, gli interessi, i sentimenti dei soggetti coinvolti, e questi sono profili che le parti possono e debbono mostrare con immediatezza, senza il filtro dei difensori (che comunque assistono la parte).
D’altronde, il principale significato della mediazione è proprio il riconoscimento della capacità delle persone di diventare autrici del percorso di soluzione dei conflitti che le attraversano e la restituzione della parola alle parti per una nuova centratura della giustizia, rispetto ad una cultura che le considera ‘poco capaci’ e, magari a fini protettivi, le pone ai margini”.
Il primo incontro, quindi, come evento non burocratico e notarile, di mera informazione illustrativa, ma occasione nella quale il mediatore (soprattutto se delegato dal giudice) deve innanzitutto mettere ovvero ri-mettere le parti di persona al centro del gioco, facendone emergere in primis “i bisogni, gli interessi, i sentimenti”.
Da qui, non una interrogazione sulla mera volontà di proseguire o meno (che finisce per riconoscere alle parti una sorta di facoltà meramente potestativa), ma un quesito più raffinato e pregnante, avente ad oggetto la valutazione più oggettiva e complessa della sussistenza o meno della concreta “possibilità” di iniziare la procedura vera e propria e di entrare, più decisamente, nel merito delle questioni sul tappeto ed anche oltre (visto che il mediatore cercherà da subito, come spesso accade, di “allargare la torta”).
Tribunale di Roma 26.05.2016 (sempre in Mondo ADR cit.) è espressione invece della diversa sensibilità che connota il primo incontro come evento di carattere spiccatamente informativo. Con specifico riferimento alla mediazione delegata (che promana da un forte impulso dell’autorità giudicante), si arriva ad affermare che “Nell’incontro informativo, massime nella mediazione demandata, il mediatore svolge una funzione irrilevante, posto che essendo già in corso la causa, le parti sono già state debitamente ed esaurientemente informate, per preciso obbligo di legge, dagli avvocati (e occorrendo da giudice)”. Di conseguenza, nel caso di mediazione delegata, le parti, presenti personalmente e assistite dagli avvocati, debbono in ogni caso proseguire (accollandosi la relativa indennità) e restano libere soltanto di accordarsi o meno all’esito della procedura vera e propria.
L’esperienza concreta dell’attività mediatoria porta ad attribuire al primo incontro una importanza fondamentale, sia dal punto di vista formale, che da quello sostanziale. Innanzitutto, sia nella obbligatoria che in quella delegata, non è così automatica la identificazione dell’attore nell’istante, come spesso si legge nei provvedimenti giudiziali. Ed infatti, prima del processo quando insorge la controversia ovvero quando, nel corso di causa, viene disposta la mediazione delegata ciascuna parte ha il concreto interesse a depositare immediatamente l’istanza.
Una primissima decisione da ponderare con la massima serietà: attendere le scelte dell’avversario o anticiparle?
Non si tratta della banale ricerca dell’organismo più vicino, più comodo, più facile, ma di una opzione in grado di condizionare per sempre l’intero percorso della procedura. Basti considerare il rilievo, nell’ottica degli sviluppi successivi:
– da un lato, del regolamento dell’organismo, che può avere significative differenze su punti estremamente delicati, quali, ad esempio, la procedura di nomina del mediatore (peraltro, alcuni organismi ne hanno una rosa amplissima, altri ne hanno di più ridotte e, a volte, di più selezionate e/o specializzate), nonché la disciplina delle modalità di esercizio del potere/ dovere di proposta (incidente, in prospettiva, addirittura sul regime delle possibili sanzioni);
– dall’altro, della struttura, della organizzazione e dello staff dell’organismo; delle modalità e dei termini delle convocazioni (il contenuto formale e sostanziale e la stessa impaginazione dell’invito “presentano” l’organismo, contribuendo o meno ad un “giusto” impatto con la procedura); della location, in essa comprendendo l’accoglienza e la disponibilità di stanze (possibilmente adeguate e confortevoli) per gli incontri congiunti e riservati, nonché della presenza o meno di strutture di servizio (dalla piattaforma telematica per le video- tele conferenze, al wifi, dai telefoni, alle stampanti ed agli scanner etc., pronti per ogni necessità).
Se la parte, da subito, si sente a suo agio, le decisioni successive potranno essere assunte in modo più sereno e ponderato; ma, viceversa, se la procedura si avvia in un clima ostile o semplicemente percepito come tale, la prosecuzione sarà più difficile per la naturale propensione a sfuggire dal “campo avverso”.
Molto della sorte della mediazione si decide quindi già al primo istante e lontano dal mediatore, in base alla parte più svelta a prendere l’iniziativa ed all’organismo che essa sceglie. Individuato l’organismo (nel caso di più domande relative alla stessa controversia vince … chi arriva primo e perciò la parte più accorta non trascurerà di verificare se nella modulistica del prescelto sia prevista o meno l’annotazione anche dell’ora del deposito, dato non obbligatorio ex art. 4, comma 1, d.lgs. cit.) e nominato il mediatore, la fase preliminare è solo all’inizio.
Ampia letteratura e consolidata prassi sul discorso introduttivo del mediatore escludono la possibilità che primo incontro si risolva in un mero adempimento burocratico di carattere illustrativo. Vale la pena sottolineare che il mediatore, assistito e sostenuto dalla vigile collaborazione dello staff, deve innanzitutto (più che parlare) tacere, osservare e saper ascoltare; deve rendersi immediatamente conto di chi ha di fronte, del comportamento tenuto (dove e come le parti si siedono; come si “schierano”; se e come si salutano …), dei messaggi (soprattutto quelli non verbali) che i protagonisti si inviano.
Egli non si limita a riflettere su cosa dire, ma si pone il problema, non meno importante, di come dirlo (parole, toni, timbri, pause) e di quando dirlo (ad esempio, particolarmente delicata è la gestione delle interruzioni e del flusso degli interventi), al precipuo scopo – pur nell’ottica di cercare di convincere le parti a proseguire – di accertarsi che esse siano pienamente consapevoli di cosa stanno facendo, di cosa sta accadendo, delle responsabilità che stanno per assumersi.
Infinite sono le possibili modalità di svolgimento del primo incontro, del primo colloquio, del primo scambio di opinioni, in cui entrano in gioco – prima ancora di entrare nel merito della vicenda – lo stretto fatto ed il puro diritto, nonché ed in pari grado le “emozioni”, i “bisogni”, gli “interessi” ed i “sentimenti”. Ed altrettanto infinite sono le ragioni che possono determinare la risposta alla fatidica domanda finale.
La legge (art. 8, comma 1), infatti, non prevede una interrogazione sulla mera volontà di proseguire o meno, ma un invito “ad esprimersi” sulla sussistenza o meno della “possibilità” di iniziare la mediazione vera e propria e, cioè, ad effettuare una valutazione, più ampia e complessa, soggettiva ed oggettiva, di tutti quegli elementi di vario genere e natura di cui si è detto: solo allora si potrà dire non già “si, lo voglio”, ma più precisamente “si, ritengo che ci sia la possibilità di andare avanti”, con convinta disponibilità ad investire energie, tempo e denaro nella ricerca di una soluzione.
Si tratta di elementi in gran parte non qualificabili come giuridicamente rilevanti, tantomeno ai fini del processo, con la conseguenza che non vi è obbligo né di motivare, né di giustificarsi, né innanzi al mediatore, né tantomeno innanzi al giudice. Le parti, garantite dalla assistenza del difensore, sono le esclusive titolari della procedura ed hanno il pieno diritto di procedere se e solo se sono pienamente e consapevolmente convinte che ne valga la pena e che sia cosa utile e vantaggiosa.
Nessuno può e deve dire loro cosa fare: la mediazione ha un senso se il potere decisionale rimane in toto e sin dal primo momento nella disponibilità dei protagonisti. Il giudice è “naturale” e “precostituito per legge” (art. 25 Cost.): l’organismo, il mediatore, il procedere oltre sono invece il frutto di una scelta condivisa e tale deve restare. Sul punto la norma è, nuovamente, di esemplare chiarezza. La mancata partecipazione senza giustificato motivo è dato rilevante (art. 8, comma 4 bis), perché si tratta dell’assenza di colui che è chiamato ad essere il protagonista.
Ma proprio perché la fase preliminare è ricca di contenuti metagiuridici, l’art. 5, comma 2 bis così lapidariamente dispone, sia per la mediazione obbligatoria, che per quella delegata: “Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”.
Quali che siano le ragioni ed i motivi del diniego, sarà il giudice a dover risolvere la controversia secondo diritto. Con due importanti segnali di inversione di tendenza. A partire dalla mini- riforma del 2014, fermo il rischio delle sanzioni, è meno conveniente resistere pretestuosamente in giudizio, perché con la nuova formulazione dell’art. 1284 c.c. dal momento in cui è proposta la domanda giudiziale “Se le parti non ne hanno determinato la misura … il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali …”.
Inoltre, dai dati statistici del DG Stat- Ministero della Giustizia relativi al 2015 emerge una sensibile riduzione della durata media dei giudizi civili, che passa (computando anche i decreti ingiuntivi e la volontaria giurisdizione) da 1 anno e 6 mesi del 2012 ai 1 anno e 2 mesi del 2015, nonché, calcolando solo il contenzioso di tribunale in senso stretto, dai 3 anni e 4 mesi del 2012 ai 3 anni netti del 2015.
Cui si aggiunge il dato “top” secondo il quale 57 tribunali italiani (tra cui quelli di grandi città come Torino, Milano, Genova e Bologna) hanno fatto registrare nel corso del 2015 tempi medi nei giudizi civili inferiori ad un anno. Un primo concreto passo verso quella sinergia tra sistemi di ADR e processo da tutti auspicata nell’interesse del cittadino ad una soluzione rapida e rispettosa della legge delle controversie civili e dell’ordinamento statale ad una risposta giudiziale comunque anch’essa rapida ed efficiente.
2 commenti
dal 22.10.2010 garante terzo per l’usufrutto e mio figlio garante terzo per la nuda proprietà di mutuo ipotecario a favore di una S.n.c. Nel 2011 mio figlio diviene socio della suddetta s.n.c. che, accumulato un forte debito con una banca ha subito nel 2016 la risoluzione del contratto di mutuo fondiario (cui siamo interessati) inoltre risoluzione di contratto di mutuo chirografario del 20.12.2013, nonché il recesso di apertura di conto corrente e costituzione di mora che, ovviamente coinvolge mio figlio insieme agli altri soci. La s.n.c. è stata sciolta e cancellata a Dicembre 2016.
Di qui un atto di precetto notificato a me ed uno a mio figlio nel Maggio 2017. Inoltre, nello stesso periodo, un decreto ingiuntivo a mio figlio che rischia di venire aggredito su altre sue proprietà immobiliari.
Stessa sorte anche per gli altri soci che non posseggono proprietà immobiliari.
Il 12 Settembre u.s. è stato organizzato il primo incontro informativo dinanzi al mediatore designato alla presenza del diretto interessato e del suo legale mentre, per l’istituto bancario si è presentato solo il legale in quanto la Banca non sembrava interessata a mediare. Ciò non toglie che il mediatore abbia proceduto ad illustrare le regole della mediazione. Quindi, a richiesta delle parti, ha rinviato il procedimento informativo al 24.09.19.
Anche in questo caso, per l’istituto bancario era presente solo il legale.
Nel corso della seduta mio figlio aveva chiesto che la documentazione bancaria ottenuta solo parzialmente e richiesta più volte a partire dal 2016, gli venisse consegnata, in particolare specifici documenti oggetto di una PEC inviata alla Banca il 28.08.2018 ancora in attesa di riscontro.
Sia il mediatore che il suo Avvocato hanno scoraggiato la sua ‘pretesa’ spiegando che in mediazione si cerca puramente un accordo tra le parti. Dopo di ché il suo avv.to ha proposto una cifra per chiudere la questione. L’avv. della Banca si è riservato di portare l’offerta all’attenzione dei funzionari bancari.
CHIEDO: MIO FIGLIO HA RICHIESTO IL PROCEDIMENTO DEL PRIMO INCONTRO INFORMATIVO.PER LA BANCA ERA PRESENTE SOLO IL LEGALE.
IL SECONDO INCONTRO INFORMATIVO HA LE STESSE CARATTERISTICHE DEL PRIMO?
E’ OPPORTUNO DEDURRE CHE LA MEDIAZIONE VERA E PROPRIA NON SIA ANCORA INIZIATA? IN CASO AFFERMATIVO: VALUTATA L’OFFERTA PONIAMO CHE LA BANCA ACCETTI D’INIZIARE IL PROCESSO DI MEDIAZIONE VERO E PROPRIO. POTRà ESSERE SVOLTO SOLO DALL’AVVOCATO PER CONTO DELLA BANCA O OCCORRE SIA PRESENTE UN RAPPRESENTANTE DELL’ISTITUTO?
SE LA BANCA ACCOGLIESSE L’OFFERTA IL PRIMO INCONTRO DI MEDIAZIONE POTREBBE ANDARE A PATRASSO PERCHE’ COMUNQUE LA DOCUMENTAZIONE RICHIESTA DAL SUO EX CLIENTE E’ STATA DISATTESA E QUINDI L’OFFERTA DI MEDIARE POTREBBE ESSERE BEN RIDIMENSIONATA.
COMUNQUE SE IN PRIMA SEDUTA O NELLE SUCCESSIVE SI GIUNGESSE AD UN ACCORDO CHE COMPRENDESSE ENTRAMBE LE POSIZIONI DEBITORIE DI MIO FIGLIO, QUELLA DI GARANTE DI MUTUO IPOTECARIO E QUELLA DI SOCIO, CHE NE SARA’ DELLA MIA GARANZIA SULL’USUFRUTTO DEL MUTUO IPOTECARIO? RIMARREBBE ATTIVA? OCCORRERA’ ORGANIZZARE UNA NUOVA PROCEDURA DI MEDIAZIONE DATO CHE DALLA PRESENTE SONO STATA ESCLUSA? GRAZIE PER UN CORTESE E CELERE RISCONTRO. DISTINTI SALUTI . LAILA PASINI
Le consigilamo di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia o ad una associazione di consumatori per ricevere un’adeguata consulenza.