
L’art. 84-bis del cd. decreto del Fare D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ha ampliato l’elenco degli atti soggetti a trascrizione di cui all’art. 2643 del codice civile, col nuovo comma 12-bis), che testualmente prevede “gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.
Sulla portata della novella legislativa è recentemente intervenuta l’interpretazione del Consiglio Nazionale del notariato con lo studio civilistico n. 718-2013/C “La trascrizione dell’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione”, il cui estensore notaio Marco Krogh ne analizza il significato del collocamento sistematico all’interno della normativa sulla trascrizione.
In prima battuta, lo studio richiama il dibattito dottrinale e giurisprudenziale che, senza soluzione di continuità e senza approdare ad alcuna certezza, aveva caratterizzato la normativa previgente in tema di mediazione: si discuteva infatti sull’ammissibilità di un accordo di conciliazione che accertasse l’usucapione e, laddove se ne desse risposta affermativa, sulla sua trascrivibilità.
Ora è lo stesso legislatore a fornire una risposta codicistica positiva al secondo interrogativo, risposta dalla quale pare potersi trarre una conseguente risposta positiva anche al primo interrogativo.
In realtà però la novella, al di là di questa prima parvenza risolutiva di una problematica, è l’occasione per una riflessione attenta sulla sua collocazione sistematica, sui conseguenti effetti e sulle profonde differenze rispetto alla trascrizione di una sentenza accertativa dell’usucapione.
L’analisi del significato del nuovo comma 12-bis) dell’art. 2643 c.c. non può prescindere, infatti, né dalla normativa civilistica in tema di usucapione, né dalla disciplina dettata per la trascrizione della sentenza accertativa dell’usucapione.
L’istituto giuridico dell’usucapione era e rimane disciplinato infatti, anche dopo la novella legislativa qui in commento, dagli artt. 1158 e seguenti del codice civile, a norma dei quali l’acquisto della proprietà o di altro diritto reale non è altro che un effetto legale che consegue al contemporaneo ricorrere di una serie di presupposti quali:
– il possesso continuato, ininterrotto e indisturbato del bene,
– la durata di tale possesso per il tempo previsto dalla legge.
Esistono poi delle eccezioni alle regole di base, che ad esempio fanno discendere il medesimo effetto legale da un possesso abbreviato, congiuntamente con la buona fede da parte dell’usucapiente e con l’esistenza di un titolo astrattamente idoneo.
Da tutto ciò discende che:
– se l’usucapione è un effetto legale, non può nascere da una volontà negoziale
– una volontà negoziale, che pretenda di sostituirsi ai presupposti di legge, si rivela anzi del tutto irrilevante ed inefficace;
– in sede di mediazione, l’accordo conciliativo potrà avere ad oggetto solo il riconoscimento dei fatti che costituiscono i presupposti di un acquisto per usucapione;
– in sede di mediazione, l’accordo conciliativo non potrà invece consistere in un atto volitivo finalizzato a riconoscere l’acquisto di un diritto reale, in quanto non è appunto la volontà delle parti a poter determinare questo effetto.
La collocazione della nuova norma tra atti e contratti elencati nell’art. 2643 c.c., i cui effetti, per la pubblicità che ne deriva, sono disciplinati dagli artt. 2644 e 2650 c.c., induce necessariamente l’interprete ad interrogarsi sulle differenze, quanto ad effetti e contenuto, rispetto alla trascrizione di una sentenza di usucapione, che è invece regolata dal diverso art. 2651 c.c.
Da un lato infatti la sentenza accertativa dell’usucapione, all’esito di un’istruttoria con cui il giudice terzo imparziale accerta la fondatezza della pretesa, ha l’effetto di far nascere, in capo all’usucapiente, un diritto nuovo, opponibile erga omnes; l’accordo con cui si accerta l’intervenuta usucapione, invece, proprio per le norme applicabili ad esso in tema di trascrizione, regolamenta una vicenda che riguarda le sole parti che intervengono all’accordo e non è opponibile a nessun altro terzo.
Ne deriva che la trascrizione ex art. 2643 c.c. dell’accordo di conciliazione accertativo dell’usucapione attribuisce all’usucapiente un diritto che può far valere nei confronti dei terzi nei soli limiti spettanti all’usucapito e nel rispetto delle regole sulla continuità delle trascrizioni, senza pertanto dare inizio ad una nuova serie continua di titoli legittimi di proprietà, ma anzi collocandosi come anello nuovo all’interno di una serie già esistente di titoli. Resteranno pertanto del tutto impregiudicati i diritti di eventuali terzi ed anche i diritti di eventuali altri comproprietari sul medesimo bene.
Il fondamento del diritto dell’usucapiente, a differenza quindi di quanto avviene in seguito ad un accertamento giudiziale, avrà la medesima portata che aveva in capo all’usucapito e dovrà trovare fondamento in una serie continua di titoli in capo ad esso, anzi deriva i suoi effetti proprio dai titoli precedenti e nei limiti degli stessi.
Questi diversi e sostanziali effetti sono perfettamente coerenti con un sistema giuridico basato sulla certezza del diritto nei trasferimenti immobiliari, sull’affidabilità dei dati risultanti dai registri immobiliari e sul rispetto dei diritti dei terzi, che non possono certamente venire travolti da un accordo al quale quell’eventuale terzo non abbia partecipato.
La differenza quindi tra i due diversi tipi di trascrizione è direttamente collegata alle diverse norme applicabili:
– la sentenza accertativa dell’usucapione, trascritta ex art. 2651 c.c., è opponibile erga omnes e fa nascere un diritto del tutto nuovo in capo all’usucapiente, travolgendo i diritti di qualsiasi terzo su quel bene; essa sarà quindi trascritta a favore dell’usucapiente ed a carico di nessun soggetto, perché prescinde da e travolge qualsiasi diritto precedente in capo ad altri;
– l’accordo di conciliazione accertativo dell’usucapione, trascritto ex art. 2643 n. 12-bis) c.c., invece, verrà trascritto a favore dell’usucapiente e contro il solo soggetto usucapito intervenuto all’accordo, a significare che quel diritto è usucapito solo nei confronti della controparte, trova fondamento nei limiti in cui quel diritto aveva efficacia e valore per l’usucapito e quindi nei titoli di provenienza a suo favore, restando invece del tutto impregiudicati i diritti dei terzi. Tutto questo in linea con l’applicazione degli art. 2644, 2650 e 2645 c.c.
Il citato Studio del CNN esamina con attenzione le diverse fattispecie che si possono presentare e, in particolare, gli effetti dell’accordo conciliativo qui in commento nelle seguenti ipotesi:
– se sia rispettato il principio della continuità delle trascrizioni;
– se se il soggetto usucapito che sottoscrive l’accordo non risulti legittimato in virtù di un titolo idoneo e trascritto;
se le parti intendano/possano concludere un mero negozio di accertamento;
– se invece il riconoscimento dell’usucapione divenga oggetto di un accordo transattivo soggetto a trascrizione ex art. 2643 n. 13 c.c.
In conclusione, potendosi ragionevolmente concludere che il risultato “usucapione” non è identico a seconda che derivi da una sentenza o da un accordo conciliativo, nemmeno a seguito della novella legislativa sopra citata.
Soltanto la conoscenza delle diverse conseguenze che derivano dalla pubblicità immobiliare, a seconda del diverso contenuto di un accordo, costituisce una imprescindibile bussola di orientamento, in sede di mediazione, verso un tipo di soluzione anziché un altro, rendendo consapevoli tutti i soggetti intervenuti dei diversi effetti che possono raggiungere e, quindi, delle diverse opzioni a disposizione.
2 commenti
In relazione alla modifica di cui alla legge 98/2013 concernente la trascrivibilità dell’accordo di mediazione relativo all’accertamento dell’usucapione (introduzione, nell’art. 2643 cc, del c. 12 bis), è da ritenere che il legislatore avrebbe fatto meglio a specificare, in maniera diretta o inequivoca, che detto accordo potesse essere manifestato anche davanti ad un Notaio. Nell’interpretazione n.718/13C il Consiglio Naz. Notariato ha giustamente sostenuto che l’accordo di conciliazione ha ad oggetto solamente il riconoscimento dei fatti su cui si fonda l’usucapione. Tuttavia, considerata la figura professionale del Notaio (soprattutto in relazionale alla competenza e alla terzietà), non sarebbe azzardato attribuire al Notaio, almeno in una foma attenuata,e in settori circoscritti, come appunto nel caso dell’usucapione, anche delle funzioni giurisdizionali (afferenti, ad esempio, alle norme sul litisconsorzio necessario, a quelle sul contraddittorio, artt. 101, 102 cpc, o all’accertamento del modo violento o clandestino del possesso ex art. 1163 cc). In tal modo, non solo si potrebbero evitare i costi connessi all’adempimento della precedente fase davanti al Mediatore (si pensi, tra l’altro, alla presenza obbligatoria degli avvocati), ma si potrebbe avere un atto notarile che potrebbe rappresentare un equipollente della sentenza, se non proprio nella forma almeno nella sostanza. D’altra parte, nella materia in questione, è da ritenersi comunque necessaria la presenza del Notaio, non solo per la regolarità formale e legale dell’atto, ma soprattutto per il soddisfacimento di esigenze di terzietà: infatti, gli avvocati , anche se hanno l’obbligo del rispetto delle leggi e dei principi generali dell’ordinamento giuridico, fondamentalmente sostengono interessi di parte,e il mediatore, a sua volta, non ha specifiche competenze giuridiche.
Distinti saluti
Piero Angius Cagliari 12-6-2014
il R.D. 28.3.1929 n. 499 (La legge Tavolare) non contempla in nessuna caso la trascrivibilità id. est intavolazione degli accordi di mediazione; quindi nelle regioni dove vige il sistema tavolare (Trentino, Alto Adige, provincia di Trieste, Cortina d’Ampezzo) vi è una evidente quanto incostituzionale disparità di trattamento in relazione agli accordi di mediazione che, non potendo essere intavolati, devono essere “trasformati” in atto notarile, e come tali trascritti, con notevole aumento dei costi. Ciò rappresenta una palese ingiustizia ed è segno di un totale disinteresse nei confronti del problema da parte del legislatore speciale.
Avv. Federica Costanzi – Malè (TN)