Come i conciliatori e gli avvocati ben sanno, il buon esito di una conciliazione può essere inaspettatamente reso più difficile o addirittura messo a repentaglio da circostanze problematiche che non possono essere previste anticipatamente. E’ vero, peraltro, che alcune situazioni sono caratteristiche del tipo di controversia e quindi, entro certi limiti, possono essere affrontate in base all’esperienza acquisita. Ad esempio, nei casi in cui le parti hanno avuto delle relazioni personali, come nei rapporti di lavoro o nelle questioni che sorgono all’interno di piccole imprese, i problemi sono ricorrenti e sono diretta conseguenza del deterioramento di una precedente o persistente relazione.
L’esperienza sulla prevedibilità o sulla ricorrenza di situazioni difficili nelle controversie si può acquisire in modo più diretto vivendola in prima persona, ad esempio, nel corso di un giudizio. E’ possibile, peraltro, acquisire una maggiore dimestichezza anche attraverso l’esperienza altrui. I conciliatori esperti, avendo un’adeguata consapevolezza delle difficoltà che si celano in una conciliazione, possono insegnare le proprie strategie in modo tale che i meno esperti possano imparare a superare più facilmente gli ostacoli e far sì che la conciliazione continui in maniera costruttiva.
Proprio a tale scopo, tre esperti conciliatori americani ed uno canadese si sono offerti di discutere insieme su una serie di problematiche che spesso ricorrono in casi coinvolgenti questioni commerciali e rapporti di lavoro. Avendo acquisito la propria esperienza svolgendo professioni diverse, ciascuno di loro ha dato un differente approccio alla risoluzione dei problemi da affrontare. Tutti ritengono, in varia misura, di adottare tipologie conciliative sia facilitative che valutative, a seconda delle circostanze; pertanto, ci sono state delle reazioni differenti in relazione alle problematiche discusse. Con questo articolo vogliono essere prese in considerazione cinque diverse tipologie di problematiche che spesso si verificano nell’ambito dei rapporti di lavoro ed in alcune tipologie di conciliazioni commerciali.
Il fatto
Il caso riguarda una controversia di lavoro tra una broker (P) ed una importante società di servizi finanziari (D). P, unica donna broker all’interno della società , afferma di ricevere un trattamento economico sfavorevole paragonato a quello dei suoi colleghi uomini, e di aver subìto ripetute discriminazioni in diverse circostanze. La società D nega tali affermazioni, sostenendo che la propria dipendente non ha mai ricevuto un trattamento economico diverso dagli altri e che i problemi da lei riscontrati sono dovuti alla sua inabilità di relazionarsi in modo appropriato con i capi e colleghi. Nonostante P abbia iniziato una causa in giudizio, vorrebbe in realtà rimanere presso la società . La sua effettiva volontà è quella di vedere risolte le citate problematiche e ricevere un risarcimento per le opportunità perse piuttosto che porre fine al rapporto di lavoro. D non nega la possibilità di proseguire il rapporto di lavoro ma, a differenza di P, preferirebbe che quest’ultima lasciasse la società dietro corresponsione di una liquidazione. La situazione si è deteriorata fino al punto che P ed il suo capo non si parlano più.
Questione1 : l’attore non è collaborativo
Poco prima dell’inizio della conciliazione P comunica al conciliatore che, a causa della attuale elevata tensione fra lei e la società non potrebbe sopportare di trovarsi nella stessa stanza con il suo capo e che, se necessario abbandonerebbe la conciliazione. Cosa dovrebbe fare il conciliatore?
La maggior parte del gruppo di esperti ha affermato di credere fortemente nell’importanza di incoraggiare un incontro fra le parti in tutte le situazioni, anche le più difficili. Ritengono che l’incontro tra le parti ed il conciliatore consenta di costruire una base comune di informazione e faciliti l’individuazione di aspetti della controversia importanti per entrambe le parti ai fini di una possibile risoluzione. L’incontro costituisce, inoltre, una valida opportunità per le parti di esprimere liberamente la propria posizione.
Uno dei conciliatori, peraltro, ha rilevato anche alcuni aspetti negativi riconnessi all’incontro diretto fra le parti, ritenendo, ad esempio, poco opportuno lasciare iniziare la negoziazione agli avvocati. Egli sostiene, infatti, che nella maggior parte dei casi, gli avvocati sfruttino questa opportunità semplicemente per mettere in mostra le proprie doti professionali piuttosto che agevolare una vera e propria conciliazione. Egli in sostanza, preferisce dare alle parti l’opportunità di aprirsi con lui e con gli altri sulle loro problematiche e quindi lasciare a loro la facoltà di decidere se il conciliatore, l’altra parte e l’avvocato possano partecipare.
Nell’ipotesi in cui l’attore non sia collaborativo, come nel caso sopra citato, assumendo che il conciliatore creda nell’importanza di iniziare con un incontro fra le parti, dovrebbe sedersi con P e con il suo avvocato per ascoltare quali siano le sue preoccupazioni, chiarendo il più possibile i dubbi della parte in relazione agli scopi ed alla dinamica procedurale dell’incontro. Il conciliatore può anche valutare insieme alla parte metodi alternativi per affrontare questa fase. Una volta che le preoccupazioni di P sull’incontro sono state comprese possono, infatti, essere prese in considerazione diverse soluzioni. Ad esempio: se P acconsentisse di partecipare ad un incontro purchè sia breve, quest’ultimo può essere limitato solo a particolari tematiche. Questioni come la confidenzialità e le procedure di conciliazione, possono essere discusse separatamente in momenti successivi e le parti potranno incontrarsi solo per brevi discussioni su punti specifici della controversia. Alternativamente P può essere rassicurata del fatto che non le sarà richiesto di parlare o intervenire o rispondere alle affermazioni dell’altra parte. Se P è preoccupata delle sue reazioni emotive o di affrontare comunque argomenti per lei causa di ansietà si potrebbe comunque trovare una soluzione per discutere in modo meno diretto o invasivo.
Questione 2: Un avvocato aggressivo
Nonostante gli sforzi del conciliatore di stabilire un tono più pacato e più consono alle esigenze di P durante l’incontro, l’avvocato di D inizia il proprio discorso con delle affermazioni negative sulla propria dipendente. P sta diventando visibilmente irritata ed è sul punto di andarsene via.
Il gruppo di esperti conciliatori ha suggerito che un conciliatore attento può fare in modo di evitare che la situazione degeneri in una tensione eccessiva. All’inizio dell’incontro il conciliatore dovrebbe stabilire le regole principali e rendere chiaro che gli insulti ed i commenti distruttivi sono controproducenti. Allo stesso tempo, il conciliatore dovrebbe far presente alle parti che esse possono essere completamente in disaccordo con il punto di vista dell’altra parte e trovare anche alcuni commenti non piacevoli. Inoltre, se l’avvocato o altri fanno delle affermazioni che insultano e non hanno altro fine, è compito del conciliatore chiedere gentilmente di cessare queste prese di posizione controproducenti e indirizzare l’interlocutore verso un altro argomento. Se colui che parla ignora il consiglio e prosegue con un atteggiamento aggressivo, possono essere prese delle misure più dirette, come interrompere la discussione, invitando le parti a fare una pausa e chiedere direttamente a colui che parla di cambiare argomento o riprendere quella specifica questione separatamente.
Questione 3: obbiettivi incompatibili
Durante le prime sessioni in privato con le parti, il conciliatore ha capito che entrambe sono inflessibili e non hanno obbiettivi compatibili. P vuole stabilire le condizioni per proseguire il rapporto di lavoro ed ottenere un risarcimento per il passato, mentre D vuole che lei lasci il lavoro. Il conciliatore teme che P possa andare via e ritenere inutile la prosecuzione della conciliazione nel momento in cui venisse a conoscenza della posizione dell’altra parte.
Il gruppo di esperti ha concordato che, nonostante i reciproci atteggiamenti di fermezza delle parti sulle rispettive posizioni, il conciliatore dovrebbe comunque discutere con entrambe fornendo diverse alternative. Ad esempio, proporre all’altra parte di considerare di accettare che P mantenga il posto di lavoro con la protezione che richiede opportuna, oppure proporre di farla rimanere ma con una protezione minore rispetto a quella da lei richiesta, proporre di trasferirla all’interno della stessa società oppure di mandarla via. Il conciliatore deve incoraggiare le parti a pensare alle diverse possibilità ed opzioni possibili sia insieme che separatamente. Potrebbe, infatti, accadere che una parte alla fine accetti una delle alternative.
Nel caso in cui D chiedesse al conciliatore di presentare una proposta inaccettabile, ad esempio che P lasci la società senza risarcimento, come se fosse una proposta del conciliatore stesso e non della parte, cosa dovrebbe rispondere il conciliatore? Il gruppo di esperti ritiene che il conciliatore non debba accogliere questa richiesta. Alcuni sostengono, inoltre, che il conciliatore in questo caso dovrebbe spiegare i motivi per cui D trarrebbe maggior vantaggio ad esporre lui stesso la proposta. Ad esempio, perchè l’avvocato di D ha una maggiore cognizione delle vicende specifiche del caso e della situazione sottostante, perchè conosce direttamente la società ed è quindi in una posizione migliore rispetto a quella del conciliatore di agire in qualità di avvocato ed ottenere una soluzione più consona alle esigenze del proprio cliente. Inoltre, se fosse il conciliatore a presentare la proposta come una propria idea, questo potrebbe danneggiare la sua posizione di neutralità e compromettere l’efficacia dell’intera conciliazione.
Se P minacciasse di lasciare la conciliazione nel momento in cui apprende che D mantiene il rapporto di lavoro, il conciliatore potrebbe incoraggiarla a rimanere al meno per il tempo necessario a farle considerare l’offerta di liquidazione proposta da D. Il conciliatore dovrebbe, inoltre, assicurarsi che P sia a conoscenza delle conseguenze nel caso in cui decidesse di porre fine alla conciliazione senza un accordo.
Questione 4: L’offerta al ribasso
P potrebbe accettare una adeguata liquidazione in cambio del posto di lavoro ma continua ad affermare, comunque, che preferirebbe rimanere presso la società e che D dovrebbe pagare una somma notevole perchè lei se ne vada. P fa, quindi, una domanda iniziale che, sebbene da lei ritenuta ragionevole, è di fatto troppo alta.
Gli esperti hanno discusso se sia opportuno esprimere un giudizio sul fatto che la domanda sia troppo alta (o un’offerta troppo bassa) ed hanno alla fine concordato che il conciliatore non dovrebbe giudicare l’entità dell’offerta o della domanda. Ritengono, invece, che in questi casi il conciliatore debba fornire un giudizio strategico come, ad esempio, avvisare che alcune domande o offerte potrebbero rendere vana la negoziazione. Gli esperti concordano, inoltre, sul fatto che il conciliatore dovrebbe discutere con P e con il suo avvocato delle eventuali reazioni di D ad una domanda eccessivamente alta e su quali siano i rischi insiti in una simile domanda come ad esempio quello di pregiudicare gli sforzi fatti per raggiungere l’accordo.
Sebbene il conciliatore possa essere in grado di tenere D al tavolo della contrattazione, non è interesse di P che le negoziazioni rimangano ferme troppo a lungo. Se P insistesse nel fare una domanda molto alta, la maggior parte degli esperti ha ritenuto che la cifra debba essere comunicata. Alcuni hanno però evidenziato che il conciliatore, al fine di mantenere credibilità , in queste circostanze, deve comunicare l’offerta senza in alcun modo pregiudicare la posizione di P.
Questione 5 : La Proposta del Conciliatore
Al fine di evitare un’impasse, l’avvocato di P ha acconsentito a che il conciliatore faccia una propria proposta. Il conciliatore raccomanda una cifra che crede sia ragionevole ed equa in relazione alle circostanze del caso. P ha accettato la proposta ma D no. In base alla procedura relativa alla “proposta del conciliatore”quest’ultimo non può rivelare a D che P ha accettato. Avendo una visione globale del caso, che cosa può fare a questo punto il conciliatore?
Uno degli esperti ha suggerito che il conciliatore riunisca entrambe le parti nella stessa stanza annunciando che non è stato raggiunto l’accordo. Nella sua esperienza, molto spesso la parte che ha accettato la proposta chiederà come mai l’altra parte non voglia accettare. Nell’opinione di questo esperto in genere le domande spontanee consentono la prosecuzione del dialogo. Se, invece, le parti non volessero riunirsi nuovamente, il conciliatore può sempre chiedere alla parte che ha accettato la proposta il permesso di comunicarlo all’altra parte. Il vantaggio di rivelare l’accettazione è che potrebbe mettere sotto pressione la parte che non ha accettato nel momento in cui si rende conto che la cifra può di fatto risolvere la controversia. Lo svantaggio è che se non si raggiungesse l’accordo la cifra potrebbe diventare un limite, massimo o minimo, nelle successive negoziazioni.
Se la parte che non ha accettato continua a non volere accogliere la proposta ma sembra disponibile a valutare soluzioni diverse da quelle iniziali, il conciliatore dovrebbe collaborare con la parte che ha accettato per decidere come e se continuare la negoziazione. Il conciliatore deve mantenere credibilità ma non deve diminuire la propria proposta. Ad esempio potrebbe essere che D accetti spontaneamente anche un ammontare leggermente più basso rispetto a quello proposto dal conciliatore. Ancora, se P non è disposto o non ha considerato una cifra più bassa, il conciliatore può comunque agire attivamente, almeno, al fine di ottenere una migliore offerta da D. E’, inoltre, frequente che la prosecuzione della negoziazione abbia l’effetto di superare ed interrompere l’impasse creatasi.
Conclusioni
Tutti gli ostacoli citati sono stati considerati in base alle esperienze di conciliatori esperti in questioni che coinvolgono forti stati emotivi e rapporti delicati e personali. Altre possono essere le problematiche da affrontare e che possono aggiungersi alla lista come, ad esempio, la mancanza totale di offerte o domande sempre più alte. Se queste difficoltà possono, in parte, essere risolte anticipatamente e prevenute, gli imprevisti comunque possono verificarsi. Quando accade, il miglior consiglio è quello di rimanere sempre allerta, di essere flessibili e dopo tutto di mantenere sempre il proprio senso dell’umorismo.
Rachele Gabellini