
Mediazione obbligatoria, basta la conclusione entro i tre mesi
Il tribunale di Viterbo afferma che la condizione di procedibilità della domanda nella mediazione obbligatoria è realizzata se la procedura è conclusa entro il termine di 3 mesi
Termine conclusione mediazione
Nella mediazione obbligatoria, la condizione di procedibilità della domanda può ritenersi realizzata se la procedura è conclusa ben oltre il termine di 15 giorni assegnato dal giudice ma comunque entro il termine trimestrale di durata massima della stessa. Lo ha affermato il tribunale di Viterbo, con sentenza n. 101/2023, decidendo una vertenza tra un condominio e la società costruttrice.
La vicenda
Nella fattispecie, il condominio trascinava in giudizio la S.r.l. costruttrice nonché condomina con il più alto numero di millesimi, in quanto proprietaria di numerose unità immobiliari, chiedendo di accertare la nullità, inesistenza e inefficacia del precedente regolamento predisposto dalla stessa, sostituito dal nuovo, approvato all’unanimità dal condominio. In tale nuovo regolamento peraltro era stato trasfuso l’accordo transattivo che prevedeva una serie di obblighi a carico della società (tra cui la realizzazione della recinzione, di parcheggi e zone a verde, della portineria, ecc.) che, nonostante i solleciti e le richieste reiterate negli anni, non erano stati realizzati.
Per cui il condominio chiedeva che parte convenuta venisse condannata ad adempiere agli obblighi assunti realizzando a sue cura e spese e in tempi ragionevoli, gli interventi richiesti.
La S.r.l., a sua volta, si costituiva in giudizio eccependo l’improcedibilità della domanda attesa l’assenza del preventivo esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, trattandosi parte attrice, in realtà, di un supercondominio, deducendo, altresì, che analogo giudizio era pendente presso il tribunale di Roma e, considerata l’identità di cause, chiedeva disporsi la sospensione del giudizio de quo in attesa della definizione di quello richiamato.
Nel merito, poi, la S.r.l., deduceva l’infondatezza delle domande attoree in fatto e in diritto, ritenendo che le obbligazioni assunte riguardavano soltanto alcuni interventi di quelli contestati, peraltro già eseguiti.
Corretto espletamento procedura di mediazione
Il giudice ritenendo insussistente il necessario rapporto di pregiudizialità giuridica/dipendenza tra l’odierna causa e quella pendente innanzi al tribunale di Roma, riguardante il primo l’accertamento della responsabilità ex art. 1669 c.c. del costruttore-venditore e quello odierno alla condanna della medesima società ad obblighi di fare rispetto a quelli assunti nel regolamento di comunione, non disponeva la sospensione ex art. 295 c.p.c. assegnando invece i termini a parte attrice per la presentazione della domanda di mediazione.
Successivamente, rigettata l’istanza di improcedibilità avanzata da parte convenuta quanto al corretto espletamento della procedura di mediazione e concessi i richiesti termini di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c., rinviava prima per la precisazione delle conclusioni, e celebrata tale udienza, tratteneva la causa in decisione.
Mediazione entro 3 mesi, termine massimo stabilito dalla legge
Decisione che dà torto alla S.r.l. in ordine all’eccezione di improcedibilità della domanda attorea per tardiva attivazione del procedimento di mediazione rispetto al termine assegnato dal giudice.
Invero, rileva il tribunale, pur essendo stata promossa la procedura per impulso di parte attrice ben oltre il termine di 15 giorni concesso con ordinanza, “questa risulta conclusa entro il termine massimo stabilito dalla legge per l’esperimento”.
In particolare, prosegue il tribunale, “con riferimento alla valutazione delle conseguenze relative al mancato rispetto del termine di 15 giorni stabilito dal giudice per l’introduzione del procedimento di mediazione ex art. 5 D.Lgs. n. 28/2010 e s.m.i., si ritiene di aderire nell’ampio dibattito sorto tra i giudici di merito, all’indirizzo giurisprudenziale a tenore del quale il termine in questione, attesa la mancanza di espressa previsione legislativa, non può ritenersi perentorio, considerando detta soluzione maggiormente in linea con i principi volti a garantire un’effettiva tutela giurisdizionale dei diritti delle parti evitando che preclusioni e/o impedimenti non espressamente previste dalla legge possano minare una siffatta tutela, dovendosi invece, nel caso come quello in esame, ritenersi osservata la condizione di procedibilità in ragione della circostanza che la domanda di mediazione è stata avanzata e si è conclusa entro il termine di cui all’art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 28/2010 (il quale fissa in tre mesi il periodo massimo di durata del procedimento di mediazione), termine questo da ritenersi, invece, perentorio (cfr. Corte d’appello Milano 28-6-2017)”.
Nel caso di specie, tale termine, per il giudicante, risulta essere rispettato, “essendosi il procedimento concluso entro il tempo massimo previsto, vale a dire, nell’ipotesi di cui è causa, entro tre mesi decorrenti dalla scadenza di quello fissato dal giudice”.
La decisione
Ciò posto, per il tribunale di Viterbo, la domanda di parte attrice è infondata e non può trovare accoglimento. Invero, le doglianze attoree in ordine al mancato rispetto degli obblighi assunti dalla società nel regolamento approvato dall’assemblea, “non hanno trovato conforto probatorio, atteso che parte convenuta ha in parte dimostrato per tabulas l’assolvimento degli stessi e in parte rappresentato, senza che dette circostanze venissero smentite, che la non completa o non esatta esecuzione di alcuni obblighi non è dipesa da suo fatto o colpa”, come peraltro risulta anche dalla CTU.
Alla luce di quanto sopra, rigetta quindi la domanda del condominio e lo condanna al pagamento delle spese di lite.
Scarica sentenza Tribunale Viterbo 01.02.2023