
Mediazione in appello: organismi con sede nel distretto competenti
Per la Corte d’Appello di Napoli, gli organismi di mediazione che si trovano nel distretto sono competenti ad esperire il tentativo di mediazione
Competenza organismi di mediazione
Gli organismi di mediazione che si trovano nel distretto sono competenti ad esperire il tentativo di mediazione nei procedimenti in appello. È quanto ha chiarito la Corte d’appello di Napoli (con sentenza n. 36/2023), decidendo una vicenda in materia bancaria.
La vicenda
Il caso esaminato dalla Corte territoriale vedeva protagonista il cliente di una banca che contestava l’illegittimità della convenzione anatocistica applicata dalla banca stessa al rapporto bancario in essere, nonché l’illegittimità ed erroneità dell’ammontare del credito risultante dagli estratti conto.
La banca, a sua volta, si costituiva ribadendo la legittimità della clausola anatocistica e chiedeva il rigetto della domanda, ritenuta infondata e temeraria.
Giunta la vicenda in appello, veniva disposta la mediazione che si concludeva al primo incontro con esito negativo, e la S.p.A., oltre a ribadire le proprie richieste, eccepiva l’improcedibilità del gravame poiché la procedura di mediazione era stata esperita presso un organismo territorialmente non competente. Invero, l’aver avviato il procedimento presso organismo diverso da quello del giudice competente per la controversia avrebbe violato, a suo dire, l’art. 4 del D.Lgs.n. 28/2010 e reso, quindi, la domanda improcedibile.
Interpretazione dell’art. 4, comma 1, Dlgs. n. 28/2010
La Corte territoriale, tuttavia, dissente, ritenendo corretto lo svolgimento della procedura di mediazione ai fini della verifica dell’esperimento della condizione di procedibilità.
Nello specifico, la mediazione si svolgeva presso l’organismo di mediazione della camera di commercio di Avellino alla presenza personalmente della parte appellante nonché dell’avvocato dell’appellata munito di procura speciale rilasciata ad hoc con il conferimento del “più ampio potere di rappresentanza” e, vista l’impossibilità di comporre la lite, veniva dichiarato l’esito negativo del procedimento per mancato raggiungimento dell’accordo.
La banca depositava, quindi, note, eccependo che “l’esperimento della mediazione presso la sede di un organismo in luogo diverso (Avellino) da quello del Giudice competente per la controversia (Napoli) non produce effetti e non è idoneo a soddisfare la condizione di procedibilità della domanda (di appello). La condizione di procedibilità della domanda non si è pertanto verificata ed il giudizio non può proseguire”.
Ma per la corte d’appello, in conformità a quanto disposto dall’art. 4, comma 1, del D.Lgs. 28/2010, “nel caso di specie, la mediazione è stata disposta dalla Corte di Appello di Napoli ai sensi dell’art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 28 del 2010 e devono ritenersi astrattamente competenti per territorio tutti gli Organismi aventi sede nel distretto nel quale la detta Corte esercita le sue funzioni. Questo significa che la procedura in questione è stata correttamente incardinata presso un organismo di mediazione che ha sede in Avellino che rientra nel distretto della Corte di Appello di Napoli”.
“Non vi è dubbio quindi – prosegue il giudice del gravame – che sussista la competenza territoriale dell’Organismo presso il quale si è svolta la procedura di mediazione e l’eccezione appare pretestuosa posto che la banca appellata ha partecipato all’incontro di mediazione senza sollevare alcuna eccezione rispetto al corretto svolgimento della stessa”.
Peraltro, “una diversa interpretazione della norma apparirebbe del tutto irragionevole posto che il legislatore ha inteso chiaramente ancorare il criterio di territorialità degli organismi di mediazione a quello del giudice competente per territorio dovendosi quindi tener conto dello specifico e diverso ambito di competenza territoriale dei diversi uffici giudiziari (giudice di pace, tribunale, corte di appello)”.
La giurisprudenza in materia
Il giudice richiama anche la Cassazione in materia, la quale ha chiarito che “il meccanismo legislativo postula che sia dapprima individuato il foro giudiziale, secondo le regole sottese a tale determinazione, e solo di riflesso sia individuato l’organismo cui accedere in fase conciliativa” (cfr. Cass. n. 17480/2015).
Per cui, prosegue, “quando la mediazione è demandata dal giudice non sussistono dubbi circa l’individuazione dell’ambito territoriale entro il quale deve essere presente la sede dell’organismo presso il quale svolgere la procedura di mediazione. Infatti, nel corso del giudizio, è indubbio che vi sia una attrazione del luogo di svolgimento del procedimento di mediazione davanti ad un organismo che abbia la propria sede nell’ambito di competenza territoriale nel quale controversia risulta pendente (in tal senso, Trib. Verona, ord. 12 agosto 2014), salva la facoltà delle parti di scegliere un organismo avente sede in luogo diverso”.
Del resto, “la ratio della norma in questione è indiscutibilmente (soltanto) quella di favorire l’incontro tra le parti al fine di consentire l’effettivo svolgimento della mediazione evitando condotte elusive e, comunque, finalizzate ad ostacolare l’incontro, in tal modo vanificando sin dall’origine lo scopo della mediazione, sostanzialmente privando di utilità e riducendo ad una vuota formalità il procedimento così introdotto”.
Non solo. Quanto alla derogabilità del criterio legale di territorialità, osserva infine la Corte, “il legislatore con la recente riforma adottata con il D.Lgs. n. 149 del 2022 ha integrato il comma 1 dell’art. 4 D.Lgs. n. 28 del 2010 (con entrata in vigore dal 28 febbraio 2023, ex L. n. 197 del 2022) proprio al fine di chiarire che ‘La competenza dell’organismo è derogabile su accordo delle parti’. Ciò significa che anche qualora (e non è così) l’organismo presso il quale si è svolta la mediazione non avesse avuto sede nel distretto territoriale della Corte di Appello di Napoli, in ogni caso l’eccezione sarebbe risultata priva di pregio in considerazione dell’accordo tacito intervenuto tra le parti in deroga al criterio previsto dalla norma di riferimento”.
La decisione
In conclusione, per la corte napoletana, “l’organismo presso il quale è stata svolta la mediazione avviata dalla parte onerata (appellante) deve ritenersi competente ai sensi dell’art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 28 del 2010, e la condizione di procedibilità posta con l’ordinanza ex art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 28 del 2010 deve ritenersi essere stata ritualmente esperita”.
Il gravame viene rigettato anche nel merito e la S.p.a. condannata a rifondere il cliente e al pagamento delle spese di giudizio.
Scarica sentenza Corte App-Napoli 09.01.2023