Per il tribunale di Lecce, l’accordo raggiunto in mediazione su un diritto reale realizza comunque l’efficacia traslativa convenuta anche se non trascritto nei registri immobiliari
Accordo in mediazione su un diritto reale
L’accordo raggiunto in sede di mediazione su un diritto reale realizza comunque l’efficacia traslativa convenuta seppur non trascritto nei registri immobiliari. A tale conclusione perviene il tribunale di Lecce, con sentenza n. 1419/2021, pronunciandosi su una vicenda relativa alla divisione giudiziale di un immobile in comunione tra eredi.
La vicenda
Nella vicenda, uno dei fratelli, nonostante avesse richiesto più volte senza esito la divisione bonaria del bene, domandava la divisione giudiziale del bene comune in natura, con attribuzione a ciascun condividente della propria parte, e in subordine, in caso di indivisibilità in natura del bene, la sua vendita con ripartizione della somma ricavata in proporzione alle rispettive quote.
Si costituiva uno solo dei germani, eccependo in via preliminare la carenza di legittimazione attiva dell’attrice per avere la stessa ceduto le proprie quote alla germana con verbale di conciliazione a seguito di mediazione, e quindi per difetto di contitolarità del bene oggetto di comunione.
Gli atri convenuti rimanevano contumaci.
Il giudice riservava la decisione sulla eccezione preliminare sollevata dalla convenuta costituita e la riteneva fondata, poiché in effetti risultava per tabulas che con verbale di conciliazione a seguito di mediazione, l’attrice aveva venduto le proprie quote ideali del bene per cui è causa alla convenuta.
Valenza dell’accordo di mediazione e trascrizione
In proposito, premette il tribunale, “per mediazione si intende l’intero procedimento, in tutte le sue fasi, con il quale le parti tentano di comporre una lite in modo alternativo a quello giudiziale. Una volta raggiunto l’accordo esso deve essere redatto per iscritto (processo verbale di mediazione), e sottoscritto dalle parti e dal mediatore. L’accordo di conciliazione ha infatti natura contrattuale e con esso le parti, a mezzo di proprie manifestazioni di volontà, regolamentano i propri interessi e pongono fine alla controversia”. Tale accordo, pur avendo natura di negozio giuridico privato, prosegue il giudicante, “essendo l’esito di un procedimento destinato alla risoluzione stragiudiziale di una controversia (anche con finalità deflattiva del contenzioso giudiziario), può beneficiare a fini processuali di una diversa e maggiore valenza rispetto alle altre scritture private formate in modo ordinario ed in particolare può beneficiare della efficacia di titolo esecutivo grazie alla attestazione di legalità degli avvocati delle parti, che consente appunto il dispiegarsi di tale efficacia, in alternativa all’intervento successivo del giudice in sede di volontaria giurisdizione”.
Tuttavia, tale attestazione di legalità mantiene funzioni e finalità completamente diverse dal controllo notarile necessario e previsto per la pubblicità legale laddove, come nel caso di specie, l’accordo abbia ad oggetto un negozio soggetto a trascrizione ex 2643 c.c., “non bastando la certificazione del mediatore che non svolge la funzione di autentica, occorre invece l‘intervento di un pubblico ufficiale che autentichi le sottoscrizioni, ossia il notaio”.
Una scelta, quella del legislatore, del resto, “pienamente coerente con il sistema di pubblicità immobiliare del nostro ordinamento giuridico, che si pone il precipuo scopo di garantire un controllo di legalità e di dare certezza a tutti i dati immessi nei pubblici registri in ossequio al principio di autenticità del titolo”.
In tal senso, viene in rilievo l’art. 2657 c.c., “che considera unici titoli validi per la trascrizione le sentenze, gli atti pubblici o le scritture private autenticate o la cui sottoscrizione sia stata accertata giudizialmente – mentre – la certificazione del mediatore, non rende l’accordo idoneo né ai fini della eseguibilità (in quanto è necessaria l’omologa da parte del Presidente del Tribunale), nè ai fini della pubblicità immobiliare: a tal fine è sempre necessario l’intervento del notaio, non essendo sufficiente neanche quello del giudice dell’omologazione”.
Efficacia traslativa dell’accordo di mediazione
Fatte queste premesse, ad ogni modo, il giudice rileva che, nel caso di specie, l’accordo, seppur “non trascritto nei registri immobiliari, ha comunque impegnato le parti realizzando quell’efficacia traslativa convenuta in sede di mediazione e per la quale era stato versato una parte del prezzo a titolo di caparra confirmatoria, con l’intesa delle parti di saldare la restante parte del prezzo” successivamente.
La trascrizione infatti, “come sistema di pubblicità produce il risultato di rendere opponibili a terzi gli effetti degli atti trascritti, sicché chi acquista validamente un diritto, ma non trascrive è titolare del diritto, però non può opporlo a terzi”.
Pertanto, a nulla rileva che successivamente le stesse parti abbiano stipulato un preliminare di vendita avente ad oggetto le stesse quote immobiliari già vendute alla convenuta in sede di mediazione, con accordo pure richiamato nel successivo preliminare. “Tale preliminare, di cui parte convenuta ha disconosciuto la propria sottoscrizione ed ha contestato l’apposizione di data certa, non esclude – rincara il tribunale – che la promittente venditrice tale non poteva essere per aver già trasferito (alla convenuta) la titolarità delle sue quote ideali dell’immobile per cui è lite”.
La decisione
Per quanto detto, il tribunale ritiene in capo all’attrice anche il difetto di “legitimatio ad causam” ed accoglie l’eccezione preliminare di parte convenuta dichiarando il difetto di legittimazione attiva dell’attrice per carenza di titolarità pro quota dell’immobile oggetto della domanda di scioglimento della comunione, con condanna della stessa al rimborso delle spese di lite secondo il principio della soccombenza e con distrazione delle stesse in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.