Scarica Sentenza Tribunale di Napoli 11 07 2023
Per il Tribunale di Napoli Nord, l’istanza di mediazione priva di data o di numero di protocollo assegnato dall’organismo non consente di accertare la tempestività del deposito
Vizi domanda di mediazione
L’istanza di mediazione, se priva di data o di numero di protocollo assegnato dall’organismo adito, è da considerarsi “viziata”, in quanto con permette di accertare la tempestività del deposito. È quanto ha rilevato il tribunale di Napoli Nord (con la sentenza n. 3022/2023), chiamato a decidere l’impugnazione di una delibera condominiale.
La vicenda
Nella vicenda, alcuni comproprietari deducevano che l’assemblea aveva approvato una serie di delibere, tra le quali una inficiata da errori, in ordine, tra l’altro, all’approvazione della scelta della ditta per eseguire i lavori di ristrutturazione del fabbricato, del relativo preventivo e della quota di ripartizione tra i condomini stessi.
Proponevano istanza di mediazione per l’impugnativa della stessa, definita con esito negativo.
Il condominio convenuto, benché ritualmente citato, non compariva né si costituiva in giudizio, rimanendo contumace.
Istanza di mediazione senza data e/o protocollo
Nel decidere il giudice, preliminarmente, in rito, “rileva che l’istanza di mediazione versata in atti è priva di alcuna data, o numero di protocollo assegnato dall’organismo di mediazione adito, per cui, conseguentemente, non può essere accertata la tempestività della stessa”.
Peraltro, dal verbale dell’incontro di mediazione si fa riferimento, rileva il giudicante, ad una delibera diversa rispetto a quella impugnata in giudizio. “Il presunto errore sul punto non è stato in alcun modo rilevato da parte attrice, per cui non può ritenersi tempestivamente e ritualmente esperito il procedimento di mediazione”.
Entrando nel merito, il tribunale riporta innanzitutto la copiosa e pacifica giurisprudenza sull’impugnazione delle delibere e relativi termini, in caso di nullità e/o annullabilità, sì come cristallizzata dalla stessa Suprema Corte con la sentenza n. 4806/2005. Le censure mosse da parte attrice ritiene il giudicante sono pienamente sussumibili nelle ipotesi di annullabilità – e non di nullità, fattispecie diversa, come erroneamente affermato dagli attori – “per le quali, come noto, ex art. 1137 c.c. vige il termine perentorio di trenta giorni decorrente dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti”. Ciò premesso, il tribunale analizzando tutti i rilievi attorei giunge ad accertare “in via definitiva la legittimità della delibera impugnata, poiché adottata rispettando tutti i requisiti di legge” e rigetta la domanda attorea.
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