Per il tribunale di Roma, l’accordo di mediazione che prevede una clausola risolutiva in caso di inadempimento, ove si concretizzino i presupposti, cessa di avere effetti tra le parti
Accordo di mediazione e clausola risolutiva
L’accordo di mediazione che prevede una clausola risolutiva in caso di inadempimento, laddove si verifichino i presupposti, cessa di avere effetti. Per cui, l’eventuale azione esecutiva avviata sull’accordo di mediazione che ha cessato di produrre effetti, non ha alcun valido titolo esecutivo idoneo a sorreggerla. Questo quanto si ricava dalla sentenza del tribunale di Roma n. 1014/2023.
La vicenda
Nella vicenda, una tipografia proponeva opposizione ex art. 615 c.p.c. al precetto notificatole dal locatore in ragione di titolo esecutivo consistente nel verbale di conciliazione redatto ai sensi del D.lgs. 28/2010, e nell’ accordo transattivo ad essoallegato, il quale si assumeva essersi risolto con conseguente diritto del creditore di agire per il recupero dei canoni di locazione non corrisposti.
In particolare, parte opponente chiedeva di disporre ex articolo 615, 1 comma, c.p.c., la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo posto a fondamento della preannunciata esecuzione, oltre che di dichiarare l’illegittimità dell’azione esecutiva preannunciata nel precetto e l’infondatezza della pretesa creditoria, peraltro eccedente rispetto a quanto, in ipotesi dovuto a titolo di canoni residui.
A sostegno delle proprie istanze, esponeva parte opponente che nel 2007 aveva stipulato un contratto di locazione commerciale con il de cuius dell’odierno locatore, avente ad oggetto una porzione immobiliare sita in Roma, dove fissare la sede operativa dell’attività di tipografia.
Nel tempo, stante l’assenza di interventi di manutenzione straordinaria da parte della locatrice, l’immobile presentava gravi criticità (tra cui infiltrazioni) creando danni anche agli stampati tipografici e alle attrezzature. Non riuscendo a instaurare un contatto diretto con il nuovo locatore, erede dell’originaria proprietaria dell’immobile, la tipografia sospendeva il pagamento dei canoni locatizi per compensare gli importi con i danni subiti e formalizzava il recesso dal rapporto locatizio.
Il locatore, dal canto suo, otteneva decreto ingiuntivo, e la tipografia presentava opposizione.
Le parti instauravano il procedimento di mediazione e giungevano ad un accordo di conciliazione e transazione, nel quale veniva previsto: la risoluzione per mutuo consenso del contratto di locazione; l’impegno della tipografia a rilasciare l’ immobile locato; a corrispondere i canoni dovuti e veniva inserita “una clausola risolutiva espressa ricollegata all’inadempimento di una qualsiasi delle obbligazioni previste nella transazione (senza alcuna specifica indicazione di singole pattuizioni assistite da tutela negoziale rafforzata)”.
La tipografia in ottemperanza all’accordo raggiunto in sede di mediazione, provvedeva regolarmente al versamento dei canoni, ma per difficoltà materiali e finanziarie conseguenti al Covid, non riusciva a rilasciare l’immobile entro il termine fissato, continuando ad occuparlo e corrispondendo per l’uso un’indennità mensile di 2mila euro, come concordata in transazione, avviando, nel contempo, interlocuzioni per un prosieguo del rapporto locatizio, senza buon esito.
Il locatore, in risposta, comunicava alla tipografia la propria volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa contenuta nell’atto transattivo e di voler conseguentemente risolvere tale accordo, richiedendo la riconsegna dell’immobile.
Nelle more del completamento delle opere necessarie per l’adeguamento di nuovi locali nei quali trasferirsi, la tipografia continuava a corrispondere al locatore l’indennità di occupazione di 2mila euro mensili ma ciononostante riceveva la notifica dell’atto di precetto, tramite il quale il locatore, dopo aver dichiarato risolta la transazione conclusa in sede di mediazione preannunciava l’azione esecutiva, peraltro “avulsa ed esorbitante rispetto al titolo” richiedendo il pagamento di tutti i canoni locatizi maturati omettendo di portare in detrazione importi già corrisposti.
Cessazione effetti accordo di mediazione
Così ricostruiti i fatti, per il giudice capitolino, l’opposizione proposta dalla tipografia merita accoglimento.
L’attuale locatore, intende procedere ad esecuzione forzata nei confronti della conduttrice in ragione di titolo esecutivo consistente in verbale di conciliazione redatto ai sensi del D.Lgs. 28/2010 e dell’accordo transattivo ad esso allegato, dichiarando di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa e di agire per il recupero delle mensilità non corrisposte.
Tuttavia, afferma il giudice, “non è consentito procedere ad esecuzione forzata in ragione di un titolo di cui lo stesso creditore deduce la cessazione degli effetti in ragione di una clausola risolutiva espressa”.
Il diritto potestativo del locatore di risolvere il contratto trova fondamento nell’accordo transattivo, in base al quale, in caso di inadempimento di una qualsiasi delle obbligazioni ivi contemplate, l’ accordo “sarà risolto di diritto ai sensi dell’ art. 1456 c.c.”. Tuttavia, ragiona il tribunale, “la disposizione pattizia non predetermina, al contempo, le conseguenze derivanti dalla dichiarazione del locatore di volersi avvalere della generica clausola risolutiva ivi contenuta”. E ciò a differenza dell’art. 8 del medesimo accordo, il quale prevede “un’ipotesi specifica di risoluzione della transazione per l’ipotesi in cui al momento della restituzione l’immobile risulti essere danneggiato per cause imputabili al conduttore, facendone derivare il diritto del locatore di trattenere le somme già corrisposte e di agire per la ripetizione dei canoni non ancora corrisposti nella misura integrale”.
Le conseguenze dell’intervenuta risoluzione dell’accordo meritano, quindi, secondo il tribunale di Roma, di essere ricostruite alla luce dei dettami codicistici.
Al riguardo, osserva quindi il giudice, che, “anche a voler qualificare il patto de quo come transazione novativa, l’espressa pattuizione di una clausola risolutiva espressa permette di dichiararne l’ avvenuta risoluzione in conformità al dettato normativo di cui all’ art. 1976 c.c., secondo il quale ‘la risoluzione della transazione per inadempimento non può essere richiesta se il rapporto preesistente è stato estinto per novazione, salvo che il diritto alla risoluzione sia stato espressamente stipulato’.
Come chiarito anche dalla Cassazione, “la clausola risolutiva espressa, qualora inserita in una transazione novativa, ha come effetto quello di impedire l’estinzione immediata del rapporto originario e di tenerlo in stato di quiescenza sino all’effettivo adempimento della transazione, di talché solo l’adempimento della transazione determina l’effettiva estinzione del rapporto originario, mentre la risoluzione della stessa per inadempimento comporta la reviviscenza del medesimo rapporto” (cfr. Cass. n. 17636/2021).
Ne deriva che, “a seguito della dichiarazione di una parte di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa contenuta nella transazione in virtù della concretizzazione dei relativi presupposti, l’accordo transattivo cessa di avere effetti e i rapporti tra le parti tornano ad essere regolati dal contratto originario”.
Nella fattispecie, quindi, l’unico titolo esecutivo posto a fondamento dell’esecuzione, ossia il verbale di mediazione che recepisce l’accordo transattivo esaminato, ha cessato di produrre i propri effetti “sicchè l’azione esecutiva risulta priva di un valido titolo esecutivo atto a sorreggerla”.
Per le ragioni esposte, conclude il tribunale, deve essere negata la sussistenza del diritto del creditore istante a procedere ad esecuzione forzata e l’opposizione va accolta.