
La CTP rientra nelle ADR
La Consulenza tecnica preventiva rientra tra le ADR perchè il consulente è un terzo neutrale e la finalità è di transigere la controversia
La CTP ex art. 696 bis c.p.c è una ADR
La Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite rientra tra le ADR in quanto è finalizzata a conciliare la lite, con funzione deflattiva del giudizio, inoltre il soggetto chiamato a favorire l’accordo è neutro rispetto alle parti e la disciplina prevede agevolazioni fiscali. Il verbale di conciliazione positivamente raggiunta è esente infatti dal pagamento dell’imposta di registro. Questa l’interessante conclusione del Tribunale di Castrovillari, contenuta nella sentenza n. 1569/2022 (sotto allegata).
Controversia di lavoro
Nella vicenda, un dipendente conviene in giudizio la S.r.l. datrice al fine di ottenere la determinazione e la quantificazione dell’entità delle sue prestazioni lavorative rese in poco più di un anno e del TFR sulla base di un avvenuto Accertamento Tecnico Preventivo.
Dopo la ricostruzione del rapporto di lavoro, dall’inizio sino alle dimissioni, anche dal punto di vista del trattamento retributivo, il dipendente formalizza le proprie richieste in relazione alle somme a lui spettanti e agli altri diritti che ritiene non gli siano stati riconosciuti.
La S.r.l. datrice, nel costituirsi, eccepisce in rito l’incompetenza territoriale del giudicante, l’improcedibilità del ricorso e l’insussistenza dei requisiti per il procedimento di cui all’art. 696 c.p.c., che disciplina la Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite.
La CTP rientra tra le ADR per il soggetto neutrale e le finalità conciliative
Concentrando l’attenzione su questa ultima eccezione, per il rilievo che riveste ai fini della trattazione, il Tribunale adito di Castrovillari, dopo aver riportato in motivazione il testo dell’art. 696 bis c.p.c., fa presente che detta consulenza prevede l’affidamento al consulente del potere di conciliare le parti.
Se poi la conciliazione si conclude con un esito positivo, l’accordo contenuto nel verbale ha valore di titolo esecutivo sulla base del quale è possibile intraprendere l’esecuzione forzata, l’esecuzione in forma specifica e l’iscrizione della garanzia ipotecaria.
Il tutto senza pagare l’imposta di registro, da cui il verbale di conciliazione è esente.
Ricorda, quindi, che, per la dottrina e la giurisprudenza, la CTP è uno strumento che si pone l’obiettivo di favorire il più possibile la soluzione transattiva della controversia e che probabilmente l’aver previsto questo strumento prima dell’inizio del giudizio di merito è dovuto alla volontà di verificare la condotta delle parti al fine di dissuaderle dalla successiva prosecuzione del processo.
Trattasi di uno strumento, precisa il Tribunale, con una doppia anima. Da una parte lo si può definire come uno strumento di conciliazione, dall’altra però ha anche l’importante funzione di precostituire una prova.
L’istituto, secondo un noto autore, ha la funzione di conciliare la controversia, per cui la relazione del CTU può ben essere la base della successiva conciliazione, perché soggetto terzo e nominato dal giudice.
Anche per il Tribunale di Varese, la CTP non ha una funzione cautelare.
Tale istituto rientra piuttosto tra le ADR, poiché viene valorizzata la composizione della lite grazie al terzo imparziale e perché vengono previste determinate agevolazioni fiscali.
Tesi confermata altresì dal Tribunale di Busto Arsizio che lo qualifica nella sostanza proprio come uno strumento alternativo per la risoluzione delle controversie con finalità deflattiva.
Per la giurisprudenza, la CTP ex art. 696 bis c.p.c. comporta poi un impegno per le parti nel trovare una soluzione transattiva. Il rifiuto di una soluzione bonaria, si ripercuote in effetti sulle spese del successivo giudizio di merito.
Come già precisato infine, se la conciliazione riesce, si forma un processo verbale, che acquisisce valore di titolo esecutivo, sulla base del quale si può agire esecutivamente.