La Cassazione con le ordinanze nn. 16383/23 e 12105/23 chiarisce che in assenza di patto scritto, e solo in tal caso, si applicano i criteri dell’art. 2233 c.c.
Patto scritto per il compenso dell’avvocato in mediazione
Due recenti e importanti pronunce della Corte di Cassazione, adottate a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, aiutano a definire i tempi e i modi della determinazione del compenso dell’avvocato nella mediazione e nei processi civili.
In particolare, dall’esame congiunto delle due ordinanze della Suprema Corte, emerge che nei procedimenti di mediazione il compenso dell’avvocato va stabilito con un accordo scritto, a pena di nullità. In mancanza di tale accordo, e solo in tal caso, trovano applicazione i criteri di cui al primo comma dell’art. 2233 del codice civile.
Ordinanza 16383/23 Cassazione, forma scritta per l’accordo per il compenso dell’avvocato
Cominciamo dall’esame della pronuncia più recente, l’ordinanza Cassazione n. 16383 del 9 giugno 2023. Secondo tale provvedimento, l’applicazione dei criteri suppletivi di cui al primo comma dell’art. 2233 c.c. non è subordinata alla mancata contestazione da parte del cliente dell’esistenza di un accordo.
In altre parole, se cliente e avvocato raggiungono un accordo (ad es. verbalmente) riguardo alla determinazione del compenso dovuto al professionista, ma non provvedono a stipularlo per iscritto, trovano necessariamente applicazione i criteri suppletivi di cui sopra e a nulla rileva la circostanza che il cliente – a fronte della richiesta di pagamento del compenso – non abbia mai contestato l’esistenza di un accordo raggiunto in forma diversa da quella scritta.
Anche in tal caso, infatti (così come in assenza di qualsivoglia accordo), il compenso va determinato in base al primo comma dell’art. 2233 c.c., che dispone che “il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice”.
I criteri suppletivi alla mancanza di accordo scritto sono, quindi, l’applicazione delle tariffe professionali (oggi sostituite dai parametri ministeriali, ex art. 9 del D.L. 1/2012) o la determinazione giudiziale.
Mediazione compenso avvocato, serve l’accordo scritto
Al riguardo, con il provvedimento citato, la Suprema Corte ha anche chiarito che la necessità della forma scritta imposta dal terzo comma dell’art. 2233 c.c. non può essere messa in discussione dalla successiva norma introdotta dalla legge n. 247/2012, secondo cui “il compenso spettante al professionista è pattuito di regola per iscritto all’atto del conferimento dell’incarico professionale”.
In tal caso, infatti, l’inciso “di regola” fa riferimento unicamente al momento in cui viene pattuito il compenso (che quindi può anche essere diverso da quello in cui viene conferito l’incarico), ma non alla forma di tale patto, che rimane quella prevista dal codice civile, cioè la forma scritta ad substantiam (cioè a pena di nullità).
Ordinanza Cassazione n. 12105/23, determinazione compenso del legale
È interessante notare che la forma scritta è da considerarsi soddisfatta sia se il patto riguardante il compenso venga consacrato in un singolo documento, sia quando l’accordo risulta da una proposta e dalla conseguente accettazione, entrambe redatte in forma scritta.
Proprio un simile accordo è alla base della vicenda oggetto dell’altra ordinanza sopra citata, l’ordinanza n. 12105 dell’8 maggio 2023 della Cassazione, il cui dispositivo ci aiuta a ricostruire compiutamente il tema della determinazione del compenso dell’avvocato nella mediazione civile e nel processo.
La controversia all’attenzione della Suprema Corte riguardava la richiesta di pagamento da parte di un’avvocata che, per l’assistenza legale in un procedimento di mediazione familiare e per il successivo giudizio, aveva ottenuto l’accettazione scritta del suo preventivo da parte del cliente.
Ebbene, la Corte di Cassazione ha stabilito che è dovere del Tribunale accertare che il preventivo e la successiva accettazione siano da considerarsi come “patto scritto”, ai sensi del terzo comma dell’art. 2233 c.c.; e che, in tal caso, la sussistenza di un accordo scritto comporta necessariamente l’obbligo di pagamento del compenso ivi determinato, precludendo l’applicazione di ogni altro criterio ex art. 2233 c.c., in particolare di quelli previsti dal primo comma, più sopra esaminati.
Riassumendo, quindi, l’ordinanza Cass. n. 16383/23 chiarisce che, se l’accordo sulla determinazione del compenso non ha la forma scritta prescritta dal terzo comma dell’art. 2233 c.c., vanno necessariamente applicati i criteri di cui al primo comma della stessa norma. L’ordinanza Cass. n. 12105/23, invece, precisa che, se l’accordo ha la forma scritta, la possibilità di applicazione di altri criteri di determinazione del compenso rimane esclusa.
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